Eppure in quello stadio, mitico, ci siamo stati anche noi e non un secolo fa.

E ci abbiamo pure vinto, in una serata che forse a pensarci ora non ci siamo nemmeno goduti abbastanza.

Non è vero che con i Della Valle sia andata sempre così: ci sono state notti magiche illuminate di viola in cui tutto sembrava possibile, anche vincere la Champions, perché no?

Poi arrivò Ovrebo, ma questa è un’altra storia.

Era meno di dieci anni fa, Gilardino segnava e noi impazzivamo inseguendo una grandezza che ci era stata promessa e che sembrava spettarci per l’amore che avevamo per quella che è sempre stata molto più di una squadra.

E ora?

Davvero ci siamo meritati tutto questo grigiore?

Non parla nessuno tra i giocatori e potrebbe anche essere una buona idea, visto che c’è poco da dire.

I dirigenti però hanno il dovere di intervenire mediaticamente e non bastano le dichiarazioni in calcese puro di Antognoni pre e dopo gara: ci vorrebbe Andrea Della Valle, se proprio Diego non vuole intervenire, oppure al limite Cognigni.

Siamo in avvitamento totale, avremmo meritato il pareggio, ma alla fine, in momenti come questi, contano e parecchio i risultati, che condannano pure Montella, un po’ in confusione nel dopo partita.

Ci sarebbero due provvedimenti da prendere: il ritiro, che però il tecnico considera controproducente, e le dimissioni di Corvino, che però non ci pensa nemmeno lontanamente e quindi siamo al nulla cosmico.

Infine una riflessione: un dirigente calcistico, un direttore dell’area tecnica, non si giudica solo per gli acquisti e le cessioni, ma anche per come gestisce la squadra e lo staff tecnico durante la stagione e qui davvero la situazione è se possibile ancora più desolante della classifica.

Se io fossi Pantaleo Corvino, ringrazierei tutti e a fine campionato con un gesto di classe rassegnerei le dimissioni.

A fine campionato, perché ora non avrebbe senso e creerebbe ancora più confusione nel già frastagliato cielo viola.

Sarebbe un moto di orgoglio che renderebbe giustizia all’impegno profuso in questi tre anni peraltro fallimentari sul piano dei risultati.

Non vedo all’orizzonte possibilità di rilancio per il direttore generale ed è come nei matrimoni ormai arrivati agli sgoccioli e anche oltre, con l’aggiunta che però qui non ci sono figli da salvaguardare.

Anzi, no: ce n’è una che amiamo tutti e che si chiama Fiorentina.

E non sarà certo solo colpa di Pantaleo, che adora questa bambina di 92 anni, se siamo finiti in questa marasma, ma continuare così mi sembrerebbe davvero accanimento terapeutico.

Stasera edizione straordinaria del Pentasport dalle 18 alle 20

Seguiteci…

L’unica cosa da fare sarebbe portare tutti in ritiro, da domani, massimo giovedì.

Siccome però qui siamo al tirare a campare, quasi certamente non succederà niente ed è veramente grave, perché tra l’altro il ritiro, oltre che giustamente punitivo, servirebbe a Montella per conoscere meglio questi fantastici giocatori su cui converrà porre maggiore attenzione.

Teorie da vecchio calcio?

Può darsi, ma è proprio il vecchio calcio che permette al nuovo di vivere e prosperare nell’oro in cui nuotano in tanti, sicuramente troppi.

Quella passione inestinguibile che muove il tifo, che fa urlare a lungo al pezzo di curva Fiesole entrata nel secondo tempo “Firenze, Firenze”, e penso di essere davvero il meno sospettato di populismo.

Finita quella, finito tutto, compresi i milioni di euro che viaggiano sui conti correnti di calciatori e procuratori.

Colpa dei Della Valle? Certamente.

Sono loro i principali artefici del disastro a cui stiamo assistendo e il discorso non riguarda solo la mancanza di investimenti degli ultimi tre anni, ma il modo assurdo con cui non comunicano con la città, rifugiandosi nella torre d’avorio

Cognigni? Idem come sopra.

Corvino? Non ci sono dubbi, e confermo che non si può continuare così, ma i giocatori?

Chissà se davvero si continuerà a far finta di niente e che questa sia una settimana come le altre.

Vado a memoria, ma mi pare che dopo la triste eliminazione col Siviglia la Fiorentina dell’ultimo Montella concluse più che degnamente la stagione.

Ecco, speriamo che queste ultime cinque partite non ci facciano vergognare.

Non esistendo pericoli di retrocessione, resta il pericolo di un inabissamento degli stimoli e di una svagatezza che risulterebbe particolarmente odiosa dopo le cocenti delusioni stagionali.

Da stasera misureremo la statura morale di chi ha vestito fino ad oggi la maglia viola.

Abbiamo avuto le occasioni e non le abbiamo sfruttate, quando Veretout ha sparato su Gollini ho immaginato che saremmo stati puniti.

Ribadisco quanto detto alla vigilia: per due giorni dovevamo dimenticarci delle polemiche e pensare solo alla partita, che alla fine ci condanna al fallimento della stagione.

Un fallimento che non può essere pagato dal solo Pioli, che coinvolge i Della Valle e li dovrebbe costringere ad una rivoluzione che non può non chiamare in causa Pantaleo Corvino, il costruttore di questa Fiorentina.

Credo che il suo tempo a Firenze sia finito, ci vogliono altri uomini, ovviamente anche in campo.

Tre anni senza Europa, che fanno cinque, con le ultime due stagioni del primo Corvino: conta il bilancio, ma conta soprattutto il risultato tecnico, perché questa è la mission delle squadre di calcio.

La passione si muove con i traguardi raggiunti, o almeno con lo spettacolo offerto, e il fallimento è totale: non si può pensare di continuare come se nulla fosse successo.

In quarant’anni di Pentasport e oltre diecimila ore di diretta non ho mai preparato completamente una trasmissione: molte volte comincio e vado avanti avendo una scaletta molto flessibile, che è la dannazione dei miei redattori perché spesso cambio in corsa invertendo servizi o venendomi in mente di chiamare questo o quello.

La stessa cosa è puntualmente accaduta ieri pomeriggio: alle 17.59 non pensavo neanche minimamente di arrabbiarmi così tanto contro i sostenitori del “tanto peggio, tanto meglio”, quelli che se perdiamo in fondo sono contenti perché lo avevano detto, perché Corvino, perché Della Valle, perché insomma questa società mi resta profondamente sulle scatole.

A due giorni dalla gara di Bergamo, attesa e quasi agognata da due mesi, avevo detto: vabbeh, fino ad oggi è andata così, siamo ad un passo da una stagione fallimentare, anche Corvino dovrebbe essere messo sotto esame, però adesso dimentichiamocene e pensiamo solo a provare ad arrivare in finale.

Due giorni, non un’eternità.

La vena mi si è intasata al primo messaggio che ripeteva in una stanca litania il solito mantra e cioè che fa tutto schifo, che tanto ce ne accorgeremo e che continuassimo pure a difendere gli indifendibili. Si è poi aggiunto il solito idiota che parla di nostro asservimento alla Fiorentina per via dei diritti radiofonici.

A quel punto mi si sono rotti gli argini e più che il giornalista ha parlato il tifoso: mi avete rotto le scatole, voi godete se le cose vanno male, andate a tifare per altre squadre, magari la Juve.

Era qualcosa che nasceva da dentro, probabilmente dal non andare più in trasferta e soffrire per la Fiorentina senza raccontarla e quindi stancarmi e sfogarmi nel corso della partita, insomma è andata così.

Quello che non mi aspettavo erano i metaforici e ormai fantozziani 92 minuti di applausi, telefonici e via messaggi: siamo e siete una maggioranza enorme e silenziosa che vuole criticare e prendere posizione quando si pensa che le cose non funzionino, ma che non ne può più del disfattismo.

Per oltre un’ora e mezzo sono stato più tifoso che giornalista e oggi sono molto soddisfatto, anche perché mi sono detto che per una volta posso anche permettermelo.

Si è visto giocare bene a calcio almeno per un tempo, il problema è che lo abbiamo fatto in contropiede, tattica che sarà difficile da utilizzare a Bergamo.

Il secondo problema, ormai cronico, è che ormai giochiamo senza centravanti e qui rivolgo un pensiero sincero a Fantini, attaccante normalissimo, per niente votato al gol, che ci portò in serie A con un paio di reti decisive nello spareggio contro il Perugia.

Speriamo che la dea Eupalla si ricordi di lui e illumini nella notte tra il 24 e il 25 l’ormai rassegnato Simeone, che in campionato sta toccando medie gol degne di Pagliari.

Abbiamo ritrovato Chiesa, al momento giusto, non abbiamo più da tempo Veretout, perso in chissà quali irritanti pensieri, speriamo nell’estro di Muriel.

A Torino comunque avremmo meritato il pareggio e qualcosa si vede sul piano del gioco, peccato di essere ormai alle ultime scene del film, ma se il finale fosse a sorpresa?

Dopo aver parecchio pensato a quello che dico, alla fine dico quello che penso: non riesco ad appassionarmi a questa gara di solidarietà in favore di Notre Dame.

E ancora peggio, ho (pericolosamente) lo stesso pensiero di Di Battista e mi pare anche di altri illustri pensatori come Saviano: questa gara ad essere giusti, buoni e alla fine illuminati dovrebbe coinvolgere vite umane e non chiese, moschee o tempi.

Senza contare che la Francia è uno dei Paesi più ricchi al mondo e non mi pare proprio che abbia bisogno del soccorso internazionale.

Dice: sì, ma a Firenze nel 1966?

A Firenze nel 1966 fu una tragedia che spazzò via vite umane e coinvolse un’intera città e un intero ed inestimabile patrimonio artistico e letterario.

Gli angeli del fango ripulirono la città supportando la nostra straordinaria forza interiore: si trattava di salvare una città e non di ricostruire una chiesa, anche se tra le più belle al mondo.

Non c’era internet e non c’erano gli annunci spot per donazioni più o meno grosse, tanto che di molte si seppe solo dopo decenni.

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