Fortunato
Non siamo neanche a metà del lungo viaggio ed è già tempo per alcune considerazioni.
Siamo figli del nostro tempo ed è giustissimo ricordare le sofferenze della guerra, lo stare nascosti per non essere deportati, il dover elemosinare un pezzo di pane e il vivere in case molto, molto diverse da quelle in cui abitiamo con televisione, acqua calda, cibo e tutto quello che serve per le comodità.
Però…
Però, l’animo umano si adatta, anche e soprattutto allo stare bene, e quindi le persone cominciano a dare i primi segni di grande insofferenza, di noia, di pessimismo cosmico, i più deboli mentalmente sbarellano, qualcuno diventa violento.
Comprendo benissimo tutto questo da un’angolazione particolare, quella di un uomo fortunato, che lavora dieci ore al giorno e che quindi esce di casa e tiene il cervello molto impegnato, più del solito direi, perché organizzare la radio in queste settimane è molto stimolante.
In più mi sento utile, un aspetto fondamentale della nostra vita, mi muovo e procuro quello che serve alle persone che amo, oltre ad avvertire ancora di più il senso di responsabilità verso chi lavora con me.
Certo, vivo anch’io qualcosa di particolare perché mi rendo conto di rischiare e di essere quindi un portatore del veleno che conosciamo, per questo evito qualsiasi contatto ed è dura.
Nulla comunque in confronto a chi combatte negli ospedali, ma anche a chi si sveglia la mattina e ha davanti almeno quindici ore di vuoto: forza e coraggio a tutti voi.