Ha finito di soffrire, se ne è andato dopo aver combattuto per tre mesi come un leone.

Impulsivo, passionale, ingenuo, buono.

Chissà se ha già visto Mario, la morte rimane per me un mistero profondo, sarebbe bello ci fosse davvero una continuazione, chissà.

Certamente finisce un’epoca, ciao Pietro

Sono sempre molto perplesso quando sento parlare bene o male di una categoria: i medici, gli avvocati, i carrozzieri, i giornalisti.

La responsabilità è ogni volta  individuale, non si può sparare nel mucchio, vanno fatti nomi e cognomi, che si tratti di carrozzieri, di avvocati, di medici e di giornalisti.

La sequenza mediatica è semplice, al limite della banalità: i protagonisti agiscono, chi deve commentare scrive o parla di ciò che è successo, proponendo analisi e qualche volta cercando di anticipare i tempi degli eventi.

E’ indubbiamente molto facile esprimersi dopo, ma non a caso i guadagni sono infinitamente inferiori tra chi gestisce una società di calcio o scende in campo la domenica e chi se ne occupa per informare o dare le proprie opinioni.

Se mi fosse riuscito, avrei fatto il cambio: io a giocare in serie A e Antognoni a raccontare la partita in radio, ma non ce l’ho fatta.

Per entrare nello specifico ripeterò quanto detto più volte a tutte le proprietà viola che ho visto avvicendarsi in questi quarant’anni di mestiere: se va bene la Fiorentina, andiamo bene anche noi della radio, che viviamo della passione popolare poi tradotta in sponsorizzazioni che sono alla base degli stipendi di chi lavora dietro ad un microfono.

Non esiste quindi il minimo interesse a parlare male della squadra e/o della società, a meno che non venga colto da raptus autolesionistici quasi da TSO.

Se critichiamo, è perché mi e ci sembra giusto farlo per quello che sentiamo e vediamo.

Certo, c”è anche la passione e il tifo, ma non ho mai chiesto ai miei giornalisti quanto soffrissero per la Fiorentina e neanche ho mai preteso che avessero i miei stessi sentimenti, quello che conta è che facciano onestamente e con bravura il proprio mestiere.

E se qualcuno non è all’altezza o è in malafede, oltre al sottoscritto, sarà il pubblico a giudicarlo: sempre e soltanto quello.

Sono schiacciato da mille impegni, figli interamente sulle mie spalle e una tensione che si respira  in qualsiasi luogo che frequento, ma ogni giorno che mi alzo penso che sia un giorno fortunato.

Perché posso farlo, perché non sono stato colpito (e spero che sia così ancora fino al termine di questa maledetta pandemia) dai fulmini che vengono scagliati non si capisce come.

Sono ormai tanti gli amici e i conoscenti a casa, chi sta o è stato male, chi freme perché asintomatico e io ogni volta penso: perché a loro?

Eppure saranno stati attenti, come me e come migliaia di altre persone e quindi: perché?

Non ci sono spiegazioni, è solo una questione di culo, nient’altro, anche se il direttore di Radio Maria la pensa diversamente: leggete le allucinanti dichiarazioni di Livio Fanzaga e poi decidete se piangere o ridere.

P.S. Temo che la situazione stia facendo diventare tutti più nervosi e leggo commenti abbastanza piccati.

Allora specifico quanto mi sembrava ovvio, perché già scritto più volte: VANNO RISPETTATE TUTTE LE MISURE CHE OCCORRONO PER EVITARE IL CONTAGIO

Lavarsi le mani, distanze, mascherina, starsene in casa il più possibile.

Il problema è che molte delle persone che conosco e che hanno preso il Covid hanno seguito le disposizioni e quindi ribadisco il concetto: è una questione di fortuna.

 

Tre giorni dopo, a freddo, sono ancora più convinto che sia stata la scelta giusta.

Prandelli dieci anni dopo è una bella scommessa, molto diversa dal Montella bis, una sfida che ha qualcosa di romantico e anche di tecnico perché sono convinto che vedremo giocare meglio al calcio.

Bellissimo l’addio di Beppe, pieno di sentimento e da parte sua, immagino, anche di rammarico: ha fatto quello che poteva, ma non è bastato.

Sono molto curioso di vedere il lavoro di Prandelli e sotto questo aspetto mi spiace che ci sia la sosta, però è meglio per l’inserimento nella nuova realtà viola. 

Abbiamo giocato meglio del Parma, avremmo meritato la vittoria, ma non è questo il punto è lo sapevamo.

Perché questa è una squadra con poche idee e con una difficoltà paurosa in attacco, e anche questo lo sapevamo.

Noi, ma non evidentemente Pradè, Barone e Commisso.

Ora il tempo è scaduto e bisogna decidersi: se si vuole continuare con Iachini lo si certifica con forza e lo si difende fino al termine della stagione.

Altrimenti si cambia oggi, perché domani è già tardi.

Io cambierei, ma il mio parere conta zero, ormai non ci resta che aspettare Rocco.

Beppe Iachini cucinato a fuoco lento, anche da noi alla radio: non lo merita, ma questa è la situazione per il semplice fatto che nessuna voce societaria si è levata in sua difesa .

Nel senso che nessuno ha detto a chiare lettere che rimarrà a prescindere, non lo possono dire e lo capisco.

A questo punto che succederà dopo Parma.

Perdiamo male e qui non ci sono più remore: viene licenziato.

Pareggiamo, più o meno con onore, che facciamo? Rimandiamo la decisione e continuiamo con lo stillicidio?

Pareggiamo di c..o e si ripropone il precedente quesito, con qualche probabilità in meno di restare.

Infine, come si spera, vinciamo, non importa come.

Iachini resta nonostante tutto e tutti?

Insomma, 1 X 2, come ai gloriosi tempi del Totocalcio, ma avrei preferito non giocare questa schedina.

Continuiamo con Iachini, sperando in un campionato modesto ma senza brividi da retrocessione?

Anticipiamo il decollo di un progetto importante spendendo una valanga di soldi (di Comisso e non nostri…) piantando le tende in casa Sarri o in casa Spalletti per un triennale oneroso, ma pieno di speranze e anche di rischi economici?

Andiamo col il secondo traghettatore in meno di un anno, che però non accetterà certamente un contratto per otto mesi? E chi, semmai?

E i giocatori?

Tutti belli riparati dietro al paravento di Iachini?

Nessuno è difendibile dopo la prestazione sconsolante di ieri: a Rocco il compito di decidere.

I commercianti, la gente che lavora davvero, non commette atti di violenza e di teppismo

Dedicata a chi ha sputtanato Firenze

Avete facce di figli di papà. 
Buona razza non mente. 
Avete lo stesso occhio cattivo. 
Siete paurosi, incerti, disperati 
(benissimo) ma sapete anche come essere 
prepotenti, ricattatori e sicuri: 
prerogative piccoloborghesi, amici. 
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte 
coi poliziotti, 
io simpatizzavo coi poliziotti! 
Perché i poliziotti sono figli di poveri. 
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano. 
Quanto a me, conosco assai bene 
il loro modo di esser stati bambini e ragazzi, 
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui, 
a causa della miseria, che non dà autorità. 
La madre incallita come un facchino, o tenera, 
per qualche malattia, come un uccellino; 
i tanti fratelli, la casupola 
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni 
altrui, lottizzati); i bassi 
sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi 
caseggiati popolari, ecc. ecc. 
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci, 
con quella stoffa ruvida che puzza di rancio 
fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente, 
e lo stato psicologico cui sono ridotti 
(per una quarantina di mille lire al mese): 
senza più sorriso, 
senza più amicizia col mondo, 
separati, 
esclusi (in una esclusione che non ha uguali); 
umiliati dalla perdita della qualità di uomini 
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare). 
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care. 
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia. 
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete! 
I ragazzi poliziotti 
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione 
risorgimentale) 
di figli di papà, avete bastonato, 
appartengono all’altra classe sociale. 
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento 
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte 
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte 
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque, 
la vostra! In questi casi, 
ai poliziotti si danno i fiori, amici.

Un secondo tempo ingiustificabile, sotto ogni punto di vista. Abbiamo rischiato grosso e siamo stati anche fortunati.

Non può essere un problema fisico e tanto meno tecnico, non rimane quindi che la testa, che sia un fatto di concentrazione o altro.

E qui ovviamente entra in gioco il tecnico, che sta provando a sistemare le cose, che arriva da due successi risicati, ma che fatica a convincere il popolo viola e su questo argomento vado giù molto leggero.

Comunque sia, turiamoci il naso per seconda volta in tre giorni, prendiamoci ciò che più conta nel calcio, cioè la vittoria, e speriamo che qualcosa in più si veda a Roma, dove potremo (forse) giocare di rimessa senza avere l’onere di impostare la manovra. 

Quanto è facile essere solidali e illuminati con la pancia piena, uno stipendio sicuro, la casa di proprietà e qualche soldo da parte?

Ora che però tutto sembra scricchiolare come se ci stessimo preparando alla slavina, in quanti conserveranno  quell’atteggiamento buonista che ho sempre sopportato a fatica e che ogni volta fa dire la cosa giusta al momento giusto?

Siamo contro chi taglia gli alberi in Amazzonia, dalla parte delle donne che trent’anni dopo denunciano molestie, assolutamente favorevoli ai diritti degli ultimi, a patto però che non ci passino avanti: basta e avanza se rimangono penultimi, noi dobbiamo stare davanti.

Per non parlare dei gay, dei neri e degli ebrei: noi (voi) ci schieriamo al loro fianco in ogni loro battaglia, qualcuno ha dei dubbi?

Ma… anche adesso che il mondo sembra annunciare nuove albe sempre più nere?

Siamo disposti a rinunciare davvero a qualcosa di nostro, che sia qualcosa di concreto, di economico o anche la semplice limitazione nel muoversi.

Conte si affida al senso di responsabilità degli italiani e a me viene in mente, appunto, l’egoismo sdrucciolo che abbiamo tutti quanti, perché tutti hanno (abbiamo) un valido motivo per spostarsi.

La nonna, il fidanzato/a, un amico/a che non vedo da anni, portare il regalo per il bambino appena nato alla coppia di amici che abita a trenta chilometri.

E tutto ci sembra non solo credibile, ma addirittura dovuto: libera, libera, libera.

Libera nos domine. 

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