Cosa vuoi dire ad una squadra che gioca un secondo tempo come quello di ieri e combatte su ogni pallone per tutti i supplementari contro chi è palesemente più forte di te?

Puoi solo applaudire e masticare amaro per come è andata a finire, imprecando contro l’arbitro che nel dubbio ha sempre scelto dall’altra parte e anche ammettendo che poi alla fine loro si sono mangiati quattro gol e quindi hanno meritato.

Il fatto è che tra Fiorentina e Inter non c’è proprio confronto in termini di giocatori, di incassi e di spesa, almeno fino a quando potevano spendere.

E non sarà un caso se per la seconda volta decidono quelli che erano seduti in panchina, stavolta ancora più forti di quelli mandati in campo a settembre.

Resta la prestazione, in cui si sono visti bagliori del Prandelli-pensiero in fatto di gioco e ordine tattico e questo è già un bel passo avanti.

Poi ci sono quelli che qualunque cosa succeda, non va bene: siamo scarsi, abbiamo avuto fortuna e via andare, con un rammarico di fondo nemmeno troppo nascosto per la mancata sconfitta.

Cominciamo col dire che Fiorentina-Cagliari è stata una partita discreta, con almeno una decina di occasioni da gol, cifra importante se rapportata agli ultimi desolanti spettacoli del Franchi.

Abbiamo tirato in porta, abbiamo rischiato e alla fine abbiamo vinto perché Vlahovic è stato più bravo di Simeone, perché i rigori bisogna saperli tirare e perché Dragowski gioca nella Fiorentina.

Ci mancavano i due più bravi a saltare l’uomo e il Cagliari si è permesso di mettere Pavoletti in panchina e anche questo deve essere messo nel conto.

Per carità, siamo ancora al di sotto del minimo sindacale per quelle che sono le giuste aspettative del popolo viola, ma la vogliamo smettere una volta per tutte di giocare al tanto peggio tanto meglio?

Una Lazio piccola piccola, ma noi siamo scolastici, lenti, noiosi.

Quando Ribery ha cominciato a venire a centrocampo a prendere il pallone si è capito il livello di brillantezza della squadra, poi Eysseric: incomprensibile.

Abbiamo giocatori che rendono molto meno del loro presunto potenziale, che forse è più presunto della realtà, è Prandelli che fatica ad incidere nel meccanismo del gioco.

Non si può essere soddisfatti, nel modo più assoluto, semmai concentrati sulla classifica e sull’esigenza di cambiare passo.

E bisogna farlo alla svelta

Ci aspettavamo di più, inutile indorare la pillola.

Avevamo negli occhi il trionfo di Torino e siamo tornati a vedere più o meno la solita Fiorentina, più sicura solo nella fase difensiva, ma con gli stessi problemi quando deve tirare e tutto questo nonostante un Ribery scintillante.

Il calcio è magia, è voglia di sognare, non ci si può accontentare della realtà, per quella c’è già la vita di tutti i giorni, che da oltre dieci mesi ci basta e avanza.

Per questo ci siamo rimasti abbastanza male, anche perché eravamo partiti benissimo, poi è come se psicologicamente non ci avessimo creduto abbastanza, chissà mai perché.

E se il migliore, insieme a Ribery e in parte Castrovilli, alla fine è stato ancora una volta Dragowski, converrà mettere in frigo il punticino, magari con un sospiro di rammarico e di nostalgia ripensando ai tempi passati, vecchi ormai di cinque anni.

Nelle situazioni bisogna trovarsi e quando affronti un’intervista impegnativa come quella di ieri con Commisso è bene avere in testa due spartiti da leggere.

Il primo è quello degli argomenti che vuoi affrontare, ed è giusto riempirlo di annotazioni e appunti, il secondo invece deve essere completamente libero da schemi: un libro bianco dove il tuo pensiero di giornalista ed intervistatore può svariare senza problemi.

Ed è proprio in questa sezione del cervello che ad un certo punto mi è venuta una cosa semplice, ma decisiva: ve bene, su alcune cose non sono d’accordo con lui e secondo me Rocco è troppo sensibile alle critiche.

In alcuni casi ha ragione ad arrabbiarsi, in altri dovrebbe capire che certe annotazioni fanno parte del circo mediatico costruito da sempre intorno al pallone.

Detto questo però, la domanda è: per la mia Fiorentina preferisco un signore italo-americano forse un po’ permaloso che tira fuori 300 milioni in meno di due anni o un simpatico mister X qualsiasi sempre sorridente e accomodante, ma con le vipere nelle tasche e con il costante mirino del pareggio in bilancio?

Ovvio che la risposta sia scontata, perché alla fine di tutti i discorsi i fatti sono chiari: Commisso non ha alcun interesse in Italia, né politico, né economico e certamente non pensa di speculare (e quindi di guadagnare) con la Fiorentina.

I tantissimi soldi che tira fuori hanno il solo scopo di soddisfare un suo vecchio sogno che si sposa benissimo con le nostre voglie di grandezza calcistica, quasi sempre mortificata dalla mancanza di quattrini.

E pazienza se qualche volta ci azzuffiamo radiofonicamente per ribadire le nostre idee, anche perché ai tifosi delle diatribe con opinionisti e giornalisti interessa pochissimo. 

Appuntamento questa sera alle 18 per una puntata speciale del Pentasport, ospite dall’America Rocco Commisso

Spazio anche per voi, chiamando lo 055 662223, potete già lasciare un messaggio vocale al 347 5551285

Ci divertiremo

Non ti vaccini, anche se puoi? Te lo consente la legge, ma non esiste che il tuo comportamento scellerato metta a rischio me e le persone a cui voglio bene.

Ribadisco il concetto che ha fatto arrabbiare un bel po’ di proto-negazionisti in radio: se non ti vaccini quando è il tuo turno, la Stato ti cura, ma le spese le paghi te.

Stiamo vivendo un periodo pessimo da quasi dieci mesi, con conseguenze pesanti sotto ogni punto di vista: un italiano su trenta ha preso il Covid, oltre settantamila ne sono morti e ancora c’è gente che non vuole il vaccino? Purtroppo sì e molta di più di quello che una mente normale possa immaginare.

Sarà perché personalmente ho per forza, purtroppo da tempo, a che fare con persone fuori di testa, di una superficialità unica, ma la mia dose di tolleranza l’ho veramente esaurita e il mio unico obiettivo è tornare a vivere normalmente.

Per arrivarci ci sono solo due strade che procedono parallele: vaccinarsi e intanto usare la massima prudenza nel proteggersi e nell’evitare situazioni che potrebbero essere rischiose.

Ci avvolge una cappa di tristezza mischiata all’incertezza per la nostra salute ed il nostro futuro economico.

Impossibile non farci i conti, ci sono 70.000 italiani morti e poi ci sono i lutti personali che a ogni fine dell’anno ci fanno riflettere sulla precarietà della nostra esistenza.

Per me è stato un anno importante, improvvisamente mi sono trovato a condurre per cinque giorni alla settimana e per tre mesi consecutivi il Pentasport riassaporando il sapore per me ineguagliabile della radio.

Senza farla troppo lunga, a marzo mi sono sentito il comandante di una nave che oscillava pericolosamente sotto i colpi dei divieti e colpita nell’anima dai morsi della paura: bisognava che dessi l’esempio. Ed è servito perché i risultati sono stati davvero eccellenti per merito della squadra.

Abbiamo tutti una gran voglia di normalità, di tornare a fare quelle cose che ci sembravano scontate e che da tempo ci mancano moltissimo, ma dobbiamo aspettare.

Ci saranno dei mesi duri da passare, ma il vaccino sta per arrivare e con calma ci sganceremo dal bunker in cui ci siamo rifugiati.

E allora sarà bello, come cantava Jannacci, quando nasce il sole: auguri di cuore a tutti voi.

Anzi, ve lo meritate, perché noi con la Fiorentina ci lavoriamo, anche se è una questione di cuore.

Vi meritate questa vittoria che entra nella storia per una serie di motivi che è inutile ripetere e che è tanto bella quanto inaspettata.

Partita perfetta, comprese le decisioni arbitrali, giocatori trasformati, goduria pura, da assaporare fino in fondo con piena consapevolezza.

Un trionfo da dedicare a chi non c’è più, a Pietro, ad Alessandro, a Lamberto, alle persone che questo stramaledetto 2020 ci ha portato via, a chi ha sofferto tanto e non è un caso che tutto sia successo con Giovanni nuovamente in trasferta.

Chiesa picchiato a più riprese e ignorato dai compagni è la fotografia di quello che ha lasciato a Firenze e soprattutto nello spogliatoio viola

Sono uno di quei padri a cui è stata negata, senza alcuna colpa e anzi cercando di evitarlo, la gioia di veder crescere quotidianamente i propri figli.

Una profonda ingiustizia, acuita da comportamenti scellerati che mi hanno fatto vivere anni molto complicati e dolorosi perché accompagnati da un senso di ingiustizia, un detonatore abbinato al dispiacere inestinguibile della mancanza.

Ho avuto fortuna nel mio successivo percorso di uomo, una grande fortuna, ma il dolore del padre che sono resta lì, sullo sfondo e dentro di me: conosco benissimo i risvegli notturni, il mal di stomaco continuo, il senso di impotenza nel vedere come vivono i figli, la rabbia inespressa, la voglia di giustizia.

Quando leggo di delitti come quello di Padova, scavo dentro di me e mi chiedo senza trovare risposta come sia possibile, dopo aver attraversato quelle sensazioni, varcare la soglia di quello che non so se definire egoismo, pazzia o semplice malvagità.

Partendo dal presupposto fondamentale che ogni atto violento nei confronti di chiunque è da condannare senza scusanti, ce la potremmo cavare con l’idea che esistano menti più deboli di altre.

Ma non basta, perché l’idea di uccidere i propri figli per “punire” chi ti ha fatto del male è un qualcosa che nessun psicoterapeuta riuscirà a spiegarmi compiutamente.

Resta solo l’orrore e il dolore, che da padre sento anche mio.

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