Mi vergogno di quello che ho pensato.
Sì, mi vergogno perchè non esiste nella vita dolore più grande del perdere un figlio.
E’ intollerabile solo pensarla una cosa del genere: non è nella logica umana ed in fondo, a parziale sostegno della tesi sull’insostenibilità della sofferenza, non siamo neanche stati biologicamente preparati per tale evenienza.
Per questo è allucinante quello che ho pensato di istinto quando ho letto le parole di perdono del padre di Angelo Frammartino verso colui che ha gli ha ammazzato il figlio “perché sentiva il bisogno di uccidere un ebreo” ed invece ha sbagliato persona.
Ho pensato: “ma se la mattanza verso suo figlio l’avesse compiuta un israeliano queste parole così dolci e così crudeli ci sarebbero state lo stesso?”
E’ chiaro che in quel momento così buio del mio intelletto è uscita fuori tutta la mia estrazione ebraica.
Eccole qui le conseguenze dell’odio ormai quasi secolare che divide i figli di Abramo.
Se anche uno laico come me, che da trent’anni crede nella costituzione dello Stato Palestinese, che da decenni non condivide la politica di Israele, cade in queste bassezze, vuol dire che siamo già un bel pezzo avanti nella distruzione di tutto.

Sensazione a pelle, vedendolo da vicino: Prandelli è già in clima campionato, e fa bene.
Sarà stato l’infortunio di Santana, ma l’impressione è che il tecnico viola fosse ben poco rilassato dopo la gara con il Giarre.
Ma forse, più di Santana, conta il Genoa, Marassi e tutto il resto.
Perché la Fiorentina ha effettuato una preparazione che più strana non poteva essere: è partita prestissimo in chiave Champions, ha lavorato all’inizio pensando di giocare dopo pochi giorni partite decisive, dopo è stata costretta a cambiare tutto.
Lo staff è andato a spingere sul fondo e la brillantezza per un po’ di tempo ce la possiamo scordare.
Tutto giusto e corretto, solo che tra tre giorni ci sarà questa sfida che vale moltissimo per le nostre ambizioni europee e troveremo un clima avvelenato.
Prepariamoci perciò ad una serata vera, di Coppa, e non stiamo troppo a recriminare su dove dovevamo essere perché a questo punto non serve a niente.

Comincia oggi con la radiocronaca di Fiorentina-Giarre il mio ventottesimo anno a Radio Blu, un record di fedeltà che ha pochi riscontri in Italia.
Molti hanno pensato che Radio Blu fosse in parte mia: non lo è e non lo è mai stata, ma è come se lo fosse, perché così la sento dal 1979, quando (incredibile, ma vero) il signor Pieroni mi offrì centomila lire al mese per fare una trasmissione alla settimana.
Quella trasmissione si chiamava Pentasport e, come qualcuno di voi sa, continua pure oggi.
Mi guardo dentro ed è bello sentire che la scintilla è la stessa, spero anche l’umiltà, semmai è aumentato la permalosità, già prima ad un buon livello.
Certo, è cambiato il contesto: ventotto anni fa in tribuna stampa stavo sempre zitto perché non mi filava proprio nessuno.
Ero un alieno, l’unico di una radio privata, uno di serie C (in B, per i soloni del giornalismo scritto, poi passati a fare marchette con noi, militavano quelli delle televisioni private).
Adesso vado in tribuna stampa e con un buon 40% dei colleghi o presunti tali non parlo e non ho rapporti perché ci ho litigato.
Non si può proprio dire che io abbia un carattere facile.
Un po’ mi spiace, specie per quelli e quelle che ho “messo al mondo” giornalisticamente e che una volta assunti o sistemati da altre parti si sono scordati/e tutto, tradendo la mia fiducia, ma poi vado avanti lo stesso.
Resta Radio Blu, che per me significa la radio in senso lato, la mia radio.
Uno strumento straordinario che mi ha permesso di realizzare i sogni di bambino/ragazzo, quando volevo fare ad ogni costo il giornalista e tutti mi dicevano di lasciar perdere perché ero senza sponsor politici, perché non avevo parenti giornalisti e perché in fondo si dice sempre così per levarsi un rompiscatole dai piedi.
Ed invece in qualche modo sono ancora qui, e pensare che quando entreranno le squadre in campo ci sarà ancora qualcuno che mi ascolta é, ve lo assicuro, straordinario.

Premessa personale: a causa delle origini, della famiglia e di altre piccole vicissitudini, da qualche anno sto sempre attento a non cadere in un errore già commesso in passato, il complesso di persecuzione.
Per questo mi interrogo più volte prima di pensare di aver avuto un’ingiustizia e, soprattutto, prima di gridarlo al mondo intero.
Stavolta ho fatto lo stesso: dopo la sentenza con i 15 punti di penalizzazione alla Reggina (lo stesso grado di giudizio condannò noi alla B e meno 12…) mi sono riletto le intercettazioni che riguardavano i calabresi e le nostre.
Ho riflettuto, respirato forte e lentamente, e cacciato simbolicamente un urlo: niente camera di conciliazione, DOBBIAMO ANDARE AL TAR!

BOLOGNA – Parere negativo della Procura generale di Bologna alla richiesta di grazia presentata da Roberto Savi, il capo dei killer della Uno Bianca, la banda composta quasi completamente da poliziotti che tra l’87 e il ’94 si lasciò dietro 24 morti e oltre cento feriti tra Bologna, la Romagna e le Marche, rapinando banche, uffici postali e supermercati, sparando a testimoni o a chi, come unica ‘colpa’, era nomade o extracomunitario.
Lo scontato parere negativo è firmato dal Pg Vito Zincani, che aveva già detto che il gesto di Savi era dettato dalla disperazione.
Zincani ha trasmesso la sua decisione al Ministro della Giustizia Clemente Mastella. Per completare l’istruttoria sulla domanda ora mancano i pareri del giudice di sorveglianza e quello del carcere dove l’ex poliziotto è detenuto, quello di Opera a Milano.

Ok, l’argonauta Rossi ha appena detto che non ci saranno sconti, che il calcio va moralizzato e via a seguire con il solito repertorio.
Ma mettiamo che invece quelli decidano di andare al tavolo delle trattative al Coni e che propongano alla Fiorentina quanto segue: revoca della squalifica del campo e “solo” – 15 punti di penalizzazione.
Che facciamo a quel punto, conciliamo?
Confesso di avere idee un po’ confuse sull’argomento.
Da un lato mi piace sempre di più la fermezza dimostrata da DDV in tutta questa vicenda e non solo in questa (leggi alla voce Toni).
Dall’altro non vedo l’ora di ricominciare a parlare solo di calcio e senza la squalifica del campo e con un abbuono di 4/5 punti starei senz’altro meglio di ora.
Non rimane che aspettare e vedere se poi questo sconto ce lo propongono davvero.

Nel 1981 chiese al mio amico Celeste Pin di far pareggiare la Juve, magari con un suo gol, perché quelli stavano perdendo lo scudetto contro il Peruga ormai retrocesso, e fu squalificato per tre mesi.
Nel 1994 gli feci vedere come Ravanelli stramazzava al suolo senza che Toldo lo avesse neanche sfiorato e la Juve si vide assegnare un rigore ingiusto.
Lui gridò al complotto, urlò che l’avevo fatto cadere in una trappola e uscendo dalla stanza che ospitava lo studio mobile di Canale Dieci disse che ci avrebbe fatto chiudere.
Nel giugno 2005 capito per sbaglio nello stesso posto dove la Juve sta tenendo la sua trionfale riunione con gli sponsor per festeggiare la fresca vittoria dello scudetto e rinnovare succosi contratti di pubblicità.
Guardato compassionevolmente da moglie e figlie mi gioco una giornata di ferie per avere un’intervista in esclusiva con Giraudo a proposito dei suoi rapporti con Della Valle e sulle comproprrietà in ballo tra Juve e Fiorentina.
Quelli dell’ufficio stampa mi controllano a vista, mi sottopongono a tutta la trafila burocratica e alla fine, proprio perché sono un rompiballe di dimensioni galattiche, mi concedono di parlare tre-minuti-tre non con Giraudo, ma con Bettega, che sta arbitrando una partita di pallavolo sulla spiaggia.
Andiamo in processione con il registratore pronto al click, ma il dirigente che nemmeno un anno dopo si sarebbe commosso in tribuna d’onore mi dice che “no, non è il caso che io parli con qualcuno di Firenze, perchè tanto le mie parole sarebbero male interpretate come sempre”.
Deglutisco, penso alle volte in cui lui e Causio hanno boicottato Antognoni in Nazionale e lo mando in c… solo quando torno sconsolato in camera mia.
Ora leggo che il signor Bettega si occupa ancora di mercato per la Juve, che è vicino a Cobolli Gigli e quindi mi stupisco per non essermene accorto prima.
Di cosa?
Ma questo qui ha un fratello gemello, che prima, tanti anni fa, era in affari e in società con Moggi e Giraudo, ma poi deve essere scomparso in qualche società satellite della Fiat.
Quello che c’è ora nessuno lo ha ancora visto in televisione, ma essendo appunto suo fratello gemello non c’è da stupirsi che abbia la stessa insopportabile supponenza di Roberto.

Per quello che abbiamo passato negli ultimi sei anni, dalla cessione di Batistuta in poi, avremmo diritto non ad uno, ma ad almeno tre stagioni da incorniciare.
Intanto però godiamoci quella che comincerà il 19 agosto.
Dice: sì, ma ci sono 19 punti da recuperare.
Ok, però voglio vedere se c’è in in giro una società con questi mezzi, una squadra con queste potenzialità, un pubblico così innamorato ed un allenatore a livello di Prandelli.
Il Milan e l’Inter sono messi meglio a quattrini (e quindi come parco giocatori), però hanno ogni anno l’obbligo di vincere e ve l’immaginate la faccia di Moratti se (sul campo) non prende nemmeno stavolta lo scudetto?
Ed io non scambierei il nostro allenatore con Ancelotti, mentre su Mancini non vale neanche la pena di misurarsi.
La Roma ha una tifoseria sinceramente eccezionale e molto discutibile sul piano dell’ordine pubblico, ma sta affonfando nei debiti e buon per loro che hanno in panchina l’unico che possa avvicinare Prandelli e che fa quadrare conti tecnici scombussolati.
La Lazio ha ed è Lotito, ed il discorso penso si possa chiudere qui.
Quindi, forse perché essendo in ferie vedo le cose con un po’ più di distacco, direi di tirare il fiato e cominciare a vivere pienamente una stagione che potrebbe essere molto, ma molto interessante.
E poi c’è sempre quel campionato di B così strano a cui dare un’occhiata per vedere come va a finire…

Andrea ha lavorato sotto traccia, Diego è andato in prima linea: ad entrambi un bravi ed un grazie di cuore per come hanno gestito la vicenda Toni.
In tanti non si sono resi conto o hanno fatto finta di non rendersi conto che si è trattato di una svolta epocale: per la prima volta non si è seguito il rituale di un calcio fuori di testa, che alza sempre la posta e che non rispetta mai gli impegni presi.
Quanto a Toni, ora ci dimentichiamo tutto, o almeno ci tentiamo, perché tanto farci sangue amaro non serve a niente.
Pensiamo a fare filotto in Coppa Italia nelle tre partite di agosto e poi puntiamo su lui, ma non solo su lui, per dare un bello schiaffo in campionato a quelli che ci vogliono male.

Resistenza quasi uguale alla difese di Zeman e quindi, appena vista una postazione internet, eccomi qui a scrivere su una piccola cosa lasciata in sospeso.
Nell’ultimo Pentasport di sabato avevo lanciato la campagna “Non fischiamo Toni” a cui avevano aderito tutti gli interlocutori della trasmissione, compreso il grande (come spessore umano, voglio dire) Riganò, che ieri ha rilanciato il concetto.
Ecco, ribadisco: non fischiamo Toni, nonostante il bruciore che hanno provocato le sue incaute dichiarazioni.
Non fischiamolo perché prima di tutto ci serve nella pienezza dei suoi mezzi per risalire la corrente e poi anche per non fornire alibi a lui a al simpatico Tinti sul futuro del matrimonio con la Fiorentina.
Freniamoci, rimandando a data da destinarsi i legittimi sfoghi su una condotta scorretta, che però ormai appartiene al passato.

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