Scusate se per una volta utilizzo il mio blog per parlare di cose che riguardano, o riguarderebbero, gli addetti ai lavori, ma negli ultimi giorni ho dovuto rispondere privatamente a diversi messaggi che mettevano in dubbio gli ascolti radiofonici.
Li indirizzavano certamente “amici” di radio concorrenti, ma non importa, perché è doveroso essere cortesi con tutti (o quasi).
L’ho fatto senza pubblicare sul blog perché non volevo alimentare polemiche sterili.
le contestazioni riguardavano quello che avevo scritto a proposito di Corvino e dei mezzi a disposizione: ebbene, la maggior parte delle contestazioni era legata al fatto che i maggiori ascolti di Radio Blu fossero legati ad una maggiore diffusione (cosa tra l’altro non vera per due delle altre tre emittenti che parlano quotidianamente di Fiorentina).
E comunque, per tagliare la testa al toro, mi sono fatto mandare i dati sulla sola provincia di Firenze che vedono radio Blu in testa con 50.000 ascoltatori, le altre ne hanno rispettivamente 35.000, 24.000 e 17.000.
Spero così di aver chiuso, almeno fino ai prossimi dati audiradio, ogni polemica.

1994/95
Dopo la morte di Mario, tutto il potere era nelle mani di Vittorio e dei suoi fedelissimi: Sergio Bartolelli, Luciano Luna e Paolo Cardini. Non si parlava ancora di acquistare televisioni nazionali e quindi si viveva tranquilli. Al “gruppo” bastava e avanzava Canale Dieci, dove i giochi di potere erano alquanto limitati. Cardini e Luna si erano divisi i compiti: il primo controllava la parte politica, il secondo la Fiorentina. Grazie al gioco dei resti elettorali, Vittorio era riuscito a diventare senatore nelle file del Partito Popolare, all’opposizione. Nella nottata dello spoglio dei voti, la tensione a Canale Dieci era alle stelle: e se nonostante tutti gli sforzi non fosse passato? Ad un certo punto arrivò a Villa Cora Bruno Altissimi, un produttore cinematografico indipendente dell’entourage romano, e gridò: «Aho, ce l’avemo fatta per un pelo di f…, adesso famose du spaghe». Nei mesi successivi all’approdo in Parlamento, il neo-senatore cominciò a sviluppare la pericolosissima sindrome Berlusconi. Secondo i suoi uomini, Vittorio era addirittura più geniale di Silvio e il tempo gli avrebbe certamente dato ragione. Intanto, la stagione del ritorno in serie A si annunciava piena di speranze.

MONDIALE IN CANTINA
Il pomeriggio della semifinale mondiale tra Italia e Bulgaria me ne stavo tranquillo in Versilia, pregustando lo spettacolo serale, quando arrivò la telefonata di Grassia: «hanno appena comprato Rui Costa, arriverà alle 19 a Roma e vedrà la partita a casa di Cecchi Gori. Bisogna in tutti i modi andare là, abbiamo già chiamato l’operatore per l’intervista». Costrinsi il buon Selvi a montare in macchina con me e partimmo di controvoglia. Arrivammo in via Platone cinque minuti prima del fischio di inizio della semifinale e venimmo fatti accomodare senza troppi complimenti nelle cantine della villa, dove per fortuna era stato installato un piccolo televisore. Solo nell’intervallo venni ammesso nel salone delle feste, mentre Francesco, evidentemente non ritenuto all’altezza, rimase di sotto a sgranocchiare qualcosa. Notai, con preoccupante sorpresa per il mio futuro professionale a Canale Dieci, che era presente anche Sandrelli e venni quindi presentato da Vittorio a Rui Costa come «quello che quando segna la Fiorentina urla goool». Avrei voluto rispondere a Cecchi Gori che avevo anche qualche altra funzione nella vita, che come lui ero addirittura laureato, ma tacqui per non turbare l’armonia idilliaca della serata. Finita l’intervista, salutai e tornai nelle cantine a vedere la partita con Selvi. Nessuno, d’altra parte, mi aveva chiesto di rimanere.

FUORICLASSE
Credo davvero che Rui Costa, come Toldo, sarebbe riuscito in qualsiasi altro campo della vita. Per la fortuna sua, e di noi che lo abbiamo visto giocare per sette anni, ha scelto di diventare un calciatore. In tre mesi parlava l’italiano meglio degli stranieri che stavano da tre lustri in Italia, e in poche settimane aveva già capito Firenze. La differenza sostanziale tra Bati e Rui è che il portoghese non considera il calcio un lavoro. In lui si respira chiaramente la voglia di pallone e mentre il fuoriclasse argentino vedrà in televisione sì e no una decina di partite all’anno, Manuel non perde mai una gara importante. Sono profondamente differenti anche nella disponibilità verso i tifosi. Rui si porta dietro la voglia che aveva da ragazzino di entrare nel mondo del pallone. Con i bambini poi è instancabile: foto, autografi, dediche, potrebbe passare ore insieme ai suoi piccoli fans. C’è una dolcezza di fondo nel suo carattere che lo fa assomigliare un po’ a Baggio. Nel 1995, dopo l’ennesima sostituzione, mandò a quel paese Ranieri; capì di aver sbagliato e convocò per il lunedì una conferenza stampa per scusarsi di aver mancato di rispetto al tecnico e soprattutto all’insalutato Robbiati, che entrava al suo posto.
I nostri rapporti sono stati ottimi fin dall’inizio, con picchi in alto particolarmente gradevoli. Solo se era con Batistuta, negli ultimi due anni dell’argentino a Firenze, Rui dimostrava una freddezza che un po’ mi infastidiva. Ad un certo punto le cose precipitarono, in gran parte per colpa mia. Mi ero infatti arrabbiato perché, dopo una partita di Champions Leagues, Rui Costa aveva saltato la nostra postazione. Secondo me (ed il mio solito complesso di persecuzione) l’aveva fatto apposta e non capivo il perché. Siccome poi Rui attraversava un momento difficile e non riuscivo più a portarlo in trasmissione, mi convinsi che esistesse tra noi una frattura che io stesso andavo ingigantendo. Il punto di non ritorno lo toccai una sera al Pentasport, quando commentai il pugno quasi omicida di Ferrigno del Como al modenese Bertolotti. Con un paragone assolutamente infelice, misi in relazione il livello di esasperazione che aveva raggiunto il calcio con il fatto che Rui Costa mi aveva tolto il saluto. Non c’entrava niente, era solo lo stupido sfogo di una persona delusa, ma lo avevano ascoltato decine di migliaia di persone. Per fortuna, la mia presunzione non mi impedì di capire l’errore e così un pomeriggio di dicembre, senza farmi preparare il terreno da nessuno, chiesi a sorpresa di parlare con lui. Non volevo interviste, ma solo riprendere le antiche consuetudini. Fu un colloquio aspro e risolutore, in cui ammisi le mie colpe, chiedendo lealmente scusa. I rapporti tornarono normali e la sua ultima apparizione in una televisione fiorentina fu al Ring dei Tifosi, il giorno dopo la vittoria in Coppa Italia. Me lo aveva promesso in caso di successo e, al contrario di altri, Rui Costa è un uomo che sa sempre mantenere la parola data.

SE SEGNI SETTE GOL…
… ti faccio conoscere Sharon Stone. Lo aveva promesso Vittorio a Marcio Santos, e chissà se la splendida attrice americana ha mai saputo di essere diventata un “premio di produzione” molto particolare. E poi, che voleva dire “ti faccio conoscere”? Una volta conosciuta, cosa sarebbe successo? Forse per evitare di rispondere all’imbarazzante quesito, Marcio Santos di gol ne fece appena due, più due autoreti che misero il timbro d’autore (era appena diventato Campione del Mondo) alla banda del buco, cioè l’allucinante difesa della Fiorentina. Il povero Toldo subì infatti ben 57 reti, con un crescendo finale impressionante, e Marcio Santos venne misteriosamente ingaggiato dall’Ajax, dove in pratica non giocò mai.

IL RING DEI TIFOSI
In quella stagione decollò definitivamente il Ring, ideato insieme a Luna, a cui piacevano i tifosi alla Ciuffi, quelli che sfottevano in televisione a suon di battute. La trasmissione venne immediatamente considerata una mina vagante dagli altri dirigenti viola, proprio perché affidata alla spontaneità di chi vi partecipava. Dopo le prime quattro puntate dell’anno della B, il vice presidente Ugo Poggi suggerì a Vittorio di sopprimerla. «Tu cosa ne pensi?», mi chiese Cecchi Gori nello spogliatoio del Franchi, mentre aspettavamo di giocare una partita di beneficenza contro la Nazionale cantanti. «Il programma funzione, Vittorio – gli risposi – è quello che fa gli ascolti più alti». Ed era vero, solo che spesso creava dei casini, soprattutto a causa della mia conduzione un po’ “scapigliata”. Devo riconoscere a Grassia e Sandrelli il grande merito di essersi opposti a tutti i tentativi di cancellazione, che arrivavano dal versante Cardini. E dopo poco tempo, lo stesso Poggi diventò un estimatore, non perdendosi una puntata. Qualche volta si lamentarono anche Giancarlo Antognoni e Oreste Cinquini, che nel frattempo aveva preso il posto dell’indimenticabile dottor Giuliani.
Resterà nella piccola storia di Canale Dieci la telefonata che ricevetti proprio da Cinquini al termine di una puntata in cui i tifosi presenti avevano espresso il loro dissenso per l’arrivo in maglia viola di Aldo Firicano, già ingaggiato a parametro zero dal Cagliari.
«Ti rendi conto – mi disse Cinquini – che adesso Firicano non verrà più: lo hanno già avvertito che a Firenze non lo vogliono e tutto questo per colpa tua»
«Accidenti Oreste – gli risposi – ma allora il Ring è proprio seguito…»
«David, non fare lo spiritoso, domani parlerò di tutto questo con Luna».
Ah ecco, mi sembrava strano.

Vittoria strameritata, eppure se Bernacci, come dicono a Bologna, non avesse fatto l’asino, oggi saremmo qui a leccarci le ferite.
Tra un infortunio di Frey, uno stop di Mutu ed un più che comprensibile calo di rendimento di Gilardino, qui va a finire che il migliore a maggio sarà Montolivo, che gioca benissimo da più di due mesi.
Però ieri si è vista la differenza che esiste tra avere Osvaldo ed avere Mutu: primo pallone toccato e gol da antologia, basta vedere come osserva scendere a candela il pallone.
Ottimo anche Melo e a me è piaciuto pure Vargas, ma in sala stampa ho notato di non avere troppi compagni di viaggio.
Siamo sempre lì, in piena corsa Champions, alla faccia dei gufi, come ho urlato a fine radiocronaca.

Il massimo è per quei tifosi che avevano comprato il biglietto a Bologna e che domani non possono andare allo stadio: come fanno a vedersi restituire i soldi?
Si fanno un bel viaggetto in Emilia spendendo di più di quanto dovrebbero avere indietro?
Quando sono arrivato verso le 13 al Dall’Ara erano tutti certi che si sarebbe giocato e avevano pure l’aria di aver visto situazioni ben peggiori.
Ed invece è stato il massimo della disorganizzazione e ha ragione Bucchioni, quando è intervenuto a Radio Blu: ma imgaggiare una trentina di spalatori, no?
Tra l’altro io sono ripartito da Bologna quando stava piovendo e sarebbe quindi bastato un atto di buona volontà per evitare questa situazione.
Vabbeh, cerchiamo di prendere i tre punti perché oggi Loria (faccio pubblica ammenda, avevo scritto una bischerata sul suo possibile ingaggio…) ci ha fatto davvero un gran regalo.

Le emittenti che Radio Blu doppia, e a volte triplica, negli ascolti e che parlano quotidianamente di Fiorentina hanno mezzi economici uguali ai nostri.
Ma se improvvisamente qualcuna di loro quadruplicasse gli investimenti “viola”, io andrei dal mio editore e gli chiederei cosa fare, perché a quel punto la corsa sarebbe ovviamente impari.
La stessa cosa succede a Corvino con la Fiorentina, ed io capisco che per i tifosi sia un po’ stucchevole sentirsi ripetere ad ogni intervista che gli altri hanno molti più soldi di noi, però è una premessa che comprendo perfettamente e che deve essere fatta perché è alla base del lavoro di Pantaleo.
Con un terzo dei mezzi degli altri nelle ultime tre stagioni siamo sempre riusciti a fregare uno dei quattro giganti (in un caso erano solo tre e comunque facemmo più punti del Milan) del calcio italiano e non è certamente un’impresa da poco.
Il paradosso del calcio è che rischiamo di non riuscirci nell’estate in cui abbiamo speso di più, anche se adesso il conto economico è molto meno sbilanciato grazie all’abilità di Corvino nel vendere.
Quella di ieri sera è stata una chiacchierata dal mio punto di vista molto soddisfacente e credo che abbia contribuito a spiegare diverse cose.
Per esempio che non ci sarà più una campagna acquisti come quella del 2008 e che il budget a disposizione sarà molto basso, almeno così l’ho capita io.
Sono d’accordo su moltissime cose che ha detto Corvino, ma non sul discorso finale sui giornalisti “che nel 50% dei casi si svegliano la mattina con l’dea di parlare male della Fiorentina”.
Sull’argomento ho preferito non insistere, dichiarandomi solo non in linea col suo pensiero per due motivi.
Il primo è che abbiamo già avuto un vivace scambio di idee la sera della cena per Vieri in cui difesi la buonafede della banda dei cinque: Beha, Ferrara, Righini, Sandrelli, Tenerani, tutti tra l’altro tifosi viola.
Il secondo è che sarebbe stata una discussione pesante, ripetitiva e sterile che avrebbe tolto spazio alle altre vicende calcistiche certamente più interessanti per chi ascoltava.

E come altro vuoi definire un tipo del genere?
Non è neanche questione di essere malvagi, razzisti o antisemiti.
Qui si è semplicemente idioti, e non è mica colpa sua.
La colpa è di chi ce l’ha messo.

TREVISO – “Io so che le camere a gas sono esistite almeno per disinfettare, ma non so dire se abbiano fatto morti oppure no, perché non ho approfondito la questione”.
Sono parole shock quelle pronunciate, in un’intervista alla Tribuna di Treviso, da don Floriano Abrahamowicz, capo della comunità lefebvriani del Nordest.
Le dichiarazioni del religioso – che rifiuta però di definirsi antisemita – riaccendono la polemica sul negazionismo nonostante il mea culpa pronunciato dal leader del movimento tradizionalista Bernard Fellay addolorato dalle parole del vescovo Williamson, e le distanze prese dalla stessa comunità anticonciliare a cui appartiene il religioso trevigiano

Una brutta partita, con errori tecnici da squadre di serie inferiori, ma la Fiorentina ha ampiamente meritato di vincere.
Nella pochezza della gara ha fatto le uniche cose importanti e comunque qui se non torna alla svelta Mutu ho l’impressione che là davanti i conti siano difficili da far tornare.
Il gol di Montolivo vale oro, forse è il più importante della sua carriera e a Frey si può perdonare quello che è successo ieri e pure altre papere future.
Io alla Champions ci credo sempre, così come penso che ci creda Prandelli, che ha voluto dare una scossa all’ambiente.
Sentito il battibecco tra Andrea Della Valle e Sconcerti di ieri, forse non ce n’era bisogno perché siamo già abbastanza elettrici per conto nostro.

ADDIO MARIO
Sapevamo che stava male, ma non così male. La morte improvvisa di Mario Cecchi Gori fece capire una volta di più come Firenze fosse una città assolutamente straordinaria. In fondo era stato il presidente della prima retrocessione dopo sessanta anni e Agroppi invece di De Sisti lo aveva scelto lui, ma la gente lo amava lo stesso. Tutto merito della sua bonaria sincerità, che lo avvicinava al ceto popolare dal quale proveniva. Gli inderogabili impegni milanesi di Filippo Grassia mi catapultarono la sera del 5 novembre 1993 a commentare la scomparsa del presidente dalla “sua” televisione. Il giorno successivo ero un po’ agitato perché avrei dovuto coordinare il lavoro di un gruppo di persone che di tv sapeva poco o niente. Di solito sono fissato con la puntualità e mi catapulto allo stadio almeno con un’ora e mezzo di anticipo, fra l’ironia dei colleghi e la sopportazione di chi viene con me. E’ una mania che mi porto dietro da oltre vent’anni e con l’invecchiare peggioro. Quella domenica avrei voluto essere in piazza Santa Croce – dove sarebbe stata esposta la salma del presidente – fin dalla mattina, ma mi feci convincere da Letizia (“ma quanta gente vuoi che ci vada?”) a pranzare alla solita ora. Mai scelta si rivelò così sbagliata. Trovai una folla enorme, mi feci largo a furia di gomitate e mi presentai in chiesa appena cinque minuti prima dell’arrivo della bara. Luna era inferocito e ruggì in romanesco qualcosa di incomprensibile e di sinceramente poco adatto al luogo. Lo calmammo con un filmato tutto dissolvenze realizzato da Franco Boldrini, un “Ciao Mario” che chi ha lavorato in quegli anni a Canale Dieci non può aver dimenticato, perché fu programmato almeno una trentina di volte nei due mesi successivi.
Qualche ora dopo il ruggito di Luna realizzai un piccolo scoop, riuscendo ad intervistare in contemporanea Vittorio Cecchi Gori e Giampiero Boniperti, il presidente della Juventus, solitamente molto restio a presentarsi davanti alle telecamere. Il servizio andò in onda sul TG sportivo nazionale della Rai, senza che fosse annunciato chi fosse l’autore: un grande smacco per uno che, come mi ricordava spesso Sandro Picchi, avrebbe firmato anche le lettere anonime.

NOTTE IN BIANCO
Quanta fiele ho inghiottito nei nove anni di Canale Dieci e quante notti insonni! Adesso mi dico che sono stato proprio un bischero a prendermela tanto, ma il carattere è quello e non si cambia. La prima volta che minacciarono di cacciarmi fu nel dicembre 1993, grazie al contributo indispensabile del dottor Paolo Giuliani, il nuovo direttore generale, arrivato non si sa come in viola. Tutto, come spesso accade in queste circostanze, fu frutto del caso. Eravamo appena scesi dall’aereo ad Ascoli, e al momento del collegamento con la radio mi trovai accanto a Furio Valcareggi. Era il procuratore di Malusci, che il giorno dopo sarebbe andato in panchina per far posto a D’Anna. Lo feci intervenire, pensando a delle normali dichiarazioni. Non so bene cosa gli fosse passato per la testa, fatto sta che Valcareggi junior cominciò a sparare a zero contro la Fiorentina, accennando anche ad imprecisate minacce fisiche che erano arrivate sia a lui che a Malusci. L’Ansa rilanciò l’intervista e all’ora di cena, mentre stavo per addentare le prime fantastiche olive ascolane, mi chiamò l’esimio dottor Giuliani.
«Che casino hai combinato con la tua radio di mer…! Ma io ti faccio cacciare da Canale Dieci! Tu sei fuori, capito, tu sei fuori!!! Non ti presentare mai più!». La logica perversa di Giuliani era la seguente: Furio Valcareggi aveva parlato male della società a Radio Blu, di cui io ero il direttore, per questo me ne dovevo andare da Canale Dieci. Fantastico. Senza contare che Giuliani con Canale Dieci non c’entrava niente. Mi attaccai al telefono con mezzo mondo, ma quasi tutti quelli dell’entourage viola si negavano o rimanevano nel vago. Col complesso di persecuzione ereditato dai miei avi e che mi porto dietro da sempre, mi sentii perso: ero caduto in disgrazia ed il mondo mi odiava senza che ci fosse un vero perché. Grassia da Milano mi tranquillizzò, dicendomi di non preoccuparmi, ma passai lo stesso la notte in bianco.
Alle sette del mattino svegliai l’intera famiglia Fanetti. Paolo mi assicurò che nel tardo pomeriggio ci sarebbe stato un incontro chiarificatore con Luna. Beccai dall’imperatore una paternale ridicola, tutta basata sul tradimento della fiducia che mi era sta concessa. Non replicai, anche perché ero distrutto da una giornata di grande tensione. Arrivò anche la tremenda punizione: ad Ascoli non avrei realizzato le interviste del dopo la partita, sai che roba. Incontrai Giuliani allo stadio di Ascoli: mi salutò come se non fosse mai successo niente e mi parlò del programma viola della settimana successiva. Quando nel giugno successivo (lui) venne finalmente cacciato dalla Fiorentina, offrii da bere a tutta la redazione.

RIMOZIONE
E’ strano a dirsi, ma di quell’anno in serie B mi sono rimaste impresse soprattutto le sconfitte, specialmente quella di Ascoli e di Brescia, dove l’agente di polizia penitenziaria Cardona fischiò quattro rigori in novanta minuti. Le vittorie diventarono quasi un atto dovuto, molto belle furono quelle di Palermo, perché alla prima giornata, e Bari, con un gol di Banchelli a tempo scaduto. Speravamo di lavare l’onta della retrocessione con la Coppa Italia, ma venimmo eliminati dal Venezia, che aveva già fatto fuori la Juve. Nella gara di ritorno avevamo allestito un collegamento con la signora Valeria Cecchi Gori, vedova da poco più di un mese. Volevo sapere se era tutto a posto, ma dallo studio non davano segni di vita e dopo un minuto di silenzio, pensando di essere in pre-ascolto, sparai un’imprecazione da osteria che venne ascoltata dall’allibita (immagino) signora Cecchi Gori e dal resto del popolo viola sintonizzato su Radio Blu.
Fu in quella stagione che assistemmo all’unica sostituzione tecnica in viola di Batistuta: contro il Verona in casa, Ranieri osò toglierlo per far posto a Zironelli, che poi segnò la rete del vantaggio. Gabriel negli spogliatoi disse che andava bene così, prima veniva la squadra e poi il singolo. Quando arrivò la matematica promozione, nessuno fece festa e la cosa turbò molto i nuovi arrivati che non avevano nessun “debito” da pagare. Non si poteva dar loro torto, ma bisognava aver vissuto lo strazio dell’estate prima per capire lo stato d’animo dei tifosi.

TELEFONATA E NUVOLE
Interno di casa Guetta, più precisamente il salotto. Metà aprile 1994, ora di cena, suona il cellulare.
«A Gue’, so Luna, ma che caz… di domande vai a fa’ a Ranieri?»
«Scusa Luciano, ma a quale domanda ti riferisci?»
«Che me lo sta anche a chiede? Sei andato a domandargli se rinnova o no il contratto per l’anno prossimo!»
«E allora? Se lo chiedono tutti, noi facciamo un telegiornale e chi ci guarda vuole sapere»
«Tu quelle cose lì non gliele devi domandare, hai capito?»
«Ma perché?»
«Perché no, e basta»
«Guarda che se ricapita, io glielo richiedo»
«Vaffanc…».
Grande indimenticabile Luna, l’uomo che fece stare in casa per un week-end di primavera del 1994 quei poveri toscani della costa che seguivano Canale Dieci. Era infatti appena arrivato un nuovo sistema computerizzato per il meteo e Lucianone nostro sembrava felice come un bambino perché potevano essere utilizzati tanti bei simboli, comprese le saette dei temporali. Peccato che per il giorno successivo fosse previsto tempo splendido in tutta la regione. Luna si corrucciò per un attimo e poi ebbe la pensata geniale. «Aho – disse all’attonito tecnico – qui c’è troppo vuoto, mettiamo delle nuvole da qualche parte. Ecco, qua a sinistra, vicino al mare, ci stanno bene. E anche qualche saetta». Indimenticabile.

L’ORLANDO FURIOSO
Al suo quarto bidone in radio mi arrabbiai di brutto e sparai a zero contro Massimo Orlando, che, lo seppi dopo, stava vivendo un periodo difficile. Per me la cosa era finita lì, ma dopo pochi giorni venni convocato dall’ormai ex enfant prodige viola. E’ interessante a questo punto ricordare come, dopo una prima disastrosa esperienza, la Fiorentina per anni non abbia avuto un addetto stampa, ognuno faceva quello che gli pareva, giocatori e giornalisti. Orlando mi disse che non mi picchiava perché non voleva rovinarsi ed io pensai tra me e me che tutto sommato avrei tranquillamente potuto reggere la scazzottata. In compenso minacciò che mi avrebbe fatto cacciare da Canale Dieci: ma allora era una fissazione! Dissi che andava bene, che aspettavo la lettera di licenziamento e me ne andai. La settimana dopo mi chiamò direttamente Vittorio Cecchi Gori. Con una calma insolita per lui, mi spiegò che io ed Orlando dovevamo andare d’accordo perché «eravamo due colonne della Fiorentina e quindi dovevamo per forza fare pace». Riparlai con Orlando solo nel settembre del 1995, al ritorno dalla sua esperienza poco felice al Milan. Ritrovammo in cinque minuti il vecchio affiatamento e per anni è stato uno dei miei più affezionati ospiti salva-trasmissione, cioè quei personaggi che i tifosi vedono volentieri e che puoi chiamare anche il giorno prima. Non un amico, ma quasi.

Sto per scrivere qualcosa di politicamente scorretto per il giornalismo nazional-popolare tipico del calcio, ma non ce la faccio più ed esterno: diciamo stop alla rabbia post Juve e pensiamo al Napoli.
Ci hanno rubato la partita di Torino, questo però non deve essere un alibi per mercoledì sera, e anche stasera nel Pentasport sentirete parlare nuovamente di calcio giocato per almeno due terzi della trasmissione.
E’ una mia precisa direttiva e me ne assumo tutte le responsabilità.
Ne ho sentitte e lette di tutti i colori: telefonate a Collina, all’Aia (sì, per farci riattaccare sul viso o riderci in faccia), ritiro dal campionato, chiusura dei musei fiorentini, gente incatenata davanti alla sede della FIGC e via a seguire.
Ragazzi, calma.
Tra due giorni bisogna tornare a fare i tre punti e non è questo il modo di preparare la partita.
Sarà che quando io prendo una botta riparto più arrabbiato di prima, ma davvero se continuiamo rasentiamo il vittimismo.
E questo non è da Firenze e tantomeno da tifosi viola.

Voglio credere più alla mediocrità di Saccani e del suo guardalinee che alla malafede, però adesso mi aspetto almeno due mesi di stop.
Uno dei furti più grossi visti in tanti anni di calcio, soprattutto sul rigore di Jiovetic.
In fondo la differenza tra questa Juve e le altre è nell’atteggiamento post ladrata: con Boniperti e Moggi rubavano ed erano pure arroganti dopo, questi hanno il pudore di essere imbarazzati per quello che è successo.
Detto questo, proviamo ad analizzare la prova dei singoli.
Pasqual meglio di qualsiasi Vargas visto a Firenze, Gilardino che sta tornando, Jovetic e Montolivo solo per un tempo, Kroldrup disastroso per metà partita, Zauri benino, Santana che non sa più che razza di giocatore sia diventato.
Grandioso Frey, ma ci manca da morire Mutu ed infatti da quando è uscito non abbiamo più segnato.
Il migliore in campo? Andrea Della Valle a fine partita, e nessuno in studio a Sky che osasse dargli torto.
E vorrei vedere!

P.S. Un saluto particolare va a quei cinque o sei dementi toscani che mi hanno visto entrare allo stadio e hanno cominciato ad offendermi.
Io ho risposto, la situazione stava per trascendere (meno male che avevo accanto a me i baldi giovani Loreto e Sardelli e non i vecchi Pestuggia e Barry…) tra gli sguardi imbarazzati e attoniti delle maschere bianconere.
Dire che fossero juventini ha poca importanza, conosco decine di tifosi di Juve, Inter e Milan assolutamente perbene e con cui è possibile parlare di tutto, perfino di calcio: quelli erano semplicemente degli imbecilli.
E avrei detto la stessa cosa anche se avvessero avuto la sciarpa viola al collo.

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