Come si fa a non voler bene a questa fragile splendida ragazza che da 46 anni accompagna le mie giornate?
Un po’ calpestata e un po’ derisa, lasciata molto a se stessa, ma resta sempre la Fiorentina.
Ne abbiamo viste di peggiori (non molte, a dire il vero, ma ci sono state) e dobbiamo sperare in giorni un po’ meno arrabbiati, in cui il nostro livore si stemperi nella passione che ce l’ha fatta amare per un gol o per un campione.
Adesso sembra che peggio di così non si possa stare ed è vero se pensiamo alla componente emotiva, perché non esiste più la gioia di partecipare all’evento collettivo.
Ma se andiamo a grattare la superficie non facciamo fatica a riscoprire certe pulsioni, anche se quella fantastica maglia viola la indossa Vargas.
Quindi buon viaggio Fiorentina, che sia un anno diverso dagli ultimi due, dieci mesi in cui sia possibile tornare a volerti bene per quello che sei sempre stata.

Ragazzi miei, qui se non vi date una calmata arriva la neuro-deliri e fa una retata.
Ma chi l’ha mai visto giocare Svedkauskas con continuità?
E anche quelli che l’hanno visto in campo sono convinti che la Fiorentina abbia perso il Buffon del futuro?
Non ci sono bastati in passato i casi di Mazuch, Hable, Carraro, lo stesso Babacar per invitare tutti ad avere un po’ di prudenza?
Personalmente sono molto preoccupato per il futuro della Fiorentina, e parlo degli aspetti tecnici, però non me la sento davvero di buttarmi per terra e piangere per Svedkauskas.
Vediamo se a Roma sono tutti dei geni e qui siamo tutti bischeri…

Mettiamo che Behrami fosse andato a Londra e si fosse fatto male, ipotesi non del tutto fantascientifica: non avremmo detto che in società erano dei dilettanti perché non si rischia un capitale così importante, e sempre un po’ fragile, quando si può tranquillamente dire di no?
Certo che l’avremmo detto e pure scritto, siamo sinceri.
Quello che io non capisco, però, è perché abbiano dato l’ok a Behrami per allenarsi a 40 gradi nelle strutture della Fiorentina, quando sapevano benissimo che lo faceva solo per le Olimpiadi: ma si sono parlati e chiariti a giugno?
Ma soprattutto quello che proprio non comprendo è perché non possa uscire un comunicato o una conferenza stampa a cui partecipano Pradé e Behrami e in cui si spieghi esaurientemente i perché del no al giocatore, dicendo chiaramente che lo si è fatto per il bene della squadra.
Sinceramente, e con tutta la simpatia che ho per Behrami, persona davvero gradevole e combattente di razza, a me della Nazionale svizzera interessa zero, mentre invece mi scoccia molto che si sia aperto l’ennesimo fronte di guerra, come se non ne avessimo già abbastanza.
Essere un tifoso della Fiorentina negli ultimi due anni è ormai diventata una specie di missione.

L’impressione è di essere tornati agli anni settanta, quando non ce n’era uno per far due ed eravamo tutti pronti ad ogni estate a stringerci intorno ad una squadra e ad una società che al contrario dell’attuale in molti sentivano come qualcosa di proprio, quasi fosse uno di famiglia.
Alla fine mi sono tristemente convinto che i Della Valle non metteranno un euro nella prossima campagna acquisti: si sono stufati di perderci dei soldi ed è bastato loro il disastro delle ultime due stagioni con conseguente bagno di sangue economico.
Peccato che i tifosi non abbiano alcuna responsabilità sul suddetto disastro e che tutto sia avvenuto con il placet dei Della Valle stessi, ma questo è un altro discorso.
Comunque sia, questa è la situazione: siamo incagliati in un mare di difficoltà operative che solo la cessione di Jovetic può risolvere.
Come avevo sempre detto, se arriva l’offerta di 27/28 milioni il giocatore lo cedono senza problemi, si parla di clausole rescissorie e di trenta milioni, ma mi pare che non ci sia tutta questa differenza.
Il problema, amaro e paradossale, è secondo me in questo calcio e con tutti i rischi che un’operazione come quella di Jovetic comporta per chi compra, nessuno li offre quei soldi e quindi, come nel gioco dell’oca, si ritorna al punto di partenza.
Tutto ciò, lo capisco, è snervante e frustrante.
Ci si potrebbe interrogare a lungo su cosa serva avere una proprietà così potente per un futuro così di basso profilo, ma sono questioni filosofiche che potrebbero essere risolte solo se all’orizzonte si profilasse un acquirente serio con un po’ di capitali da investire con giudizio per comprare bene.
La verità è che siamo aggrappati a Montella, alla sua idea di calcio, per ritrovare un po’ di slancio e di entusiasmo, forse (purtroppo) con diversi degli sciagurati protagonisti delle ultime due penose stagioni.
Non è molto, anzi è proprio poco, ma la Fiorentina è una fede e la si segue e la si ama a prescindere da chi sta ai vertici.

Bruttissima sconfitta, perché non abbiamo mai giocato: eravamo spenti come mai si era visto in una finale a questi livelli, neanche nel 1970, quando alla fine del primo tempo stavamo pareggiando per 1 a 1 contro il Brasile di pelé.
Una botta del genere proprio non me l’aspettavo, sembravano fantasmi, incapaci di tenere palla, quasi al livello dell’Italia del 2010.
Ovviamente resta l’impresa di Prandelli e dei giocatori che inaspettatamente ci ha portato in finale, però a me non piace questa corsa a voler giustificare tutto, a dire che siamo stati grandi lo stesso.
Eh no, il calcio è agonismo e quindi siamo stati grandi fino alle 20.45 di domenica primo luglio 2012, poi siamo crollati.
Impietosamente.
Non ho neanche capito perché sia entrato Motta, assolutamente impresentabile in Nazionale, al di là della sfortuna di essersi fatto male subito.
Sullo sfondo resta anche la grandezza nella sconfitta di Prandelli, che non ha fatto in tutto questo mese un gesto fuori posto, allenando la Nazionale con uno stile che a Firenze conosciamo molto bene.

Mutuando una celeberrima frase del grande Manlio Scopigno (“mi sarei aspettato tutto nella vita, tranne che vedere Niccolai in mondovisione…”), io mi sarei aspettato tutto da casa Guetta, tranne che Letizia mi chiedesse chi avrebbe giocato stasera e quale fosse secondo me la formazione migliore da schierare contro la Spagna.
In quasi venti anni di vita insieme credo che abbia seguito la Fiorentina solo per spirito di appartenenza familiare, anche perché i vari impegni della squadra hanno sempre condizionato tutte le nostre scelte.
E invece ieri, a poche ore dal nostro ritorno dall’America, mi sono lanciato in una dotta, si fa per dire, dissertazione sulle condizioni di Abate e selle possibilità di mettere Chiellini in mezzo togliendo il pur ottimo (sul campo) Bonucci.
Valentina invece è combattuta sulla maglia azzurra da prendere e non sa scegliere tra Balotelli e Pirlo: io faccio finta di niente, ma per quanto il secondo sia straordinario, rimane pur sempre uno juventino, e quindi punto sull’effetto muscoli del primo.
In più è diventata scaramantica e vorrebbe rivedere, stile Fantozzi alla roulette con il conte, la finale nella stessa formazione delle due partite precedenti, ma alla fine cederà al maxi-schermo.
Perfino Camilla dimostra un minimo di interesse per il calcio, mentre Cosimo deve aver capito che quella di stasera è una partita particolare ed è pronto a schierarsi all’inno nazionale.
Questa impensabile conversione al calcio di casa Guetta ha una sola firma, Cesare Prandelli.
Ha davvero conquistato tutti, io ci speravo, ma non ne ero così convinto perché lo conoscevo come uomo che aveva bisogno di lavorare sei giorni su sette sulla squadra.
Un allenatore straordinario, oltre che uomo con cui è bello confrontarsi, ma non un selezionatore, e invece ha stupito.
Sulla Fiorentina cominciamo a riparlarne da martedì, tanto per ora non succede niente…

Sto tornando, sono contento di rituffarmi nella realtà fiorentina e continuo nella mia pessima provincialita’…
Qui al JFK della grande New York il wi-fi e’ un optional, il caffè vero non esiste e ci sono giornali spagnoli, israeliani, ma non italiani e così non ho potuto leggere niente dell’impresa azzurra.
E’ stata una grande esperienza, da ricordare tutta la vita e sono stato fortunato ad essermela potuta permettere.
Le figlie non hanno più il mito americano, anzi hanno rafforzato il loro amore per l’Italia, la permanenza a Orlando e’ stata quasi surreale e se potete resistere al fascino dei parchi non ci andate per nessun motivo perché davvero non vale la pena.
Ho sentito il Pentasport in volo verso NY mentre vedevo arrancare Federer su ESPN, roba da fantascienza per me…
Della nostra amata Fiorentina ho saputo tutto, ma per ora non dico niente, fatemi riprendere dal volo, tra due ore mi imbarco.
Un saluto affettuoso a tutti voi che mi avete letto in questa settimana così strana.

Grande Cesare, solo poche parole per condividere la gioia che dovrebbe essere di tutti gli italiani.
Abbiamo fatto fuori Inghilterra e Germania, giochiamo il miglior calcio di Europa, tutto questo appena due anni dopo l’umiliazione del Sudafrica.
Bello vivere tutto questo con le mie figlie dall’altra parte del mondo.
Se qualcuno stasera ha tifato GErmania, proprio non lo capisco.

E’ giusto ammettere senza mezze misure le proprie debolezze, o perlomeno quelle confessabili…
Sono un provinciale in tutto e per tutto: ne avevo gia’ avuto una vaga idea nel 1992, quando mi proposero di restare a Panorama per una collaborazione ben retribuita, ma non l’assunzione, e io ci pensai dieci secondi per dire di no perche’ volevo vivere a Firenze.
Professionalmente ho ripetuto la stessa scelta quattro anni dopo, quando avevo la possibilita’ di entrare nel gruppo dei telecronisti di Tele + e neanche per un minuto mi passo’ per l’anticamera del cervello l’idea di abbandonare Radio Blu e la Fiorentina.
Con questo viaggio in America insieme alle mie figlie e alla soglia dei 52 anni non ci sono piu’ speranze ed e’ ufficiale: sono nato e moriro’ provinciale, oltretutto quello della peggiore specie, l’uomo che vaga nervosmanete per le strade delle capitali del pianeta alla ricerca dell’italico caffe’ ristretto (ok New York, uno schifo a Washington) e del giornale italiano, uello che l’Italia gli sembra sempre meglio, il non cittadino del mondo che prova sempre un senso di estraneita’ se non e’ immerso nei suoi tre luoghi simbolo: Firenze uber alles, Armentarola, Tonfano.
E non contano niente le stelle degli alberghi o le bellezze da visitare, qui vale quel senso di appartenenza che mi frega tutte le volte che sono lontano da casa.
Nonostante tutto questo, ho viaggiato moltissimo, perche’ davvero sono in buonafede alla partenza.
E questa e’ un’avventura molto bella, anche se mancano Letizia e Cosimo, ma continuo a credere che la cosa migliore sia pensarci dopo di esserci stato nei posti, magari mentre sono a Grassina o a Radio Blu.
Oppure immaginarli prima certi itinerari, magari sognarli, ma se si va oltre alla settimana sbarello e mi viene una voglia terribile di tornare a casa.
Temo di aver lasciato qualcosa di simile anche nel DNA di Valentina e Camilla, pur augurnadomi vivamente per loro una maggiore apertura mentale.
Intanto leggo e mi documento: ma li’ a Firenze non succede niente?

Non avevo mai visto l’Italia dominare cosi’ in una partita di questa importanza.
Davvero una grandissima prestazione, nella mia stanza di albergo ho molto sofferto, convinto che ci avrebbero buttato fuori ai rigori, ho anche pensato alla rivincita degli inglesi su Prandelli ricordandomi di come eliminammo l’Everton a Liverpool.
Ed ero certo che Montolivo (per un’ora, cioe’ fino all’errore sotto porta da 7) avrebbe battuto uno dei rigori, perche’ aveva sempre segnato in Europa dal dischetto.
Alcuni hanno giocato una partita mostruosa, penso a De Rossi, ma anche Pirlo (incredibile il suo cucchiaio) e poi Buffon, che e’ stato decisivo.
Non mi direte mica che avevte tifato per la “simpatica” Inghilterra, che per decenni ci ha fatto passare per una Nazione calcisticamente di serie B, accusandoci di saper fare solo catenaccio?
Sono contento soprattutto per Prandelli, bellissima la scena in cui seguiva i rigori abbracciato dal figlio Niccolo’, credo che ieri sera a Kiev ci fosse qualcosa di viola in panchina.

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