Grazie a Filippo per quello che ha scritto, questo è un regalo ancora più bello del pacco arrivato da Detroit

Carissimi amici del blog e carissimo David.
Ero a Firenze ma solo per 3 giorni, il mio adorato fratello adottivo Adriano si e’ spento a soli 49 anni….adottivo perche’ io mia mamma e mio padre 9 anni fa lo abbiamo preso in casa, era un senza tetto rimasto orfano a soli 10 anni. Lo trovammo vicino casa in ipotermia, chiamammo l’ambulanza e non so per quale ragione decidemmo di andare con lui a Santa Maria Nuova….quando scoprimmo che non aveva nessuno decidemmo di prenderci cura di lui. Mio madre e mio padre dissero che potevamo benissimo mangiare in 4…..in 10 anni con noi ci ha regalato tanto.
Adriano dalla vita non ha avuto nulla, privato dei genitori quando era solo un bambino, privato di una mano appena nato, era focomelico, distrutto fisicamente da 7 anni di fottutissima eroina…Mi consola il fatto che gli abbiamo donato 10 anni di serentia’ e di amore ,gli abbiamo ridato una famiglia senza mai lasciarlo indietro prendendoci cura di lui.
Dopo mio padre se ne’ andato anche lui stroncato in una settimana da emorragie celebrali…aveva smesso di bere da circa un anno….voleva vivere….sono a pezzi….sono lontano da casa e adesso la mia mamma e’ proprio sola….ora viene il difficile….convincere la mia compagna a trasferirsi definitivamente a Firenze. Credo che il mio tempo qui a Detroit sia finito insieme alla vita di Adrianino.
Vi prego se credete in Dio di ricordarlo per un secondo nelle vostre preghiere.
Grazie di cuore a tutti voi.
Filippo

Grazie, grazie grazie ed ancora grazie. Vedete amici miei, chi siamo noi per negare ed un essere umano una seconda possibilita’? Tra mia padre e mia madre c’ erano 25 anni di differenza, io ho solo 32 anni e quando sono nato mio padre aveva 60 anni…era un medico, uno di quelli vecchio stile, uno di quelli che curava piu’ poveri che ricchi, uno di quelli che mi raccontava storie di vita, che mi aspettava sveglio il sabato sera quando rientravo alticcio a casa alle 3 di mattina e prendevamo insieme l’ ovomaltina( secondo lui faceva passare la sbornia prima) e buttavamo giu’ la Formazione della nostra Fiorentina che sarebbe scesa in campo poche ore dopo….. Mio padre diceva sempre che il compito di un dottore era quello di mettere la morte in sala d’attesa…..secondo lui la morte era generosa perche’ gli aveva lasciato vincere molte battaglie contro mali apparentemente incurabili, ma come diceva lui: un medico puo’ vincere quelche battaglia ma sarebbe un folle se pretendesse di vincere la guerra contro la grande mietitrice.Lui che ha dovuto fare la guerra, si fece da pordenone ad atene a cavallo mandando in continuazione lettere a casa quando seppe del genocidio ebraico…..quanti ebrei fece nascondere nella villa di Cercina…….(la famiglia di mio padre ai tempi della guerra era molto ricca, erano mastri muratori……poi sua sorella, la mia zia, ribattezzata la zia fava ha finito un patrimonio in pochi anni alla morte dei loro genitori…..il testamento fu manipolato e a mio padre tocco’ pochissimo……)
Un uomo di 60 anni che s’ innamora di una donna di 25 anni piu’ giovane ed e’ pure ricambiato….un uomo che sopravvive alla guerra e la puo’ raccontare, un uomo che senza una lira si e’ ricostruito e non ci ha mai fatto mancare niente, un uomo che a 60 anni ha deciso di mettersi a cambiare pannolini e di educare un figlio in una societa’ molto piu’ veloce e vorace di quello che poteva immaginarsi…..io sonocresciuto nell’ amore e nell’ amore credo fortemente…..per amore mi sono trasferito a Detroit……Adriano aveva il diritto di una seconda chance, chi siamo noi per negare ad un disgraziato una rivincita nei confronti della vita? Cosa fa un genitore nei confronti di figlio? Gli insegna tutto, a camminare a parlare a muoversi tra insormontabili montagne e roventi deserti……La mia famiglia ed io abbiamo semplicemente di smettere di sopravvivere e di iniziare a vivere. Vivere e’ ridere con sogni grandi……Vi abbraccio tutti e vi ringrazio per le vostre parole, siete persone meravigliose che porto dentro e persto vi potro’ conoscere uno ad uno. Volevo condividere con voi il mio dolore e la storia di un amico, di un fratello che ha vissuto poco, una vita sfortunata ma una vita e’ pur sempre una vita, e va ricordata. David grazie dal profondo del mio cuore. Ciao Filippo

Mi raccontano di uno staff tecnico addirittura più puntiglioso e attento ai particolari rispetto a quello di Prandelli, che pure era celeberrimo per non far passare neanche uno spillo.
Pare che ci sia un grande contributo della tecnologia, oltre che ad una naturale gelosia per i metodi di allenamento applicati, per cui tutti, ma proprio tutti, sono obbligati al silenzio e guai a chi sgarra.
Questo Montella è una sorpresa che rovescia molti stereotipi del calcio italiano, perché alzi la mano chi avrebbe mai immaginato che da un ottimo calciatore tutto istinto e tecnica sarebbe poi venuto fuori un tecnico così preparato.
Bravo lui a non aver sprecato nemmeno un giorno della propria vita calcistica a riflettere e lucrare sul proprio gran passato da giocatore e brava la Fiorentina (Pradè in particolare, che lo aveva lanciato a Roma, preferendolo pericolosamente a De Rossi senior) a puntarci aspettando che si liberasse dal Catania.

Perché ci appassioniamo così tanto alla triste storia del decenne Leo (mi auguro che sia un nome di fantasia, ma non mi pare) portato via a forza da una scuola padovana?
Mi auguro che al di là del nostro lato più oscuro, che noi tutti abbiamo e che ci porta ad interessarci a tante cose inutili da voyer dell’esistenza, ci sia una domanda di fondo: noi come ci comporteremmo?
O come ci siamo comportati quando abbiamo attarevrsato il mare periglioso della separazione?
Io ho avuto la fortuna di farlo senza figli, è stato triste e piuttosto doloroso, ma inevitabile.
Sinceramente non ho risposte da dare, ma solo buoni propositi.
L’idea portante sarebbe quella di mettere i figli davanti a tutto, di non farne i capri espiatori di dolori personali, di non usarli come armi di ricatto.
Tutto questo in teoria, ma la pratica?
Come reagirei davanti a presunti torti, come sopporterei il dolore per me fortissimo di non vedere i miei figli, come resisterei alla tentazione di voler stare di più con loro perché mi mancano da morire?
Bisogna porsele queste domande, spietate e precise.
Perché è molto facile giudicare gli altri, sparare sentenze, ma soprattutto noi uomini siamo emotivamente poco attrezzati a gestire situazioni così delicate che segnerenno per sempre le altre vite a noi più care.
Ho visto coppie dilaniarsi, figli usati come clave per rimproverare tradimenti, ho letto nei bambini/ragazzi sofferenze profonde che spero vengano tirate fuori per evitare esistenze infelici.
Però poniamocele quelle domande, facciamolo soprattutto noi che (in teoria) non corriamo rischi.
E se possiamo non giudichiamo mai con superficialità.

Dunque al Pentasport abbiamo scoperto che il cartellino viola verrà davvero assegnato a Klose.
So bene che la Fiorentina non c’entra niente, che anzi Guerini ha fatto di tutto per evitare che tutto questo avvenisse, però qui stiamo andando incontro ad un paradosso inimmaginabile se solo per un attimo pensiamo al marzo 2010.
Non si poteva fare opera di persuasione verso gli altri giurati per evitare di vedere Klose sorridente accanto ai dirigenti viola che si prende il plauso generale per la sua grande sportività?
Non potevamo, se avvertiti, fare un bel po’ di battage verso Gastaldello?
Io forse sarò e rimarrò sempre un provinciale, legato ancora allo scudetto rubato nel 1982, alla Coppa Uefa scippata nel 1990, alla vergogna del fallimento per cifre che erano la metà o anche meno dei debiti di altre squadre, insomma uno che pensa di aver avuto dei torti nel passato.
E siccome in una delle schifezze più nauseanti viste negli ultimi decenni c’è di mezzo da protagonista anche il signor Klose (che a Monaco esultò come un matto pur sapendo benissimo di essere di almeno tre metri in fuorigioco), io, scusate tanto, una cosa del genere proprio non ce la faccio a mandarla giù.

Troppo idiota la battuta per essere vera e Sergio Marchionne è tutto meno che uno stupido.
Dai, non è possibile definire Firenze “una città piccola e povera”, ci deve essere sotto qualcosa di non scritto per permettere a Matteo Renzi di fare bella figura.
A che servirebbe ricordare cosa è stata Firenze per l’umanità e cosa rappresenta per centinaia di milioni di persone che sognano di visitarla?
Non sprechiamo il nostro tempo per queste cose, prendiamolo di tacco il sor Marchionne, anzi prendiamolo per il bavero senza arrabbiarci più di tanto.
Uno dei suoi predecessori, molto più signore di lui, e sto parlando di Paolo Fresco, ha scelto di viverci in questa “povera città”, abitando a Fiesole, che, lo dico per lo scarso senso delle conoscenze geografiche del Sor Marchionne, fa parte della provincia fiorentina.
Io credo che Renzi debba ringraziare la geniale idiozia vomitata da chi forse abbiamo sempre immaginato più intelligente di quanto in effetti sia.
Mai sentiti i fiorentini così uniti e arrabbiati, anzi sì, per la Fiorentina, ma per questo genere di cose mai.
E chissà come rosicano in queste ore i papaveri del PD per tutta la pubblicità gratuita avuta dal loro incubo notturno.
Però ripeto: non consideriamolo troppo il tipo.
Seppeliamolo con una risata, o in alternativa con una supercazzola, ma con scappellamento a sinistra stavolta, visto il destinatario dell’invettiva dell’omarino.

Attenzione però a mettere tutto in una specie di brodo primordiale in salsa viola.
Marchionne è una cosa, la Fiat e quello che rappresenta nel bene e nel male per l’economia italiana un’altra.
Voglio dire che quando si parla di boicottaggio della Fiat bisogna riflettere bene su un dato fiorentino: ci sono nella nostra città 500 famiglie che vivono legando i propri destini a quelli dell’azienda di Torino.
Può piacere o meno, ma è così.
Quindi la scelta della macchina da comprare non dovrebbe secondo me tenere in alcun modo conto di questa penosa e ridicola vicenda: invitiamo Marchionne a Firenze, sommergiamolo di pernacchie, ma lasciamo perdere azioni contro l’azienda che rappresenta.

Reduce dal Pentasport con Brovarone (vi è piaciuto?) sono sprofondato sul divano e mi sono messo a vedere anch’io Celentano, con la speranza che non parlasse mai e che cantasse sempre.
Non è andata malissimo, anche se la parte colloquiale è stata penosa come sempre negli ultimi dieci anni.
Dice: scusa, ma se ti piacciono le canzoni di Celentano perché non te le scarichi e te le senti con calma o infili un suo CD in macchina?
Non esiste risposta razionale a questa domanda.
Il fatto è che si crea un meccanismo di attesa per l’evento per cui alla fine, anche se capisci che stai un po’ perdendo il tuo tempo e che Ballarò sarebbe certamente più interessante, tu ti piazzi lì in attesa delle tue canzoni preferite (la mia è “Una carezza in un pugno” ed il mio sogno sarebbe saperla cantare davanti a qualcuno…).
E’ un po’ come quando vado a vedere Guccini e lui propone canzoni nuove: non vedo l’ora che finiscano per sentire quelle vecchie e chissà se capita solo a me.

Sollecitato dalla penosa vicenda Aronica il grande Antonello (Immonda Bestia) mi chiede di scavare nella memoria per trovare situazioni simili che mi abbiano coinvolto in 35 anni di frequentazioni viola, tralasciando ovviamente i due schiaffi di Ascoli e le bottigliette che volavano a Bari mentre Batistuta batteva un rigore “rubato” da Robbiati.
E senza considerare “l’ebreo di merda, vengo lì a staccarti la testa”, detto dopo varie minacce sparse in giro da uno che ancora gode di qualche credito, ma non è un tesserato.
Vediamo un po’ cosa mi viene in mente.
Il ricorso al contatto fisico mi è stato suggerito solo da Morfeo nel gennaio 2002, ai tempi della fascite plantare e del suo penoso tirarsi fuori dalla lota mentre la Fiorntina agonizzava.
Mi telefonò al cellulare un mattina per dirmi che mi avrebbe preso a cazzotti e sinceramente ho anche accarezzato l’idea di un bel match perché quella bella faccia di Morfeo non mi sembrava così impossibile da battere, per quanto io abbia fatto a botte veramente una sola volta in vita mia e ormai 38 anni fa.
Ci sono stati però gli avvertimenti minacciosi sui miei giudizi riguardanti il tragico (tecnicamente) Salvatori, che non gradiva per niente e le minacce di far chiudere la radio da parte di Caliendo nei caldi giorni dell’esclusiva al primo Baggio bianconero.
Una volta, quasi da bambino (era il 1983) ho affrontato nello spogliatoio viola Passarella incazzatissimo (così mi dicevano) per via di alcuni giudizi in generale sulla Fiorentina durante una mia radiocronaca al San Paolo, ma andò benissimo e non mi tirò neanche una testata, anzi parlammo tranquillamente e ci stringemmo la mano.
Malesani mi urlò tre volte vergogna davanti a mille spettatori ai campini sullo stile dle resistere di Borrelli e lì ho resistito davvero dalla tentazione di gridarrgli in faccia che vergogna doveva andare a dirlo alla santa donna di sua madre: ora è un amico.
Insomma non è che abbia avuto chissà quali problemi, sinceramente poteva andare peggio.

Un grazie a Filippo di Detroit: mi è arrivata! Bellissima, quasi quasi cerco di capire come si gioca a baseball…
Ti aspetto a Firenze per contraccambiare

E’ ufficiale: giochiamo il miglior calcio del campionato.
Siamo ingenui, sprechiamo l’inverosimile, ma questa col Bologna era la cartina tornasole per capire chi eravamo.
Temevo infatti che tutto quel possesso palla fosse un po’ una concessione degli avversari, che insomma ci facessero arrivare fino ad un certo punto perché tanto sapevano che non saremmo stati pericolosi, che non tiravamo mai.
Oggi invece ci abbiamo provato (male) molte volte e avremmo dovuto vincere con almeno due gol di scarto.
Borja Valero, strepitoso, ma vorrei spendere due parole per Olivera, da me spesso criticato.
Anzi, criticato prima ancora che arrivasse, perché non mi è mai piaciuto e i primi nove mesi a Firenze mi hanno purtroppo dato ragione, ma con Montella le cose si vede prendono tutto un altro verso.
E così, invece del solito centrocampista casinista e falloso, ci siamo ritrovati un vice Pizarro che ha giocato una gara con i controfiocchi.
Il finale è velenoso e riguarda Natali non espulso: dopo Samuel per la seconda volta non ci danno quello che è nostro e non ne parlerà nessuno quando invece bisogna sottolineare, far vedere, ricordare, perché è anche su questi particolari che si decidono le partite.
Oggi c’è andata bene, ma a Milano no e comunque sono già due torti in fila che fanno riflettere.

Mattinata da urlo con la Hall of Fame.
Un privilegio esserci, anche se molto impegnativo, perché sai che alla fine il lavoro di decine di persone finisce nel modo in cui tu e un’altra persona riuscirete a chiudere il cerchio.
Se sbagli, se ti dimentichi qualcosa, se vai troppo lungo, non c’è rimedio.
Mi fanno sorridere quelli che dicono: “ma cosa vuoi che sia, l’hai fatto talmente tante volte…”.
Sì, peccato che ogni volta sia diversa e deve esserlo, altrimenti metti il pilota automatico e non ti emozioni più.
Tutto diventa routine e chi ascolta o guarda se ne accorge dopo trenta secondi.
Devo dire che lavorare con Mario Tenerani è davvero un piacere, abbiamo molte più affinità di quello che si può vedere da fuori e ormai siamo al terzo giro insieme: visto che non mi è mai riuscito portarlo a Radio Blu e/o a Radio Sportiva, mi rifaccio con questi eventi emotivamente coinvolgenti.
Hanno dato tutto i ragazzi (sì, anche i cinquantenni sono ragazzi dentro…) del Museo, Andrea Claudio Galluzzo avrà spedito non meno di una decina di copioni in tre giorni, ogni volta limava, correggeva, migliorava.
E i risultati si sono visti per chi era lì, e sentiti per chi ascoltava su Radio Blu, compresa la sorpresa finale per l’immenso Raffaele Righetti, con cui festeggio in questa stagione i 35 anni insieme, perché era il 1977 quando facevo delle anticamere di ore nella sede viola di viale dei Mille pur di avere il pass per andare a fare le interviste negli spogliatoi dopo aver visto la partita in ferrovia.
Dal palco sbirciavo Jovetic: mi sembrava sorpreso dall’amore che a distanza di anni una platea può riservare a chi ha vestito la maglia viola, onorandola sempre: da Brizi a Pandolfini, da Riganò a Chiappella, da Bernardini ad Hamrin e via a seguire.
E si era perso un momento assolutamente irripetibile, la standing ovation spontanea durata più di un minuto (che vi assicuro è lunghissimo in un teatro) per Giancarlo Antognoni.
Anche il capitano era sorpreso, incredibile come non abbia ancora realizzato a 40 anni di distanza dal suo primo impatto con Firenze quanto la città lo ami sempre e ancora, al di là dei ruoli o delle cariche.
Questa è Firenze e questa è la Fiorentina abbiamo detto io e Mario a Stevan, un discorso che voleva sottintendere: ma ti rendi conto di quello che perdi se te ne vai?
Ora sono stanchissimo ma calcisticamente felice, più di così non era possibile chiedere a questo sabato.
Domani si gioca, ma questa è attualità, la storia ha tutto un altro fascino.

Notalgia canaglia ieri sera con il Napoli (che scoppola!) ad Eindhoven e l’Udinese (che brava!) a Liverpool.
Frammenti della memoria di due vittorie indimenticabili, anche se in Inghilterra era come se non ci fossi perché era appena morto Alberto, e meno male che avevo con me Valentina che non si è mai resa conto abbastanza di aver vissuto in diretta un momento storico della Fiorentina.
Quella in Olanda è stata certamente meno prestigiosa, ma più bella in tutti i sensi: perché era decisiva e perché abbiamo dato un’autentica lezione di calcio, applauditi da tutti e con un Mutu stratosferico.
Ora l’Europa la vediamo in televisione e forse apprezziamo di più certe dolcezze del passato: io ci voglio tornare, il prima possibile.

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