E’ talmente stupida, fuori luogo ed intempestiva l’uscita di Marotta che diventa troppo facile trovare il mandante.
A meno che, come capita a chi vuole essere più realista del re, l’improvvido Marotta, ormai nemmeno lontano parente del dirigente disponibile e cortese dei tempi della Samp, non abbia voluto di propria iniziativa servire il proprio padrone regalandogli questa polemica dopo le uscite “otelmiane” di Diego Della Valle.
Comunque siano andate le cose, mai si erano sentite nel calcio in un colpo solo tante sciocchezze a distanza di due mesi dall’avvenimento dei fatti.
Che bisogno aveva Marotta di tornarci sopra?
Perché mai la Juve avrebbe dovuto fare un piacere alla Fiorentina evitandole una brutta figura?
Si vorrebbe davvero far credere che a quattro giorni dalla fine del mercato, con tutta la dirigenza bianconera impegnata portare a casa il famoso top-player, a qualcuno sia venuto in mente di verificare il grado di fattibilità dell’operazione Berbatov-Fiorentina?
E a quale titolo il signor Marotta si permette di intervenire negli affari interni della Fiorentina, che gline importa a lui se i dirigenti viola fanno o non fanno una brutta figura?
Parole penose, una caduta di stile rovinosa, un atteggiamento da bulli di periferia, una scelta di tempo semplicemente ridicola: qui va a finire che ci tocca davvero rimpiangere Boniperti e l’avvocato Agnelli.

Ennesima figura penosa del calcio italiano in Europa, col chiaro sospetto che tutti o quasi prendano la seconda competizione continentale sotto gamba.
Inutile stare a rimarcare la serietà viola di qualche stagione fa, meglio chiedersi invece se non sia il caso di intervenire a livello federale, perché qui ci portano tutti a fondo e alla fine in Champions rischiano di andarci solo le prime due del campionato.
Il caso più eclatante è il Napoli, che non può perdere in quel modo in quel posto dal nome impossibile dove sono stato a trasmettere nell’autunno del 2001, quando eravamo in bilico tra la salvezza ed il fallimento.
Ma nessuno dalle parti del San Paolo ha qualcosa da obiettare di fronte a sconfitte così umilianti e quasi preparate a tavolino come quella di ieri sera?

Diciamocela tutta, anche perché l’abbiamo vissuta in pieno e con molta più dignità rispetto a tante squadre che si e ci fanno prendere da tutti: la Lazio che stasera gioca in Grecia è un gran bel vantaggio.
Tornano all’alba stracotti e hanno poco più di un giorno per preapare la partita di Firenze.
Eravamo stanchi noi dopo le gare in notturna e ritorni veloci a casa, figuriamoci chi deve essere sempre al massimo della condizione.
Montella invece questa partita l’ha preparata con calma e studiando tutte le soluzioni possibili, perché le alternative esistono e forse arriva pure il regalo-Aquilani.
Insomma, a costo di essere smentito nei fatti e sbertucciato domenica pomeriggio, io non sono affatto pessimista.

Ieri ho fatto un paio di scoperte interessanti su Alberto Aquilani.
La prima è che ha una forza di volontà incredibile, con una soglia del dolore molto alta, neanche troppo lontana da quella di Batistuta, che è stato il massimo che abbia mai visto, inversamente proporzionale a Morfeo.
La seconda, meno piacevole e nemmeno troppo eclatante visti i trascorsi, è che ha al massimo venticinque partite a stagione nelle gambe, che non sarebbero a questo punto neanche poche, visto che lo avremmo a disposizione per molto più della metà delle gare che mancano da qui alla fine del campionato.
Ed è convinzione generale che alla fine sia lui il più completo del pur ottimo centrocampo viola, l’unico con il tiro da fuori, uno da Nazionale fisso non troppo lontano da De Rossi e Pirlo, tanto per capirci.
Dobbiamo attenderlo con pazienza, anche perché lui ce la mette davvero tutta: vederlo con la Lazio dal primo minuto vorrebbe dire cominciare benissimo la domenica.

Mi pongo sempre più spesso questi interrogativi, un po’ per cercare di capire qualcosa in più della mia vita interiore e molto per esorcizzare quello che con tutti gli sforzi possibili non riesco neanche ad immaginare, se non come la fine di tutto.
Se io fossi un babbo di Palermo a cui uno stronzo ha ammazzato la figlia e ridotto in fin di vita l’altra, come ragirei?
Come vivrei ancora?
Cosa mi farebbe andare avanti?
Sarebbe più la forza nella speranza di giustizia, la spinta della vendetta (che nessuno mi permetterebbe di compiere) o l’amore per chi è rimasto?
E come mi rapporterei di fronte alla devastazione di un’altra famiglia in cui si vaneggia di figli che in fondo sono “bravi ragazzi”?
Troverei dentro di me un po’ di ossigeno o aspetterei soltanto che venisse il mio giorno per avere finalmente un po’ di pace?
Mi faccio tutte queste domande, scavo in profondità e non ho neanche una risposta.

Non esiste alcun nesso tra l’aver giocato una partita appena sufficiente e quello che ci hanno tolto sul campo.
Al di là del rigore su Roncaglia, netto, non riesco a digerire il terzo furto consecutivo avvenuto con le stesse modalità.
Non riesco a capire, non ce la faccio: mica si può pensare che Bologna e soprattutto Chievo contino politicamente più di noi?
E allora perché non cacciano dal campo chi dovrebbe essere ammonito per la seconda volta?
Samuel, Natali, Dramè: fate vedere le immagini della possibile seconda ammonizione a qualsiasi corso per arbitri e poi ditemi quali sarebbero le reazioni.
Così hanno falsato le gare e bene ha fatto la società ad intervenire a fine partita, sembra che si debba pagare per qualcosa del passato quando invece abbiamo con tutti i conti in regola.
Dateci il nostro e poi anche senza Borja Valero e in parte Jovetic saremmo tornati indietro da Verona con i tre punti.

Faccio questo lavoro perché l’ho sempre sognato e ho avuto la fortuna e la tenacia di riuscirci senza venire a patti con nessuno.
Animo questo blog per puro spirito di libertà, raccontando sempre quello che penso, mettendomi spesso in situazioni a rischio, al contrario di tanti che evitano di prendere posizione su certi argomenti “perché non si sa mai ed è meglio vivere tranquilli”.
Ribadisco che non sopporto la politica in curva e quindi pure l’immagine di Che Guevara in quella del Livorno e che sullo specifico argomento ho già detto molto quando al Bentegodi vidi anni fa certi drappi di formazioni neonaziste messi sopra gli striscioni dei viola club.
In questo caso riporto semplicemente quello che è successo oggi, ricordando pure le dichiarazioni ancora una volta fuori misura sul Livorno di Mandorlini, allenatore del Verona, che nel recente passato si era già distinto per aver dato di terroni a quelli della Salernitana.
A voi il giudizio.

Cori contro Piermario Morosini.
Verso la fine del primo tempo del match Livorno-Verona un gruppo di ultrà del Verona ha scandito un coro di insulti verso Piermario Morosini, il calciatore del Livorno morto sei mesi fa a Pescara durante una partita. I
Il coro è stato appena percepito dal resto dei tifosi presenti allo stadio, ma non è sfuggito alla Digos della questura livornese che ha filmato gli ultrà che hanno concluso la performance con saluti romani e slogan fascisti.

A Verona partirei con El Hamdoui, facendo girare moltissimo il pallone e senza dare punti di riferiemto alla difesa del Chievo.
Poi, dall’inizio del secondo tempo, subito dentro Toni a sfruttare il suo fisico, la sua esperienza, il suo fiuto del gol, contro avversari che si presume non siano più lucidissimi.
Dispiace per Mati Fernandez, che starà fuori quasi certamente e che meriterebbe di più anche perché per ora ha avuto un comportamento professionalmente ineccepibile.
Sono solo valutazioni tecniche, ma vi chiedo una cortesia perché su certe cose, su certe banalità ho ancora la forza di arrabbiarmi: non scrivete di lasciar perdere, che tanto ci pensa Montella.
Stiamo parlando di calcio, mica del terzo segreto di Fatima o della ricetta per abbattere il debito pubblico (ammesso che si riesca prima o poi ad abbatterlo).

A Firenze non siamo riusciti a conoscere Delio Rosii per il semplice fatto che viveva come una persona condannata ai domiciliari.
Interviste richieste tante, concesse zero.
Confidenza con la città assolutamente inesistente, qualcuno esagerando ha perfino parlato di una leggera forma di autismo ambientale.
Eppure era arrivato accolto da trionfatore, aveva vinto ancora prima di cominciare e gli era stata data (io per primo) un’apertura di credito che solo De Sisti, Eriksson, Mondonico e leggermente Prandelli avevano avuto nel recente passato e non parliamo di Mihajlovic, accolto tra un misto di malumore e sopportazione.
I suoi risultati tecnici, perchè alla fine sono quelli che contano, sono stati disastrosi, ben al di là delle peggiori prospettive ed il finale è stato vergognoso, per Firenze e per la Fiorentina.
Da un po’ di tempo, diciamo pure da quando la squadra sta andando bene, a Delio Rossi gli si è sciolta la lingua: interviene, puntualizza, rivendica meriti, sospira rimpianti, racconta retroscena su cui è legittimo avere qualche dubbio, tipo il quasi acquisto a gennaio di Borja Valero e Pizarro.
Devo dire che nel dopo disastro viola non esiste gara tra lui e Corvino: molto, ma molto meglio il mago di Vernole, chiuso tra i suoi ulivi in un dignitoso e mi dicono stizzito silenzio.

Dopo il Nuovo Corriere di Firenze, il Giornale della Toscana.
Da domani non esce più e ormai sembra di essere come in un libro giallo: a chi toccherà prossimamente?
A nessuno spero, e comunque io non solidarizzo affatto con l’editore di qualsiasi testata che chiude, perché molte volte dietro a buchi clamorosi ci sono storie torbide che non riesco a capire e di cui si è occupata e si occuperà la magistratura.
E sarà perché da oltre 33 anni ogni centesimo che entra a Radio Blu io sono abituato a sudarmelo, ho sempre mal sopportato la storia dei contributi pubblici per i fogli di partito.
La trovo vergognosa, l’ideale per architettare truffe più o meno legalizzate (do you remember L’Avanti di Lavitola? Quanti soldi ha preso nei decenni La voce repubblicana?) per cui bastano o bastavano, spero, tre deputati che fondavano un movimento politico per fare arrivare milioni di euro a giornali poco più che clandestini.
Questo vale anche per parte dell’editoria radiofonica (ad esempio i milioni pubblici che prende Radio Radicale grazie al fatto di trasmettere in diretta i lavori di Camera e Senato) o televisiva.
Premesso che ne’ il Giornale della Toscana e neanche il Nuovo Corriere di Firenze erano giornali clandestini, ma anzi avevano e mi auguro avranno una propria anima, il mio pensiero va a chi in quei giornali ha sputato l’anima ogni giorno, con lo stipendio che arrivava una volta sì e quattro no.
Comprendo benissimo gli imbarazzi e le sofferenze interiori dei due direttori (Luciano Olivari e Alessandro Rossi) presi in mezzo a due fuochi: da un lato le bugiarde rassicurazioni dei propri editori, dall’altro il sentirsi giornalisti come tutti gli altri che angosciosamente premono, vogliono sapere, sperano nell’happy end.
Dice: nessuno ti ha obbligato a diventare giornalista, ed è vero.
Esiste in questo mestiere una tale mole di offerta che io a volte mi vergogno quando leggo le mail di chi si propone a Radio Sportiva perché ci sono trentenni preparatissimi, che conoscono due/tre lingue, che hanno fatto stage di grande livello, che si sono illusi che si potesse campare col giornalismo, che sono quasi certamente più preparati culturalmente di me.
Non riesco nemmeno a rispondere a tutti, ma quando da anni si frequenta una redazione, quando per un periodo molto lungo si è fatto le nozze con i fichi non secchi, ma proprio impossibili da buttare giù, beh allora la mannaia della chiusura è veramente un cazzotto nello stomaco.
Ed è a loro, solo a loro, ai giornalisti che da domani entrano nel girone dannato dei disoccupati, che va tutta la mia affettuosa solidarietà.

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