..e lotto insieme a voi.
Cronaca di una serata molto particolare per me, perché ero davvero molto impaurito dall’idea di farmi male.
Intanto il contesto: molto affetto, chi è venuto (e non erano pochi) lo ha fatto pensando solo a Mario ed era questa la cosa che contava.
E ora l’impietosa analisi personale.
Nello spogliatoio mi approprio per diritto divino della maglia numero dieci, nonché della fatidica fascia da capitano e comincio il riscaldamento con Cosimo che mi corre accanto, immagine che vale da sola per me il prezzo del biglietto.
Poi riprovo dopo tre anni a toccare il pallone, obbligando il povero Bigiotti ad una fitta rete di passaggi corti, una cosa sfinente e sono certo che lui si sarà chiesto: “ma quando la smette?”, solo che per deferenza non osava dirmelo.
Il fatto è che avevo paura di tirare: e se poi sento qualcosa alla gamba sinistra che tante soddisfazioni ha dato alle squadre dove ho giocato?
Infatti, faccio due tiri e basta senza forzare, costringo Saverio a toglere Vinciguerra dalla formazione titolare e mettere Zoccolini al suo posto per una questione di appartenenza a Radio Blu ed entriamo in campo.
Battiamo noi e sono tesissimo, Brovarone mi è accanto e sorride: “bisognerebbe farne altre di partite come queste”.
Risposta: “intanto vediamo se sopravvivo”.
Tocco i primi due palloni e mi tiro su: non ho disimparato a giocare, il fiato c’è (anzi, molto meglio di quando facevo finta di allenarmi o per settimane non facevo una mazza) e l’azione la vedo ancora.
Prendo addirittura due palloni di testa a centrocampo, roba che pareggia un intero campionato di quando ero alla Sanger o al Doccia, poi esagero perché vado a propormi un po’ troppo spesso con il portatore di palla.
Alla terza volta, complice una mia incertezza, ripartono in contropiede e pareggiano, però avevo dato il mio onesto contributo all’azione del vantaggio siglato da Zoccolini.
Giochicchio ancora con un certo acume, perdo l’attimo buono per rubare il pallone che mi avrebbe portato al tiro e al gol certo (nei miei sogni post gara…), mi incazzo con l’arbitro per un fallo contro fischiato che non c’era assolutamente (recupero alla Dunga…) e vengo sostituito tra la sorpresa generale.
Commento a caldo di Sardelli: “se non c’era Pestuggia in panchina o non uscivi o lo mandavi a quel paese”.
Vero, forse.
Intanto c’è una new entry nei miei malanni fisici: niente schiena o ginocchio sinistro, ma qualcosa alla coscia destra che dà fastidio e che dopo due minuti della seconda partita induce un uomo maturo tendente ai 53 anni alla decisione che la famiglia attendeva come una liberazione.
Esco quindi dal campo tra l’indifferenza generale e mi avvio verso la doccia facendomi un rapido check-up: non solo sono vivo, ma forse non ho compromesso i miei prossimi giorni quando dovrei deambulare senza grosse difficoltà…

S

Non gioco una partita di calcio da tre anni.
L’ultima volta andò più o meno così: non avevo più le scarpe perché Letizia, visibilmente scocciata dal mio ennessimo infortunio di qualche settimana prima, da un paio di mesi le aveva fatte sparire dal casino di casa Guetta.
Stranamente non si trovavano più, ma sono certo che fossero state buttate via.
Il prode Luis Laserpe me ne fornì un paio di contrabbando con cui andai a giocare la partita degli sponsor viola al Franchi, una giornata memorabile che si concluse con un autentico trionfo.
Segnai infatti il gol decisivo davanti alla Fiesole ovviamente e desolatamente deserta, ritirai da Sandro Mencucci come capitano della squadra vincente un’enorme Coppa, che portai orgogliosamente a casa per una notte.
Mi sentivo un po’ come l’uomo primitivo che cattura il cibo per la prole, conscio quindi di aver fatto il mio dovere di maschio.
Venni assolutamente ignorato dalle donne di casa Guetta schierate davanti al televisore e sostanzialmente pure dal treenne Cosimo, per niente intressato al trofeo.
Incurante di così poca attenzione davanti ad un’impresa storica, che sinceramente mi pareva confrontabile con i 19.72 di Mennea del 1979, andai a letto felice e contento salvo svegliarmi la mattina dopo con un fastidioso mal di schiena, che col passare delle ore e dei giorni si trasformò quasi in una malattia invalidante.
Venni quindi nuovamente ignorato dai familiari più stretti, con l’aggravante di occhiate significative di moglie e figlie, atteggiamenti inequivocabili che racchiudevano un misto di commiserazione e disprezzo verso un povero grullo ormai quasi cinquantenne che voleva ancora fare il ragazzo.
Nonostante tutto questo, stasera torno a giocare per Mario Ciuffi.
Lo facciamo noi di Radio Blu, insieme ai viola club Pignone-Fantechi e a una rappresentativa del Comune di Scandicci, ci sfidiamo alle 21 al Turri di Scandicci con ingresso libero e offerte destinate alla signora Renza (il Comitato Amici di Mario Ciuffi non c’entra niente, come più volte specificato).
La nostra formazione è assolutamente in alto mare e stenderò un velo pietoso sulle ultime defezioni, alcuni sarebbero stati frustrati da Mario con un po’ di vasellina, mentre in panchina si accomoderà Pestuggia, che potrà sostituirmi come e quando vuole.
Anzi, mi sa che mi sostituisco da solo perché ho già qualche dolorino alla schiena e al ginocchio sinistro, ma potrebbero essere cose psicosomatiche, da ansia da prestazione.
Vi aspetto stasera!

P.S. Aggiornamento da casa Guetta all’ora di pranzo.
Letizia: “Si ti fai male, propongo il colpo di pistola direttamente sul campo, come per i cavalli che si azzoppano”.
Valentina: “Tanto ti fai male”.
Camilla: “Non venire a dirmi che ti sei fatto male perché mi metto a ridere. Lo capisci o no che hai 52 anni”
Incoraggiante, direi.

L’uomo è di ottimo spessore morale, il giocatore è certamente agli ultimi giri di pista di una splendida carriera, ma sinceramente non vedo grandi controindicazioni sull’eventuale arrivo per un anno in viola di Ambrosini.
Sembrerà strano, ma le perplessità maggiori credo le abbia il mio amico Moreno Roggi, che per un fatto di cuore è sempre stato molto prudente (a volte pure troppo) quando si è trattato di intrecciare il suo lavoro con la società che ama da sempre.
Non sottovaluterei neanche la sete di rivincita che accompagnererà il suo addio al Milan, che non ha più creduto in lui, scaricando l’ultimo senatore di stagioni per loro fantastiche.
Si giocherà molto si spera da agosto in poi e si giocherà pure in Europa, dove il nome di Ambrosini è ancora uno dei più spendibili in termini di prestigio e carisma.
Credo che la Fiorentina ci stia seriamente pensando.

Se il Movimento 5 Stelle è il nuovo che avanza, siamo messi parecchio male.
Non ti sta bene quello che faccio?
Critichi le mie scelte?
Fuori dalle palle (scusate il francesismo, ma il livello del linguaggio è quello).
Comincia la diaspora, peraltro ampiamente prevista, nemmeno cento giorni dopo l’insediamento in Parlamento, un avvitamento su se stessi che resterà nella storia della nostra disastrata Repubblica per velocità e dimensioni.
Tutto basato sulla rete, dalle quirinarie alla scelta dei candidati che dovrebbero portarci fuori dalla melma, legiferando e difendendo i nostri diritti: ma su 60 milioni di italiani che in democrazia contano tutti allo stesso modo, in quanti davvero si esprimono via internet?
Non affannatevi amici grillini nelle vostre piccate repliche perché conosco già la retorica domanda: e gli altri?
Gli altri fanno spesso schifo, e bisognerebbe cogliere fior da fiore per cercare di avere un minimo comune denominatore onesto e capace che ci porti fuori da tutto questo, ma almeno per ora tutto questo si può dire liberamente e provare a sperare di cambiare.
Se invece sarete voi o i vostri guru a decidere per tutti, non sono mica tanto sicuro di poter disporre ancora di questo diritto.

Gioco delle figurine: Mario Gomez è sicuro di prendere 10 milioni netti nei prossimi due anni e decide di tagliarsi lo stipendio del 40% per venire a Firenze, dove non giocherà la Champions che ha appena vinto.
Dice: sì, però gli fanno un quinquiennale e alla fine della fiera di milioni ne prenderà 15.
Risposta: nel 2015 Gomez si libererà a parametro zero e, sempre ammesso che non rinnovi prima col Bayern o altro club equipollente, pensate che sia così difficile trovare chi gli darà i soliti 3 milioni (almeno) netti a stagione per il triennio successivo?
I milioni che si porterebbe a casa diventano così 19, quattro in più della possibile offerta viola, che sarebbe comunque straordinaria per i parametri della Fiorentina.
E’ vero che nel calcio come nella vita ci sta tutto, ma a le basi su cui si fondano le speranze di vedere questo grande giocatore a Firenze mi sembrano un po’ fragili.
Il gioco di Montella?
La bellezza della città?
I panini dello Scheggi?
La possibilità di conoscere la redazione di Radio Blu?
Se poi succede, propongo la standing ovation per i Della Valle, Pradè e Macia ed una punizione esemplare per il sottoscritto: rifare in tedesco la radiocronaca dei più bei gol di Gomez col Bayern.

L’idea (ottima) non è mia, ma di Enea, uno dei tanti amici che frequenta questo blog, e testimonia che il livello di sopportazione del popolo viola nei confronti di Jovetic ha superato da tempo il livello di guardia.
La proposta di Enea che rilancerò oggi in radio è la seguente: donare alla Fondazione Borgonovo un euro per ogni milione incassato dalla Fiorentina per la cessione dell’ingrato montenegrino, che ha maldestramente provato a fare abbassare il prezzo con la non autorizzata intervista alla Gazzetta (strano, perché di solito i giocatori sono attentissimi a non sgarrare, e fanno chiamare l’ufficio stampa anche quando devono dire grazie per un premio. Si vede che la multa non è un problema per il Ramadani’s team).
Una proposta intelligente e di grande sensibilità, che personalmente triplico, sperando di poter fare al più presto il bonifico di 90 euro per aiutare Stefano e tutte le persone travolte con le loro famiglie dalla “stronza”.

E bravo Stefanuccio, bella strategia.
Un po’ scontata, ma sicura, almeno secondo i normali canoni calcistici.
Si concede l’intervista esclusiva al più importante quotidiano sportivo, si ringrazia la Fiorentina di tutto quello che ha fatto per te, si chiedono gli applausi al ritorno e ci si dichiara svuotati di stimoli, “certi ormai di aver dato tutto” e quindi impossibilitati a rimanere.
Di sfuggita, ma proprio perché non se ne poteva fare a meno, ecco arrivare la supplica per Andrea Della Valle: “fai lo sconto alla Juve, perché è lì che voglio andare e se mi valuti 30 milioni non mi aiuti a realizzare il sogno”.
Si può dire che schifo o si rischia di essere querelati (oddio, potremmo anche pensare ad una mossa legale di Baggio , visto il paragone fatto nell’intervista…)?
Io, caro Stefanuccio, ti farei invece una controproposta: visto che pare ti abbiano offerto 9 milioni lordi l’anno, rinuncia tu ad un terzo di questi soldi, che moltiplicati per i quattro anni di contratto fanno dodici milioni, che aggiunti ai diciotto messi da parte da Marotta fanno trenta milioni, che guarda caso è quanto la Fiorentina ha deciso di prezzarti.
Perché tu sei solo un ottimo giocatore, non un campione, con tanto di cartellino appeso ai calzoncini.
Poiché siamo al mercato duro e puro, ed il tuo Ramadani è un sensale di prim’ordine, da quei trenta milioni non si scende, meno che mai con la Juve di Conte “che ha tutto per valorizzare” le tue inesprese potenzialità.
Quanto all’accoglienza al tuo ritorno al Franchi ci sarà tempo per preparare tutto: ai fiorentini puoi fare tante cose tranne che prenderli per i fondelli, in quello hai proprio sbagliato i tuoi calcoli.

Ogni affermazione o pensiero ha il proprio rovescio della medaglia e l’uso del blog, di questo blog, non fa eccezioni.
Mi libero subito dai tentennamenti e vi dico come la vedo io, non pretendendo assolutamente di aver ragione ed esponendomi giustamente a tutte le critiche possibili, anche perché non esiste secondo me una verità assoluta.
La mia scelta di fondo nel 2005 era di scrivere qualcosa di mio, che non avesse nulla a che vedere con l’impegno professionale a cui e su cui devo rispondere ogni giorno, sia per quello che dico e pubblico sul giornale, sia per quello che viene detto dalle radio che dirigo.
Ad un certo punto il blog è decollato e sono arrivate diverse offerte economiche per mettere dei banner a pagamento, nulla di straordinario, ma neanche di troppo basso.
Senza esitazioni ho pensato che a quel punto sarebbe diventato un lavoro: avrei dovuto rispondere a dei committenti, preoccuparmi degli accessi e via a seguire.
Ho detto di no, accettando solo banner di solidarietà, e ho continuato a fare quello che mi pareva, non avendo schemi precisi e soccombendo talvolta alla sindrome narcisista che si nasconde più o meno velatamente in tutti quelli che pensano di fare il giornalista o lo scrittore.
In alcuni casi ho quindi parlato solo a quei pochi che sanno di alcuni accadimenti.
Ovviamente non è molto educato nei confronti della maggioranza di voi, e di questo mi scuso, ma il blog è fatto anche per il mio divertimento, non solo per il vostro, sempre che vi divertiate.
E ora, come dicevano nei terrificanti cineforum degli anni settanta, il dibattito è aperto.

Lo sapevo io e lo ha scritto anche Rialti stamani: David Pizarro è molto vicino al punto di non ritorno.
Non solo pare non abbia cambiato idea, ma non esterna in alcun modo, rifiuta il dialogo, quasi fosse offeso per qualcosa che gli è stato fatto a Firenze.
A metà aprile a mia precisa domanda davanti a migliaia di testimoni disse che sarebbe rimasto sicuramente e credo che nessuno pensasse che questo fosse per lui un problema.
Quello di Pizarro è un atteggiamento irritante ed incomprensibile, anche senza voler ritornare sulle ripetute prove d’affetto fornite dal popolo viola nei suoi confronti, dalla partecipazione al dolore per la perdita della sorella alla piena giustificazione per il clamoroso errore contro il Milan.
Ci sono nella vita dei diritti e dei doveri: io ho sempre pensato che senza rispettare i secondi non si possa pretendere i primi, ma evidentemente nel calcio esistono altre regole.

P.S.
Alcuni di voi mi hanno dato un’informazione che non pubblico perché ci sono nomi e cognomi e altri mi hanno mandato un file di una cosa pubblica che riguarda il nostro ambiente e da’ la giusta idea del livello di un certo personaggio.
Non chiedetemi niente di piu’ perche’ sono una tomba, e’ andato tutto in onda….

Vent’anni dopo l’immagine più nitida che ho è la seguente: io, accasciato sul divanetto del bilocale seminterrato (ma sul Ponte Vecchio) in cui da qualche mese ero scappato con Letizia, che dico “è finito tutto, non c’è domani”.
Non era la prima volta e non sarebbe stata l’ultima…
Dopo il 6 a 2 al Foggia, la Fiorentina era stata appena scaraventata in serie B e non ero in alcun modo preparato alla catastrofe.
Crollava tutto, a cominciare dal mio essere tifoso per finire all’aspetto più prosaicamente lavorativo, anche se la Radio Blu di allora non era neanche minimamente paragonabile a quella di oggi.
Il giorno dopo mi avevano chiamato per andare al Processo del lunedì di Rai3 (quello che faceva milioni di ascolto) e il martedì avevo l’udienza decisiva per la separazione, ma io non avevo voglia di far niente: mi sentivo svuotato e distrutto.
Io la Fiorentina in serie B non solo non la volevo vedere, ma neanche l’avevo immaginata.
Nemmeno quando ci eravamo andati vicinissimi nel 1971 e nel 1978.
Credevo in una specie di angelo custode che mi salvasse dall’inferno calcistico, e in effetti per due volte aveva funzionato.
Nel 1993 non funzionò e ci ritrovammo tutti ad inventarci una nuova vita, non sapendo che il peggio doveva ancora arrivare nove anni dopo.
Ora che è tutto passato è quasi struggente ricordare quei momenti, ma quello fu un dolore vero, peggiore ancora dello scudetto rubato a Cagliari.

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