Siamo ufficialmente incartati.
Con un terzo dei soldi chiesti per Jovetic la Juve ha comprato Tevez e qualcuno mi deve spiegare cosa se ne farà a questo punto dell’ingrato montenegrino, a meno che non venda Vucinic, trattativa che mi pare molto difficile.
Ho detto e scritto diverse sciocchezze negli ultimi anni, ma una cosa l’avevo azzeccata d’istinto: piazzare Jovetic a trenta milioni nell’estate scorsa.
Quando lo dissi in un filo diretto nel giugno 2012, venni sommerso dalla rabbia di gran parte dei tifosi che chiamavano affranti, ma non ho mai cambiato idea.
Adesso dobbiamo sperare nell’Inghilterra, dove Jovetic piace il giusto anche perché in Europa non giochiamo da quasi quaranta mesi e non è che le prestazioni nel Montenegro siano state così entusiasmanti, anche per via di tanti piccoli infortuni.
Qui l’unico che può sbloccare la situazione è Montella, l’unico che (forse) i Della Valle stanno a sentire.
Se il tecnico va dai fratelli, o anche solo da Andrea, e spiega chea questo punto tenere Jovetic, oltre a bloccare completamente il mercato viola, diventa molto pericoloso sul piano ambientale e tecnico, forse il prezzo scende e lo vendiamo.
A quel punto ci mettiamo nelle mani di Pradè e proviamo a piazzarlo al meglio, altrimenti ce lo teniamo con tutti i mal di pancia del caso (i suoi, ma soprattutto i nostri), vedendo di farci il meno male possibile.

Sto entrando in un cono d’ombra con alcuni tifosi.
Me ne rendo conto, mi spiace, ma non posso fare altrimenti perché sono abituato da sempre a dire quello che penso.
Trovo “leggermente” fantasioso pensare che la Fiorentina possa prendere David Villa, che tra l’altro mi pare meno importante di Mario Gomez per due buoni motivi: i quattro anni in più e il grave infortunio di non troppo tempo fa.
Guadagna, mi pare, 7 milioni netti l’anno, gioca in uno dei club più importanti al mondo e dovrebbe rivoluzionare la sua vita solo per il gusto di indossare la maglia viola.
Bellissimo, nei miei sogni di tifoso.
Un po’ dura da realizzare nel mondo reale.
Io ho l’impressione che si continui a farci del male da soli, perché se poi arrivano giocatori dalla caratura inferiore ai pezzi da novante di cui si parla restiamo alquanto delusi e ci dimentichiamo del buono fatto fino ad oggi.
Comunque, se vi può consolare, sto anch’io antipatico a me stesso e vorrei tanto tornare al David bambino che d’estate sognava di prendere Gigi Riva o Boninsegna per rinforzare l’attacco, che già a fine anni sessanta era un problema…

Sono uno di quelli che guarda la Nazionale tifando per l’Italia e vivendo una partita nella partita quando c’è in campo un giocatore della Fiorentina.
Si parte da De Sisti agli Europei, avevo otto anni, e si raggiunge il massimo con i torti subiti da Antognoni, proseguendo con il Baggio viola, ma un po’, lo ammetto mi sono concentrato pure su Gamberini e Montolivo e quindi, secondo alcuni di voi, sono irrecuperabile.
Confessate le mie colpe, eccomi qui sul divano di casa ignorato da Cosimo, che ancora non avverte il fascino di Italia-Brasile, a sperare in un gol di Aquilani.
L’inizio è traumatico: tra lui e Montolivo fanno a chi gioca peggio, a chi regala più palloni agli avversari, che non sono esattamente scarsi.
Alberto meriterebbe pure di essere ammonito, lo graziano, ma non si vede proprio mai nel primo tempo, onestamente sarebbe da sostituire.
Non che Marchisio o Diamanti abbiano fatto chissà cosa, ma a me di loro importa il giusto…
Si riparte ed è più o meno la stessa musica fino a quando l’Italia si accende e allora Aquilani decolla, tra l’altro nel ruolo di Pizarro, come dire che conta soprattutto saper giocare a calcio e lui lo sa fare molto bene, ma ad intermittenza.
Escono fuori venti minuti di grande sostanza, conditi dall’assist a Chiellini, che modificano il titolo a cui avevo pensato e che recitava: “che delusione”, ma si poteva e si doveva fare di più.

Ha ragione Vittorio Pavoncello, presidente della Federazione Italiana Maccabi: “Mio nonno una seconda chance non l’ha avuta”, perché è morto nei campi di concentramento di Auschwitz.
Georgos Katidis, ventenne greco, centrocampista di belle speranze, invece la seconda possibilità ce l’avrà.
Nessuno ne sentiva la necessità e servirà per farci capire se quello che purtroppo vedremo arrivare nel campionato di serie B è solo un coglione ignorante della storia oppure un nazista duro e puro, come pareva quando ha esultato dopo un gol nel modo nauseabondo che ormai tutti conoscono.
Una rete in una partita di calcio e il fumo “che ad Auschwitz saliva lento”: due concetti che a nessuno verrebbe in mente di tenere insieme, ma a Novara, nella gloriosa società calcistica che ha visto nascere un campione come Silvio Piola, evidentemente sono dei geni e così hanno deciso di dare a Katidis la seconda chance, che è poi un avanzamento di carriera perché viene a giocare in Italia.
E già immagino la gioia dei gruppi fascisti e nazisti che lo eleggeranno a loro idolo, penso a quello che circolerà sulla rete, ho terrore di quello che ci aspetta sul piano mediatico.
A meno che questo ragazzotto, che sta in mezzo alla coglionaggine da mono-neurone e la convinta adesione al “Mein Kampf”, una volta arrivato in Italia non vada come prima cosa a visitare i luoghi simbolo della furia nazista in Italia e non parlo solo dello sterminio degli ebrei, ma anche di tutti coloro che sono stati spazzati via dagli orrori tedeschi.
Campo di prigionia e di concentramento di Fossoli, Fosse Ardeatine a Roma, Sant’Anna di Stazzema, Villa Triste a Firenze, tanto per citare i primi che mi vengono in mente, ma applicandosi un po’ si può approfondire la questione.
Ma temo che quei geni del Novara calcio non abbiano il tempo per farlo perché troppo impegnati a studiare altre fantastiche soluzioni: magari nei paesi baltici ci può trovare qualcosa che faccia pendant col possibile coglione-o-nazista Katidis.

Mettiamo la Fiorentina dell’ultimo campionato e aggiungiamoci Denis, Joaquin e Pepito Rossi: dove sarebbe potuta arrivare?
Scrivo questo perché ho imparato da almeno tre decenni ad essere molto realista, e può anche essere che un simile atteggiamento mentale in qualche caso diventi un limite, ma ormai è difficile cambiare.
Oggettivamente la situazione è questa: Jovetic non lo chiede seriamente nessuno, dai 30 milioni non si scende, ma anche se si calasse a 25 dubito che a parte la Juve (che per principio lo deve comunque portare via a 30) ci siano altre squadre pronte all’offerta.
E senza la cessione dell’ingrato montenegrino Gomez non arriva neanche se formiamo una catena umana lunga da qui a Monaco, sempre ammesso che non vada all’aria l’ardito piano di ingegneria finanziaria creato per colmare il divario tra l’ingaggio bavarese e la nostra proposta.
Tra tre settimane ripartiamo e sull’attaccante siamo oggettivamente incartati, scordando però di avere in più Pepito Rossi, ma è l’aspetto psicologico che mi preoccupa.
Su Gomez si è creata un’attesa superiore al normale e non vorrei che il contraccolpo dovuto dal suo eventuale mancato arrivo ci portasse ad una crisi di sfiducia, che non sarebbe davvero giusto avere dopo l’ultima stagione.

Voglio sperare che anche solo immaginare una Fiorentina con Neto portiere titolare sia stata una manovra diversiva per costringere il Cagliari a far calare il prezzo di Agazzi.
E su questa trattativa mi tengo le mie robuste perplessità, visto che non ho ancora capito il perché si pensi di spendere 4/5 milioni per il numero uno sardo e non si immagini invece di puntare a tenere Viviano con la metà di quanto richiesto dal Palermo.
Però mi fermo di fronte ad altre perplessità, che sono molto più importanti delle mie ed appartengono a Montella, non proprio un estimatore di Emiliano.
Ma Neto titolare proprio no, non è questa la stagione degli esperimenti: Neto ha avuto le sue possibilità e mi pare le se sia giocate malissimo.
Nessuno ha saputo spiegare perché sia stato acquistato a caro prezzo (dai lunghi viaggi in Sudamerica di Corvino dal 2009 al 2011 sono arrivati lui, Kerrison, Bolatti e Romulo…, niente a che vedere con le grandi spedizioni nell’Est!) e comunque cominciare con lui vorrebbe partire psicologicamente con un bel macigno sulle spalle.
Non scherziamo, per favore.

Ecco profilarsi all’orizzonte il ritorno di quelli che non avremmo più voluto vedere.
Il primo è Vargas, che guadagna più di Borja Valero e che qualunque società con un po’ di sale in zucca si guarda bene di avere tra i propri giocatori.
Poi c’è Felipe, l’uomo che ha spalancato con i suoi errori la porta della qualificazione Champions al Milan e il cui contratto è come la novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce mai.
E ancora Cassani, che da quando è andato via da Palermo è come un pulcino nella stoppa.
E meno male che con molta previdenza abbiamo obbligato il Genoa al riscatto di Olivera, sennò tornava pure lui.
De Silvestri e Lazzari quasi certamente li tengono, mentre da Cerci ci guadagneremo, ma il fardello dei temutissimi rientri alla base resta.
Dove la mettiamo tanta grazia calcistica?
Quanto pesano i loro stipendi nel monte ingaggi della Fiorentina?
Urge giocata geniale della coppia Pradé-Macia, qualcosa a metà strada tra gli ottimi rapporti calcistici intessuti da anni e la circonvenzione di incapace.

Io resto convinto che Mario Gomez non verrà alla Fiorentina, lo penso perchè faccio due conti e mi pare un’operazione non in linea con i parametri viola.
Bernardo Brovarone la vede in modo diametralmente opposto e lo dice a Radio Blu, dopo aver scritto su Facebook che il giocatore era a Firenze per sostenere le visite mediche, cosa che mi pare si sia dimostrata non esatta.
Su questa vicenda si è scatenata una piccola tempesta mediatica che ha confuso tutto immergendoci in una sorta di brodo primordiale con gridi e strepiti e mi pare quindi giunto il momento di fare un po’ di chiarezza.
Bernardo su FB (che detesto, ma questo è un altro discorso) ha un dialogo privato con chi interagisce con lui e Radio Blu non c’entra niente.
Allo stesso tempo lui è libero come tutti gli opinionisti di dire ciò che vuole e noi di ribattere sulle sue idee, questa si chiama democrazia.
Esiste una linea editoriale di Radio Blu, che è quella che do io in qualità di direttore, ed esistono altri pensieri che hanno la stessa identica dignità, ma che se espressi da chi fa parte della redazione vanno specificati come opinioni personali.
Infine la notizia di Gomez: se verrà a Firenze, avrà avuto ragione Bernardo.
Se non lo farà, avrà sbagliato previsione, e magari si fiderà meno di chi gli ha passato la notizia, ma poi ci si ferma qui.
Perché di bischerate dette e scritte sono strapieni giornali, radio e siti internet.
Giusto un anno fa un mio caro amico mi dette per certo l’arrivo di Lodi, io feci sparare la notizia dai perplessi uomini di mercato di Blu salvo poi cospargermi il capo di genere quando Lodi è rimasto a Catania.
Ma il mondo è andato avanti lo stesso, cosa che accadrà anche con Gomez a Firenze, Monaco o Londra, e Bernardo continuerà a dire quello che gli pare, su FB, a Blu e in televisione.

Via, un po’ di sforzo da entrambe le parti per evitare che si arrivi ad uno scontro che sarebbe veramente triste per chiunque ami la Fiorentina.
Manuel Pasqual merita un contratto biennale, che lo porterebbe a giocare undici stagioni in maglia viola e salire quindi molto in alto tra i grandissimi.
Se lo merita prima di tutto per quello che sta dimostrando di valere in campo, e poi anche per il comportamento esemplare tenuto fuori.
Nel 2016 Pasqual avrà l’attuale età di Pizarro e non si capisce dovrebbe scoppiare atleticamenge e non essere più all’altezza.
Faccia uno sforzo economico anche lui e si vada ad officiare il prolungamento di un matrimonio che è stato tra le cose migliori dell’era Della Valle.

Dunque il ragazzino ci sta prendendo per i fondelli.
“Ho altre offerte, ma anche un contratto con la Fiorentina che intendo rispettare”, ha detto.
Grazie signor Ljajic in Ramadani, qui siamo tutti riportati dalla piena e quindi quasi quasi, commossi dal suo attaccamento alla maglia e alla causa viola, proponiamo per lei il ruolo di vice capitano.
Il fatto che poi, al termine del contratto onorato, se ne possa andare a parametro zero è un dettaglio insignificante, noi restiamo profondamente colpiti dalle sue parole, certamente dettate da uno spirito generoso come pochi.
Mi sto interrogando in questi giorni se non abbia sbagliato nel 2011 a schierarmi decisamente perché Montolivo giocasse, pur sapendo che ci stava prendendo in giro perché certamente sarebbe andato al Milan, liberandosi a parametro zero e creando così un danno alla Fiorentina.
Al netto di tutto il casino mediatico creato da chi guidava la corte dei miracoli fiorentina montoliviana e ha cercato di coinvolgermi (riunioni carbonare di tifosi, interventi accorati in radio, mirabolanti promesse di rivelazioni su torti avuti di cui alla fine dei giochi non si è saputo più niente), resto convinto che in quel momento quella fosse la decisione più giusta.
Sofferta, ma inevitabile e provo a spiegare il perché.
Partiamo dalla statura del giocatore.
Montolivo non è Ljajic, dentro e fuori dal campo.
Per sei anni Montolivo è stato un giocatore molto importante per la Fiorentina: mai un atteggiamento fuori posto (neanche nell’ultima stagione a dire il vero); un esempio direi, al di là delle considerazioni sulle sue prestazioni che ad alcuni sono piaciute di più, al altri meno.
Ljajic, che è arrivato a Firenze più o meno all’età dell’ex capitano viola, ha alle spalle due campionati disastrosi, un girone di andata poco più che incoraggiante e uno di ritorno scintillante, che è poi l’ultima cosa che ci rimane negli occhi.
Sul suo fuori campo è meglio stendere un velo pietoso, pur avendo notato nell’ultima stagione un vistoso miglioramento.
Poi c’è il momento della Fiorentina: nel 2011 eravamo in mezzo al processo di disintegrazione societaria, tecnica, stavamo assistendo impauriti ed impotenti alla desertificazione del Franchi, affogavamo nella crisi post addio di Prandelli.
Potevamo permetterci di rinunciare a Montolivo e rimanere intrappolati in mezzo ai Kharja, Olivera, Vargas e tutto il bruttaio che ci avevano propinato?
Stavolta il contesto è completamente diverso: la società è finalmente organizzata secondo una base logica di ripartizione di poteri e responsabilità, lo spogliatoio è sano, Montella una prospettiva di allenatore tra i migliori in Europa.
Ecco perché se non firma anche noi saremmo ben felici di rispettare il contratto con il signor Ljiajic in Ramadani: gli paghiamo ogni mese lo stipendio e come bonus gli diamo pure una tessera omaggio per la tribuna autorità, proprio sopra Andrea Della Valle.

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