Andrò a votare alle primarie del PD, al ritorno da Roma, e darò la mia preferenza a Matteo Renzi.
La considero l’unica, e temo tra le ultime, speranza concreta per provare a fermare il declino di questo Paese che continuo a considerare meraviglioso e anche l’unico dove potrei vivere, forse anche a causa del mio immutabile e credo definitivo provincialismo.
Matteo Renzi è forse il politico che ho conosciuto un po’ più da vicino in questi oltre trent’anni di marciapiede calcistico e mi sembra già oltremodo positivo il fatto che l’approfondimento personale non abbia determinato un ripensamento delle mie idee iniziali.
Sono convinto che ci proverà davvero a cambiare le cose, a rendere il merito il più importante veicolo di ascesa o discesa professionale, ad evitare i vergognosi sprechi e le maleodoranti ruberie di questi decenni.
Che poi ci riesca è un altro discorso e ovviamente non dipenderà solo da lui, ma anche dalle persone che però lui sceglierà e di cui sarà responsabile.
E c’è un’altra cosa che apprezzo moltissimo in Renzi: considera l’avversario politico un interlocutore da battere, non un nemico da abbattere in tutti i modi, leciti e vietati.
Forse lunedì cominceremo a sperare di vedere un’altra Italia.

Le partite in notturna abbassano parecchio le mie difese immunitarie mediatiche e sarà per questo che ad un certo punto ieri sera sono sbottato sentendo l’ennesimo sms che pareva commentare una sconfitta invece che una vittoria.
Neto disastroso (è inferiore al resto della squadra e lo sapevamo, ma perché buttarlo ancora più giù?), squadra destinata a peggiorare, rischi inutili, partita mediocre.
E che cavolo!
Abbiamo vinto, sprecando almeno tre occasioni da gol, siamo quarti a pari punti con l’Inter che non ha le Coppe, Rossi è il capocannoniere del campionato, ci manca Gomez, ieri eravamo senza due tenori su tre: si potrà ballare un po’ o le dobbiamo vincere tutte per diritto divino.
Ribadisco l’esercizio spirituale che dovrebbero dare per punizione agli scontenti di professione: pensare almeno una volta al giorno a dove ci avevano portati dal maggio 2010 al maggio 2012 e poi guardare sospirando verso il cielo ringraziando il ritorno di Andrea Della Valle, la promozione di Macia, l’arrivo di Pradé e Montella.

Scrivo mentre deve ancora giocare la Juve, che sinceramente mi pare di un’altra categoria.
Intanto Roma e Inter rallentano, anche se gli orfani di Totti immagino siano soddisfatti per come è arrivato il pareggio, peraltro più che meritato.
Dipende più che mai da noi, come prima di Udine e questa è un’occasione che non possiamo fallire in alcun modo.
Contano i tre punti domani sera, solo quelli, non importa in che modo verranno conquistati.
Non parlerei neanche di pressione psicologica, quella la può avere il Napoli, che ha fatto capire di pensare allo scudetto e che ha un centrocampo e una difesa che non cambierei con quelli della Fiorentina.
Spingiamo tutti insieme dalle 19 in poi, staccando per novanta minuti ogni discorso sul gemellaggio.
Chiudo con i doppi auguri: a Radio Sportiva e a questo blog, a cui tengo moltissimo.
Oggi compiono rispettivamente tre e otto anni: sembrano pochi, ma viverli tutti i giorni con l’intensità che provo a metterci sempre non è facile, ve lo assicuro.

Montella nervoso?
Può essere, per via del ritardato ritorno di Gomez, che scombussola non poco i suoi tecnici presenti e strettamente futuri.
Montella permaloso?
A me non pare proprio, e come sapete bene sono un esperto della materia, secondo nella categoria ai soli Corvino (inarrivabile), Giovanni Galli e forse pure Prandelli.
Come ho ricordato oggi in Anteprima Pentasport, non sarebbe male esercitarsi in un lavoro di memoria che faccio spesso quando qualcosa va storto.
In quei casi cerco di ricordarmi da dove sono partito, dalla 850 coupé di mia mamma vecchia di dieci anni, da Radio Sesto International, dal lavoro d’estate (e non solo d’estate) per pagarmi le vacanze al mare: non sempre funziona, ma spesso aiuta a superare momenti difficili.
Ecco, facciamo lo stesso con la Fiorentina.
Ripensiamo a dove eravamo nel maggio 2012, al termine di due tra le più avvilenti stagioni viola, in cui mai era stato così ampio il distacco tra la squadra e il popolo viola che sempre l’aveva amata, anche e soprattutto nei momenti più duri.
Con un minimo di senso storico si può definire la rinascita della passata stagione come un mezzo miracolo, che appunto in quanto tale, non può ripetersi sempre.
Ergo: se in questo campionato avessimo avuto la stessa progressione dell’anno scorso, oggi saremmo in testa al campionato.
Invece siamo “solo” quinti e già ai sedicesimi in Europa League, con 45 minuti sbagliati di brutto a Udine e 70 non giocati in Portogallo: negli anni bui dell’uomo solo al comando, prima che Andrea Della Valle si rendesse conto dei danni fatti presenti e futuri, saremmo stati felici dei 45 minuti buoni di Udine e degli ultimi venti gagliardi di giovedì…
Nel calcio, come nella vita, è tutta una questione di aspettative…

L’Europa è servita a testare diversi giocatori che conoscevamo poco e che obiettivamente sono molto distanti dai titolari.
Quante partite servono per capire se si è o non si è all’altezza? Tre, quattro?
Beh, a me pare che il calcio a quei livelli conceda poche possibilità e Iakovenko che parte dalla panchina in Portogallo ne è una dimostrazione.
Non siamo messi benissimo, tralasciando Ilicic, che in passato, sia pure con scarsissima continuità, ha già fatto vedere di essere bravo: lui è un caso a parte, nemmeno troppo facile da affrontare.
Ma Bakic, Alonso e lo stesso Iakovenko non hanno per me superato l’esame, senza con questo voler essere troppo cattivi.
Sulla partita è quasi inutile soffermarsi:per settanta minuti era come se toccasse ad altri, se non ci fossimo e non è possibile concedere il gioco al Pacos.
O meglio, è possibile se non giochi come sai e puoi, sia pure con tanti big assenti.
Nulla di catastrofico, però contro il Verona sarà bene ritrovare la via del gol, che manca da oltre duecento minuti.

Il Portogallo visto da Oporto è più vicino all’Italia che alla Grecia, come invece potrebbero far pensare gli analisti finanziari e il famigerato spread.
La città è molto bella, piuttosto elegante, anche se ovviamente noi siamo fortunati e vediamo il salotto buono e non la cantina, cioè la periferia, che come tutte le periferie avrà le sue sacche di miseria e povertà.
Ieri nei telegiornali portoghesi ci siamo entrati anche noi, e non solo per la Fiorentina, a cui sono stati dedicati pochi secondi, ma per Berlusconi.
Il taglio era quello del potente che cade in disgrazia, ma credo che forse non conoscono abbastanza l’Italia…
Stasera mi aspetto una prova di carattere, un sussulto di Ilicic e una conferma di Matos, che ci farà un gran comodo nelle prossime gare senza Gomez.

Da quello che ho saputo e capito Mario Gomez ha cercato di forzare un po’ troppo per rientrare il prima possibile, per questo adesso rischiamo di rivederlo solo nel 2014.
Un eccesso di generosità che chiude la bocca a qualche velenoso commento sulla sua presunta voglia di risparmiarsi in vista del Mondiale in Brasile.
E’ invece vero il contrario, e se da un lato girano fortemente le scatore a tutti (tra una cosa e l’altra non lo abbiamo avuto a disposizione per oltre un terzo della stagione), dall’altro non possiamo che confermare le impressioni positive su un uomo che sa benissimo quali siano le proprie responsabilità dopo l’enorme investimento fatto dalla Fiorentina.
Adesso è il momento in cui dobbiamo stare calmi e tranquilli, evitando allarmisimi e forzature che ci lancerebbero in una situazione molto pericolosa.
Difendere e salvaguardare Mario Gomez vuol dire difendere e salvaguardare la Fiorentina.

…date una carezza ai vostri bambini e dite che questa è la carezza del Papa.
Ero un bambino e quella frase così dolce di Papa Giovanni XXIII entrò anche in casa Guetta, tanto che ancora ne ho un preciso e bellissimo ricordo, pur non avendola ovviamente ascoltata in diretta.
I tempi purtroppo sono molto cambiati e oggi i bambini vengono utilizzati per lanciare anatemi.
Lo ha fatto il nostro ex Presidente del Consiglio, rivolgendosi ai “colleghi senatori” e ammonendo a non votare la sua decadenza pena una crisi di coscienza di fronte ai propri figli.
Con tutto questo casino mediatico messo in piedi da Berlusconi e dalle sue tante gazzette mediatiche ho l’impressione che gran parte delle persone abbia perso il senso della cosa, e cioè che la decadenza dalla carica di senatore dell’ex premier sia solo un fatto tecnico, direi automatico, vista la condanna.
A meno che non si voglia sancire il principio che esiste un italiano che non è uguale agli altri davanti alla legge, cosa peraltro già sospettata da tempo e purtroppo non solo per Berlusconi.
Nel caso però sarebbe necessario che venisse adottato un provvedimento ad hoc, qualcosa di definitivamente dirimente anche per le prossime condanne che passeranno in Cassazione: qualunque cosa abbia fatto o detto, Silvio Berlusconi non può orologi replica essere condannato.
E se per caso lo fosse, non deve in alcun modo scontare la pena.
Basta saperlo.

Eh sì, siamo (sono) stati parecchio presuntuosi in una domenica che poteva essere quasi esaltante per via degli altri risultati.
Ed invece, inspiegabilmente per me, nel secondo tempo non abbiamo giocato, aspettando l’ispirazione celestiale che non è arrivata e ancora peggio sono andate le cose quando sono entrati Mati e l’irritante Ilicic, che sarà pure convalescente, ma che dà l’impressione di essere un corpo estraneo.
Se perdi a Udine contro una squadra di bassa classifica ed il migliore è stato senza dubbio Neto, qualche domanda te le devi porre.
Soprattutto dopo un primo tempo in cui l’Udinese sembrava capirci poco, ma lì siamo stati leziosi, lì c’è mancato davvero Mario Gomez, che speriamo si sbrighi a rientrare.
E’ una sconfitta brutta, ma che fa poco male per le aspirazioni di Champions, a patto di trarne la lezione giusta.
Un po’, e spiace dirlo, però è andata così, come ha fatto la Juve dopo la batosta di Firenze.

Avevo un’immagine lontana nel tempo di Gil De Ponti, datata 1975.
Ero in classe con Giampaolo Panichi, grande capitano della Rufina (riuscì pure a farmi provare, ma mi scartarono, giustamente), che lo conosceva per motivi calcistici e quando esordì in serie A col Cesena sembrò quasi che per interposta persona giocasse tutta la seconda L del glorioso Duca D’Aosta.
Trentotto anni dopo lo ritrovo all’aeroporto di Cluji felicemente mischiato con gli altri tifosi del Viola Club Lippi e la scoperta merita qualche riga.
Nel cazzeggio pre partenza siamo in un gruppetto di persone e lui, chiacchierando del più e del meno, dice di aver giocato in terza categoria.
Con un pizzico d’orgoglio gli dico che ho fatto la seconda nel Doccia e che comunque un po’ è vero, “essere andati in campo aiuta a capire il calcio”.
Quando mi spiegano chi è, mi si apre un mondo e sono perfino contento di essere stato preso per i fondelli, ovviamente non me lo faccio scappare e ieri sera me lo sono gustato nel Pentasport.
Sapevo molte cose di lui come calciatore, pochissimo come conquistatore di donne (Gloria Guida, Serena Grandi e Carmen Villani, più una ex di Guccini per me valgono quasi il pallone d’oro), e ancora meno sulla sua voglia di Firenze, sulle sue radici.
Pur girando il mondo in lungo e largo è come se non si fosse mai mosso da Rifredi, dal Lippi e ieri sera dopo la trasmissione andava a vedere giocare la squadra di calcio a sette, quasi in incognito.
Va in trasferta come un tifoso qualunque e ha una dolcezza di fondo che solo la malattia ha un po’ indurito, ma è davvero un gran personaggio che per due ore mi ha fatto sentire l’odore tanto rimpianto dell’olio canforato.

« Pagina precedentePagina successiva »