Sophia Loren e Claudia Cardinale: mi è capitato di sfogliare una rivista e vederle a poche pagine di distanza.
Una è l’immagine di una splendida donna che invecchia serenamente, l’altra, che ha più di ottanta anni, sembra molto più giovane di me: possibile che intelligente com’è non si renda conto di quell’alone di ridicolo che da tempo accompagna ogni sua uscita pubblica?
Evidentemente sì, e qui il discorso si fa più complesso e riguarda il rapporto con noi stessi.
Ormai è chiaramente, e da un po’ di tempo, un mondo impazzito.
Ci sono donne ultracinquantenni che lasciano i figli a casa e frequentano corsi di ballo al solo scopo di conoscere qualcuno per rivivere palpiti adolescenziali, quando ero giovane si chiamavano tardone, oggi non so.
Conosco coetanei che sfiniscono i propri capelli con chili di tintura, che li massacrano con riporti inguardabili, e si iscrivono in palestra solo per individuare eventuali prede e poi vedere se magari gli funziona la pillola blu.
E dopo?
Dopo che hai dato a te stesso/a questa dimostrazione di prolungatissima giovinezza, che ti rimane?
Per me una desolazione infinita, ma è questione come sempre di punti di vista.
Una mia amica molto bella e molto saggia mi ha detto che anche la pancetta maschile, se di proprietà di un uomo solido nel modo di pensare e agire, ha il suo fascino.
Sinceramente ho sempre fatto fatica a crederci perché da anni combatto una sana battaglia per abbatterla, ma poi ho rovesciato il discorso e ho pensato a quanto mi piacciano le donne dai cinquanta anni in su.
Quelle vere, naturalmente, nel corpo e soprattutto nella testa, e allora mi sono quasi convinto che chissà, potrebbe perfino avere ragione.
Nel dubbio però vado a farmi la mia solita corsetta mattutina per sentirmi meglio e limitare senza trucchi i danni del passare del tempo, che però è inevitabile e chi non lo capisce secondo me…capisce poco.

A me personalmente non me ne importa niente se la Domenica Sportiva ci mette al quinto posto nei servizi o se a Sky parlano il doppio del Napoli e pensano più all’Inter che ha perso piuttosto che alla Fiorentina che ha vinto.
L’unico vezzo che mi concedo in questi giorni è quello di dare un’occhiata alla classifica, forse per l’inconfessabile paura che non sia vero, che abbiano cambiato qualcosa, che non sia più quella la squadra al primo posto.
Detto questo, ho però l’impressione che complice l’ennesima pausa da Nazionale i media più importanti ci stiano osservando con più attenzione.
Analisi, servizi, richieste di interviste che piovono nella sede viola, sono tutti alla ricerca del mistero Sousa, diventato improvvisamente il nuovo Mourinho.
E se ne parla bene, complice il figlio, uno dei re del calcio come Crujiff vuol dire che la beatificazione è davvero ad un passo.
Speriamo che tutta questa sbornia di elogi, inevitabile peraltro, non ci faccia perdere la giusta umiltà, che è poi un formidabile alleato per continuare a correre nelle zone paradisiache della classifica, anche se ad essere sinceri a me pare che questi siano tutti ragazzi maturi e nemmeno troppo giovani per cadere nella trappola della presunzione.

Via, finalmente l’ho fatto: ho cantato.
In maniera penosa, ma ho articolato delle parole con della musica di sottofondo.
Il problema è che come in tutte le mie vicende della vita mica ci ragiono troppo, vado di sentimento.
E siccome il mio sogno da sempre era quello di gorgheggiare “Una carezza in un pugno” di Celentano, mica ti vado a scegliere un Guccini, che pure adoro.
No, io mi metto con sprezzo del pericolo e poco senso del ridicolo a salire e scendere sulle note di quella bellissima canzone, tra gli sguardi atterriti del centinaio di persone che hanno partecipato ai festeggiamenti per i trent’anni di matrimonio di Maurizio e Lucia.
Una cosa indescrivibile a sentirla (così mi dicono) e poi non contento sono andato giù con Renato Zero, Bennato e l’inevitabile inno viola tanto ormai era caduto ogni freno inibitorio.
Serata fantastica, gruppo di cinquantenni (abbondanti) mediamente sani di mente in un locale, recupero di vecchie consuetudini, piacere di nuovi racconti di vita, abbraccio forte e sincero a chi come Massimo è stato duramente toccato dalla vita.
E poi loro due, Maurizio e Lucia: ci vuole intelligenza, altruismo, l’idea giusta della famiglia, forza di volontà e senso del sacrificio per resistere trent’anni insieme rinnovandosi ogni giorno in mezzo a mille problemi, tentazioni e stanchezze ed essere soddisfatti.
Standing ovation per loro e per tutti quelli come loro.

Ieri sera mentre tornavo a casa e rispondevo alle domande via sms sono stato colto da un dubbio: cosa avrei scritto e detto nel 1968 al termine della campagna acquisti che vide la cessione dei due nazionali Albertosi e Bertini (oltre al mio personale idolo Brugnera) in cambio del discontinuo Rizzo?
Certamente avrei parlato di mercato insufficiente…
Va bene, fermiamoci qui, ma intanto godiamo la libidine calcistica di un primato assolutamente meritato, frutto, stavolta sì, di un gioco con cui prima avvolgiamo e poi stendiamo gli avversari.
Ventisette tiri nello specchio della porta sono un luna park del pallone in cui abbiamo avuto la sola colpa di non mirare troppo bene, ma a questo punto sono dettagli.
Giochiamo da grande squadra e ci permettiamo pure il lusso di tenere in panchina i pezzi da novanta, vedi alla voce Rossi, Suarez e anche Babacar.
Non sogno, ma godo e pure molto: non è elegantissima come espressione, però credo che renda perfettamente l’idea.

Purtroppo per noi oggi non è un giorno di festa: in pochissimi giorni ci ha lasciato il babbo di Tommaso Loreto.
Ogni volta che lo incontravo era così fiero di quel figlio che parlava alla radio, ha fatto in tempo a vedere il piccolo Neri e possiamo solo ribadire a Tommi quello che sa: gli vogliamo bene

Oh, lo abbiamo capito che la partita contro l’Atalanta è piena di incognite, che non dobbiamo prenderla alla leggera e via a seguire.
E’ il classico luogo comune del calcio e questa settimana non fa eccezione.
Va bene tutto, però possiamo dire senza paura di sollevazioni popolari che la Fiorentina è più forte?
Che siamo in un gran momento di forma e che dunque siamo largamente favoriti e che pareggiare o peggio ancora ci farebbe girare abbastanza le scatole?
Perché a me stare lassù piace moltissimo e starci per un paio di settimane mi dà un senso di assoluta libidine calcistica.

Si comincia a capire come giochiamo: siamo avvolgenti, addormentiamo la partita tenendo un ritmo basso e poi andiamo al tiro.
Non troppe volte,però sblochhiamo sempre noi il rislutato e se succede in sette partite su sette ci sarà un motivo.
Gara da grande squadra, con finale meraviglioso dedicato a chi ha sofferto e soffre per qualsiasi motivo: ce la possono, ce la possiamo fare tutti e quel gol di Pepito è come la canzone di Morandi.
Mi è venuto un mezzo groppo in gola quando ho visto il pallone dentro e ho continuato ad urlare nonostante fosse il quattro a zero.
“Vuole un po’ d’acqua?”, mi ha chiesto tra l’ironico ed il preoccupato un solerte funzionario del Belenenses.
No grazie, mi basta vedere queste cose per credere ancora alla magia del calcio.

Me la sto gustando più stavolta delle due precedenti occasioni, questione di sensibilità.
Nel 1997 non era bella come ora e nel 2009 ero abbastanza di corsa, come è del resto è sempre stato fino ad un po’ di tempo fa.
Il clima aiuta, qui sembra di essere ancora in estate, ma è anche la gente che ad una superficiale visione sembra molto impegnata e piuttosto soddisfatta della vita.
La squadra contro cui giochiamo domani continua ad apparirmi piuttosto misteriosa e domani farò una full immersion per entrare nella gara, perché poi è un po’ come per i giocatori: Inter-Fiorentina si prepara radiofonicamente da sola, Belenenses è molto più difficile.
Qui tutto costa meno che in Italia, un caffè (buono) 60 centesimi, la metà di un bar del centro fiorentinmo e stasera ho cenato a base di baccalà con meno di 20 euro.
Della partita di domani pare non freghi niente a nessuno, sono tutti concentrati sul Benfica che sta perdendo a Madrid, qualche ora fa mi sono visto il museo di Eusebio che chiudeva proprio stasera: emozionante per noi ragazzi (si fa per dire) degli anni sessanta.
Domani le emozioni me le aspetto da Pepito, in fono Belenenses è un quartire non troppo diverso da Villareal…

Aspettate a chiamare la neurodeliri: il noi è riferito alla mia generazione, che dovrebbe aver preso il bastone del comando da almeno una decina d’anni.
Cosa stiamo facendo e cosa lasceremo ai nostri figli?
Non sopporto chi non si prende mai le proprie responsabilità, chi pensa sia sempre colpa degli altri se le cose non vanno come dovrebbero.
Ergo: proprio non mi piace che si dica che dovevano pensarci quelli che c’erano prima a lasciarci di noi un mondo migliore, per ancora un po’ tocca a noi e quindi vediamo di darci da fare.
Un punto a nostro sfavore è che la famosa parità maschio-femmina è ben lontana dall’essere raggiunta: nel 2015 era da augurarsi che ci fossero molte più donne nei posti chiave.
Magari mi sbaglio, ma resto convinto che la conflittualità diminuirebbe sensibilmente, spesso ci frega il testosterone e la voglia di far vedere quanto siamo bravi e grossi.
Col tempo ho maturato due pensieri guida, diciamo pure, allargandosi, che ho sviluppato una sorta di etica morale che dovrebbe accompagnare le nostre azioni e la nostra vita interiore.
Il primo è non fare mai agli altri ciò che non vorresti venisse fatto a te.
Facile a dirsi, vero?
Molto più difficile ad applicarsi, e basterebbe banalmente pensare ai piaceri della carne: chi è capace di fermarsi immaginando a quello che potrebbe accadere se fosse lui/lei ad aspettare ignaro/a a casa?
Il secondo è ancora più importante e riguarda i nostri figli (per chi ne ha).
Si tratta di avere una dirittura morale che vorremmo vedere in loro quando saranno grandi, comportarsi cioè come vorremmo che i nostri figli si comportassero.
Ci sarebbe anche la capacità di ascoltare e accogliere chi ci sta accanto, ma questo è un fatto estremamente soggettivo e di compatibilità tra esseri umani.
Io non sono affatto pessimista, qualcosa di interessante si può ancora costruire prima di passare la mano e non è che abbiamo sprecato il tempo: ci stiamo impegnando e siamo (chi più, chi meno) persone serie, alla fine qualcosa di buono verrà fuori.

E chi se l’aspettava una Fiorentina così?
Li abbiamo annientati, sembrava di vedere Roma-Fiorentina della passata stagione in Europa Leagues, proprio non c’è stata partita.
Kalinic stratosferico, Vecino monumentale, Borja e Badelj assoluti padroni del centrocampo, Ilicic ispiratissimo, difesa perfetta: che vuoi di più dalla vita?
Un compleanno calcisticamente (e anche extra) perfetto, da ricordare per sempre.
E adesso?
Adesso ci godiamo il primato, gli inviati dei grandi giornali nazionali che arriveranno a spiegare il miracolo Fiorentina e tutto quello che c’è intorno.
Siccome siamo convinti da sempre di essere al centro del mondo e i numeri uno in assoluto non è che ci faremo troppo impressionare e quindi da domani riprenderemo tranquillamente a dividerci come sempre.
Ma oggi si gode, eccome se si gode!

L’ultima volta che la Fiorentina prese la testa del campionato avevo appena saputo che da lì a sette mesi sarebbe arrivata Camilla ad emozionarmi, Valentina frequentava con straordinario profitto il primo anno d’asilo e Cosimo non era neanche immaginabile come fantastico regalo del mio percorso terreno.
Eh sì, è passato un po’ di tempo: oggi le ragazze viaggiano sicure attraverso le proprie strade e a vederle da fuori, pur conoscendo ogni millimetro del loro cuore di bambine, sembrano due donne, mentre il fanciullo mi contesta inevitabilmente il voto a Babacar, il suo idolo, a cui secondo lui do sempre troppo poco.
Oggi compio 55 anni, dire che me li sento dentro è una bugia, perché l’energia è sempre quella, magari un po’ miscelata dall’esperienza e dalle responsabilità di un genitore e comunque vai a sapere quale sia davvero l’età mentale giusta che si deve avere.
Sono stato molto fortunato: dalla vita ho avuto tutto, certamente molto di più di quanto avrei soltanto immaginato quando da ragazzo combattevo centimetro dopo centimetro per strappare, in tutti i sensi, un po’ di spazio.
Ho tre figli meravigliosi (lo so, dicono tutti così, ma vi assicuro che quando poi diventano adolescenti non è che venga sempre naturale affermarlo), sono accompagnato da persone che mi amano e che non mi fanno mai sentire solo neanche quando devo affrontare le salite più dure, ho imparato ad ascoltare gli altri e a condividere i loro problemi, so distinguere chi è falso da chi è vero.
Avendo ricevuto così tanto, ho una sorta di pudore nel chiedere ancora, ma siccome il mio desiderio è condiviso da centinaia di migliaia di uomini e donne, io ci provo lo stesso: cara Fiorentina, me lo faresti questa sera il regalo di riportarmi al primo posto in classifica, proprio come in quell’inverno del 1999?
Sarebbe molto meglio come torta del mio adorato bongo…

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