Oggi mi sono alzato con un pizzico in più di presunzione addosso, tutti i giornalisti ce l’hanno, non credete mai ai falsi modesti.
Questa mattina esagero e provo a raccontarvi il mio modo di intendere il mestiere di direttore che svolgo ormai da più di 25 anni, da quando cioè il Pentasport da essere una trasmissione a due voci (il sottoscritto e Saverio) è diventato polifonico.
Cominciamo col dire che non ho mai preso ordini da nessuno e ho sempre sbagliato di testa mia, il che non è certo un merito, perché dovrebbe rientrare nelle normali prerogative di un direttore, ma una semplice constatazione.
Di errori in tutto questo tempo ne ho fatti parecchi e tanto per non nascondermi dietro alle semplici parole potrei ricordare alcune pagine nere del mio passato: aver dato a Cecchi Gori fiducia dal 2000 al 2001, aver preso una posizione sbagliata quando andò via Batistuta, aver personalizzato certi scontri con personaggi viola magari pure di secondo piano, essermi fidato di giornalisti/e che poi hanno provato a pugnalarmi alle spalle, aver ingaggiato aspre battaglie con colleghi che poi si sono dimostrati molto meglio di quanto pensassi.
Avendo però una discreta considerazione di me stesso (leggi alla voce presunzione…), penso di aver comunque combinato qualcosa di buono e per arrivare a certi risultati ho sempre avuto due linee guida: lasciare la massima libertà di espressione agli opinionisti e ai miei giornalisti, a patto che specificassero che esprimevano idee a titolo personale, e cercare un’armonia nelle voci che radiofonicamente vanno in onda.
E nel secondo caso mi fido sempre dell’istinto che non mi ha (quasi) mai tradito, ed è come per lo chef: aggiungi, togli, sperimenti, ascolti il parere di chi assaggia quello che prepari.
Alla fine provi a servire tutti i giorni in tavola e quindi in F.M. il meglio di quello che puoi offrire, sperando che tutto sia gustoso e digeribile.

Partite come quella di ieri le vincono solo le grandi squadra e non so dove arriveremo, ma certamente questa stagione promette soddisfazioni più intense rispetto a quelle di Montella, che pure ci aveva regalato diverse gioie.
Mati Fernandez ha giocato una grande gara e non c’era risposta migliore alle tante critiche, più che meritate, degli ultimi mesi, ma soprattutto sta tornando Kalinic, che vale per noi quasi quanto Higuain per il Napoli.
A proposito: io stasera tifo per il Milan, perché ho in testa un’idea meravigliosa, proprio come diceva quella pubblicità di parecchio tempo fa…
Adesso andiamo a Londra con la solita voglia europea di fare bella figura e quindi di passare il turno, ho l’impressione che la temperatura salirà rapidamente nei prossimi due giorni perché fino a ieri era come se ci fossimo dimenticati del Tottenham, ora invece sappiamo di essere forti e sarebbe bellissimo eliminarli per due anni di seguito.

Ma avete idea di cosa siano 270 milioni di euro?
Davvero pensate che sia una cifra congrua per avere la famosa immagine nazionale o per avere accesso nei salotti televisivi, sempre partendo dal presupposto provinciale e molto autoreferenziale che essere proprietari della Fiorentina sia più importante a livello nazionale ed internazionale che possedere quote rilevanti di RCS o della Poligrafici Editoriale, oppure rimettere a posto il Colosseo?
A me sinceramente è sempre sfuggito il perché i Della Valle abbiano preso la Fiorentina e ho escluso a priori e cinicamente la componente romantica, forse perché nasco tifoso e se avessi le loro possibilità mai e poi mai sarei andato a comprare l’Inter, però resta il fatto che quei soldi li hanno messi davvero e che se oggi la Fiorentina fosse in vendita non ne ricaverebbero (se va bene) che la metà, ammesso che si trovi qualcuno che la compri.
Senza i Della Valle ci ridimensioniamo, questo è sicuro, e magari ci può anche andar bene perché noi siamo quelli delle campane contro i cannoni.
Siamo fiorentini, orgogliosi fino a morire e ci facciamo spellare vivi per il gusto di una battuta, però basta saperlo che si scende, e parecchio, di categoria e ci adeguiamo.
E se fossi il giudice unico e ultimo di questa assurda battaglia tra noi e loro, imporrei ad entrambi i contendenti uno stop di due settimane, quindici giorni di assoluto silenzio su cui riflettere.
Noi su quanto ho appena scritto e loro sul perché pur avendo speso questa cifra per me mostruosa, pur avendo dimestichezza ed altro nel circo mediatico, si trovino nella condizione di rispondere con stizza alle critiche addirittura non venendo nel proprio stadio per vedere la propria squadra.

Parto dalla seconda parte del titolo: terrò conto di tutti i suggerimenti che avete dato per le nostre trasmissioni, a cominciare dal diminuire l’autoreferenzialità che è certamente eccessiva, così come il debordare di annotazioni personali.
Se c’è una cosa che ho imparato in oltre 38 anni di radio è non avere certezze: siamo sempre in discussione e se pensiamo di essere bravi abbiamo già sbagliato l’approccio con chi cerchiamo di conquistare per tenerlo all’ascolto.

La partita di ieri sera non l’ho proprio capita per quasi un’ora, sembravamo vittime di un complesso di inferiorità inspiegabile visto che li avevamo buttati fuori nel 2015.
Poi, come spesso accade nel calcio, è bastato un episodio pure un po’ fortunato (il bel tiro di Bernardeschi è stato deviato in modo decisivo) per cambiare tutto e allora abbiamo iniziato nuovamente a giocare da Fiorentina.
Se a Londra per 90 minuti faremo lo stesso secondo tempo, non vedo perché dovremmo andare fuori, pur partendo svantaggiati per il punteggio, ma ce la giocheremo alla pari, senza troppi problemi, meglio ancora se con la testa libera.

Ieri sono arrivati i dati radiofonici relativi al secondo semestre 2015, il primo da quando è iniziata l’avventura a Radio Bruno.
Non è stato assolutamente facile cambiare dopo oltre 35 anni e lasciare ciò che avevo costruito in decenni di passione sia a livello regionale che nazionale.
Questa rivoluzione professionale è perfettamente coincisa con un altro profondo mutamento della mia vita privata: adesso vedo e vivo tutto con grande serenità insieme a chi amo, ma non è stato affatto facile.
Il successo di ieri di Radio Bruno, che risulta prima tra le emittenti che seguono la Fiorentina con 75.000 ascoltatori nel giorno medio contro i 58.000 di Radio Blu, i 49.000 di Radio Toscana e i 31.000 di Lady Radio, chiude idealmente diciotto mesi che hanno modificato la mia percezione del mondo e delle persone che mi circondano, facendomi diventare un altro uomo, molto meno centrato su me stesso.
Quello che non ho cambiato è il modo di intendere l’impegno quotidiano, nel senso che già ieri sera, passata la soddisfazione per l’ottimo risultato, stavo pensando a come e cosa fare per arrivare più in alto negli ascolti, per migliorare e raggiungere quegli obiettivi che mi ero e ci eravamo posti quando pensammo di cambiare radio.
Lo so, molto c’è ancora da fare, però era doveroso dire grazie pubblicamente a tutte le persone che ci hanno seguito cambiando subito sintonia.
Le altre, spero, le conquisteremo con la qualità ed il nostro impegno.

P.S. Naturalmente un grazie particolare va a tutti i miei “ragazzi”, che partono alle 7 e chiudono alle 20: per me sono i migliori e lo stanno dimostrando.

P.P.S. Credo di dovere una spiegazione tecnica: su alcuni siti c’è la classifica degli ascolti nell’anno solare 2015 che riporta correttamente una media con Radio Blu prima con 84.000 utenti, seguita da Radio Bruno con 67.000.
C’è però un “piccolo” particolare: il primo semestre del 2015 era di 108.000 Radio Blu e 62.000 Radio Bruno, il secondo 58.000 Radio Blu e 75.000 Radio Bruno e non chiedetemi come mai le cifra sopra riportate non siano l’esatta metà perché non lo so, deve esserci qualcosa di tecnico
E comunque fino al 30 giugno 2015 il gruppo del Pentasport è restato, con reciproca soddisfazione, a Radio Blu…

Sì, forse ha ragione il Governo a stanziare due milioni di euro per un Museo dedicato al ventennio fascista da far nascere inevitabilmente a Predappio.
Forse ha ragione, perché a me il fascismo lo hanno solo raccontato e ora fatico a raccontarlo ai miei figli, che presi come sono da mille impulsi quotidiani ed esterni nemmeno hanno voglia di ascoltare, e qui forse è colpa mia che non riesco a trovare il tempo ed il modo per catturare la loro attenzione.
Forse ha ragione, perché quel periodo appartiene ormai alla nostra storia e dunque prima o poi il tabù andrà rotto: questa generazione di quarantenni al governo non ha i nostri stessi riferimenti culturali ed etici e per questo si muove su altri sentieri.
Forse hanno ragione su tutto, ma a me fa ugualmente schifo pensare che due milioni di soldi pubblici siano utilizzati per una sorta di celebrazione, e comunque di inevitabile revisione storica, del più vergognoso periodo italiano dal 1861 ad oggi.

Vincere così non ha prezzo, non vale la Juve, però non è nemmeno che si sia troppo lontani a livello di godimento.
Abbiamo sostanzialmente meritato i tre punti e c’è da chiedersi il perché della reazione stizzita dell’Inter, che gioca un calcio inguardabile e che ha strapagati centrocampisti a cui qualche anno fa non avrebbero nemmeno permesso l’accesso ad Appiano Gentile.
C’era pure un rigore grande così e sono stati graziati, pensa un po’.
Bernardeschi è stato strepitoso ieri sera a sinistra mi ha definitivamente convinto e se non crolla la condizione atletica andrà agli Europei.
E’ tornato a segnare Babacar e si è rivisto Kalinic, è su queste direttrici che ci giochiamo le possibilità di Champions e intanto siamo lì al terzo posto, da fantastici intrusi e senza aver rubato nulla.

Ora però è venuto il momento per i più accesi contestatori dei Della Valle di fare un passo indietro: non esiste vivere in questo clima di tensione continua con la squadra in quella posizione e con una società economicamente sana.
Loro saranno permalosi, poco fiorentini, arroccati su posizioni mediaticamente molto discutibili, saranno tutto quello che volete, ma noi siamo a volte sinceramente insopportabili: cominciamo a dircelo in faccia e poi facciamo pace perché i Della Valle sono quanto di meglio si possa sperare di avere.

Il missile terra aria di Babacar a Firenze nello scorso campionato a cui sono affezionato per un motivo particolare: è stata in pratica l’iniziazione di Cosimo al calcio, all’amore vero per la Fiorentina, perché il gol avvenne proprio sotto dove era seduto lui.
Il regalo di compleanno al sottoscritto di Kalinic a San Siro: tre gol per festeggiare il primo posto in classifica ed una ricorrenza molto diversa dal solito, quella di una nuova vita.
Da quanto tempo questi due ragazzi non danno un segno della propria presenza?
Pure troppo direi, per i miei gusti e per le esigenze della Fiorentina: non sarebbe venuta l’ora di tornare a far gol nella partita più importante (fino ad oggi) del campionato?

Ad un certo punto ho fatto un fermo immagine: ho bloccato lo schermo su Carletto, come l’ho sempre chiamato dai tempi del Duca d’Aosta, che intervistava Elton John e ho fatto un salto indietro di quasi quarant’anni, forse ispirato dalle mie ultime vicende personali.
E ho rivisto questo ragazzino vispo come pochi che mi dava una mano ad organizzare il primo giornalino del Duca, e poi ancora dopo, quando girava per le discoteche e per le scalcagnate radio fiorentine con un sorriso che è identico a quello che ormai conoscono tutti gli italiani.
Si è fatto un mazzo così Carlo Conti: conosco benissimo la sua storia perché fino a vent’anni fa è stata parallela alla mia, lui nello spettacolo ed io nel giornalismo, solo che è molto più bravo di me e si merita tutto il successo che sta ottenendo.
Ogni volta che lo vedo sulle copertine dei giornali oppure a fare la prima serata in Rai provo una soddisfazione che mica è troppo comune nel nostro mondo.
Carletto è la dimostrazione che la meritocrazia in questo Paese qualche volta paga, che non è sempre necessario essere figli di, amanti di, raccomandati da per arrivare dove si desidera arrivare e questo credo che sia professionalmente la cosa a cui tiene di più.

Chiedere scusa è un bellissimo atto di umiltà, anche se ultimamente, da Gasparri in su, qualcuno se ne sta un po’ approfittando.
Mi sono molto sforzato e sono pure andato a rileggermi le dichiarazioni di Sousa da luglio in poi e sinceramente, pur essendo il sottoscritto ancora in alta classifica per quanto riguarda i permalosi, non ho trovato qualcosa che mi convincesse sulla necessità delle scuse che il tecnico portoghese dovrebbe porre alla società.
Direi che a questo punto la vicenda sta diventando stucchevole, forse è meglio chiuderla qui, senza scuse e senza troppe analisi sociologiche/calcistiche che ci porterebbero chissà dove e certamente lontano dall’obiettivo comune che è per tutti (sì, per tutti, Della Valle compresi) il terzo posto.

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