No, non ci posso credere che 26 donne inglesi si siano accoppiate con un signore presumibilmente sulla sessantina solo perché il tipo fosse il sosia di Claudio Ranieri.
No, dico: ventisei.
Ho una considerazione troppo alta dell’universo femminile per ipotizzare una simile mattanza di sentimenti.
Me lo devono dimostrare, il sosia mi deve portare da ognuna delle signore o signorine in ballo che dovrà a sua volta confermare l’accaduto.
E’ vero che l’educazione sentimentale di noi maschi degli anni sessanta era piuttosto discutibile (e infatti ci abbiamo discusso per decenni), ma che si vada a copulare con qualcuno solo perché ha vinto il campionato di calcio mi sembra una di quelle storie che si leggevano sotto il militare, tipo Lando o simili.
Dai, ditemi che non è vero.

Gran vittoria davvero, peccato non serva a niente per la classifica, ma va e fa bene lo stesso.
Al gol di Lulic ho rivisto fantasmi zemaniani e invece abbiamo tirato fuori una signora prestazione senza Ilicic, Kalinic e Borja Valero.
Merito del centrocampo a tre?
Potrebbe essere una chiave di lettura, ma non l’unica e neanche la più importante perché i suonatori contano molto più dello spartito.
Bello uscire dall’Olimpico in quel modo, a patto che un successo così non faccia da specchietto per le allodole perché c’è molto da fare sul mercato e magari bisognerebbe prima o poi decidere chi sarà il nuovo direttore sportivo.
Intanto sappiamo che abbiamo un’ottima prospettiva come portiere, un ragazzo che deve giocare e che comunque ha carattere perché prendere una rete dopo due minuti e in quel modo a Roma avrebbe demoralizzato giocatori molto più esperti di Lezzerini e invece alla fine è andata benissimo, complimenti.

Nella corsa a due per il posto di direttore sportivo viola, fra Corvino e Pradè voto senz’altro per quest’ultimo.
Mi sfugge completamente il senso dell’operazione “ritorno a casa di Pantaleo”, un passo indietro non da poco.
Appena ri-sbarcato a Firenze Corvino si troverebbe ad operare in una piazza che è già divisa sul suo nome proprio per via del suo modo molto personale di lavorare.
Pradé ha certamente sbagliato tanto, ma le famose plusvalenze corviniane sono state realizzate anche grazie alle intuizioni di vendita di chi lo ha sostituito e soprattutto come facciamo a dimenticare le ultime due stagioni di Pantaleo, quelle post Prandelli?
Ovviamente, come sempre, il dibattito è aperto, ma se non arriva un terzo nome, molto meglio continuare con Pradé che assistere alla restaurazione corviniana.

Ecco quello che ha scritto Stefano Prizio

Ieri, un mio post su facebook ha offeso alcuni lettori, mi scuso quindi del mio commento inappropriato.
Credo che nessuno abbia il diritto di distribuire patenti di tifo viola nè tantomeno di intelligenza.
Stefano Prizio

SCUSATE, MA VOI CREDETE CHE UNO COME STEFANO SI FACCIA IMPORRE QUALCOSA?
PENSATE CHE UNA PERSONA COME LUI, CON QUELLO CHE HA PASSATO E CHE HA VISSUTO PROFESSIONALMENTE, RINUNCI AL SUO PENSIERO PER DIFENDERE UNA COLLABORAZIONE RADIOFONICA?
E, PER QUELLO CHE MI RIGUARDA: SIETE CONVINTI CHE COSTRINGA QUALCUNO A FARE QUALCOSA CHE VADA CONTRO LA PROPRIA LIBERTA’?
CHI PENSA MALE VIVE MALE…

Cominciamo col ricordare che la frase non è come ho sempre pensato di Voltaire, ma di una scrittrice inglese, Evelyn Beatrice Hall.
Avete già capito di cosa parlo: non sono assolutamente d’accordo con quello che ha scritto Stefano Prizio su facebook (ah, quanti danni produce questa piattaforma infernale!) a proposito dei tifosi, ma non farò mai niente per impedirgli di esprimere le sue idee.
E siccome lo considero una persona intelligente, e anche un’ottima penna, sono rimasto colpito dalla pochezza del concetto espresso e anche dello stile, sinceramente non da Prizio.
Detto tutto questo, aggiungo che ho sempre odiato le vendette, che siano dirette o ancora peggio trasversali.
Negli anni novanta, quando la radiocronaca era a rischio perché clandestina e io ero pure il responsabile dello sport a Canale Dieci, Vittorio Cecchi provò a dare un diktat: via da Radio Blu Agroppi e Luca Frati, che invece rimasero tranquillamente al loro posto di opinionisti.
Luciano Luna mi propose un po’ di tutto purché finissimo di fare il filo diretto con Mario Sconcerti e fu invitato ad occuparsi di altre cose e potrei continuare a lungo.
Poichè Radio Bruno ed il Pentasport non hanno niente a che vedere con facebook, posso pensare di prendere provvedimenti solo se Stefano sbarella in trasmissione o insulta qualcuno.
In caso contrario sarei solo uno stupido censore, perderei credibilità con voi che ascoltate e con la redazione.
Leonardo Petri, tanto per dirne una, fu mandato via dopo che aveva detto sciocchezze colossali nel Pentasport senza volersi scusare successivamente e non certo per altre vicende personali capitategli precedentemente e che a me non interessavano assolutamente.
E così sarà per Stefano: se non vi sta bene quello che ha scritto, e secondo me avete completamente ragione, tanto che lui ha fatto una parziale marcia indietro, andate sulla sua pagina e diteglielo, ma il Pentasport non c’entra niente.

Vorrei aggiungere un altro aspetto che sfugge a molti e cioè la differenza tra chi fa parte della redazione del Pentasport e gli opinionisti.
I secondi, lo dice la parola stessa, hanno opinioni che si possono o non si possono condividere ed il mio compito è quello di “ingaggiare” chi mi sembra adatto per rendere interessante il programma, stando sempre attento a non debordare nel linguaggio e, appunto, nelle opinioni.
Se Stefano avesse detto quelle sciocchezze in diretta, sarei intervenuto per obbligarlo ad un contraddittorio e anche a delle scuse, che se non fossero arrivate mi avrebbero indotto ad altre riflessioni.
Nelle sue frasi su facebook non esiste certamente la gravità di espressioni razziste, come alcuni di voi hanno scritto: sono concetti su cui non sono d’accordo espressi secondo me molto male, ma qui per me finisce il discorso.
Un’altra cosa era se un componente del Pentasport avesse usato le stesse parole su una piattaforma accessibile a tutti, in quel caso sì che sarebbe scattata la responsabilità oggettiva e sarei stato coinvolto come direttore.

L’unica cosa da salvare del triste finale al Franchi è il saluto a Manuel Pasqual, con le sue lacrime ed il suo ringraziamento al popolo viola.
Per il resto è stata una prestazione in linea con le ultime tristi esibizioni e converrà forse partire dal girone di ritorno per costruire la prossima squadra, che dovrà per forza di cose essere molto più concreta.
Qui non si segna più, basta pensare ai centrocampisti e la manovra è diventata piuttosto noiosa.
Siamo quinti e quindi in linea con la nostra storia, però non possiamo definirci soddisfatti: stagione da 6, altro che da 8, come ha detto Sousa.

Ho perso il conto di quelli che mi chiedono se sono preoccupato per l’eventuale ritorno di Corvino.
La mia risposta convinta è: assolutamente no, e non capisco neanche perché dovrei esserlo.
Sono passati quattro anni dalle due sue ultime tristi stagioni in cui se la prese un po’ con tutti e con me un po’ di più, ma non mi interessa più e se avessi voluto muovermi per certe sue dichiarazioni del primo febbraio 2012 lo avrei fatto all’epoca.
Se torna, per me si parte da zero,con un inestimabile vantaggio per me: lui opera e io giudico, quindi è troppo più facile.
Detto questo, mi sfugge l’utilità di un giro di valzer così clamoroso, ma se alla fine ci guadagna la Fiorentina…viva Corvino.

Da oltre vent’anni non frequento i giocatori della Fiorentina per svariati motivi che partono dall’anagrafe e proseguono con la consapevolezza che non ci può essere troppa confidenza tra il giudicante e i giudicati.
Per una fortunata coincidenza in due mesi mi è capitato stare a tavola con due numeri dieci viola: il più grande di tutti (Baggio se la sarebbe giocata, ma se ne è andato troppo presto) e colui che quarant’anni dopo ne ha ereditato la maglia.
Beh, di Antognoni sapevo tutto e quando ci parlo riscopro il fanciullino pascoliano che è dentro di me: oh, sono tornato a chiedergli della finale del 1982 e sentirlo raccontare del di quel calcio è come montare su una fantastica giostra di ricordi.
Di Bernardeschi invece non sapevo quasi niente ed ero anche piuttosto diffidente.
Mi sono rapportato con un ragazzo normalissimo, con una maturità nettamente superiore ai suoi pochi anni, uno che si è trovato diciassettenne a vivere da solo e si è organizzato benissimo.
Insomma, una gran bella scoperta perché poi alla fine è vero che la testa conta quanto le gambe, vallo a spiegare ai tanti predestinati come Bernardeschi, che però si sono persi per strada e solo per colpa loro o di chi hanno avuto intorno.

Un pareggio triste, avremmo potuto vincere o perdere, sarebbe certamente contato, ma a me interessava più vedere la prestazione, se cioè fosse stata all’altezza di quella contro la Juve.
E qui davvero non ci siamo, e la prima colpa è di Sousa, che ha mandato in campo una formazione incomprensibile, rinunciando a Bernardeschi e Ilicic per Tello e l’ormai misterioso Mati, che si avvia a chiudere l’ennesima stagione in cui non si è capito bene che giocatore sia.
Si è rivisto Kalinic, sta tornando su certi livelli, però resta la delusione per un gruppo che sarà stato certo toccato dalla disastrosa e disarmante campagna acquisti/cessioni di gennaio, ma che sta disputando un girone di ritorno da incubo.
Che tristezza, ripensando a dove eravamo alla fine del 2015.

Se Savic può andare da titolare, forse, a giocarsi la finale di Champions e noi pensiamo a Udine di confermare una straordinaria difesa che comprende Tomoic e Roncaglia, non vi pare che ci sia qualcosa che proprio non torna?
E Basanta due anni fa non era in panchina in una partituccia da nulla come la finale del Mondiale tra Argentina e Germania?
Ma no, cacciamolo ed è meglio non avere nessuno, oppure Mexes.
O al limite, ma proprio al limite, Benalouane, e che cavolo!
Vuoi mettere: uno che sta per ricevere il premio scudetto in Inghilterra…

« Pagina precedentePagina successiva »