Stavolta è veramente decisiva, perché se superiamo il turno diamo un senso a questa stagione livorosa e piena di buone intenzioni, leggi alla voce Chiesa e Bernardeschi.

Se invece dovesse andare male, ci aspettano tre mesi piuttosto vuoti, da riempire con le parole, che a noi fiorentini (e tifosi della Fiorentina) non mancano davvero mai.

Ricordiamoci dello scempio della gara di Coppa Italia contro la Juve nel 2015 e facciamo tesoro di quell’esperienza: va bene non pensare troppo al vantaggio conquistato in Germania, ma sarebbe da sciocchi giocare senza testa, tutti all’attacco come successe allora.

Ci sarà uno stadio mezzo vuoto e su questo converrà meditare approfonditamente perché è un campanello d’allarme importante.

Rimane ancora l’affascinante strada dell’Europa Leagues, ma è complicata, molto complicata.

Non abbiamo certo lasciato a San Siro i punti per pensare alla quarta stagione europea consecutiva, ma in altre partite, soprattutto al Franchi.

E’ stata la gara del contrappasso: tanto avevamo subito e poco meritato in Germania, tanto avremmo meritato il pareggio e imposto il nostro gioco a Milano e dentro ci metto pure l’arbitro, che ci ha graziato su Olivera e non ha costretto il Milan in dieci per la giusta espulsione di Gomez.

Non ho capito perché rischiare Salcedo a sinistra, anzi proprio perché metterlo in campo, e neanche perché togliere Chiesa, che non mi sembrava con problemi fisici come affermato da Sousa a fine gara.

Mettiamola così: la Scala del calcio non ispira proprio il tecnico portoghese nei cambi…

San Siro conserva il suo fascino, è qui a poche centinaia di metri dal nostro albergo ed io che sono un inguaribile romantico ripercorro le volte che ci sono stato, dalla prima nel 1981 ad oggi.

C’è una vita in mezzo, anzi tante vite: la mia e quella di altre persone.

Venendo alla partita, bisogna rischiare qualcosa, tentare di vincere la partita, anche a costo di subire qualcosa in contropiede.

Saponata o Ilicic?

Io dico Saponara, ma è solo una sensazione, l’importante è giocarla bene perché è difficile conquistare i tre punti se ripetiamo la prestazione di giovedì.

 

Mai vinto in Germania, mai nessuna squadra italiana si era affermata in quel campo.

Abbiamo avuto un po’ di fortuna?

E chi se ne frega!

Scusate il francesismo, ma vincere così è davvero bellissimo e poi in terra tedesca abbiamo esportato ed esposto un capolavoro: la punizione di Bernardeschi.

Altro che otto reti in stagione, che festa bellissima faremo a fine campionato ricordandoci però sempre di Borgonovo.

E abbiamo anche trovato  un portiere, che da quando è arrivato il concorrente sembra un altro.

Oggi ce la godiamo, da domani pensiamo al Milan.

Mi spiace molto non esserci, ma ancora non sono al massimo dell’efficienza ed era giusto che per una trasferta così impegnativa “giocassero” Sardelli e Loreto.

Mi spiace anche perchè per noi ragazzi degli anni sessanta il Borussia vero resta nei ricordi quello contro cui giochiamo stasera, per me in particolare il Borussia era soprattutto Gunter Netzer.

Quanto mi piaceva! Lo ammiravo al punto che mi arrabbiai parecchio quando in pratica non giocò nei Mondiali del 1974, nei miei ricordi era un centrocampista straordinario, con un tiro da far paura.

Venendo all’oggi, partiamo veramente alla pari ed è una grande occasione per verniciare la stagione con una mano di brillantezza, dopo i tanti alti e bassi del campionato.

L’incognita resta la difesa e credo lo sia anche per Sousa, perchè tu puoi prevedere tutti i moduli possibili, ma se i tuoi giocatori combinano le frittate viste ultimamente nell’area viola non hai veramente scampo.

Se ripenso a dov’ero e a come stavo venti mesi fa, mi vengono i brividi e ancora non so bene come abbia fatto ad uscire dal tunnel.

Vivevo da solo da qualche mese, dopo aver tentato di tutto per evitare ai miei figli i dolori di una separazione che è sempre un atto di violenza nei loro confronti, soprattutto per i più piccoli, e mi preparavo a consumare un altro pesante divorzio: il distacco da Radio Blu, l’amore professionale di oltre 35 anni di impegno e dedizione a volte, ripensandoci ora, anche eccessiva

Ero un fascio di nervi che camminava, in più sentivo il peso della responsabilità di chi aveva investito tanto su di me, sia Radio Bruno, sia i ragazzi della redazione che mi avevano seguito senza battere ciglio perchè si fidavano ciecamente.

I dati di ascolto del primo semestre 2015 erano stati bellissimi ed impietosi: avevamo fatto il botto con 108.000 ascoltatori nel giorno medio, ma anche Bruno in Toscana aveva ottenuto un ottimo risultato: 62.000 ascoltatori, uno dei picchi degli ultimi anni.

Mi dicevo: e ora? E se caliamo invece di aumentare? Cosa avrei detto e come mi sarei giustificato con chi aveva creduto fortemente in noi, tanto da investire (caso unico nel nostro mondo) molto sulla squadra del Pentasport? E come diavolo avremmo fatto ad erodere un primato che in 35 anni avevamo costruito giorno dopo giorno?

Venti mesi dopo, tutto quel putridume in cui sono stato per mesi mi pare lontano anni luce, anche se resta il dolore per un rapporto con i figli che da separati, e soprattutto per i padri, è purtroppo molto complesso.

Professionalmente la giornata di ieri è stata importante perché, appunto venti mesi dopo, Radio Bruno è prima in Toscana tra le emittenti regionali a 90.000 ascoltatori, due volte e mezzo Radio Blu.

Uso il blog per ringraziare tutti le persone che hanno contribuito a questo risultato e, con un pizzico di emozione, ringrazio chi mi è stato accanto, quando 600 mattini fa ogni giorno sembrava difficilissimo da affrontare.

 

Capita che qualcuno mi faccia i complimenti per Radio Sportiva, credendo che ne sia ancora il direttore quando invece ho dato le dimissioni più di due anni fa

Così come molti pensano che Sportiva sia stata una mia idea e anche in questo caso si congratulano per la brillantezza dell’intuizione.

L’ho sempre detto ai diretti interlocutori e lo ribadisco pubblicamente: l’idea non è stata mia, ma di Loriano Bessi, che mi propose il progetto nell’estate del 2010: io ne sono stato solo l’ingegnere “giornalistico”, nel senso che con le poche forze che avevamo a disposizione ho costruito una struttura da zero, non occupandomi naturalmente delle questioni economiche che non mi competevano ed intervenendo da pompiere solo quando la situazione stava diventando incandescente.

Con l’aggiunta di un particolare che ci ha condizionato fin dall’inizio: nel primo anno di Sportiva, il 2011, era saltato il sistema di rilevazione degli ascolti, per questa ragione la Radio era splendida da ascoltare (cioè in pratica senza pubblicità, che nessuno pianificava), ma i conti erano ovviamente da brividi.

Comunque sia, abbiamo retto il colpo e siamo andati avanti per oltre quattro anni scalando le classifiche  con una dedizione al lavoro dei ragazzi che avevo scelto uno per uno che raramente ho riscontrato in altre redazioni.

A due anni dal mio addio la formula è rimasta quella studiata nel 2010, sono arrivate nuove voci tutte molto professionali, ed è rimasta gran parte della mia squadra che ha continuato a macinare consensi e ascolti.

Per questo motivo mi si è stretto il cuore quando ho letto che quello che tante volte era stato minacciato si verificava davvero: lo sciopero della redazione.

In molti mi hanno chiesto cosa avrei fatto se fossi stato ancora il direttore di Sportiva e sinceramente non ho saputo rispondere perché nelle situazioni bisogna esserci e mi ha sempre dato noia chi spara sentenze da lontano, senza conoscere nulla o quasi.

Posso però con certezza dire quello che non avrei fatto: non sarei mai andato in onda per rispetto alla “mia” redazione e se qualcuno lo avesse fatto al posto mio avrei rassegnato immediatamente le dimissioni.

Ovviamente ci sarà qualcuno che avrà da ridire sulla vittoria di ieri, per ché siamo incontentabili e soprattutto molto fiorentini

Sinceramente però non c’è stata partita: abbiamo vinto meritatamente semplicemente perché siamo più forti, rischiando molto poco, in pratica solo sul colpo di testa di Zapata parato bene da un Tatarusanu che pare giocare molto meglio da quando è arrivato Sportiello.

E’ stato decisivo Bernardeschi e sarà un peccato non averlo a Milano, l’ammonizione è stata sciocca e se la poteva risparmiare, ma è stata l’unica pecca di una gara in cui è sembrato prendere in mano la squadra.

Si è rivisto anche Babacar, che mi ha lasciato i soliti dubbi sul suo reale valore: è quello di ieri sera o il fantasma di Roma?

Nel dubbio, meglio ricorrere a Kalinic, che giovedì dovrebbe essere piuttosto riposato.

Ho letto i bellissimi articoli di Bocci e Poesio sul Corriere Fiorentino, l’intervista a Kalinic, e mi sembrava di respirare aria purissima.

A me questo ragazzo di 29 anni, perché nella vita a 29 anni oggi si è poco più che ragazzi, nella sua disarmante normalità pare un alieno.

Mi ha ricordato Francesco Toldo, che alle 8 di mattina si presentava in banca per fare un’operazione e che da terzo portiere della Nazionale passava il lunedì a Padova a dare una mano nella tabaccheria di famiglia.

Solo che qui c’è il dio denaro a far sembrare tutto incredibile e sarà pur vero che magari a giugno se ne andrà per guadagnare il quadruplo, ma intanto lui in questi mesi si mette in tutti i sensi a rischio e poi l’eventuale quadruplo è sempre meno della metà di quanto avrebbe preso ora dai cinesi.

I soldi non sono tutto nella vita, l’ho sempre pensato e ho coerentemente seguito questo concetto per quaranta anni, per questo sono fortemente intrigato da Kalinic, uno che se non ci fosse andrebbe inventato.

Un po’ come Totti, che ancora una volta ha dimostrato di avere un cuore dietro al portafoglio devolvendo in beneficienza il compenso di Sanremo

…che l’uomo potrà imparare, a vivere senza ammazzare…

Non ho più speranze, davvero

E ringrazio la possibilità di avere un blog per scaricare in parte la furiosa angoscia da cui non riesco a liberarmi dopo aver letto ieri sera quello che segue

 

 

Punito e ucciso per aver fatto la pipì a letto: è successo domenica a Aire-sur-la Lys, nel nord della Francia. Protagonista del triste e drammatico episodio un bambino di 5 anni, Yanis, reo di aver fatto la pipì a letto.

La punizione: correre al buio in mutande e calzini

Il bambino sarebbe stato ucciso da una punizione crudele della madre e del patrigno: Yanis aveva bagnato il letto. E i genitori lo hanno costretto a correre all’aperto, nelle rigide temperature invernali, con addosso soltanto le mutandine bagnate e i calzini. Il bambino ha corso al buio per alcuni chilometri lungo La Lys (il fiume che scorre nella regione del nord-Passo di Calais dove si trova il paesino di 10mila abitanti in cui è avvenuta la tragedia) , sarebbe caduto almeno due volte prima di raggiungere una zona isolata. Il suo corpo è stato trovato dai vigili del fuoco attorno alle 2.30 di notte a dieci minuti dal centro città, vicino a un capannone dove il patrigno aveva vissuto in passato: per il piccolo però non c’era più nulla da fare.

Le accuse e la morte: Yanis aveva diverse ecchimosi sul corpo

Emilie, la madre 23enne, e il patrigno, 30 anni, sono stati fermati con l’accusa di omicidio volontario: sono incensurati e non erano mai stati segnalati ai servizi sociali. Già interrogati hanno fornito elementi utili alle indagini. E secondo gli inquirenti, la punizione inflitta a Yanis non era la prima. L’autopsia ha accertato che il bambino è morto per trauma cranico, ma aveva anche diversi lividi sul volto e il naso rotto. Ma sul corpo del piccolo sono state rilevate tracce anche di altre violenze che potrebbero risalire a giorni o settimane fa.

Il ricordo su Facebook

In ricordo di Yanis, gli zii da parte del padre biologico, i nonni, i cugini e i suoi insegnanti si sono attivati e hanno creato una pagina Facebook per raccogliere fondi per il suo funerale e in memoria del bambino. «Yanis, il nostro angelo» recita l’intestazione: «La nostra stella spentasi troppo presto, il 6 febbraio 2017, dall’alto dei tuoi cinque inverni vissuti».

 

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