Per me Cesare Prandelli resta una gran persona, oltre che un ottimo allenatore.

Nell’ora e mezzo in cui ieri è stato nei nostri studi ho ritrovato il vecchio amante del calcio inteso come soprattutto come sport, con i suoi valori, che dovrebbero poi essere quelli della civile convivenza, ma mica è tanto facile di questi tempi.

Prandelli ama veramente la Fiorentina, anche se molto probabilmente non la allenerà più e forse è giusto così perchè i grandi amori nel calcio vanno vissuti con intensità una sola volta, poi sanno di minestra riscaldata.

Ha sbagliato i tempi dell’entrata andando in Turchia prima e in Spagna dopo, adesso sa che deve ripartire quasi da zero, come se gli anni in viola ed il primo biennio in Nazionale non contassero niente.

Vedendo un po’ di  gente che gira per le panchine di serie A mi chiedo, ho qualche ragionevole dubbio sulle scelte di diversi presidenti.

Non faccio testo, perchè oltre vent’anni fa dissi no a chi mi proponeva di entrare a far parte del gruppo di telecronisti che commentava in diretta televisiva il calcio.

Non ebbi esitazioni perché pensai che di Piacenza-Torino, ad esempio, non me ne sarebbe fregato niente e ancora peggio sarebbe stato se avessi per caso dovuto commentare la Juve, avversata da una vita.

Figuriamoci se poi avesse dovuto giocare contro la Fiorentina.

Fu insomma una scelta di cuore di cui non mi sono mai pentito, anche se all’epoca la radio, che amo moltissimo, non era certo strutturata come oggi e si andava molto improvvisando, in tutti i sensi.

Ecco perché ieri sera tornando da RTV38, con Pietro Vuturo e Leonardo Vonci, sono sobbalzato  nell’ascoltare una ormai ex giovane brava promessa fiorentina già di mezza età e  di provatissima e più volte conclamata fede viola esaltarsi come un ultrà con la Juve in radiocronaca nazionale.

Qualcosa che assomigliava al mio urlo di Wembley per Batistuta, ma prolungato presumo per tutta la partita di cui abbiamo sentito (per fortuna) solo gli ultimi minuti.

Vuturo e Vonci erano allibiti e in macchina è sceso un pesante ed imbarazzante silenzio, inframezzato dai loro commenti che vi risparmio.

Ho cercato  giustificazioni professionali ad una simile e così convinta interpretazione di fede bianconera e ho faticato a trovarne, poi mi sono chiesto se avendo dieci anni di meno a me sarebbe riuscito qualcosa del genere.

La risposta è stata: assolutamente no, perché la radiocronaca della Fiorentina è un atto di fede.

Può venire bene o male, ma al cuore davvero non si comanda e questo è certamente un mio grande limite professionale, che comunque sono contento di avere.

Quando ero un ragazzo mi sembrava che le ore non trascorressero mai e sto ripensando a quelle che mancavano a qualcosa che consideravo fondamentale per la mia vita.

La partita della domenica mattina decisiva per il campionato allievi, l’incontro chiarificatore con la ragazza (che quasi sempre si risolveva in un disastro), la gara della Fiorentina alle tre del pomeriggio, l’appuntamento con chi ti avrebbe aperto le porte del mio adorato mondo giornalistico (mai successo!), il primo concerto di Guccini.

Ogni ora che mancava all’appuntamento di quel fatidico e decisivo giorno portava con se’ un retrogusto doloroso, quasi che qualcuno dall’alto si accanisse contro di me per tenermi a distanza da ciò che avrei voluto vivere immediatamente.

Una frenesia insensata che spiega alcune mie scelte profondamente sbagliate su persone e situazioni.

Stamani mi sono accorto che sono già trascorsi cento giorni dall’inizio del 2017 e pur cercando di sfuggire alla banalità del concetto del tempo che passa troppo in fretta, sono rimasto impressionato dalla velocità con cui ho vissuto anche questo scorcio di anno e non credo di essere il/la solo/a a provare questa sensazione.

Meglio davvero ogni tanto fermarsi, respirare profondamente e tornare in una piazza fiorentina per un’altra cioccolata calda.

 

Scrivo dalla tribuna stampa di Genova ancora stordito dal mancato tre a due finale: se avesse segnato Babacar sarebbe stato un delirio.

Abbiamo giocato un secondo tempo meraviglioso, il migliore dall’inizio del 2016 e il pari ci sta stretto.

Si potrà discutere Sousa, Della Valle, Corvino e i giocatori, ma bisogna riconoscere a questo gruppo una grande dignità di fondo e pure un orgoglio eccellente che ci ha permesso di non scivolerà nel niente oltre un mese fa.

Ci stava per ammazzare l’errore di Tatarusanu e invece abbiamo trovato la forza per reagire e provare a vincere una partita che ci poteva portare in piena scia europea.

Ma siamo ancora lì e può succedere di tutto.

Appello a tutte le forze viola in campo ed in particolare a chi sta in panchina: ci sono tanti modi per dirsi addio, cerchiamo di scegliere per favore il più dignitoso, anche perché questo alla fine è un divorzio che non fa male a nessuno.

Sousa non è Prandelli, cioè un’icona per i tifosi almeno fino al 2010, e non è neanche Montella, molto meno empatico ed “emozional” del portoghese, ma certamente portatore sano di godimenti calcistici assoluti che nelle ultime due stagioni non abbiamo più visto.

Cerchiamo intanto di prolungare la rincorsa fino a quando è possibile, magari ricordandoci che proprio a Genova vedemmo una Fiorentina scintillante, una squadra che sembrava davvero da Champions.

A volte non è il lasciarsi, ma è come ci si lascia: ci vuole classe in tutto, soprattutto in quello.

Ho più di un’ora di tempo libero tra un impegno e un altro e sono in centro.

Mi viene in mente di fare qualcosa che non avevo mai nenache immaginato negli anni, forse perché troppo abituato a pensare e preoccuparmi per ogni minima sciocchezza: stacco la spina da tutto e vado a prendermi una cioccolata calda in Piazza della Repubblica.

Da solo, con l’Iphone muto e con il progetto di non fare niente, assolutamente niente.

Ed eccomi lì, seduto tra la gente come se fossi un turista, in una giornata piena di sole: fantastico.

Si allontanano nella testa i mentecatti/e con cui purtroppo la vita ti impone di interagire, sfumano i pensieri molesti e senti nascere dentro di te un senso di armonia che pare qualcosa di musicale, perfettamente intonato alla sinfonia della vita suonata insieme alle persone che ami.

Merito di Firenze, senza dubbio.

E poi dicono che non è la città più bella del mondo…

E’ per questo che nonostante tutti i tentativi presenti e futuri per rovinarlo  il calcio resta una rappresentazione giocosa della vita unica nel suo genere: adesso può davvero sucecdere di tutto.

Fantastica la sconfitta dell’Inter ieri sera: abbiamo lo scontro diretto a Firenze e magari facciamo pure saltare per la prossima stagione Pioli, che andrei a prendere di corsa a Milano.

Mettiamoci la testa e magari anche un po’ più di partecipazione, non è che si può essere sempre arrabbiati e non è nemmeno chiarissimo il destinatario di tanto livore.

Sousa? Della Valle? Cognigni? Corvino? I giocatori?

Fratelli di fede viola, abbiamo vinto le ultime tre partite, dopo aver pareggiato a Bergamo: e se ci rilassassimo un po’ pensando pure di andare a Genova?

Teniamo viva la speranza, più di così non si può fare

Siamo più che dignitosi e la gara di oggi è stata la migliore da un mese in qua

A ne piace molto questa ostinazione viola a non dare per chiusa la stagione è davvero non capisco chi non vorrebbe il sesto posto

Oggi c’è stato un Borja Valero fantastico, non ho capito bene in quale posizione abbia giocato, ma va benissimo così

Era da un po’ di tempo che a causa di mille impegni non riuscivo a ritagliarmi lo spazio per condurrre il Pentasport.

Non c’è niente da fare, non esiste confronto tra la radio e la televisione.

E’ qualcosa di magico che non si può spiegare e secondo me la grandezza di Fiorello è stata proprio quella di saper fare meravigliosmaente radio in televisione.

La radio coinvolge tutti: se riesci a creare il clima giusto l’ospite si abbandona a confidenze che mai farebbe davanti ad una telecamera o di fronte ad un block notes.

Sto pensando a Gianni Morandi che si immerge nei ricordi del suo Bologna, a Sconcerti che confessa di essersi inventato un’intervista con Pecci, a Mondonico che racconta i retroscena economici del suo rinnovo del contratto.

Ho sempre pensato e detto che voglio smettere prima di diventare la caricatura di me stesso, e lo farò, ma sarà molto dura staccarsi da quel microfono e ricordare la magia che si crea quando finisce la sigla che introduce il programma

Ho stabilito il record difficilmente battibile di permanenza di tre ore all’Ikea.

L’inizio dell’impresa non lasciava presagire niente di buono per il raggiungimento di un così strabiliante risultato: nei primi sessanta minuti infatti, oltre ai soliti tre quattro sbadigli durante la prima rampa di scale (è un riflesso automatico, non ci posso fare niente) ho rischiato un paio di volte l’abbiocco mentre avveniva la misurazione sulla carta della cucina.

Mi sembrava effettivamente di essere come quando vado al cinema o a teatro dopo aver cenato, provo a resistere una decina di minuti, poi spesso e contro la mia volontà crollo.

Lì non deve essere successo, visto che all’uscita Cristina non mi ha detto niente, probabilmente il pensiero del conto finale deve aver costruito nel mio cervello l’ultima invalicabile barriera prima di arrivare al meritato riposo.

Ho però notato che ci sono coppie in cui è l’uomo che decide cosa e come fare: trattasi di autentici eroi dei tempi moderni, maschi molto più che alfa che con sprezzo del pericolo superano qualsiasi ostacolo.

Uno ce l’avevo a tre metri di distanza ed ero sinceramente ammirato su come disqusiva di lavelli e piani cottura: un alieno, almeno per me.

Prossima tappa, il salva tempo della Coop.

« Pagina precedentePagina successiva »