Sono calcisticamente figlio di quell’inebriante 1976, quando il Torino recuperò in tre gare cinque punti alla Juve e vinse il campionato.

Una goduria unica, inarrivabile, anche perché purtroppo la Fiorentina lo scudetto non lo vince da quasi cinquanta anni.

Ora, premesso che la Roma, al di là dell’insana passione di Camilla per Totti e De Rossi,  vale suppergiù i bianconeri in quanto ad antipatia (e ci ha pure mandato in B nel 1993), devo confessare che mi divertirei molto se lo scudetto non fosse ancora assegnato domenica sera.

Insomma, nella vita si sopprta di tutto, ma il triplete della Juve sarebbe uno di quei momenti in cui ti chiedi come mai da piccolo non ti sei appassionato al basket o alla pallavolo…

Esattamente trentacinque anni fa in queste ore mi stavo svegliando a Cagliari convinto di vincere lo scudetto.

E come me lo pensavano un milione di tifosi viola sparsi per il mondo.

Ricordo tutto di quella giornata: la notte con gli ultra del Cagliari che fecero una notevole baldoria, la passeggiata davanto all’hotel Mediterraneo dove alloggiava la squadra, l’interminabile attesa nella fornace del Sant’Elia, il senso di impotenza via via che la partiva scorreva senza gol, la pugnalata al momento della rete annullata a Graziani, la notizia del vantaggio della Juve a Catanzaro, la rabbia nel vedere in TV la gomitata di Brio a Borghi.

Mentre a testa bassa con Maurizio tornavamo verso l’albergo provai un senso di angoscia esistenziale/calcistica forse dovuto ai vent’anni e pensai con dolore che nella vita difficilmente sarei mai andato così vicino a godere in tutto e per tutto con la mia amata Fiorentina….

Si va al Franchi per tifare e soffrire Fiorentina, perché appassionati di calcio e innamorati sportivamente di questa squadra.

Non conosco niente della Curva Fiesole, non ci sono mai stato dagli otto ai vent’anni perché ogni domenica andavo in Ferrovia, sono a digiuno delle dinamiche che esistono, non so chi comanda,  cosa viene deciso, non ho crediti o debiti con capi, capetti o soldati semplici .

Penso di restare discretamente sulle scatole a molti, soprattutto a quelli più giovani, per via dei miei anni nella televisione di Cecchi Gori, per la mia posizione sull’Hysel e perché comunque sono abbastanza facilmente riconoscibile come giornalista e in quanto tale passibile di critiche: fa parte del mestiere e accetto tutto senza problemi, cori e striscioni compresi.

Fatta questa necessaria premessa, a me sembra fuori dalla realtà vedere e ascoltare ciò che ho visto e ascoltato ieri per una vittoria della Fiorentina: nessuna gioia, silenzio assoluto dopo i tre gol, il resto dello stadio che contesta i contestatori.

Il mio pensiero è che i Della Valle restino la migliore delle soluzioni possibili, ma non è detto che abbia ragione e neanche voglio convincere i ragazzi della Curva che li vogliono mandare via per sostituirli non si sa con chi: può darsi che abbia torto, che loro sappiano di un compratore o che si sia tutti pronti per l’azionariato popolare, chi lo sa?

Ma la Fiorentina viene prima di queste beghe tra tifosi, viene prima di Guetta, dei Della Valle, di Sousa, Corvino, di tutti i giocatori presenti, passati e futuri, viene prima anche della Curva Fiesole.

Perché la Fiorentina è di tutti, ed è una passione che ognuno vive a modo suo, senza imposizioni di alcun genere

E’ il nostro sogno di bambini, il fanciullino pascoliano che ci possiamo permettere di coltivare da grandi.

E se la Fiorentina segna e vince si esulta e si gode perché altrimenti questa passione non ha più senso di esistere.

Battere la Lazio, ecco cosa ci vorrebbe per rasserenare gli animi e arrivare meno sfiniti e nervosi alla fatidica data del 28 maggio, quando si volterà finalmente pagina.

Una prova piena di rabbia agonistica e di buon calcio, una prestazione stile secondo tempo a Genova, qualcosa che riconcili con il piacere di andare a vedere la Fiorentina.

Hai voglia a dare i dati ufficiali, che parlano sempre di 26/27 spettatori, la verità è che più di un quarto degli abbonati rinuncia al Franchi perché non ne può più dei contorsionismi verbali di Sousa, dei silenzi della società e della mollezza dei giocatori.

E il bello è che la classifica è meglio dell’aria che si respira in giro: una vittoria contro una delle squadra storicamente più antipatiche del campionato sarebbe come quando si rifanno i letti e nella stanza si aprono le finestre.

Dove non arriva il legislatore, a volte ci pensa la Cassazione.

Una sentenza rivoluziona l’idea di matrimonio e soprattutto di divorzio in Italia.

Fatto salvo il principio che i figli debbano essere salvaguardati in ogni sfaccettatura di quel doloroso percorso che è la separazione, perché si deve mantenere vita natural durante una persona con cui non si condivide più niente?

Ora non è più così, perché chi ha “capacità e possibilità effettive di lavoro personale” si dovrà dare da fare e non peserà più sull’ex coniuge.

Ed è stato  finalmente abolito il principio del tenore di vita precedente: si riparte da zero, come è giusto che sia, ognuno per conto proprio e secondo le proprie capacità personali di generare reddito.

D’altra parte la separazione ed il divorzio sciolgono ogni vincolo di fedeltà e di convivenza reciproca, è una libera scelta delle parti, o almeno di una che non ce la fa più e nessuno può essere obbligato a stare insieme, per questo è giusto il divorzio.

Ma non si capisce il perchè dovesse sopravvivere un legame economico, che poi nel corso degli anni si è ineluttabilmente trasformato nella migliore delle scuse per non lavorare e vivere quindi di rendita alle spalle dell’ex coniuge.

Ha ragione Massimo Sandrelli: se togli il sogno, che rimane del calcio ai tifosi?

Eppure non è passato neanche troppo tempo da quando eravamo immersi in pensieri libidinosi di alta classifica.

Possibile che che in un anno e mezzo si sia azzerato tutto e che mediaticamente ovunque ti giri vedi solo macerie?

Possibile.

E la colpa è di tutti.

Mi prendo anch’io le mie belle responsabilità perché mi sto accorgendo che forse solo ora ho completamente recuperato dal trauma del fallimento del 2002.

Non è che abbia esaltato le plusvalenze, ma insomma…quante volte mi sono detto che a quella cifra il determinato giocatore era meglio venderlo?

Che è come dire di essere soddisfatti se Cuadrado, Alonso o Jovetic vanno via purché il bilancio sia sano.

Poi però in campo vanno Tello, Milic e Zarate, che non è proprio la stessa cosa.

Ho percepito che da giugno cambieranno molte cose e sono curioso di vedere che cosa accade, perché, credetemi: la sostanza è molto meglio dell’apparenza, solo che con l’apparenza ci balocchiamo tutti i giorni ed è quella che manda avanti la nostra passione.

Siamo in piena confusione mentale, nonostante lo scudetto delle ragazze e un punto guadagnato sulle milanesi.

Giochiamo una partita dignitosa, baciata dal colpo di fortuna dell’infortunio di Badelj che ha rimesso dentro Bernardeschi, meritiamo il pareggio e potremmo pure respirare un po’, rilassarci.

E invece no, ci facciamo del male da soli con l’esultanza diciamo un po’ sopra le righe di Bernardeschi e con le dichiarazioni “dolorose” di ADV .

Premesso che l’universo viola è talmente frastagliato che ci vorrebbe Piero Angela con una puntata di Quark per illuminarlo, e forse non basterebbe, cosa avrebbero dovuto fare a Sassuolo i tifosi, molti dei quali magari avevano pure assistito allo scempio di Palermo?

Dare la medaglia a tutti, dal presidente ai giocatori, passando per il fantastico tecnico portoghese che avendo in rosa le controfigure di Messi e Ronaldo in Sicilia tiene giustamente Bernardeschi ad ammuffire per 90 minuti?

Per me i Della Valle hanno più meriti che colpe e rimangono la migliore soluzione possibile, ma devono capire, soprattutto Andrea, che non basta la passione ed aver speso (in passato) tanto per guidare una squadra così importante come la Fiorentina ed avere l’applauso di chi ti sta intorno.

Fa parte degli incerti del mestiere: se i risultati non arrivano, se giochi gare indegne della maglia che indossi, ti becchi i fischi e tutto il contorno, da digerire almeno quando non supera certi limiti e sfocia nella violenza fisica e verbale.

Ti becchi i fischi e il resto se non hai un chiaro progetto di comunicazione con la gente e procedi a strattoni.

E’ il calcio, bellezza.

E dopo quindici anni dovrebbe essere ormai chiaro a tutti.

Una decina di anni fa, quando ancora giocavo a calcio e mi divertivo tantissimo, organizzammo una partita tra giornalisti e la squadra femminile di Firenze che navigava nei bassifondi della serie A.

Cominciammo con una certa supponenza ed andammo immediatamente sotto di due gol, poi provammo a metterla sul piano fisico tanto, in certi momenti pure troppo, tanto da farmi rimproverare da Valentina e Camilla che seguivano la partita in panchina.

Niente da fare: non solo prendevano senza problemi le botte, ma le restituivano pure e con molto più mestiere.

Perdemmo inevitabilmente 7 a 3 e da quel giorno ho rivisto certi miei meccanismi mentali discretamente maschilisti che mi portavano a considerare il calcio femminile una sotto specie di sport: è un’altra cosa rispetto ai maschi, ma ha un suo indubitabile valore tecnico.

Oggi festeggiamo finalmente uno scudetto a Firenze, il primo dei Della Valle, che hanno avuto il merito di investire qualcosa come più o meno un milione di euro l’anno per qualcosa che certamente non regala visibilità.

Ma oggi la copertina è tutta loro, delle ragazze e di Fattori, e anche di Vergine e Mencucci e di tutti coloro che hanno spinto per arrivare una volta tanto primi

Non è facile arginare la furia dialettica di Pantaleo Corvino quando parla di Fiorentina, difendendo squadra, proprietà, giocatori e perfino Sousa, molto poco amato, ma pur sempre il suo allenatore.

Nella lunga intervista di ieri mi ha ripetuto non so quante volte che la stagione non è  stata fallimentare e ha ragione: abbiamo visto ben di peggio e in termini numerici, cioè di punti in classifica, siamo quasi in linea con le stagioni di Montella molto più celebrato.

Ma il non fallimentare non vuol dire buono e questo Corvino lo sa benissimo, così come sa che alla fine è stato un errore fidarsi dei titolari che avevano portato la Fiorentina in testa alla classifica nel girone di andata del campionato scorso.

Direi che grigia, con sfumature di rosa (Juve, Roma, Inter) e nero (Palermo, Empoli, Crotone al Franchi) sia la definizione più corretta, ma questo Pantaleo non lo certificherà mai.

E se arriviamo sotto il sesto posto, il voto è 5, senza se e senza ma.

 

Magari potesse giocare ancora!

Il fatto è che in società ora ci sarebbe l’unico essere umano al mondo capace di unire i fiorentini, esercizio peraltro impossibile per tutti, come dimostrato da Dante in poi, però lo tengono in naftalina.

Scusate cari plenipotenziari viola, non è che ci voglia un plurilaureato in marketing e comunicazione per capirlo: i tifosi (attenzione, tifosi e non clienti) dopo un disastro come quello di Palermo e a stagione ormai finita avrebbero bisogno di capire cosa sta succedendo e cosa succederà.

E allora vi riunite, magari in call conference con le Marche, passate ore ed ore a pensare a quale potrebbe essere la strada da seguire e poi mandate Salica, altro gran personaggio tenuto misteriosamente nello sgabuzzino mediatico, e Antognoni a comunicare urbi et orbi i primi prossimi passi.

I primi eh, non tutto il vostro piano d’azione, ammesso che ce ne sia uno, ma credo che Corvino ci stia lavorando.

E se vi sembra che una cosa del genere crei qualche confusione sui ruoli, mandate Salica e soprattutto Antognoni, che a Palermo c’era, però in silenzio, ad affiancare Andrea Della Valle o Cognini in conferenza stampa urbi et orbi.

Ma muovetevi, “dite finalmente qualcosa di viola”

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