Perché nel calcio è permesso (quasi) tutto?

Quanti falsi stupori nel leggere e ascoltare il sistema criminale che accompagna da anni le squadre di Milano e quanto facile moralismo nel giudicare situazioni che infestano tutto il calcio italiano.

Firenze ovviamente non è esclusa:  anche dalle nostre parti si intimidisce e qui mi fermo in assenza di prove certe, ma non sarei certo sorpreso se venissero fuori tentativi simili ai fatti milanesi.

Fino a una quindicina di anni fa a Firenze c’era l’assenza totale della politica in curva, poi le maglie si sono allargate e qualcuno ci ha provato ad instillare odi razziali, concetti suprematisti e altre schifezze del genere, mi pare con esiti scarsi, anche se non ci facciamo mancare niente, dai buu ai giocatori di colore all’appellativo di zingari fino alla vergogna del coro dell’Heysel

Il problema è generale, perché è come se il sistema Italia avesse deciso da decenni che il calcio, quarta industria nazionale del Paese, sia una sorta di terra di nessuno, dove tutto, o quasi tutto, è permesso

Allo stadio si può offendere, si possono alzare striscioni infamanti contro chiunque, si può serenamente fare a cazzotti e magari darsi pure un paio di coltellate

Certo, se si esagera e ci scappa il morto allora ci indigniamo tutti e chiediamo misure severe, severissime

Fino alla partita successiva, quando si urlerà “devi morire” al giocatore avversario steso a terra per infortunio