Settembre 2017


Non conosco i pensieri di Andrea Della Valle, ma mi permetto di dargli un consiglio non richiesto: torni al Franchi sabato pomeriggio e se ne freghi se arriva qualche coro ostile.

Non credo che avverrà perché anche la parte più oltranzista del tifo si è data la missione di sostenere la squadra sempre e comunque, però anche se accadesse, non mi pare qualcosa di particolarmente importante: piacere e andare d’accordo con tutti non si può e la libertà di pensiero è il nostro bene più prezioso.

La Fiorentina è dei tifosi affettivamente, ma appartiene molto più prosaicamente alla famiglia Della Valle, che dovrebbe averne cura come la più particolare tra le loro proprietà perché una squadra di calcio è un qualcosa che vive di emozioni e non solo di bilanci.

E nelle emozioni, si ama, a volte ci si perde, ci si arrabbia e si va oltre.

Ma quasi quattro mesi dopo Sassuolo (a Reggio Emilia) il tempo della rabbia dovrebbe essere finito e quindi sarebbe il caso di tornare a seguire tutto in prima persona.

…per essere vero.

E’ sbocciata la viola, come titolava romanticamente un giornale sportivo nelle favolose settimane del secondo scudetto?

Ovviamente nessuno lo può dire e comunque, dato per scontato che il Verona era imbarazzante, rimane il gioco espresso nel primo tempo e tre punti che fanno un gran comodo.

Thereau non è un campione, Benassi difficilmente andrà in Nazionale e Simeone (purtroppo) non è Batistuta, ma con il buon senso, un’unità di intenti e nessun mal di pancia da spogliatoio e da panchina qualcosa di buono si può fare, è nelle nostre possibilità.

Se poi sabato torna allo stadio Andrea Della Valle, che mi raccontano ormai decongestionato dai veleni della passata stagione, aggiungiamo un altro mattone per la ripartenza e per prenderci qualche soddisfazione

Chi indossa una divisa ha dei precisi doveri da cui discende la nostra fiducia nelle forze dell’ordine, che nel mio caso è molto alta.

Comunque siano andate le cose nella nauseante vicenda fiorentina dei carabinieri e delle studentesse, i due saranno giustamente allontanati dall’Arma.

Allontanati e licenziati: avranno modo di ripensare a cosa vuol dire indossare una divisa così prestigiosa.

E però… io non ho alcuna certezza su come siano andate le cose, perché la versione per cui “non abbiamo urlato per paura delle pistole” non mi convince in alcun modo.

Il tema è spinoso e riguarda il confine tra il consenso e il rifiuto di una donna non presente a se stessa davanti alla proposta di un rapporto sessuale.

Non ci sono certezze sull’argomento o almeno io non ne ho e non credo che le abbia nessuno, per questo il giudizio di un tribunale è quanto di più difficile e aleatorio ci possa essere.

 

Incrocio un paio di vecchie conoscenze viola e mi confermano quello che sento dire da luglio ad oggi e cioè che il clima nello spogliatotio è ottimo, non ci sono mal di pancia e il lavoro di Pioli in questo senso sta andando verso la direzione giusta.

Una squadra di bravi ragazzi, ma più  scarsa tecnicamente della scorsa stagione  e con zero punti in classifica non è certo il massimo della vita, ma almeno non ci sono con i veleni della passata stagione, causati soprattutto dall’allenatore.

Alla fine comunque anche questo conta qualcosa, così come conta l’appoggio incondizionato che il popolo viola ha deciso di dare a chi veste quella maglia, lasciando perdere i contrasti con la proprietà.

 

Tutti i fiorentini tra i quaranta e i sessanta anni gli devono qualcosa, e non solo a lui.

Quando ho saputo della morte di Gastone Moschin, mi sono messo a fare un’ideale classifica tra chi fosse il più citato tra gli “amici” che hanno segnato la nostra epoca di ragazzi molto veloci di favella e alla fine piuttosto bischeri: non c’è un vincitore.

Il Melandri è comunque quello con cui ho sentito la maggiore identificazione, preso com’ero in giovane età da certe passioni che parevano inestinguibili e che poi invece si esaurivano per consunzione naturale o per sopravvenuti arrivi.

Due scene memorabili: quando chiede al fantastico professor Sassaroli il permesso di portargli via la moglie e quello non solo gliela cede volentieri (“ho sofferto, ho sofferto come un cane per tre quarti d’ora…”), ma gli ammolla pure l’antipaticissima figliolanza, il cane enorme e la governante tedesca

E poi quando viene colto da sospetto afflato religioso per arrivare a meta con la nuova passione e si avvia portando la croce al Calvario, frustato senza pietà dagli amici.

Era l’ultimo di quegli eroi cinematografici, per me assolutamente inimitabili.

 

Il calcio italiano è questo, hai voglia a dare la maglia numero 10 a Insigne…

Siamo parecchio autoreferenziali, ci diciamo tra noi quanto siamo bravi, pensiamo ai 100 milioni di Belotti, ai 40 di Bernardeschi e poi veniamo umiliati da una Spagna poco più che normale

Una bella botta per tutti, ma il talento purtroppo non si allena, o li hai o non lo hai e nella seconda ipotesi ti devi arrangiare, magari  con molta meno presunzione

Avere Robert Redford (e Jane Fonda) a venti metri di distanza  è un po’ come vedere giocare Federer dal vivo a Wimbledon.

Non è importante nella vita essere ricco, ma potersi permettere delle soddisfazioni, quello sì, e in questo senso sono davvero fortunato.

Mostra del Cinema di Venezia, più o meno il meccanismo mentale è quello del calcio, con il divismo che serpeggia, la voglia di esserci, la gente che si accalca per un autografo o una foto sul red carpet.

Certo, in curva o fuori dagli stadi non ci sono le signore o signorine botulimizzate o al naturale, in lungo o in corto o i maschi in smoking…

Oggi, per la gioia di Cristina, arriva Clooney, ma nel pomeriggio dovrebbe apparire pure Isabella Ferrari: quasi quasi la invito in studio nel Pentasport!

Certamente il più triste mercato dell’era Della Valle, com’era prevedibile e comunque fa male lo stesso perché il calcio deve dare emozioni e anche far sognare.

Qui invece non si sogna più e ci si emoziona pochissimo.

La differenza tra entrate e uscite è molto più alta di quanto avrei immaginato, ma non è così elevata da far pensare ad una svendita per poi liquidare la società.

Resta il fatto che siamo passati dall’auto-finanziamento al ridimensionamento e ora l’unica strada possibile, in attesa del principe azzurro, è l’unione di intenti, qualcosa che vada al di là della emplice retorica da stadio.

Ovvero: proviamo a tenerla su in tutti i modi la Fiorentina, tifando splendidamente come è accaduto domenica scorsa e poi rimettiamoci a Pioli perché faccia di un pacchetto di figurine così e così una squadra di calcio degna del nome di Firenze.

Questo è ciò che passa di questi tempi il convento e, credetemi, mi pare che in giro non ci sia di meglio

Se poi mi sbaglio e arroiva davvero il fondo americano o l’emiro (dei ricchi di casa nostra neanche a parlarne) sarò il primo ad esserne felice.

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