Pensavo e temevo che fossero nove giorni più pesanti sotto vari punti di vista, i quattro gol di Roma sono stati pesanti, ma l’ambiente ha reagito bene.
E’ banale ricordare come domani non sia possibile altro risultato che la vittoria, però non c’è il nervosismo che a volte in questa città si è respirato.
Magari gioca Zarate, che non ha mai convinto quando è dovuto partire dall’inizio, a me piacerebbe più Ilicic mentre mi chiedo in quali condizioni di forma sia Babacar per non essere neanche messo nella rosa delle possibili alternative in attacco.
Farà un effetto strano rivedere Pazzini e Toni in coppia con un’altra maglia, nove anni dopo l’esperimento di Firenze che fu molto positivo anche se Luca-gol giocava col freno a mano tirato per via di un infortunio.
All’andata ci fu in pratica l’ultimo acuto viola di Pepito (l’assist a Kalinic) e fa un po’ tristezza pensarlo oggi a faticare nel Levante, ancora alla ricerca del guizzo meraviglioso dei bei tempi, io comunque un occhio a quello che accade in Spagna lo do sempre.
Marzo 2016
Ben gestita
La lezione di Spalletti
Grande prestazione di Spalletti a Madrid nel dopo partita: secondo me ha perfettamente ragione a non crogiolarsi nei complimenti dopo aver preso quattro pere dal Real.
Una mentalità vincente si costruisce così, non ci si accontenta mai, leggi (purtroppo) alla voce Juventus.
E’ la stessa cosa che ho pensato dopo il pareggio col Napoli, perché se è vero che il risultato non può condizionare il giudizio è altrettanto certo che un punto al Franchi non è mai troppo positivo, a meno che la Fiorentina non abbia dominato per 90 minuti, cosa che non avvenne contro Higuain e compagni.
E così è anche nella vita, spesso si impara di più da un fallimento che da un trionfo, quando invece si perde a volte il senso della misura.
Tutta questa esaltazione della stagione in corso perché siamo stati primi a me non piace per niente perché le pecore, come i punti, si contano a maggio e se non sono abbastanza per la Champions o il terzo posto a me non viene proprio voglia di battere le mani.
Dedicata a tutti
“E poi fate l’amore.
Niente sesso, solo amore.
E con questo intendo i baci lenti sulla bocca, sul collo, sulla pancia, sulla schiena, i morsi sulle labbra, le mani intrecciate, e occhi dentro occhi.
Intendo abbracci talmente stretti da diventare una cosa sola, corpi incastrati e anime in collisione, carezze sui graffi, vestiti tolti insieme alle paure, baci sulle debolezze, sui segni di una vita che fino a quel momento era stata un po’ sbagliata.
Intendo dita sui corpi, creare costellazioni, inalare profumi, cuori che battono insieme, respiri che viaggiano allo stesso ritmo, e poi sorrisi, sinceri dopo un po’ che non lo erano più.
Ecco, fate l’amore e non vergognateve, perché l’amore è arte, e voi i capolavori.”
Alda Merini
Con un giorno di anticipo
Il giorno in cui non ci sarà più la festa della donna sarà un bel giorno.
Dubito che riuscirò a viverlo, mi auguro che lo possano fare le mie figlie, ma anche su questo ho parecchie perplessità.
Festeggiare le donne l’8 marzo vuol dire in qualche modo marcare la differenza che esiste (e purtroppo esiste) nei restanti 364 giorni.
Fino a poco tempo fa portavo anch’io le mimose, lo consideravo un atto a metà tra il galante (a me piace esserlo) e l’attestazione di come quelle fossero 24 ore a loro completamente dedicate, poi finalmente ho maturato un’idea precisa: non esiste nessuna festa, ma piuttosto un dialogo comune, un cercare di capirsi con le nostre differenze strutturali di maschi e femmine.
E così, con un giorno di anticipo e dopo averlo fatto per anni anche su questo blog, non auguro niente e considererò l’otto marzo come un giorno qualsiasi, con una sola eccezione, che scoprirete domani sera in televisione a “Viola d’amore”.
Senza scusanti
Ci hanno parecchio penalizzato, però non c’eravamo, inutile girarci troppo intorno.
Il fuorigioco, il possibile rigore per il fallo di mano di Florenzi, i due giorni in meno per preparare la partita, e va bene, ma avrebbero vinto lo stesso.
Perché ieri, e forse non solo ieri, erano più forti, specialmente a centrocampo, dove Keita e Pjanic ci hanno fatto a pezzi.
E adesso?
Adesso torniamo alla normalità, puntiamo al terzo posto con una squadra che vale meno di quella dell’anno scorso, altrimenti non si spiegherebbe la riduzione del monte ingaggi: se li paghi meno vuol dire che valgono meno.
Alcuni sono proprio stanchi, come Bernardeschi e Astori, altri non si è capito il perché siano stati presi a gennaio (Tino Costa) e poi c’è questa storia del difensore che ha quasi dell’incredibile.
Al netto di queste considerazioni, vediamo come reagisce l’ambiente a questa scoppola perché spesso siamo dei maestri a farci del male da soli.
La Fatina dei dentini e Babbo Natale
Lo so che domani c’è la Roma, ma ci sono momenti nella vita in cui sei chiamato a prendere decisioni importanti, lo devi fare in due minuti e da solo.
Accade questo: Cosimo viene da me e mi racconta di come un mese fa abbia perso un dentino e non sia successo niente, cioè non sia arrivato nessun soldo sul suo comodino.
Incautamente gli rispondo che avrebbe potuto dirmelo e qui scoppia un piccolo dramma perché capisce che non è mai stata la Fatina a portargli la moneta, ma un genitore.
Il passaggio successivo è ancora più difficile: “ma allora non esiste Babbo Natale e neanche la Befana” e giù pianti disperati.
Peggio che raccontare che la Fiorentina non vincerà mai lo scudetto.
I centoventi secondi di dubbio esistenziale cominciano da quel momento.
Che fai?
Neghi spudoratamente, ti arrampichi sugli specchi e provi a farfugliare che ti eri sbagliato, che la Fatina esiste e quindi anche tutto il resto?
Affronti la vicenda da padre illuminato quale hai sempre pensato di essere (bum!) e poni il novenne di fronte alla dura realtà della vita?
Opto per la seconda che ho scritto chiedendomi a che età le sue sorelle abbiano smesso di credere a Babbo Natale (e chi se lo ricorda?) e inizio ad inerpicarmi sul tortuoso sentiero della verità.
Ad essere sincero avrei voluto chiedere un time-out per chiamare qualche genitore di compagni di classe e sapere chi ancora ci credeva e chi no, ma non era possibile e così, dopo un’ora veramente difficile tra singhiozzi e rifiuti di ogni regalo presente e futuro, in qualche modo ne sono uscito vivo.
Ma se poi la Fatina dei dentini esistesse davvero?
Più tranquilli
A me pare che ci sia molta più tranquillità rispetto alla settimana scorsa.
Eppure ne abbiamo presi tre a Londra, eppure non abbiamo vinto col Napoli, e pareggiare in casa non è mai un gran risultato, ma sento a pelle che qualcosa è cambiato e forse la presenza di Andrea Della Valle alle due partite non è estranea a questo cambiamento.
C’entra anche il doppio impegno ravvicinato, appena quattro giorni tra due gare così importanti, giusto il tempo di staccare dal dopo-partita, ma insomma è un’altra situazione.
Peccato per Zarate, ma ci contavo il giusto, di solito in queste cose conta il referto arbitrale e poi si va col pilota automatico.
La prossima settimana non abbiamo purtroppo impegni: potrebbe essere l’occasione giusta per aprire le porte del centro sportivo ai tifosi.
Una grande partita
Per oltre un’ora avremmo meritato di vincere, poi abbiam rischiato qualcosa e dobbiamo ringraziare Tatarusanu, che da un po’ sta andando alla grande.
Ma abbiamo giocato da Fiorentina, rischiando il contropiede e senza snaturare niente, questo è da grande squadra, almeno nella testa.
Tre episodi ci hanno condizionato in negativo, le due traverse e l’incredibile errore di Alonso, e stavolta mi appello anch’io alla sfortuna, una ciambella di salvataggio che mi piace davvero poco utilizzare.
Se il Napoli è questo, non vedo perché non si possa fare un pensierino al secondo posto, specialmente ora che Kalinic è (quasi) tornato quello di prima e che Tello sembra un grande acquisto invernale.
Ci mancano ancora le grandi partite di Badelj e Vecino, che hanno cambiato la Fiorentina in autunno. se riparte il centrocampo, con la sua velocità di esecuzione, ce la giochiamo fino in fondo con la Roma.