Lo scrivo o non scrivo? Lo scrivo.
Oggi è il mio ultimo giorno a Radio Blu dopo quasi 13.000 giorni passati insieme, una vita.
Per una volta mi faccio da parte e lascio a voi lo spazio per ricordare se c’è stato qualcosa che merita di restare nei vostri ricordi e che volete condividere con me.
Vi leggerò con grande piacere ed emozione.
Giugno 2015
Ultimo giorno
E’ un attimo
Riepilogando: ci si affanna, si soffre, si inganna il prossimo, si vive spesso inseguendo idiozie e chimere, e poi?
Stamani sono particolarmente introspettivo perché una mezz’ora fa mi hanno tamponato da dietro con la moto: nessun danno fisico, qualche problema meccanico, la sensazione non proprio straordinaria di stare per cascare per terra mentre riuscivo per fortuna, nonostante i quasi 55 anni, a reggere lo scooter.
E’ andata bene, ma se non fosse stato così?
Se improvvisamente la nostra vita venisse spezzata o solo interrotta gravemente da un banale incidente alle 6 di mattina sulla via Chiantigiana?
Dobbiamo arrivarci per esperienza diretta, oppure forse riusciamo a capire, pensandoci cinque minuti al giorno, che bisogna cominciare a liberarci da tutte le nostre seghe mentali (scusate il linguaggio, non da Accademia della Crusca, ma rende l’idea)?
Vi abbonate o no?
Piccolo sondaggio tra noi cinquemila visitatori di questa casa aperta a tutte le persone che vogliono dialogare con rispetto reciproco.
Vi abbonate per la prossima stagione oppure lasciate perdere?
Perché si e perchè no.
Attenzione, non si vince niente, solo il piacere di raccontarci un po’ di cose viola.
Videogiochi
Ci vorrebbe un genio che inventasse il manuale del perfetto genitore.
Oddio, mi sono allargato: basterebbe quello del genitore che fa meno danni possibile e già il genio diventerebbe milionario con i diritti d’autore.
Per esempio: qual è il tempo giusto per stare agli “elettronici”, come chiamo con Cosimo l’intera famiglia di aggeggi che comprendono, tablet, youtube e, soprattutto, i famigerati (per me) videogiochi?
Due ore?
Diciotto?
Dieci minuti?
E chi lo sa?
Si legge di tutto, dallo sviluppo di determinate facoltà mentali, all’abbrutimento che potrebbe trasformare il pupo in un futuro e potenziale tifoso della Juve.
E allora si vive tutto questo con un ondivago senso di colpa, cercando di imporre regole da fabbrica inglese dell’ottocento: per ogni ora di videogioco, un’ora di lettura.
Il rischio naturalmente è quello di essere denunciato al Telefono Azzurro, di cui Cosimo ancora per fortuna non conosce il numero.
L’alternativa è arrendersi ed essere fatti prigionieri dalla PS4, PS5, PSspeciale, Xbox, e come cavolo si chiamano tutte le varie piattaforme diventando anche noi Supermario, ma quello vero, non quello che gioca nella Fiorentina.
Scommessa da vivere con passione
E allora scommettiamo tutti insieme a Paulo Sousa.
Presentazione sobria, senza svolazzi alla Mihajlovic, direi poco muscolare, ma senza tentennamenti nella consapevolezza di iniziare un’avventura difficile ed intrigante.
Adesso potremmo tornare a fare quello che più ci piace: pensare alla Fiorentina in termini positivi, sognando il calcio che vorremmo vedere e la classifica che magari non ci sarà mai, ma che è bello immaginare d’estate.
Si apre un mondo nuovo in termini di scelte tecniche, sarà interessante seguire gli allenamenti perché c’è sempre da imparare.
A proposito: non sarebbe male se Sousa non considerasse più le sedute al Centro Sportivo una specie di bunker in cui studiare come risolvere i destini del mondo e quindi inaccessibile ai profani.
Se una volta alla settimana la Fiorentina si aprisse alla sua gente, sarebbe un gran bel passo avanti
Cinque anni
Quanto mi manca Manuela, quanto avrei voluto vederla sentirla in questo ultimo anno, farmi consigliare, ascoltare le sue parole mai banali.
E quanto corre in fretta il tempo: sono già passati cinque anni da quando è “dovuta partire” e uso questa espressione, partire, perché se fosse dipeso da lei non se ne sarebbe mai andata.
Attaccata alla vita, combattente fino a quando le forze l’hanno sorretta, capace di dolcezze che chi l’ha conosciuta solo come polemista calcistica nemmeno riesce ad immaginare.
A volte mi sorprendo a pensare dentro di me, e nell’ultimo anno più che mai: cosa avrebbe detto Manuela?
Sarebbe d’accordo con quello che sto facendo o no?
Questa è l’eredità più bella che una persona può lasciare alle persone a cui ha voluto bene, altro che soldi, case o gioielli.
“Voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi”.
Siamo incorreggibili
Sto parlando di noi fiorentini, i più ganzi di tutti perchè abitiamo nella città più bella del mondo, perchè qui è nata la civiltà, perchè meglio che da noi non esiste, perchè sì.
E quindi perchè qualcuno, mettiamo un nome a casa, Salah, dovrebbe avere il minimo dubbio a rimanere qui?
Come può pensare di guadagnare di più o giocare in Champions abbandonandomil paradiso terrestre?
E i Della Valle: non gli facciamo forse un favore a permettere loro di spendere una decina di milioni a stagione per ripianare il disavanzo?
Che ne paghino almeno cinquanta, se proprio ambiscono ad essere accettati da noi, per ora li sopportiamo e ringrazino il cielo che non li prendiamo a calci nel fondo schiena.
Se non siamo cambiati da Dante in giù, mi sa che sarà difficile farlo con Mario Gomez e Babacar.
Emozionarsi
Per cosa riuscite ancora ad emozionarvi?
Non parlo solo ai coetanei, ma anche a chi è più giovane, pregando di fare molta attenzione a questa parola: ancora.
Ormai siamo rotti a tutto, sappiamo ogni cosa, abbiamo provato mille esperienze cogliendo pochissimo di quello che di bello la vita ci offre ed il risultato è che ci sfuggono le tante occasioni per provare un brivido.
La distinzione tra noi maschietti e l’altra metà (migliore) del cielo è per fortuna oggi molto meno netta di quando da ragazzo cominciavo come tutti ad emozionarmi e vigeva la regola non scritta ma quanto mai immanente secondo cui l’uomo non piange.
Non è un caso che una delle pubblicità più penetranti di quei tempi fosse quella “dell’uomo che non deve chiedere mai”, nel senso che tutto gli era dovuto, pare per diritto divino.
No che lo dicessero apertamente, quello no, ma lo pensavano tutti.
Quarant’anni dopo si potrebbe usare la stessa formula, ma con un significato “leggermente” diverso: l’uomo non deve chiedere mai perché nessuno, ma proprio nessuno, lo sta a sentire…
Soprattutto (e giustamente) se lui non si mette sullo stesso livello della sua compagna.
E comunque da un bel po’ di anni ci siamo concessi anche noi uomini questo lusso: possiamo piangere ed emozionarci liberamente, qualcosa che pare non dispiaccia neanche troppo a chi dobbiamo piacere, anzi.
Se ce lo avessero detto prima, ci trattenevamo meno e vivevamo meglio.
Nemmeno con Mourinho…
Mi auguro che Paulo Sousa diventi un tecnico che entrerà nella storia viola, ma certamente un’attesa del genere a Firenze non si era mai vista.
Mi ricorda una vecchia battuta di Gaber a proposito della rivoluzione: oggi no, domani forse, ma dopodomani certamente.
Più o meno sono dieci giorni che si va avanti così e non si riesce a capire bene dove sia il baco: i soldi da dare al Basilea?
Una convinzione ancora non maturata completamente da parte della dirigenza viola?
Un possibile arrivo di marziani che potrebbero occupare la sala stampa del Franchi nel giorno della presentazione?
In queste ore mi manca tantissimo Mario Ciuffi: che avrebbe detto il grande Marione davanti a questi continui rimandi.
Un’idea ce l’ho: “vecci, vecci, vecci”.
Nella nostra bolla dorata
Esco, prendo la moto, comincio la mia giornata: tranquillo.
Il massimo che mi potrà succedere sarà un contrattempo sul lavoro, un problema da affrontare con i figli, una mia distrazione a cui dovrò porre rimedio perdendo un po’ di tempo.
Previsioni per il futuro?
Più o meno sulla stessa linea, con alti e bassi, come tutti.
E se questo normale ordine delle cose venisse rovesciato dall’incontrollabile rabbia di quelli che una moto l’hanno vista solo in televisione (che non hanno), che mangerebbero una settimana con quello che ho nel frigo a cui ogni tanto do un’occhiata distratta?
Se la massa sempre più imponente di poveracci che abbiamo “domiciliato” nelle stazioni ferroviarie e nei centri di accoglienza decidesse che si è rotta le scatole di aspettare che arrivi il proprio turno per stare bene?
Non ho soluzioni, ma cominciare a pensarci non fa male.