Proviamoci per un attimo a metterci nella testa e nella sensibilità dei Della Valle, che tengono più di ogni altra cosa alla propria immagine e alla propria onorabilità.
Fino al 3 agosto 2002 non gliene è mai importato nulla della Fiorentina, entrano nel calcio solo perché chiamati da un sindaco che fa promesse che nessuno potrà mantenere, si buttano a corpo morto nel pallone provano a cambiare le regole del mercato televisivo.
Cercano di valorizzare il proprio investimento e tengono ai viola perché cosa loro e non certo perché smossi da brividi interiori.
Vengono presi a pernacchie da chi è stato loro alleato da una settimana (i presidenti delle medio/piccole), altri (Moratti) tradiscono amicizie decennali in nome del dio denaro, la mafia del calcio comincia prima con gli avvertimenti e poi con le azioni dimostrative.
Loro sbandano, da principianti della materia, sono terrorizzati dall’ipotesi di retrocedere, noi tutti (che siamo più terrorizzati e incazzati di loro) chiediamo di fare qualcosa, la cosa più normale è rivolgersi al vice presidente federale fiorentino per vedere tutelati i propri interessi.
Loro vanno e sono ingenui, si prestano al gioco e si fidano di rassicurazioni folli puntualmente disattese dalla realtà (do you remember Lazio-Fiorentina?) e poi devono pure ringraziare di essere scampati al massacro.
Vengono passati nel tritacarne mediatico e giudiziario di processi calcistici e non e dopo sei anni sentono per la prima volta nella loro vita richieste di condanna penale nei loro confronti: uno sputtanamento planetario per imprenditori stimati in tutto il mondo, uomini che sono tra i mille più ricchi del pianeta.
Nel frattempo sono stati mandati a fanculo da un bel po’ di tifosi, hanno messo nella fornace del calcio più di 160 milioni di euro e poi ci siamo noi a fare da cani da guardia sempre più incazzati perché ci pare che tutto sia fermo (ed è fermo, purtroppo).
Senza contare che quando la Fiorentina vinceva era merito di Prandelli e quando perdeva la colpa era dei Della Valle (e/o di Corvino).
Ora, se io fossi Della Valle mi incavolerei di brutto e mi butterei a testa bassa per vincere sul campo e rifarmi delle ultime amarezze, ma c’è una discriminante fondamentale: mi lancerei nell’impresa solo perché fin dall’età della ragione, facciamo i 5/6 anni, amo visceralmente la Fiorentina.
Ma perché due come loro non dovrebbero tirare un sospiro di sollievo al pensiero di liberarsi di tutto questo se solo trovassero qualcuno che gli restituisse buona parte dei soldi spesi?
Il problema è che questo qualcuno non esiste e allora i Della Valle brothers dovranno trovare il giusto equilibrio tra l’amarezza e la nausea da calcio (specialmente Diego) e la necessità di condurre la società nel migliore dei modi.
E allora è ancora valido il titolo del post precdente: che battano il prima possibile un colpo e ci spieghino cosa vogliono fare, anche se l’entusiasmo di un tempo ce lo siamo giocato per sempre.
Maggio 2011
Vista dalla loro parte
Battete un colpo, per piacere
Non può passare un’altra settimana di silenzio assordante.
In molti siamo disposti a ripartire per ritrovare emozioni e passione, ma i Della Valle, e penso soprattutto ad Andrea, devono dare un segnale mediatico della propria presenza.
Non mi interessa come, l’importante è che lo facciano, rompendo questo muro gelatinoso dove rischiano di scivolare le speranze di una stagione diversa.
Si riparte con Mihajlovic? Bene, tiriamo fuori qualche concetto forte che vada al di là dell’idea falsa e sbagliata che ci siano solo tre tifosi a contestarlo.
Si rimandano al mittente le accuse di Montolivo e Donadel? Ditelo, battete il pugno, incazzatevi, ma non fate passare troppi giorni, perché qui si sta perdendo tempo.
Si cerca di ricucire lo strappo tra Cerci ed i tifosi (strappo molto profondo, credetemi)? Lavoriamo di ago e filo, ma scendete in campo voi, non lasciate che le patate bollenti le tolgano dall’acqua Mencucci e Corvino.
Aspettiamo fiduciosi.
Confronto imperdibile
Quando mi sollecitavano per fare una trasmissione sui e per i tifosi, rispondevo sempre che non l’avrei mai programmata se non avessi avuto Leonardo Vonci a curarla e condurla.
L’ho corteggiato radiofonicamente per più di un anno e avevo ragione: “Viola nel cuore” è andata oltre ogni più rosea aspettativa e ha sbaragliato concorrenza e ascolti, risultando il lunedì e il venerdì un appuntamento imperdibile.
Non avevo invece previsto, oltre alla bravura e alla simpatia di Sara Lupo, la crescita mediatica esponenziale di due personaggi carismatici del tifo viola: Marzio Brazzini e Pietro Vuturo (li ho messi in ordine di anzianità, per non fare torti a nessuno).
All’inizio l’idea del programma era diversa, ma poi Vonci si è accorto che sarebbe stato sciocco non sfruttare quelle autentiche pepite che aveva tra le mani (decide lui con Marzio e Pietro, “Viola nel cuore” è assolutamente indipendente dalla mia direzione giornalistica, non so mai cosa verrà detto, mi basta che non si oltrepassi il limite e che ci sia il ritmo giusto).
E così, con il declino viola degli ultimi due anni, sono nate due scuole di pensiero diverse, in netto contrasto tra loro.
Da una parte il moderato Marzio, dall’altra il viet-cong Pietro, ognuno con il proprio gran pubblico dietro le spalle.
Stasera i Marzi…ani e coloro che Ritornano dal Vu..turo si affronteranno nell’ultima puntata stagionale, con le due star presenti in studio a confrontarsi su tutto e tutti.
Due vecchi amici che amano come pochi la Fiorentina: ci sarà da divertirsi, si va avanti ad oltranza ed io ho disdetto ogni appuntamento dalle 20 in poi…
Siamo tutti catalani
Che spettacolo!
Ho sempre tifato per il Barcellona in tutte le partite che ha giocato, ma ieri è stato raggiunto il massimo che il calcio può offrire.
Sono andato a frugare tra i miei ricordi e mi sono venuti in mente solo il Milan che schiantò il Real Madrid e la Steaua Bucarest nel 1989, il Brasile che nel 1970 nel secondo tempo non ci fece vedere palla in Messico, certe partite dell’Ajax e poco altro ancora.
Ma questi sono più belli, hanno tutto, sembrano piovuti dal cielo per giocare insieme e suonare meravigliose sinfonie calcistiche.
Fanno sembrare tutto semplice e poi sono così fisicamente simili a noi, gente qualunque, uomini medi che potresti incontrare in ufficio o in vacanza, non superman alla Ibrahimovic o alla Cristiano Ronaldo.
Una serata fantastica, uno spot irripetibile per il calcio, che pareva davvero un altro sport rispetto alle miserie tecniche viste in questa stagione a Firenze, ma non solo a Firenze.
Si comincia bene
Uno si sforza, dà il massimo, promette a se stesso di mordersi la lingua e contare fino a dieci prima di arrabbiarsi come ha fatto nell’ultimo campionato.
Poi arriva a metà mattinata e legge queste dichiarazioni di quel genio di Alessio Cerci a Sprtweek: “Negli ultimi mesi sono arrivati i gol e le belle giocate. E anche i titoli sui giornali e i cori dei tifosi, gli stessi che m’insultavano con la mia ragazza quando m’incontravano per strada.
Non mi considero uno scemo, so cosa posso dare nel calcio, e per questo non dimentico quello che mi è stato detto.
So che i complimenti contano poco, e per questo tengo a distanza queste persone che per mesi mi hanno detto di tutto. Il mio rapporto non è un rapporto diretto, e non mi vedranno mai correre sotto la curva. Nemmeno per un gol. Perchè sono stato ferito, ferito dentro”.
Complimenti per il momento e per l’intelligenza: ma qualcuno glielo ha spiegato a questo gigante del pallone che i cori che lo accomunavano a Messi erano ironici?
Priorità Palombo
Sarei molto deluso se la Fiorentina non (ri)portasse a casa Angelo Palombo.
Ci sono tutti i presupposti perché l’affare possa andare in porto: voglia della Samp di venderlo, ingaggio alto, ma che può rientrare nei parametri viola (500mila euro netti in meno di quanto offerto a Montolivo), gradimento del giocatore, ammirazione della piazza fiorentina verso un uomo che non si è mai risparmiato e che si è sempre ricordato dove è nato calcisticamente (ricordo ancora che non esultò a Genova dopo un suo gol strepitoso).
Non vedo quindi controindicazioni, sarebbe un gran rinforzo per il centrocampo e servirebbe a sanare con orgoglio la ferita Montolivo.
Attendiamo fiduciosi l’annuncio.
Sfogarsi fa bene
Capisco che il mio sia un punto privilegiato, ma sfogarsi come stiamo facendo in questa settimana a Radio Blu fa bene, aiuta a smaltire i troppi veleni accumulati in questi mesi di niente autoreferenziale.
Tutto sta andando secondo le previsioni, nessun tono sopra le righe se si eccettua un intervento troppo pesante e allusivo su Corvino, che ho immediatamente censurato, e un altro odiosamente intriso di razzismo che ho censurato con colpevole (mio) ritardo.
Gratta gratta, si intuisce la voglia di tornare ad appassionarsi con e per la Fiorentina.
E poiché gli elementi che secondo diversi di voi sono di ostacolo alla passione rimarranno anche nella prossima stagione (Mihajlovic prima di tutto, poi Corvino e anche gli stessi Della Valle), il mio consiglio è andare oltre le persone e provare ad oggettivizzare la Fiorentina.
Amarla cioè sportivamente al di là degli uomini che la rappresentano, restando immutabile il diritto di critica, ma tutto con serenità e passione.
Io, che avrei cambiato Mihajlovic e che da almeno un paio di anni ho notevoli contrasti con Corvino, da sabato in poi farò così, concedendomi però prima il lusso di un altro paio di giorni di sfogo.
Andiamo oltre Montolivo
Non facciamo come la volpe e l’uva: Montolivo è un ottimo giocatore e la sua quasi certa partenza sarà un danno tecnico per la Fiorentina.
Ci sarà pure un motivo se in Nazionale gioca lui titolare e non Parolo e neanche Plaombo.
Detto questo, non possiamo certo avvelenarci il sangue se non ha voluto accettare 10 milioni in 5 anni e sarà senz’altro vero che abbiamo perso la spinta propulsiva di qualche stagione fa, ma proprio in disarmo non siamo, se avevano deciso di investire 20 milioni lordi per lo stipendio di un solo giocatore.
Il problema ancora una volta è di comunicazione, vedi per esempio alla voce CDA: non c’è una data precisa, dopo mille rimandi e l’impressione diffusa è che la Fiorentina sia l’ultimo dei loro pensieri.
Magari non sarà così, certamente non per Andrea, eppure questa sensazione latente ci irrita quasi come un mancato acquisto.
Possibile che i Della Valle brothers non ci pensino o che qualcuno di quelli che gravitano intorno al potere viola non provi a suggerirglielo?
La nostra scommessa
Dunque ho vinto io, il tanto decantato Genoa è arrivato dietro alla Fiorentina e quindi voi che siete uomini e donne di parola adesso dovete pagare pegno (perché i debiti di gioco vanno sempre onorati) e fare le donazioni alla Fondazione Borgonovo.
Questi gli estremi: BONIFICO BANCARIO
Intestato a Fondazione Stefano Borgonovo Onlus
IBAN: IT 53 M 08329 51610 000000202000
BCC ALTA BRIANZA – FILIALE DI OGGIONO
Ma, come avevo già detto in radio, voglio anch’io contribuire e quindi pago lo stesso le (abbondanti) colazioni messe in palio sabato prossimo, il 28 maggio, alle ore 10.
Ci troviamo alla Pasticceria Villani, in Piazza Antonelli (è vicino allo stadio, per chi viene da fuori Firenze) e sarà anche un modo per conoscerci di persona.
Condizione indispensabile: venite con la copia del versamento fatto alla Fondazione, altrimenti niente colazione.
Tristissimo finale
Due squallidi pareggi contro le squadre meno motivate della serie A sono la giusta conclusione di una delle più tristi stagioni che io ricordi nel mio trentennale vagabondare dietro alla Fiorentina.
Alla fine è stata peggio di quella di Bersellini, perché almeno nel 1987, pur nel dispiacere dell’addio di Antognoni, avevamo Baggio a cui aggrapparci, e ancora Berti, Carobbi e Onorati che potevano esplodere e poi, soprattutto, avevamo preso atto della pochezza espressa e avevamo cambiato decisamente rotta facendo arrivare Eriksson.
Qui invece la situazione è la seguente: Corvino, che continuerà a magnificare il campionato perché “non abbiamo fatto la fine della Sampdoria”, deve prima vendere e poi comprare (si spera bene), il discorso del presidente è rimandato a giugno, Mihajlovic ha contro almeno la metà dei tifosi ma è straconfermato e la gente si è discretamente rotta le scatole dell’autoreferenzialità viola e dello scarso appeal dell’ambiente.
Chiudere con due vittorie avrebbe significato portare un po’ di ossigeno e invece, salvo rare eccezioni, molti dei protagonisti (non Mihajlovic, che ci ha provato in tutti i modi) sono stati indecorosi anche nelle recite finale, altro che “stagione dignitosa”.
Non sono neanche andati a salutare gli ottanta poveracci arrivati fino a Brescia buttando loro le maglie: una mancanza di rispetto che non trova alcuna giustificazione.
Io sono molto arrabbiato e la settimana di sfogo su Radio Blu che parte oggi servirà anche a me per (spero) pacificarmi un po’ perché vi assicuro che in radiocronaca ci metto sempre il cuore, mentre a volte ho avuto l’impressione che in campo non vedessero l’ora che finisse tutto alla svelta.
Domani vi dico tutto per la nostra scommessa che ho vinto per un pelo.