Dicembre 2010


Ci pensavo ieri nel tragitto di sei ore Novoli-Grassina, quando mi capitava di incrociare qualcuno che mi riconosceva e parlava di Fiorentina: tutte facce sorridenti, con quel po’ di ironia dissacratoria fiorentina che non guasta e a cui non rinuncio mai (ultimo esempio personale: ho rivisto Mencucci a Parma e sapendo quanto qualcuno fosse arrabbiato, a torto, per una certa intervista gli ho chiesto se per caso non fosse venuto con lui anche il padre di Masi…).
Ma perché allora, mi sono detto, questo mondo del calcio radiofonico e internettiano che frequento da così tanti anni si è così incattivito negli ultimi tempi?
Ho appena ascoltato a Radio Blu un intervento avvelenato contro i giornalisti di Lorenzo, che chiamava dalla Tahilandia: era inviperito al limite della rabbia con chi criticava Corvino per l’acquisto di Boruc e faceva tutto questo con una voglia di rissa sinceramente sorprendente.
Ho una mia spiegazione, che temo però sia un po’ di retroguardia: troppi soldi, troppa permalosità, troppa gente che non avendo di meglio da fare si occupa o tenta di occuparsi di calcio (ovvero ci campa: mi ci metto anch’io, con la robusta attenuante che rischio sempre in proprio perché mi occupo di tutto e non c’è nessuno a pagarmi, ma funziono solo se quello che faccio ha successo), nessun rispetto per i ruoli e per la professionalità delle persone.
Accade così che chi non critica abbastanza è un servo della società, e chi critica secondo alcuni troppo può essere sbertucciato dal primo tifoso che si mette davanti ad un computer o prende la linea.
Una democrazia pallonara, che potrebbe perfino essere giusta, se non producesse sempre vendette e controvendette: per parecchi ormai si è contro o a favore a prescindere.
Mi sono divertito in questo senso a vedere come gli utenti di questo blog giudichino il mio rapporto con Corvino, che è identico a quello che avevo nel 2005, quando è arrivato a Firenze: ne ho parlato a volte benissimo e a volte piuttosto male, a seconda delle circostanze.
Ebbene, in tanti sono convinti che io abbia un fatto personale contro di lui e altrettanti ritengono invece che io sia quasi un suo sodale o che lo tema.
Visto che tra una settimana è Natale, la mia personale letterina comprende un solo desiderio: una maggiore serenità di giudizio, abbinata ad una tolleranza verso il prossimo, che sarebbe poi la pietra angolare per un miglioramento della civile coesistenza in questo bellissimo e disastrato Paese.

Due buone notizie: una certa e l’altra probabile.
Prendiamo tre giocatori e tra quattro mesi Andrea torna a fare il presidente.
I ruoli scoperti sono l’attaccante di riserva di Gilardino (che resta), il terzino sinistro e un centrocampista, più o meno gli stessi di questa estate e dunque abbiamo perso sei mesi e forse molti punti in classifica.
I Della Valle si accollano un altro sacrificio economico e questo aspetto va sottolineato perché esiste un po’ in tutti noi l’idea che siccome sono i proprietari della Fiorentina tutto ci sia dovuto, tanto i soldi sono i loro.
Invece no: sarà una mia deformazione professionale, perché da quasi 32 anni gestisco una radio come se fosse mia pur non essendone il proprietario, ma credo che non si possa dare tutto per scontato, che buttare via i soldi non piace a nessuno, forse ancora meno a chi ne ha tanti (e forse è riuscito ad accumularli proprio perché non li ha mai buttati via).
Certo, ora Corvino, implacabilmente auto-referenziale anche ieri sera alla festa viola, non deve sbagliare un colpo, ma le statistiche parlano a suo favore e per questo abbiamo fiducia.
Lo dico sinceramente e senza alcuna ironia.

Oggi pomeriggio, una volta fatti gli auguri di rito, i fratelli Della Valle dovrebbero resettare la Fiorentina.
Il verbo è orribile, me ne rendo conto, ma serve a spiegare meglio il concetto e si deve cominciare chiedendo scusa ai tifosi scusa per l’orribile 2010.
In primis lo dovrebbe fare Corvino, assoluto protagonista per tutto questo desolante anno solare, e autore in piena autonomia di tutte le scelte tecniche, a cominciare dall’allenatore.
Poi si comincia a pensare alla ricostruzione partendo da due dati confortanti: la passione c’è sempre, anche se sotterrata da mille permali e mille polemiche, e la presenza dei Della Valle, che sono il meglio sul piano della solidità economica (e, mi fido di Cognigni, hanno ancora voglia di buttare dentro la fornace del calcio qualche milione di euro).
Non è poco, ma non è abbastanza, perché bisogna togliere di mezzo l’autoreferenzialità, quella melassa di autoincensamento che da anni sta pericolosamente attaccata ad ogni dichiarazione viola e che sta venendo a noia anche ai tifosi più pazienti.
Basta, e lo sto dicendo da mesi, con lo sbandierare i bei risultati dei primi anni (prima o poi mi aspetto un’intervista di Ranieri Pontello che punto sul vivo ricorda quanto sia stato bravo ad arrivare ad un quarto d’ora dall’scudetto e dopo ad un passo dalla Coppa Uefa…), basta con i quarti posti spacciati per scudetti, basta con i giocatori mugugnanti “che non sanno cosa fare del loro futuro”, che hanno il mal di pancia se non parlano con i Della Valle e via a seguire.
Basta anche attendere e pretendere le “corvinate”, perché qui a furia di aspettarle, invocarle e/o immaginarle abbiamo imbarcato nella Fiorentina decine di giocatori di cui faccio fatica a ricordare i nomi.
Ripartiamo dalle cose semplici del calcio, per esempio un allenatore meno confuso nell’approccio psicologico con i propri giocatori, un tecnico che chieda uomini (ma giocatori veri, non ragazzini) adatti all’idea di calcio che ha in mente.
Vuole giocare con il 4-3-3? Bene, pretenda calciatori che sappiano fare quello schema.
Non sono prime scelte? Pazienza, tanto quelle non le abbiamo quasi mai avute e quando raramente sono arrivate a volte avevano pure il vizio occulto (Mutu).
Si sfruttino insomma i prossimi cinque mesi di una stagione molto triste e grigia per costruire un vero e proprio laboratorio viola, che funzioni da trampolino di lancio per il 2011/12 e si cerchi di sviluppare veramente la politica del sorriso e della simpatia e non quella dell’arroccamento.
Perché qui non ci sono nemici e la stampa svolge il proprio ruolo declinando colpe e meriti personali, senza che si debbano vedere ombre ovunque.
L’alternativa a tutto questo è una sola: un lento e inesorabile disamoramento della Fiorentina.

Come con la Sampdoria, ma fa più male, molto più male.
Cinque minuti di autentica follia calcistica firmati Avramov, ma prima Babacar e Seferovic avevano dato una grossa mano per arrivare dove siamo arrivati.
Vogliamo ribadire che da gennaio 2009 al posto di Pazzini (e Osvaldo) abbiamo avuto nell’ordine: Bonazzoli, Castillo, Keirrison e ora questi due ragazzi che si faranno sicuramente, ma che ora sono proprio acerbi.
Il Palermo ha in panchina Pinilla, Maccarone ed Hernendez, così tantro per dire…
Un vero peccato uscire così, perché non eravamo andati affatto male, pur con una formazione strana, scelte che nell’incertezza hanno spedito in tribuna tutti quelli più bravi (ma Gamberini che aveva?).
Adesso si fa durissima, bisogna rifondare davvero dopo pochi mesi di Mihajlovic, che se dovesse essere giudicato dai risultati fin qui ottenuti sarebbe certamente da mettere sotto processo.
Speriamo almeno che venga impostato un lavoro di recupero fisico durabnte questa lunghissima sosta e che la dirigenza pretenda di sapere cosa non ha funzionato.
Avevano detto sempre: i conti a Natale,
Ecco, ci siamo, il prezzo è salatissimo e la Fiorentina rischia di svaporare.

Speriamo almeno che si sia ingrossato il famoso “partito della Coppa Italia”, quello che ritiene dignitosa una manifestazione che molte gioie ci ha dato in passato.
Non vedo come non si possa dare il tutto per tutto domani sera, siamo in una situazione ideale, senza neanche l’impegno successivo di campionato e quindi molto liberi di testa.
Uscire agli ottavi contro un avversario inferiore sulla carta sarebbe l’ultima botta ad un 2010 terrificante, passare il turno significherebbe al contario tenere aperta una porticina sull’Europa.
Temo che giochi ancora in porta Avramov ed è giusto che sia così, non si può mandare allo sbaraglio Seculin in una gara tanto delicata, mentre per il resto ci vorrà una Fiorentina molto da corsa e magari programmata pure per i supplementari, eventualità che ci possiamo permettere di affrontare con molta più leggerezza di loro.
Guardiamo soprattutto se qualcuno si sveglia dallo stato catatonico in cui sembra essere piombato da un po’ di tempo e se magari per una volta riusciamo a vedere una squadra che corre e gioca per più di un tempo.

Il 2010 sarà certamente ricordato come l’anno dell’autoreferenzialità viola.
In settimana Corvino dà 10 a Mihajlovic (quanto meritava il Prandelli dei primi tre anni? 20?) e in una lunga intervista non dice neanche una volta: “ho sbagliato”.
Tutto bene, tutti bravi: cinque grandi anni (storicamente quattro anni e cinque mesi, please), tutti gli acquisti azzeccati.
Cerci andava preso a quelle cifre perché ci voleva un quarto esterno di riserva ai tre che abbiamo (Santana, Vargas e Marchionni, non Claudio Sala, Donadoni e Bruno Conti…), D’Agostino lo voleva il Real Madrid, nessun accenno alla mancanza (dal gennaio 2009!) di una punta di riserva e di un terzino sinistro.
Per il tecnico siamo almeno da quinto/sesto posto (a luglio eravamo da Champions, ma va bene lo stesso), basta recuperare i giocatori.
I giocatori vanno in sala stampa e la musica è sempre la stessa: “se fossimo al completo…”, “siamo stati penalizzati dalle decisioni arbitrali, altrimenti avremmo almeno quattro punti in più e staremo là con le altre”, “questa è una grande rosa (beh, certamente è fra le più costose d’Italia), abbiamo giocatori da Nazionale che tutti gli altri ci invidiano”.
E ancora: Mihajlovic lo abbiamo strappato allo sprint all’Inter, meno male che abbiamo preso lui, grande motivatore, altro che quel pretino di Prandelli.
Mica metteranno gli occhi addosso a Ljajic? E’ un campione, se ne sono accorti tutti.
Come hanno fatto l’Inter, il Real Madrid e il Chelsea a giocare fino ad oggi senza Vargas?
Attenzione perché ci portano via i nostri giovani migliori, che certamente ripercorreranno le gesta della Fiorentina ye-ye.
Ma cosa aspettiamo a rinnovare il contratto a Donadel (ed io tra quelli che spingono di più), a Santana e, perché no, anche a Comotto, uno così fiero e soddisfatto delle proprie prestazioni?
Mutu attende un quinquiennale, così finirebbe la carriera in viola a 38 anni. Ma sì facciamoglielo, in fondo è un fenomeno e poi c’è la fila a cercarlo.
Avramov? Affidabilissimo, chi ha al mondo un terzo portiere meglio del nostro? Non è un caso che prenda tutti quei soldi, appunto da terzo portiere. Un gran lusso, credetemi.
Perché De Silvestri non gioca fisso in Nazionale? Forse è un dispetto postumo di Prandelli.
Tutto così, da mesi, con la nostra complicità, chi più, chi meno (io mi metto tra i meno, ma nel carrozzone c’è certamente posto anche per me), perché ormai abbiamo dato per acquisito tutto: siamo (sono) bravi, belli e buoni, e noi anestetizzati da conferenze stampa show e imboscate mediatiche con chi osa dissentire.
Poi andiamo ad Udine e facciamo la figura rimediata ieri: roba da vergognarsi e stare nascosti per una settimana, se non ci fosse da giocare martedì.

Io sì, senza discussioni.
Sto parlando della visita di Renzi alla reggia di Arcore, quei novanta minuti di colloquio che tanti mal di pancia stanno provocando ai duri e puri della coalizione che sempre più a fatica voto da oltre trent’anni.
Renzi non è andato a chiedere piaceri personali e/o per cambiare casacca, il suo incontro, peraltro innescato dalla prima telefonata del presidente del Consiglio che chiedeva aiuto per Napoli, era motivato solo dall’esigenza di chiedere qualcosa di concreto per Firenze.
Ha ragione Renzi: “sono il sindaco e farei qualsiasi cosa per la città”, qualcosa di legale, si capisce, mentre al contrario davvero non riesco a comprendere dove sia lo scandalo.
Doveva andare a Palazzo Chigi?
Sarebbe stata certamente una procedura più in linea con il galateo politico, ma l’invitato non può mica mettersi a disquisire sul luogo dell’invito: o va o non va.
A me pare che Renzi abbia dato una bella dimostrazione di pragmatismo, staccandosi dalla logica del pro o contro Berlusconi, quella stessa logica che sta avvelenando da sedici anni l’Italia.

Momento imbarazzante e molto bello ieri sera nel Pentasport: è accaduto con Alberto Malusci, il “giovane” Malusci, quando gli ho ricordato del suo addio a Firenze nell’agosto del 1996.
Quella sua fuga da uno spogliatoio di provincia, quell’addio frettoloso a dieci di vita, di speranze, gioie e dolori.
Alberto è tornato indietro nel tempo, come in un transfert ha rivissuto le emozioni di quel giorno e non è più riuscito a parlare perché gli salivano le lacrime agli occhi.
Sono andato avanti da solo per un paio di minuti ed è stato per me bellissimo vedere come la Fiorentina sia qualcosa che ad alcuni è rimasta dentro l’anima.
Non importa cosa si è vinto o quanto si è guadagnato, ci sono uomini passati da Firenze che danno a quella maglia un significato che va oltre la professione.
Penso prima di tutto ad Antognoni, quando venne organizzato il suo saluto al calcio, e poi all’addio di Rui Costa davanti alla maratona, alla fuga di Toldo nello spogliatoio all’ultima gara al Franchi, al pianto liberatorio di Batistuta, quando segna la terza rete contro il Venezia nel giorno dell’addio.
Grande Alberto, quel pianto trattenuto a fatica vale più di tanti otto in pagella.

Non è un quesito politico (anche se ci starebbe bene…), ma tattico.
Non si può neanche parlare di sfortuna, perché in pratica si sono fatti male tutti e dunque anche Pasqual non è sfuggito alla maledizione degli infortuni, proprio ora che aveva imbroccato tre partite buone consecutive.
Inutile tornare sulla curiosa decisione estiva di non avere un’alternativa credibile (non parliamo per favore di Gulan, che va sempre in tribuna), meglio invece pensare a chi mettere a Udine, dove pare che alla fine si giochi, come era logico.
Due le alternative: o il sor tentenna Felipe, o l’adattato Comotto, meglio peraltro di De Silvestri, che da quella parte fa ancora più fatica.
La seconda soluzione mi pare più praticabile contro una squadra da corsa come l’Udinese, che proprio sulle fasce laterali costruisce gran parte delle proprie fortune.
Sperando che Vargas si svegli con la luna buona e che come a Torino dia un segno tangibile della propria presenza.

Su come la penso a proposito dei cori dell’Hysel mi pare sia chiaro e mi immagino anche di aver velocemente scalato con l’ultimo post le posizioni ipresso la parte più calda della Fiesole, quella che intona quelle frasi vergognose, sul versante antipatia.
Mi interessa sinceramente il giusto: ho le mie idee e non le rinnego.
Oggi sull’argomento c’è stata la lezioncina morale di Maurizio Crosetti su Repubblica, giornalista dal grande stile, ma dalla memoria tipo parcheggio di alcune strade, cioè funzionante a giorni alterni.
Il lunedì è evidentemente dedicato all’indignazione e al sermone, la domenica no, tutto è permesso.
Eh sì, perché dall’esimio collega non ho visto vergare una sola parola domenica 28 novembre, a proposito delle bombe carta lanciate all’Olimpico juventino nel settore ospiti occupato dai tifosi viola.
Bombe che avrebbero potuto provocare drammi ben più gravi delle ustioni riportate dall’incauto fiorentino che aveva avuto l’ardire di avventurarsi a Torino.
Non pensi caro Crosetti che sia il caso di dedicare un po’ del tuo preziosissimo tempo alla rivisitazione del citato episodio?
Senza fretta, per carità, quando sarai in comodo e indignato al punto giusto per sopportare la fatica di scriverne su Repubblica.

P.S. Se per i cori, che ribadisco sono vergognosi, comminano una sanzione uguale o superiore alla bomba carta di Torino, stavolta faccio davvero il capopopolo…

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