Attualità


Altri due turni di squalifica per i tifosi della Lazio a causa dei buu razzisti durante le partite con Cagliari e Udinese: ci stancheremo prima noi a parlarne o questi imbecilli?

La Lazio è da tempo in Champions in questa speciale classifica, ma non corre purtroppo un campionato a sè stante perchè di idioti con pochi neuroni nel cervello sono piene le curve d’Italia.

Che gusto ci sia ad insultare un giocatore per il colore della pelle è un mistero che mi porterò nella tomba, ma forse aveva ragione De Gregori: “non c’è niente da capire”.

C’è solo da compatire genitori, fratelli e a volte figli, sì perché alcuni sono pure padri di famiglia, di questi minus habens.

Tra pochi giorni festeggio quaranta anni di radio, avevo in mente di fare qualcosa, ma poi ho preferito rinunciare, un po’ perché col tempo credo e spero di essere migliorato nella gestione del mio ego e molto perché spero di arrivare ai cinquanta.

Non mi sento quindi per niente a fine corsa e amo pazzamente la radio, che mi ha dato tutto.

Non ho mai sofferto di gelosie per le persone che hanno lavorato con me, ho provato ad aiutarle tutte, riuscendoci spesso, e se uno/a è bravo/a lo/a valorizzo.

Credo che sia giusto però anche accorgersi che il tempo passa e rivendico con orgoglio il fatto di essere sempre stato io a scegliere dove andare, magari un attimo prima che qualcuno mi dicesse che era meglio darci un taglio.

Il tempo che passa (36 anni di trasferte ininterrotte) impone delle riflessioni che sto facendo da tempo e che mi hanno portato a decidere che già in questa stagione lascerò molto spazio fuori Firenze a chi è bravo almeno quanto me (sempre ammesso che sia bravo…).

Giovanni Sardelli e Tommaso Loreto sono assolutamente all’altezza di sostituirmi in radiocronaca e io mi ritaglio un ruolo di dialogo con gli ascoltatori dopo la partita.

Ci alterneremo in trasferta, almeno per questo campionato ed è una decisione che non mi costa niente perché credo che sia la più giusta nel rispetto di tutti.

Ci sentiamo domani pomeriggio in diretta.

“La più consistente scoperta che ho fatto subito dopo aver compiuto 57 anni è che non mi va più di perdere tempo a fare cose che non mi va più di fare

Io l’ho scoperto anche prima, a dire il vero: diciamo da un bel po’ di tempo, non c’è una data precisa

Il mitico Jep de “La Grande Bellezza” ci era arrivato a 65 anni, sinceramente per quel tempo spererei di essere un po’ più avanti…

Purtroppo la vita ti impone rapporti che sei costretto ad avere per convenzione od obblighi precedenti, ma, appunto a 57 anni, ho imparato a far defluire le imbecillità in una speciale corsia laterale, una strada infinita in cui le cose poi non si vedono più.

Non sempre ci si riesce, ma quando funziona è veramente molto soddisfacente.

Questa, mi spiace, ma ve la beccate così.

Un giornalista qualche giorno fa mi ha detto di fare cose radiofoniche al posto della psicanalisi e così oggi “sfrutto” il blog per fare uscire quella ventata di ricordi che imperiosamente spinge la mia vita interiore senza dover ricorrere all’analista…

Ho appena letto che Bersellini è entrato nella storia per aver vinto l’ultimo campionato di soli italiani (oggi sul Corriere invece ricordavo come nel nostro mondo viola sia entrato per aver fatto giocare insieme Baggio e Antognoni) e così le immagini di quella stagione 79/80 mi hanno preso a tradimento alle spalle.

Il primo anno a Radio Blu, il primo anno senza dover andare a scuola tutti i giorni, una leggerezza e un senso di onnipotenza mai provato ne’ prima ne’ dopo.

Il primo esame dato senza problemi a scienze politiche lavorando, le vacanze in Danimarca, il divertimento con piccole grandi cose, il mondo nelle mani.

Ti sentivi padrone di tutto e avevi pochissimo: è qualcosa che non si può spiegare a chi oggi ha tanto ma si sente vuoto dentro.

 

Cresce il PIL, cresce la propensione al risparmio degli italiani, perfino Gentiloni invita al sorriso: stiamo davvero tutti meglio?

Sento effettivamente in giro meno lamentele, ma non saprei dire se è solo un discorso di percentuali in più o se davvero dopo dieci anni è finalmente cambiato il vento.

Dieci anni che ci hanno cambiato dentro, resi più sospettosi, impauriti per il futuro, attaccatissimi al nostro particolare, all’orticello che coltiviamo.

E purtroppo questa paura e senso di disagio interiore lo abbiamo trasmesso a piene mani ai nostri figli che sono oggi molto più preoccupati di quello che perderanno (certamente hanno e gli abbiamo dato troppo) piuttosto che essere vogliosi di conquistarsi una loro vita piena ed indipendente.

Al di là dei cento o duecento euro in più in tasca, che comunque “non fanno schifo a nessuno”, come avrebbe detto il grande Gaber, sarebbe importante ritrovare quel sentimento di fiducia verso il prossimo, che poi moltiplicato per i tanti che siamo non è altro che un po’ di sano ed indispensabile ottimismo.

 

Chi indossa una divisa ha dei precisi doveri da cui discende la nostra fiducia nelle forze dell’ordine, che nel mio caso è molto alta.

Comunque siano andate le cose nella nauseante vicenda fiorentina dei carabinieri e delle studentesse, i due saranno giustamente allontanati dall’Arma.

Allontanati e licenziati: avranno modo di ripensare a cosa vuol dire indossare una divisa così prestigiosa.

E però… io non ho alcuna certezza su come siano andate le cose, perché la versione per cui “non abbiamo urlato per paura delle pistole” non mi convince in alcun modo.

Il tema è spinoso e riguarda il confine tra il consenso e il rifiuto di una donna non presente a se stessa davanti alla proposta di un rapporto sessuale.

Non ci sono certezze sull’argomento o almeno io non ne ho e non credo che le abbia nessuno, per questo il giudizio di un tribunale è quanto di più difficile e aleatorio ci possa essere.

 

Tutti i fiorentini tra i quaranta e i sessanta anni gli devono qualcosa, e non solo a lui.

Quando ho saputo della morte di Gastone Moschin, mi sono messo a fare un’ideale classifica tra chi fosse il più citato tra gli “amici” che hanno segnato la nostra epoca di ragazzi molto veloci di favella e alla fine piuttosto bischeri: non c’è un vincitore.

Il Melandri è comunque quello con cui ho sentito la maggiore identificazione, preso com’ero in giovane età da certe passioni che parevano inestinguibili e che poi invece si esaurivano per consunzione naturale o per sopravvenuti arrivi.

Due scene memorabili: quando chiede al fantastico professor Sassaroli il permesso di portargli via la moglie e quello non solo gliela cede volentieri (“ho sofferto, ho sofferto come un cane per tre quarti d’ora…”), ma gli ammolla pure l’antipaticissima figliolanza, il cane enorme e la governante tedesca

E poi quando viene colto da sospetto afflato religioso per arrivare a meta con la nuova passione e si avvia portando la croce al Calvario, frustato senza pietà dagli amici.

Era l’ultimo di quegli eroi cinematografici, per me assolutamente inimitabili.

 

Il calcio italiano è questo, hai voglia a dare la maglia numero 10 a Insigne…

Siamo parecchio autoreferenziali, ci diciamo tra noi quanto siamo bravi, pensiamo ai 100 milioni di Belotti, ai 40 di Bernardeschi e poi veniamo umiliati da una Spagna poco più che normale

Una bella botta per tutti, ma il talento purtroppo non si allena, o li hai o non lo hai e nella seconda ipotesi ti devi arrangiare, magari  con molta meno presunzione

Avere Robert Redford (e Jane Fonda) a venti metri di distanza  è un po’ come vedere giocare Federer dal vivo a Wimbledon.

Non è importante nella vita essere ricco, ma potersi permettere delle soddisfazioni, quello sì, e in questo senso sono davvero fortunato.

Mostra del Cinema di Venezia, più o meno il meccanismo mentale è quello del calcio, con il divismo che serpeggia, la voglia di esserci, la gente che si accalca per un autografo o una foto sul red carpet.

Certo, in curva o fuori dagli stadi non ci sono le signore o signorine botulimizzate o al naturale, in lungo o in corto o i maschi in smoking…

Oggi, per la gioia di Cristina, arriva Clooney, ma nel pomeriggio dovrebbe apparire pure Isabella Ferrari: quasi quasi la invito in studio nel Pentasport!

E’ una citazione che mi risuona dentro in mezzo ad una delle canzoni di Guccini minori e che pure amo di più in un fantastico 33 giri del 1978 che conteneva autentiche poesie.

E quattordici mesi fa passeggiavo con Cosimo su quelle strade, quattro giorni solo nostri a spiegargli le cose vivendo da turisti.

Chiaro che abbia pensato: e se fosse successo in uno di quei pomeriggi?

La Spagna per molte cose è più vicina all’Italia della Francia, noi come loro (gli spagnoli) ci riteniamo più aperti verso il mondo, quasi che la nostra disponibilità ad accogliere il prossimo sia una sorta di vaccino che ci preserva dalla follia dei terroristi.

Purtroppo non è così e non sono contromisure efficaci perché non riusciamo minimamente a comprendere cosa possa accadere nella testa di chi vive in un universo parallelo ed ostile al nostro: dobbiamo convivere con la paura, senza soccombere.

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