Attualità


Mentre ieri sera intervistavo Matteo Renzi nel Pentasport pensavo a come ero io alla sua età, a 34 anni: senza figli (poi mi sono rifatto…), in pieno combattimento lavorativo, certamente non maturo come lo è lui oggi e meno esperto nella guida di una redazione che era la metà di adesso.
Credo che anche i più acerrimi nemici debbano riconoscere a Renzi doti comunicative e di vitalità non comuni.
Intanto decide, fatto assolutamente fondamentale nel magma politico dove i veti incrociati sono spesso il comune sentire.
Poi ci mette la faccia, dà delle scadenze, per ora le rispetta.
Fuori onda è esattamente come lo avete sentito, non paludato, pronto spontaneamente ad indossare la maglietta di “Viola nel cuore” e pure a “cazzeggiare” con Leo Vonci e gli altri ragazzi della trasmissione.
Doveva rimanere un’ora e ha raddoppiato, ma se non fosse stato per il fatto che chi lo accompagnava doveva tornare a casa avrebbe fatto pure la terza ora perché si divertiva e (credo e spero) ha interessato le persone all’ascolto.
Ovviamente lo aspettiamo tutti alla prova dei fatti, ma non si può proprio dire che nei primiquattro mesi e mezzo di governo della città sia stato con le mani in mano.

Facciamo un gioco della verità tra noi maschi: quanti di noi non hanno provato un moto di simpatia verso Berlusconi, quando hanno saputo che aveva avvertito Marrazzo dell’esistenza del video che lo rovinava?
Beh, io sono tra quelli, perché, per un attimo mi sono immedesimato nella situazione e ho pensato che mi avrebbe fatto piacere se qualcuno mi avesse in qualche modo aiutato in una situazione così devastante.
E invece no, ieri su Repubblica l’implacabile censore Giuseppe D’Avanzo, peraltro gran giornalista, ci ammoniva tutti sull’ennesima nefandezza commessa del nostro Presidente del Consiglio che aveva invitato ed in qualche modo istigato il Presidente della Regione Lazio ad avere un comportamento illegittimo.
Dal punto di vista formale, nulla da dire: ha ragione D’Avanzo.
Marrazzo doveva uscire da via Gradoli e andare diritto in Procura a denunciare tutto.
E Berlusconi doveva pressare Marrazzo perché presentasse denuncia.
Mi viene però in mente una battutaccia (che in questo contesto è ancora più scorretta del solito) pronunciata dall’ex finanziere Ricucci durante le sue spericolate scalate a banche e giornali: “facile vero fare i finocchi con il culo degli altri”.
Eh sì, è molto facile giudicare l’altrui comportamento e diventare inflessibili giustizialisti quando non siamo minimamente coinvolti.
Perché alla fine di tutta questa vicenda, che ha passato Marrazzo nel tritacarne mediatico e da cui temo non si riprenderà più, io mi chiedo (così come me lo chiedevo sui passatempi di Berlusconi) quale reato abbiano commesso uomini che fanno col sesso quello che gli pare, che spendono quanto credono sia giusto spendere per i loro piaceri (che non sono opinabili in quanto attinenti alla sfera personale), che vivono insomma la loro vita di cui devono rendere conto solo alle persone che hanno accanto e non certo a noi o a D’Avanzo.

A me come donna piace molto, e lo dico sapendo di perdere punti con molte frequentatrici del blog.
La trovo sexy: è quel tipo di signora che mogli e fidanzate non capiscono come possa incontrare il favore di noi maschi, ma detto dell’estetica io credo che sia ora di finirla di portarla in giro come totem.
Negarle la partecipazione da Santoro sarebbe stato stupido e naturalmente la nostra vocazione di guardoni ha permesso ad “Anno zero” di fare il pieno di ascolti.
Ora però, davvero, basta con Patrizia D’Addario.
Ormai nel lettone di Putin è come se fossimo entrati anche noi, sappiamo tutto di quella notte, degli abiti neri che piacciono al nostro Presidente del Consiglio, al rituale delle battute, dei filmati, delle canzoni di Apicella (mamma mia che palle!), del diradarsi delle ospiti affinché rimanessero solo le favorite.
Personalmente continuo a farmi al stessa domanda, che credo sia un quesito normale per qualsiasi uomo: ma davvero un signore di 72 anni, per quanto potente, ricco e famoso, pensa di far breccia non dico nel cuore, ma anche solo nella sfera dell’interesse sessuale di donne come quelle che abbiamo visto girare a Palazzo Grazioli?
Io non ci arrivo, scusate, sarà una mia mancanza.
Nel mio piccolo anche a me è successo di avere un discreto successo con ragazze molto più giovani di me: è accaduto e accade con chi vuole fare la giornalista oppure, quando ero a Canale Dieci, quando dovevo scegliere le vallette per le varie trasmissioni.
Sarà perché il film “Malizia” ha segnato la mia adolescenza (e quindi mi sono sempre piaciute semmai le donne meno giovani di me), o perché ogni tanto ho la testa che funziona, ma nonostante il suddetto successo non mi sono mai sognato di essere diventato un incrocio tra Richard Gere e Brad Pitt.
Insomma, capivo chiaramente che l’interesse non era per me, ma per il ruolo che avevo e che ho.
Chiaro che non voglio generalizzare, anzi in proporzione alle persone incontrate in questo trentennio mediatico la percentuale delle ragazze affascinate non supera il 5%.
E’ capitato (raramente, per fortuna) che quando esternassi questo concetto di interesse non legato a come sono ma a quello che potrei fare per aiutare, qualcuno si sia stupito e abbia detto “ma che te frega? Te la porti a letto e poi si starà a vedere quello che succede”.
Ma lasciando perdere il mio pensiero e la mia sensibilità sull’argomento, io credo che sul caso escort si sia già detto tutto ed il contrario di tutto.
Passiamo per favore ad argomenti e critiche più serie, anche perché la crisi vera per molti sta cominciando ora.

Me lo ricordo bene cosa avvenne quando nel giugno del 1984 morì improvvisamente a Padova Enrico Berlinguer.
Tra i tanti uomini politici che si presentarono a Botteghe Oscure per rendere omaggio ad una figura unica e carismatica spuntò all’improvviso in assoluta solitudine Giorgio Almirante.
Ex ragazzo di Salò, ex repubblichino, fondatore del MSI, acerrimo avversario dei comunisti, eppure capace di un gesto nobile, che nella sua atipicità non sembrò neanche clamoroso.
Perché gli altri erano, appunto, “solo” degli avversari e non dei nemici.
Si puntava a vincere e a confutare le tersi avverse, non all’annientamento di chi non era dalla tua parte.
Ed ecco invece il fior da fiore degli ultimi due giorni di questi fenomeni a cui abbiamo delegato la nostra vita pubblica.
Antonio Di Pietro: “Silvio Berlusconi farà la fine di Saddam Hussein”.
Renato Brunetta: “La sinistra vada a morire ammazzata”.
Penosi, semplicemente penosi.
Sono purtroppo lo specchio del degrado in cui stiamo vivendo e che per vicende personali ho toccato per mano ultimamente pure nel mio microcosmo.
Un mondo dove contano solo i soldi, il sesso, il potere, il pettegolezzo, senza uno straccio di senso etico, di attenzione per gli altri.
Annientate, demolite, spendete più di quanto guadagnate, rubate, qualcosa resterà.
E sono solo macerie, che vi frega?
L’importante è che l’altro, il nemico, sia morto.

Ma è possibile che ci tocchi vivere in un Paese che non conosce mai il senso della misura?
Per noi bambini degli anni sessanta e settanta Mike Bongiorno era “la televisione” e ricordo ancora quei giovedì sera ad aspettare Rischiatutto come oggi si attenderebbe una finale di Champions.
C’era solo quello e anche a riguardarlo oggi mi pare un programma straordinario nella sua semplicità.
Dunque Mike Bongiorno (che tra l’altro ha diviso con i miei nonni e mia mamma un periodo di prigionia a San Vittore, in attesa di essere deportati in Germania) era un eccezionale professionista, una persona che guardavi sempre volentieri, oltretutto dotato di un’invidiabile vitalità, anche a più di ottanta anni.
In più, da ragazzo era stato una staffetta partigiana, motivo che lo aveva appunto portato in carcere.
Ma da qui a pensare a dei funerali di Stato, come pare stia accadendo in queste ore, ce ne corre.
Tutto questo fervore perché in Mike c’era l’amarezza di non essere diventato senatore a vita, altro fatto che sinceramente mi avrebbe lasciato piuttosto perplesso.
Si potrebbe fare una lista infinita di uomini e donne (soprattutto donne, le più dimenticate) che hanno servito veramente lo Stato, che sono morti perché noi potessimo stare un po’ meglio e che sono stati completamente ignorati.
Nella vita e pure nella morte, anzi a volte addirittura oltraggiati nel tentativo di infangare la loro memoria.

Quando parlo di Vittorio Feltri ho sempre, per dirla con una celebre battuta, dei pensieri che non condivido.
Ho scambiato con lui qualche volta delle battute sul calcio e aveva una gentilezza da altri tempi, l’ho visto di discutere di Gaber a Viareggio ed era affascinante, scrive divinamente, fa alzare le tirature di tutti i quotidiani che dirige, ma è indubbiamente, giornalisticamente parlando, una canaglia.
Geniale, arguto, ma canaglia.
Sull’affaire Boffo io sinceramente ho perso il filo, cioè non ho capito alla fine se l’ormai ex direttore dell’Avvenire era stato condannato per le molestie verso la fidanzata di un suo presunto compagno oppure no.
Fatto sta che si è dimesso, al terzo tentativo, e certamente ora diventerà un nuovo martire italiano, perché è proprio nel nostro DNA non avere vie di mezzo e non prendere mai oggettivamente i fatti o giudicare le persone per quello che sono, senza estremizzare.
E a proposito di dimissioni, visto anche che si parla della parte politica a cui da trent’anni faccio arrivare più o meno convinto il mio voto, sto ancora aspettando che l’ex giudice De Magistris si dimetta dalla magistratura come aveva giurato e spergiurato di fare quando si presentò candidato alle elezioni europee.
Non vorrei che facesse come Franceschini, che aveva giurato e spergiurato che il suo incarico sarebbe stato a tempo, che avrebbe sostituito Veltroni solo per il tempo necessario a preparare un nuovo congresso e che mai e poi mai si sarebbe candidato come segretario del Partito Democratico.
Infatti…

Ho sbagliato.
Sì, ho sbagliato.
Ma non ad arrabbiarmi con chi ha insulsamente definito rabbino l’essere avaro (un modo di dire toscano? Ma da dove arriva una simile idiozia?).
Ho sbagliato a non arrabbiarmi prima, a non essere più duro in altri momenti.
Per esempio con chi usa con molta disinvoltura questa definizione odiosa di “checche isteriche”, che rimanda a periodi oscurantisti.
Chiaro che la storia del rabbino mi ha toccato sul vivo perché già molte volte, per non creare polemiche fini a se stesse, mi è toccato abbozzare e far finta di niente quando ho sentito, anche da persone che stimo, tirare fuori questa offensiva banalità.
La storia poi che tale espressione sia simile all’editto bulgaro non so se sia più comica o stupida.
Secondo qualcuno un bulgaro si dovrebbe offendere se gli viene ricordato come il suo Paese sia stato per decenni prigioniero di una feroce dittatura.
Ma gli ebrei non sono una Nazione, Israele è una Nazione, con tutti i suoi i pregi e i suoi difetti.
Gli ebrei sono uomini e donne che credono a certi valori religiosi e le generalizzazioni sono il primo passo verso la discriminazione.
Esattamente come chi accomuna gli omosessuali ad una associazione di persone in preda perenne degli isterismi più deleteri (checche isteriche, appunto).
Oppure chi è convinto che tutti quelli dell’est Europa ti freghino sempre il portafoglio.
Io, che sono ebreo per puro caso (cioè perché erano ebrei i miei genitori e non per convinzione religiosa), butto spesso via i soldi e davvero non sopporto chi sta a lesinare, non avendone bisogno, l’euro in più o in meno.
Il primo passo per l’emarginazione delle persone è etichettarle, magari inconsciamente, il secondo è isolarle, il terzo è perseguirle.
E se volete trovare degli esempi, basta che andiate a leggere un qualsiasi manuale di storia.

Sta un po’ succedendo quello che temevo sarebbe successo.
Passata l’onda emotiva di quell’evento bellissimo e terribile dell’otto ottobre scorso, da un po’ di tempo ci staimo tutti dimenticando di Stefano Borgonovo.
Io per primo a livello mediatico, perché se è vero che privatamente ho dei contatti, è altrettanto certo che non sto dando alla sua battaglia nel Pentasport quella visibilità che vorrei e che in qualche modo avevo promesso.
Ed invece Stefano ha bisogno che l’amore della “sua” gente ci sia sempre, ha bisogno di sentirsi vivo.
Mi piacerebbe che la Gazzetta dello Sport riprisitinasse la sua rubrica soppressa dopo pochi articoli e che noi tutti facessimo qualcosa per non stare con le mani in mano a vedere i danni che combina la “stronza”.
Intanto, in questa domenica di pieno agosto, nel pieno della nostra fortunata condizione di uomini e donne “normali” potremmo andare a dare un’occhiara al sito della Fondazione (www.fondazionestefanoborgonovo.it) e vedere come si fa per dare un contributo tangibile.

Serata tranquilla: moglie e figli al mare, divano e Nazionale.
E invece no, ieri sera ho scoperto che qui a Grassina la Nazionale non ce la fanno vedere.
Il perché ho provato a ricorstruirlo: sull’analogico il primo canale del nostro servizio pubblico qui non si prende da almeno un paio di mesi; sul satellite si vedeva Rai1, anzi si vedrebbe anche stamani, ma evidentemente, quando ci sono certi avvenimenti, criptano il segnale per via del mancato accordo tra Sky e la televisione di Stato.
Ora, poiché pare che l’analogico sia destinato a sparire, io mi chiedo cosa dovremo fare per vedere programmi per cui paghiamo il canone (almeno io lo pago e l’ho sempre fatto, perché appartengo a quella fetta di italiani che vuola stare tranquilla con la coscienza e in generale con il fisco).
Dovremo comprare davvero un altro decoder, installare un’altra parabola, oppure avere, oltre al satellite, anche il digitale terrestre, che tra l’altro ha molte difficoltà di ricezione in diversi punti dell’Italia?
Comunque sia, io ieri la partita non l’ho vista.
Non che mi sia perso chissà quale spettacolo, ma un disservizio del genere lo trovo intollerabile.

Facciamo il toto-salta-panchina di agosto: al primo posto, con molte lunghezze di vantaggio, c’è Donadoni.
Il suo presidente De Laurentiis, dopo aver dato di cafone a Corvino e ai suoi uomini, lo ha già messo sulla graticola e se non ci sarà una partenza sparata per l’ex tecnico della Nazionale saranno guai.
Rischia ovviamente Zenga con Zamparini, ma forse ancora di più Ventura a Bari.
Cercheranno di tenere botta i due esordienti Leonardo e Ferrara, figli della proprietà e perciò difesi a spada tratta dai propri presidenti anche di fronte ad eventuali rovesci.
Ma Donadoni, davvero, lo vedo molto male e naturalmente i pronostici non li sbagliano solo quelli che non li fanno e quindi magari sarò smentito dai fatti ed il Napoli vincerà lo scudetto, ma ad oggi mi pare più una collezione costosa di figurine che una squadra che lotta per il vertice.

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