Attualità


Sono confortato: riesco ancora a far caso alle imbecillità italiane, anche se di piccolo cabotaggio.
Bene, vuol dire che non sono completamente immerso nel brodo del conformismo e dell’accettazione passiva di qualsiasi cosa ci venga propinata.
Ultimo esempio, uno dei classici della Repubblica, spesso fondata sulla televisione e sul calcio: il Festival di Sanremo.
Leggo che hanno invitato come ospite d’onore, pagandolo presumo moltissimo, Antonio Cassano.
Un gigante del pensiero, uno che ha scritto più libri di quanti ne abbia letti (due a uno, pare) e che è un pessimo esempio per chiunque si avvicini allo sport.
Complimenti, d’altra parte dopo Mike Tyson che ti potevi aspettare?

Stavolta chiedo aiuto a voi perché non sono assolutamente un esperto della materia.
Qui di seguito trovate ciò che mi hanno segnalato le mie figlie Valentina e Camilla e che sta girando su facebook: è sconvolgente e spero che qualcuno agisca perché non è immaginabile che esistano cose del genere.
Noi intanto stiamo provando ad informare la Polizia Postale.
Questo è il post delle vergogna:
Nome:ADOTTA UN BIMBO HAITIANO MORTO
Categoria:Affari – Investimenti
Descrizione:La tremenda tragedia che ha colpito Haiti ha per noi, ricchi occidentali, risvolti straordinariamente positivi: il CROLLO dei costi d’adozione di bambini morti. Un bambino vivo costa, si sveglia piangente di notte, defeca e urina quando più gli aggrada, vuole giocattoli, e poi devi persino dargli da mangiare! Ma con un bambino morto è tutta un’altra musica! Dorme sempre, non mangia, non ha stupide e noiose pretese. Ora Haiti offre bambini morti in abbondanza! Non perdere questa grande occasione, a prezzi stracciati, di sembrare una brava e ricca persona agli occhi dei tuoi conoscenti! ADOTTA ANCHE TU UN BIMBO HAITIANO MORTO!

E questo è il commento di una enorme testa di cazzo (sì, testa di cazzo, stavolta l’uso della parolaccia è consentito e consigliato):
Io proporrei di scuoiarli e farci tante pelliccette per i piccoli bambini ricchi, figli di industriali, che d’ora un avanti potranno ostentare e vantarsi del loro nuovo bellissimo manto di puro Haitiano.

Fate voi

Ha ragione l’immenso Alfredo Provenzali: “Tutto il calcio minuto per minuto” è una fiaba e nessuna trasmissione televisiva potrà mai sostituire la magia delle voci delle radio.
Quelle voci: di allora, ma anche di oggi, perché sono tutti bravissimi e di molto superiori a quasi tutti quelli del video.
Auguri quindi ad una trasmissione eccezionale che compie 50 anni, che è stata per almeno tre lustri il mio giocattolo preferito, il mio premio alle fatiche settimanali.
E però oggi arriva a Firenze il Bari, e allora ho pensato che verrà in tribuna stampa a trasmettere un signore ultra cinquantenne che si chiama Michele Salomone e che segue i pugliesi dal 1978, cioè 32 anni.
Seguirlo però è un po’ limitativo come concetto.
Forse è meglio dire inseguito, perché per lunghissime stagioni, esattamente come il sottoscritto che però ha iniziato “solo” nel gennaio 1983, è scappato per anni dalle tribune stampe di mezza Italia, ha trasmesso da curve e balconi, è stato considerato, come tutti quelli che facevano le radiocronache, un intruso.
Perché il punto è proprio questo: nonostante che dal 1999 si corrispondano per trasmettere cifre impossibili da pensare solo qualche anno e che in qualche piazza (compresa purtroppo Firenze…) le radio private paghino alle società più o meno quanto scuce la Rai, ma senza avere il canone e facendo sacrifici enormi per recuperare almeno in parte quei soldi, l’idea è sempre quella di essere figli di un dio minore.
Lo dico e lo scrivo non con vittimismo, ma anzi con orgoglio.
Perché nel frattempo qualcuno di quelli che c’erano trent’anni fa è diventato addirittura nonno, eppure è ancora lì mezz’ora prima della partita a cercarsi la postazione, a discutere se l’hanno messo da un’altra parte in tribuna stampa, ad elemosinare un’intervista post partita con qualcuno della propria squadra senza avere altre venti emittenti prima.
Siamo un manipolo di gente innamorata pazza della radio e della propria squadra e nel giorno in cui rendiamo omaggio ai nostri fratelli maggiori della Rai vorrei che si ricordasse anche il lavoro che stiamo facendo da oltre tre decenni.

Voglio solo la salute dal 2010, per me e per le persone a cui voglio bene, possibilmente per tutti.
Il resto non mi interessa: soldi, potere, donne, successo, non me ne frega niente.
Se arrivo o continuo a combinare qualcosa di buono nel mio lavoro bene, altrimenti pazienza.
Ho conosciuto da vicino il dolore come mai mi era successo nei miei 49 anni e solo per questo sono stato un uomo fortunato, anche perché non sono stato io a soffrire ma uno dei migliori amici.
Lo sapevo già, ma l’ho capito una volta di più che la fortuna più grande è poter stare bene, altro che vincere al Superenalotto o andare a piangere come fanno quegli idioti con i pacchi ad “Affari tuoi”, tutta gente da prendere a pedate nel fondo schiena quando si scioglie in lacrime perché ha azzeccato o sbagliato l’ultima scelta o quando si mette a leggere lettere penosissime.
Ma non divaghiamo: vi auguro uno straordinario anno, il quinto insieme, da vivere con le persone che amate.

E’ stato un anno strano e doloroso nell’ultima parte, con la malattia di Alberto e il suo addio.
Professionalmente molto ricco di soddisfazioni, con la squadra di Radio Blu che gira a mille e che necessita quindi ancora di più di attenzioni.
Personalmente ho realizzato due cose che non avrei mai creduto di fare, se me l’avessero dette quando bussavo mille porte e prendevo mille usciate per provare a fare il giornalista.
La prima, più banale ed effimera, è che ho fatto l’inviato per “Quelli che il calcio…”, addirittura pagato (poco) dalla Rai.
La seconda, di grande soddisfazione e a cui tengo molto, è stata prendere il posto di Beha per le pagelle del Corriere Fiorentino.
E’ stato un anno strano per la Fiorentina perché ci siamo scoperti grandi, centrando ancora il quarto posto ed andando agli ottavi di Champions, ma con la sgradevole l’impressione di non sapere cosa potrà succedere domani.
Personalmente, essendo piuttosto incline al pessimismo, ho più paura di scivolare causa mancata realizzazione della cittadella che certezza di continuare a salire.
Infine un grande augurio a voi che mi seguite ogni giorno su questo blog, che è diventato una piacevolissima tortura quotidiana: siete ormai quasi quattromila tutti i giorni e vorrei rivedere i post dei primissimi che quattro anni fa cominciarono ad affacciarsi per vedere dove saremmo andati a finire.

Coraggio amici juventini, e tra loro ci sono anche miei conoscenti a cui voglio bene: il tempo del riscatto è vicino.
Sta per entrare in società un nuovo personaggio, con idee vincenti, con un’immagine fresca e niente affatto colluso con la precedente gestione che aveva portato per la prima volta nella sua storia la Juve prima in C e poi, misericordiosamente, in B.
E’ un ex campione famoso per la sua lealtà, come possono testimoniare per le parole dette in campo trent’anni fa a Celeste Pin o le botte date e prese da almeno un centinaio di difensori affrontati nella sua lunga carriera costellata di scudetti tutti vinti meritatamente, come ricorda giustamente la Roma nel 1981 e la Fiorentina nel 1982.
I momenti delle vacche magre sono finalmente finiti, con questo nuovo campione di moralità e di sportività tornerà certamente quello stile Juventus, quello che è sempre tanto piaciuto all’Italia intera.
Il suo nome è Roberto Bettega e ha in comune con chi scrive una fastidiosa omonomia con un altro personaggio famoso.
Nel mio caso si tratta di un DJ che ora va per la maggiore in tutta Europa, nel suo stiamo parlando di un personaggio invischiato in Calciopoli e da anni scomparso dalle scene calcistiche.
Ma questa è davvero l’unica sfortuna che ha, per il resto state tranquilli che riporterà la Juve in alto.
Auguri.

Oggi Rosi Bindi non la voterei più alle primarie del PD, come invece feci nel 2007.
Le sue parole sul vile attentato a Berlusconi (“da condannare, ma ha le sue responsabilità”), mi hanno dato il voltastomaco, peggio ancora di quelle di Di Pietro, perché da lei non me le sarei mai aspettate.
Splendido il corsivo di Ezio Mauro su Repubblica, che pure è il vero partito anti-premier: non esiste nessuna giustificazione ad un tentativo di omicidio, perchè questo è stato il gesto di Tartaglia.
Non esagero, l’intento di questo povero mentecatto era far male, offendere fisicamente, non importa quanto.
Sinceramente però, a 24 ore di distanza, non avverto nell’aria nessuna aria nuova, nessuna voglia di svelenire davvero il clima, ancora una settimana e si tornerà ai miasmi di prima.
Siamo diventati un Paese cattivo, dove le ragioni dell’interlocutore se non corrispondono alle nostre diventano immediatamente insopportabili.
Non dialoghiamo mai, discutiamo sempre, in un crescendo di astio e recriminazioni come mai si era visto in passato dalla guerra civile in poi.
Berlusconi è il simbolo di questo imbarbarimento, lui ha le sue responsabilità e noi, che non lo voteremo mai, le nostre, ma nessuna ragione al mondo giustifica quello che è accaduto domenica sera.
E chi inneggia a Tartaglia o è uno psicolabile come lui, oppure si merita una dittatura, non importa se del proletariato o di un uomo solo al comando della Nazione.

Era diverso da tutti noi che a 14 anni, quando l’ho conosciuto, avevamo solo il calcio in testa.
Era speciale.
Pomeriggi infiniti a costruirci complicate traiettorie sentimentali inevitabilmente destinate al fallimento.
Un grande a disegnare e proprio per questo lo avevo conosciuto, perchè con Massimo avevamo bisogno di qualcuno che facesse i fumetti per il nostro giornalino.
Non ho mai capito fino in fondo cosa pensasse davvero di me, così diverso da lui, so solo che ci volevamo bene.
Negli ultimi tre mesi della sua malattia avevamo cominciato a chiamarci vezzosamente Albertino e Daviddino, il mio era un modo per stargli (o cercare di stagli più vicino), il suo credo un rifugio nel sentimento per provare a non pensare solo alla morte.
Un’amicizia vera, come ne ho poche nella vita.
Anni senza sentirci e poi in tre minuti tutto uguale a dove avevamo interrotto il discorso.
Aveva perso trenta chili e si preoccupava per il mio super attivismo, per la mia frenesia, diceva che non pensavo mai abbastanza a me.
Io a lui invece nelle ultime settimane ci pensavo spesso, molte volte al giorno.
Mi chiedevo il perché di una scelta così “stronza” (Alberto adorava Borgonovo, pur non capendo nulla di calcio), perché a lui sì e a me no, perché, perché, perché…
Ora restano i ricordi e sono tutto: i suoi capodanni assurdi in cui mi faceva sempre lasciare qualcuno e non si combinava mai niente, i pomeriggi e le serate insieme quando mi raccoglieva a pezzi o andavo io a prenderlo a San Domenico dopo una sua litigata, la discussione che ebbe con Valentina non mi ricordo neanche più per cosa, gli insegnamenti che mi ha dato in questi sei mesi passati a lottare come un leone ed infine arrendersi.
“Ma ti rendi conto che muoio e non ho neanche cinquanta anni”, mi ha detto dieci giorni fa in ospedale.
Sì, Alberto, me ne rendo conto e oggi qui nel self-service dell’aeroporto di Bologna ho pianto senza vergognarmi di quello che facevo.

…naturalmente se sono colpevoli.
Sto parlando delle maestre di Pistoia e anche di chi, magari in buonafede, non si è accorto di quanto stava accadendo nella propria scuola., che diventando purtroppo degli orrori.
Inimmaginabile quello che mostrano le telecamere e che si legge oggi sui giornali.
Inspiegabile il perché, se non andando a raschiare il fondo della più bieca perversione umana.
Perché non è possibile fare del male a dei bambini, almeno per noi “normali”.
I deviati, i malati di mente, i perversi accanto ai bambini non ci devono stare e la loro punizione (mai esemplare, perché non esiste una “punizione esemplare”, semmai giusta) dovrà portare ad una pena da espiare fino in fondo, senza sconti o facili pietismi nei tempi supplementari.

P.S. Un abbraccio forte ad Antonello,

En plein nella notte in casa Guetta per un record che al massimo potrà essere eguagliato, anche se spero vivamente che non accada: si sono sentiti poco bene tutti e tre i pargoli, grandi e meno grandi.
E’ partito Cosimo alle 23.30 e a ruota sono seguite le sorelle con vari problemi assortiti.
E mentre io mi rivoltavo un po’ rincoglionito nel letto, dando al massimo la mano prima all’uno e poi all’altra, Letizia girava come una trottola da un letto all’altro, cambiando materassi, dormendo un pezzetto di qua e un pezzetto di là, in pratica non dormendo affatto.
Roba che se avessi dovuto fare dieci radiocronache, beh mi sarei stancato di meno.
Non è che stia raccontando qualcosa di nuovo alle mamme, ma ai maschietti, ai babbi presenti e futuri forse sì.
Siamo geneticamente inferiori, ragazzi, inutile girarci attorno e non sarà mica un caso se le vedove vivono molto più a lungo dei vedovi (mia nonna quaranta anni tondi, mia mamma è già quasi a quota dieci e mia suocera a sette).
Chiudo questa desolante constatazione con una storiella che mi è stata girata dalla fortunata (come la chiamo io…) seconda signora Guetta, qualcosa che spiega molto bene la situazione.

Marito e moglie stanno guardando la tv quando lei dice ‘Sono stanca, è tardi, penso che andrò a letto’. Va in cucina e prepara i panini per l’indomani. Sistema le tazza per la
colazione, estrae la carne dal freezer per la cena
del giorno dopo, controlla la scatola dei cereali, riempie la
zuccheriera, mette cucchiai e piattini sulla tavola per la mattina successiva.
Poi mette i vestiti bagnati nell’asciugatore, i panni nella lavatrice, stira una maglia e sistema un bottone, prende i giochi lasciati sul tavolo, mette in carica il telefono,
ripone l’elenco telefonico e da’ l’acqua alle piantine.
Sbadiglia, si stira e mentre va verso la camera da letto, si ferma allo scrittoio per una nota alla maestra, conta i soldi per la gita, tira fuori un libro da sotto la sedia e aggiunge tre cose alle lista delle cose urgenti da fare.
Firma un biglietto d’auguri per un’amica, ci scrive l’indirizzo e scrive una nota per il salumiere e mette tutto vicino alla propria roba.
Va in bagno, lava la faccia, i denti, mette la crema antirughe, lava le mani, controlla le unghie e mette a posto l’asciugamano.
‘Pensavo stessi andando a letto’ commenta il marito.
‘Ci sto andando’, dice lei.
Mette un po’ d’acqua nella ciotola del cane mette fuori il gatto, chiude a chiave le porte e accende la luce fuori.
Da’ un’occhiata ai bimbi, raccoglie una maglia, butta i calzini nella cesta e parla con uno di loro che sta ancora facendo i compiti.
Finalmente è nella sua stanza.
Tira fuori i vestiti e scarpe per l’indomani, mette la vestaglia, programma la sveglia e finalmente si sdraia sul letto.
In quel momento, il marito spegne la tv e annuncia: ‘Vado a letto’.
Va in bagno, fa la pipì, si gratta il sedere e mentre da’ un’occhiata allo specchio pensa: ‘Che PALLE, domani devo fare la barba’ … e senza altri pensieri va a dormire.

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