Attualità


Da tre giorni sono dolorosamente prigioniero del mio corpo, nel senso che a causa della schiena faccio una gran fatica e impiego moltissimo tempo anche nelle cose più elementari, tipo vestirmi o montare in macchina.
Mi è venuto spesso in mente Stefano Borgonovo e tutti gli altri che non per tre giorni (speriamo ci si fermi qui, perché sinceramente ne avrei abbastanza), ma per tre mesi, per anni, sono prigionieri del dolore fisico, che provano a combattere in ogni modo possibile e con cui hanno per forza di cose imparato a convivere.
Sono davvero degli eroi perché anche a costo di essere banale, retorico e ripetitivo non mi stancherò mai di ricordare la fortuna che abbiamo noi che, come dico in radiocronaca, “godiamo della buona salute”.
Tutto il resto, soldi, successo, potere, passa davvero in secondo piano.

Mentre ascoltavo i pur bravi Civoli e Gentili entusiasmarsi per una giocata qualsiasi di Balotelli o di Cassano, ripensavo ai grandi del passato, da Rivera a Totti, passando per i nostri Antognoni e Baggio: ma chi erano quelli, degli extraterrestri?
La prima impressione è stata strana: vedere Prandelli su quella panchina, e tutto il nostro vecchio staff, mi ha fatto un certo effetto e ho sinceramente sperato che l’esordio andasse in altro modo.
Invece nel secondo tempo, nell’ultima mezz’ora, non siamo esistiti e ci hanno messo nel mezzo, umiliandoci a tratti.
Bisogna essere sinceri fino in fondo: ci fosse stato ancora Lippi in panchina, sarebbe stato massacrato, lui e la squadra, e forse è il caso di domandarci se non sia veramente a livelli infimi la qualità del nostro calcio.
Gente come Molinaro, Cassani, Marchisio, Pepe e diversi altri la Nazionale dieci, venti anni fa, avrebbero continuato a sognarla come facevano probabilmnete da bambini.
La cosa migliore è stata la classe di Cesare a fine gara, così diversa dalla frettolosa arroganza di Lippi quando perdeva, ma restano i dubbi di fondo: uno come lui, abituato ad insegnare calcio, a vivere la squadra sempre tutti i giorni, cosa potrà davvero fare nei pochi allenamenti che ha a disposizione?

Passeggiata serale nell’area pedonale di Tonfano.
Ad un certo punto Camilla si ferma incuriosita da vari gadget in vendita e poi mi chiama, chiedendomi come mai ce ne sia uno particolare, che la sorprende.
Si tratta di un adesivo nero che raffigura quella bella faccia di Benito Mussolini con l’elmetto, tanto per rendere ancora più evidente quale fosse lo spirito di questa brava persone.
Ho dato delle risposte “commerciali”, nel senso che se l’adesivo è in vendita ci sarà (purtroppo) qualcuno che lo compra e ho evitato per una volta spiegazioni che richiamassero alla nostra Costituzione, che pure provo a spiegarle ogni tanto.
A quattro giorni dall’anniversario della liberazione di Firenze, io mi chiedo con quel poco o tanto di indignazione che ancora mi è rimasta come mai sia completamente scomparso dal nostro comune sentire il reato di apologia del partito fascista.
Come sia possibile che ci siano (anche a Firenze, anche nel Comune di Bagno a Ripoli dove vivo) decine di ragazzini/e ignoranti, e con al testa orientata solo ai soldi da spendere e da prendere a genitori che così li hanno educati, che girano con in borsa o in tasca gli accendini di Mussolini.
Adolescenti rimbambiti dal dio-denaro e dalle canne che hanno come suoneria i discorsi del Duce (peraltro allegati acriticamente, così come la sua storia ad alcuni quotidiani), giovani che parlano di un criminale esaltandolo, senza sapere cosa ha distrutto, quante persone sono morte per colpa sua, e quanti disastri ha combinato.
E’ una vergogna veramente incredibile che tutti noi, sia di destra che di sinistra, dovremmo far cessare e che invece temo continuerà sempre di più via via che scompariranno le persone che hanno assistito da spettatori o vittime al più triste periodo della nostra storia.

Il calendario del campionato era un classico da ragazzo ed è diventato uno scadenzario degli impegni della famiglia Guetta.
Forte di questa giustificazione, ieri sera ho sbaragliato la concorrenza dei figli (Letizia ormai ha rinunciato da tempo a poter vedere qualcosa) e mi sono impossessato del telecomando dell’unico televisore che abbiamo.
Sì, uno solo e per giunta in salotto, giusto per difenderci dalla tentazione di starsene ognuno per i fatti propri a rimbecillire davanti al programma preferito.
Una premessa: ammiro molto Sky, perchè mi pare che sia davvero l’unica televisione dove contano i meriti e magari prendono ogni tanto un raccomandato, ma ogni dieci bravi, rovesciando così i canoni del nostro servizio pubblico, mentre con Mediaset mi pare si sia a metà strada.
Detto questo, ieri lo speciale sui calendari mi è sembrato interminabile e insopportabile, oltre che essere male assortito per gli ospiti in studio.
Tralasciando il fatto che la Fiorentina sia stata considerata meno del Bari e del Lecce, dopo 90 minuti di trasmissione e molte chiacchiere autoreferenziali io ancora non avevo capito l’andamento del campionato.
Stremato da Cellino, Galliani e Paolillo e rivitalizzato solo a tratti dalla strepitosa Vera Spadini, alla fine sono andato a letto rimbambito dai servizi-collage sulle grandi e senza sapere ad esempio quando ci sarà la “partita”, cioè Fiorentina-Juventus: ma si può?

Leggo tutto quello che sta accadendo intorno a Verdini e penso a quello che stanno passando i giornalisti del Giornale della Toscana.
Ne conosco personalmente alcuni, a cominciare dal direttore Gianluca Tenti, che nei primi anni ottanta ricordo sedicenne inseguire i giocatori con un blocchetto in mano, e pur facendo parte di un’altra parrocchia giornalistica certifico senza nessun dubbio sulla loro correttezza, oltre che sulle loro indubbie capacità professionali.
Ha fatto bene nei giorni scorsi Riccardo Mazzoni, altro grande professionista, a rivendicare quasi urlando l’orgoglio di un giornale che da dodici anni regge bene l’urto di battaglie con avversari molto più equipaggiati economicamente e in una fase economica di crisi acuta.
Ogni discorso riguardante Mario Tenerani sarebbe poi stucchevole: tutti ormai sanno che è forse l’unico di quelli che girano tra radio e televisioni che prenderei subito a Radio Blu.
L’augurio davvero sincero è che Il Giornale della Toscana riesca ad essere più forte del tornado che si è abbattuto, senza alcuna colpa di chi ci lavora, sulle teste dei giornalisti e dei dipendenti.

A me piacerebbe sapere cosa ne pensa l’elettorato femminile del Popolo delle Libertà.

“Vedo belle ragazze laureate con il massimo dei voti, che non assomigliano certo a Rosy Bindi…”. Silvio Berlusconi, in visita all’università telematica e-campus di Novedrate, in provincia di Como, torna a prendere di mira il presidente del Pd. Lo aveva già fatto in diretta televisiva da Bruna Vespa 1, suscitando dure polemiche 2. E torna a farlo oggi. Parlando con gli studenti il presidente del Consiglio avrebbe toccato il tasto della scelta di ragazze di bell’aspetto all’interno del suo partito: “Mi accusano sempre di circondarmi di belle ragazze senza cervello ecco invece qui delle belle ragazze che si sono laureate con il massimo dei voti e che non assomigliano certo a Rosy Bindi…”

Per ragioni lavorative sono abbonato a tre dei quattro canali tematici calcistici (indovinate un po’ quale manca…) e devo dire che Milan Channel è quello dove passo più tempo.
Non che abbia motivi di particolare antipatia verso i rossoneri, anzi Rivera mi faceva impazzire.
E’ che quando sono in difficoltà mi diverto a vedere Mauro Suma, che si dà sempre delle arie da gran giornalista e fa il piacione con le colleghe in studio, arrampicarsi sugli specchi pur di difendere l’indifendibile non perdendo mai l’occasione di sparare bordate velenose e piene di rabbia sull’Inter.
Ha sparato a zero più volte e in più occasioni anche contro la Fiorentina, ma per l’inconsistenza degli argomenti più che farmi incavolare mi faceva divertire.
Alcuni amici milanisti mi dicono che sia inviso a parecchi dei suoi stessi tifosi e ogni volta che lo vedo schiumante di indignazione verso chi contesta Galliani o il SuperPresidente mi verrebbe voglia di recuperare e trasmettere le registrazioni di quando ho guidato la redazione sportiva di Canale Dieci: in confronto a Suma ero un misto tra Travaglio e Santoro per spirito critico.
Ma sto divagando e voglio tornare ad un altro motivo della mia permanenza da spettatore su Milan Channel.
A parte le giornaliste molto attraenti, ci sono degli straordinari filmati dei campionati passati che mi fanno letteralmente impazzire.
In questo momento è in onda tutto il campionato rossonero 68/69, quello del nostro secondo scudetto ed io ho avuto un’autentico e temo patetico attacco di nostalgia.
Fantastico il calcio in bianconero, quello dei numeri dall’uno all’undici, delle partite tutte insieme alla stessa ora, della tanta radio e della poca televisione, dello struggimento in attesa di un risultato che aspetti.
Non si tornerà più indietro, ma mi sono emozionato per Ferrini e Pizzaballa, lo scarsocrinito Cella dell’Inter e il campo del Varese perennemente imbiancato ai lati.
In una luna-park così bello si può sopportare pure Suma, che tra l’altro è anche preparato, che fa il commento quando manca l’audio originale della Domenica Sportiva.

Abbiamo superato quota centomila commenti, in quattro anni e mezzo di vita.
Una cosa incredibile per me, che mi sono fatto trascinare da Saverio in questa avventura che è ormai diventata una piacevole e impegnativa abitudine.
Le ultime statistiche danno questo blog al quarto posto tra tutto quello che di Fiorentina si trova su internet, dietro ai tre siti maggiormente cliccati dai tifosi viola, ma prima di tanti altri.
Chiaramente ci tengo, sarei ipocrita a dire il contrario, però mi piacerebbe di più ritrovare quegli amici che ho conosciuto all’inizio, nel 2006, e che ora si sono allontanati, forse per colpa mia.
Grazie davvero a tutti voi.

Lo scorso 30 giugno ho compiuto trent’anni di iscrizione all’albo dei giornalisti e ricordo ancora il rispetto quasi sacrale con cui mi avvicinavo alla sede in piazza Strozzi per chiedere le informazioni: avendo sempre considerato impossibile, per mancanza di padrini, parenti e altro, fare questo mestiere mi sembrava di essere ogni volta inadeguato anche al possesso dell’amata tessera verde di pubblicista.
Perfino al telefono ero un po’ più cerimonioso di quella che ritengo una normale forma di cortesia (oggi rompo le scatole a Valentina quando chiama qualche sua amica e senza salutare esordisce con un “pronto c’è la Vale”).
Le prime incrinature a questa specie di devozione mistica risalgono a metà degli anni ottanta, quando venni richiamato perché avevo fatto la radiocronaca nonostante ci fosse lo sciopero della categoria: ma io contro chi dovevo scioperare?
Contro me stesso, visto che ero pure l’editore per via degli sponsor che mi procacciavo e senza i quali avrei trasmesso nel tinello di casa Guetta?
Poi sono successe tante cose, come è normale che sia in trent’anni, e ogni volta che veniva proclamato uno sciopero la mia prima preoccupazione era: e adesso che facciamo?
Per un lasso di tempo piuttosto ampio la mia scelta è stata molto “italiana”, nel senso di furba: se lo sciopero cadeva nel giorno della mia adorata radiocronaca, facevo finta di niente a trasmettevo.
Al contrario, a volte aderivo (con molta fatica), a volte no.
Ecco, quello di oggi è il primo sciopero che condivido in pieno, in cui mi sento coinvolto, perché davvero mi pare che si voglia imbavagliare la libertà di stampa.
La legge sulle intercettazioni è ancora molto da rivedere e da migliorare, e mai davvero avrei immaginato nei miei anni giovanili di moderato orientato a sinistra di ritrovarmi sempre più spesso a tifare per uno dei leader del Fronte della Gioventù.

L’ho già scritto nel libro, ma è un episodio che voglio ricordare nel giorno del suo addio.
E’ un sabato sera del 2002, sono le 19 ed è in programma il derby Inter-Milan, mi suona il cellulare ed è Francesco Toldo, che un’ora e mezzo dopo sarebbe stato davanti ad una delle due porte di San Siro.
Mi chiede se mi era arrivata la sua maglia, richiesta per un ragazzo disabile interista di Grassina: parla piano perché è in pullman e si sento pure le voci dei compagni.
Credo basti questo racconto per spiegare meglio di ogni altro esempio chi sia Francesco Toldo e come abbia conservato da ricco signore quella genuinità che scoprii quando lo conobbi la prima volta da semplice “brindellone”, nell’estate 1993 a Roccaporena.
A Firenze è diventato uomo, facendo molto in silenzio per chi chiedeva un aiuto e davvero ha amato molto la maglia che ha splendidamente indossato per otto anni.
Ieri poi è accaduta una cosa veramente strana: ero a Firenze Sud impegnato nei miei soliti forsennati giri giornalistici-commerciali quando ricevo una chiamata che mi induce ad andare velocemente in radio per un incontro che tra l’altro porterà altre novità importanti (come se non ce ne fossero state abbastanza negli ultimi mesi tra “Viola nel cuore” e “Anteprima Pentasport”…).
La cosa va un po’ per le lunghe e verso le 17.30 mi dicono che Francesco ha dato ufficialmente l’addio al calcio.
Lo chiamo e dopo il solito no iniziale automatico accetta di salutare tutti i tifosi all’inizio del Pentasport, quindi parto io invece del povero Barry a condurre.
Una coincidenza rarissima, perché io a Prato non vado davvero mai, se non il venerdì, ma si vede che in qualche modo era scritto che dovessi degnamente salutarlo.

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