Attualità


Il contributo di solidarietà? Sì, no, solo per qualcuno.
La patrimoniale secca? Sarebbe una bella soluzione, sì ma poi perdiamo i nostri elettori e ci accusano di aver messo le mani in tasca degli italiani.
Perché non tassare le case, quelle non possono andare in Svizzera? Buona idea, peccato che sia il bene primario degli italiani e poi non eravamo stati noi a glorificare l’abolizione dell’ICI?
Le province? Le dimezziamo, accorpiamo quelle sotto un certo numero di abitanti, le aboliamo tutte, no meglio lasciarle così.
Via i Comuni con meno di mille abitanti? Mica facile, ci sono le realtà locali da salvaguardare e poi guardali lì Pisapia e Alemanno che flirtano alla riunione plenaria dei sindaci che protestano contro i tagli.
Basta, bisogna lavorare di più: chi se ne frega della Liberazione, della Repubblica e dei lavoratori! Si produce per il PIL anche il 25 aprile, il primo maggio ed il 2 giugno. Ma davvero? No, via non si può. Chi glielo dice poi agli italiani? Come non detto, si sta a casa, anzi si guarda se vengono di giovedì così si fa un bel ponte.
Le pensioni di anzianità? Basta con i privilegi, giusto, non valgono gli anni di laurea riscattati e neanche il militare (come se non fosse di responsabilità dello Stato lo stop di un anno della tua vita), ma no via, non ne facciamo di niente, che poi la Lega si incazza e fa saltare il governo.
Meglio con la lotta all’evasione, caspita che novità, non si era mai sentita prima una cosa del genere.
Fantastico, incredibile non averci pensato subito.
E allora perché non mettere on line tutti i redditi?
Mi sembrava di averla già sentita una cosa del genere, l’aveva proposta Dracula-Visco, quello che nel 2008 voleva succhiare il sangue agli italiani.
Siamo un Paese da operetta, facciamo finta di diventare seri solo solo quando ce la facciamo addosso per via dello spread (che il 70% degli italiani sono certo non sa neanche cosa sia), della paura di non rifinanziare un debito pauroso (1900 miliardi di euro) fatto da quelli della mia generazione e anche da quelli prima “perché tanto pagava lo Stato”.
Diciamo di sì ossequiosi a Trichet e Draghi, ma poi passata la strizza e dopo che la BCE ha comprato decine di miliardi di BTP per salvarci il fondo schiena ricominciamo con la solita presa per i fondelli perché ci crediamo più furbi di tutti.
Oggi che lo spread è tornato a oltre 324 punti e la BCE sta riducendo l’anestetico, che facciamo?
Io sarei per un altro bel vertice ad Arcore con Bossi che dà di stronzo a Brunetta, mostra il dito medio ai giornalisti, minacciando di farli picchiare, mentre il nostro Presidente del Consiglio con rara capacità di sintesi dimostra il proprio ruolo di statista dichiarando di volersene “andare via da questo Paese di merda”.
Strano che in Europa e nel mondo non ci prendano proprio sul serio…

Nel marzo 2010, mi pare, stavo preparandomi a gustare uno dei piaceri della vita: la visione di tutte le partite sul divano davanti all’unico televisore di casa Guetta, una cosa di cui vado molto fiero: abbiamo moltiplicato i computer, ma non le tv.
Avevamo appena perso con il Parma e due minuti prima del fischio di inizio mi arriva sul cellulare una chiamata da un numero che non conoscevo: “Signor Guetta, buongiorno, sono Francesco Guidolin”.
Mio silenzio di tre secondi e ripresa dall’altra parte: “Sono l’allenatore del Parma”.
Per quanto ormai rincoglionito, la mia risposta fu che sapevo benissimo chi fosse e iniziammo una conversazione che mi fece perdere la prima mezz’ora delle partite (anche a lui, immagino).
La ragione della chiamata era un mio articolo sul Corriere Fiorentino in cui lo accusavo di ipocrisia a proposito della famosa querelle a Palermo con Prandelli, quando Mutu segnò con Guana a terra e lui se ne andò dal campo.
Lui contestava il mio aggettivo, io ribettei con le mie ragioni e cominciammo a parlare di calcio in generale.
Posso dirlo?
L’impressione fu che non fosse affatto antipatico e che certe sfumature, certi modi di intendere il pallone solo come uno sport e non come un’industria mi facessero ricordare (ebbi nettamente questa impressione) proprio Cesare Prandelli.
Ci demmo appuntamento per la gara di ritorno a Parma, per una chiacchierata a registratore acceso da realizzare in Emilia nei giorni precedenti alla partita, un’intervista che poi per motivi di tempo non ho mai richiesto.
Questo è il piccolo retroscena che volevo raccontare, il resto è la grande prova dell’Udinese di ieri, che arriva dopo un campionato in cui ad un certo punto io ho sperato che vincesse lo scudetto.
Davvero un ottimo allenatore Guidolin e chissà come sarebbe stato il suo matrimonio a Firenze, ma devo dire che Corvino non ebbe una cattiva intuizione quando nel 2005 sterzò in direzione Orzinovi…

Speriamo che non ci siano eccezioni e che tutti gli altri presidenti prendano l’esempio dal Milan.
Vorrei che in un momento drammatico come questo per l’Italia venissero fatti i nomi e i cognomi di quelli che ci provano, calciatori e procuratori.
Da Repubblica.it

L’ad del Milan, Adriano Galliani non ha dubbi su come la società rossonera risolverà la questione legata al contributo di solidarietà. “Noi al Milan abbiamo già deciso: la tassa di solidarietà, se sarà confermata, la pagheranno i calciatori come tutti gli altri lavoratori italiani.
Su questo punto – ha detto Galliani a Sky Sport- non c’è trattativa e se non sono d’accordo facciano pure sciopero. Io e tanti altri presidenti, che ho già interpellato, non faremo passi indietro”.
Il problema si pone perchè i calciatori trattano le loro retribuzioni con le società al netto delle tasse e nei contratti depositati in Lega è evidenziata anche la cifra netta percepita dall’atleta. La nuova tassa costerebbe alle società di serie A circa 40 milioni di euro. Un salasso insostenibile per Galliani:
“Non mi pongo neanche il problema. I calciatori guadagnano milioni di euro l’anno, non vedo come potrebbero tirarsi indietro di fronte ad un contributo straordinario di solidarietà che si è reso necessario in un momento di grave crisi. Come lo spiegherebbero ai tifosi? Loro sono abituati a non preoccuparsi delle tasse ma questa volta è diverso e spero che se ne renda conto anche Tommasi, il presidente dell’Aic. Se così non fosse, facciano pure sciopero, ma vi assicuro che non otterranno nulla”.

Che tristezza alcune reazioni sul post legato ai vergognosi lamenti delle star televisive.
Quasi tutte le contestazioni partivano da un assunto che mi veniva attribuito e che invece non c’era assolutamente sul post: io non criticavo le trasmissioni di Santoro/Fazio/Floris e compagnia cantante.
Anzi, vi dirò di più: sono tra le poche che vedo in televisione e il loro valore corrisponde esattamente a quello che riescono a produrre in termini di ascolti e di entrate pubblicitarie.
Ergo: guadagnano quello che decide il mercato, ne’ più ne’ meno.
Le mie considerazioni riguardavano tutte le pressioni esercitate per rinnovare i contratti (vedi lettera strappalacrime di Fazio su Repubblica) e l’abnorme spazio dedicato dai giornali “liberi” a Santoro, che si era intascato una buonuscita di 2,5 milioni di euro, e che NON aveva firmato con la 7.
Mi accorgo amaramente che la propensione al dialogo da parte di alcuni proprio non esiste.
C’è chi mi ha dato del cerchiobottista, chi ha tirato fuori la solita bischerata che dovrei parlare solo di calcio (e certo, nel cervello ho un solo neurone, fatto a forma di pallone…), uno ha addirittura detto che non dovevo permettermi di nominare Socci (che avevo segnalato insieme ad altri di destra tra i flop televisivi, come esempio di come certi programmi riescano molto meglio alla sinistra).
Leggendo i vari attacchi, non molti per l averità, diciamo un 20% rispetto agli oltre 100 post, mi sono prima arrabbiato e poi sono caduto nella delusione perché ho capito che manca davvero la voglia di ascoltare la controparte.
Siete incattiviti, amici miei, imbevuti di pregiudizi e preconcetti, permeati di un odio politico viscerale che se dovesse espandersi non ci porterà, ve lo assicuro, molto lontano.

Non sopporto più Santoro.
Lo dichiaro brutalmente, pur apprezzandone le doti giornalistiche, ma non reggo più la sua vocazione al martirio innaffiata da liquidazioni milionarie (in euro) che gli sono state corrisposte non ricordo nemmeno più quante volte, e comunque ad ogni burrascosa interruzione di rapporto.
Il fatto è che quelli di destra non sanno fare la televisione (penso a Socci, Sgarbi, Paragone, anche l’ultimo Ferrara) e quelli di sinistra sì (Fazio, Lerner, Floris, appunto Santoro).
Detto questo, non è possibile assistere alle manfrine che vanno in scena ad ogni loro rinnovo di contratto, ovviamente a molti zeri.
In questo apprezzo molto Grillo, che non ha rapporti con nessuno e che i soldi li fa con i suoi spettacoli, rischiando quindi in proprio.
Giustifico solo la Gabbanelli (bravissima), che fa bene a chiedere la protezione legale dalla Rai per i suoi programmi di inchiesta, ma gli altri e le altre non hanno proprio niente dei perseguitati.
Prendiamo Fazio, che nel 2001 prese una vagonata di miliardi per NON lavorare a Telemontecarlo, futura 7 e poi come se niente fosse è tornato alla Rai e per due giorni alla settimana parla di libri e cd con gli amici e con gli amici degli amici.
O l’Annunziata, già presidente della Rai, che occupa pagine di giornali perché ora se ne va dai Rai3: ma chi se ne frega?
Ha già collaborazioni straordinarie, qualcuno la imbarcherà certamente.
Tutti e tutte sono vittime del sistema quando è in pericolo il proprio contratto, si usa il termine “cacciati”, quando invece è solo la fine di un contratto milionario a cui per scelta aziendale (si possono ancora fare le scelte aziendali?) non è stato dato seguito.
Quanti miliardi in lire ha preso Celentano negli ultimi venti anni dalla Rai?
E ora denuncia che lo “tengono fermo”!
Ma hai quasi 73 anni, hai sempre fatto quello che hai voluto, combinando pure notevoli casini (ricordate la storia del referendum sulla caccia?), vorrai fare posto ad altri?
E invece no: occupazione di trasmissioni per farlo tornare e poi da settimane lenzuolate su Santoro, che dopo aver firmato una separazione consensuale con la Rai da 2milioni e mezzo di euro spara sulla 7 perché non l’ha preso, e Mentana (che considero un genio della televisione) che via etere vuole sapere il perché.
Ma girate un po’ nelle redazioni delle radio, delle televisioni locali, cari baroni e mandarini di questa professione, guardate un po’ come corrono o spesso si inceppano i modesti emolumenti di tanti padri e madri di famiglia.
Oppure fate un salto nei giornali, parlate con i precari, ma non solo con loro, per rendervi conto di quanto sia difficile arrivare ad avere uno stipendio decente di 1000/1300 euro al mese e vergognatevi di tutto quello che dite e scrivete quando vi prende la fottuta paura che non venga rinnovato il vostro contratto a molti zeri (qualche settimana fa c’era su Repubblica una lettera strappalacrime di quel gran furbone di Fabio Fazio che accusava la Rai di non volerlo fare più lavorare).
Quando si capirà che a parte pochissime eccezioni sono loro, queste star così fragili e così strapagate, a dover ringraziare il mezzo che li ha fatti diventare famosi e non viceversa?
Chiudo questa mia personale “avvelenata” con un’annotazione molto immodesta e molto personale: sono da sette mesi il direttore di una radio a diffusione nazionale che sta andando benissimo, ha un ascolto quotidiano superiore al mezzo milione di persone, ma che è pubblicitariamente penalizzata dall’assurda mancanza di diffusione dei dati Audiradio perché i santoni dei grandi gruppi radiofonici da otto mesi si stanno scannando tra loro.
Non soffro quindi assolutamente di invidia verso questa florida Spa del pensiero progressista, non farei a cambio con nessuno e vi farei leggere le decine di lettere che mi arrivano ogni mese via mail per chiedere di collaborare con Radio Sportiva.
Ci sono delle assolute eccellenze, ex ragazzi di 30/35 anni con esperienze assortite che non sanno dove andare a sbattere la testa e che sarebbero disposti a tutto pur di fare qualcosa con noi.
Di questo bisognerebbe preoccuparci, altro che “del conflitto di interessi per non farmi lavorare” come ha datto San-martire-Santoro.
Fermo restando che il conflitto di interesse esiste e che prima usciamo dalla palude berlusconiana e meglio è per tutti, anche e soprattutto per chi è di destra.

Faccio una cosa davvero inusuale, ma siccome l’articolo di oggi del Corriere Fiorentino mi è venuto dal cuore, mi sembrerebbe inutile cercare altre parole per ricordare una donna che è come se non fosse mai andata via.

Un anno senza Manuela. Una sensazione strana per chi ha diviso con lei lunghe stagioni di confronti, consigli, confidenze. Pensando a lei è impossibile ragionare al passato, ti viene spesso da dire: “ora sento Manuela, la chiamo e guardiamo un po’ qual è la soluzione migliore”. Dopo dodici mesi non è successo nulla di ufficiale, non le è stata dedicata la sala stampa del Franchi (ma le sarebbe piaciuto? Abbiamo qualche dubbio) e neppure un ricordo alla prima partita della Fiorentina senza di lei. Eppure basta parlarne, fare il suo nome e vedi accendersi qualcosa, anche fra quelli che non erano d’accordo con le sue idee e con quel suo modo così diretto di imporle. Una carica fortissima che però nascondeva sempre un retrogusto di grande dolcezza, a volte perfino di ingenuità. Bastava conoscerla un po’ meglio per apprezzarla, avere la pazienza di uscire dai luoghi comuni legati alla presenza femminile nel mondo del calcio, lei prima giornalista ad affermarsi nell’universo maschilista del pallone per poi prendere altre strade prestigiose. Una donna davvero speciale, che ci manca sempre di più via via che il tempo passa. Una signora che ha insegnato a tanti senza mai avere la pretesa di essere maestra, semplicemente dando l’esempio. Un anno senza Manuela, che raccontava e difendeva con passione i suoi eroi del pallone. Antognoni e Prandelli prima di tutto, ma anche uomini veri come Renzo Ulivieri. Stasera saranno tutti presenti in un ricordo lungo due ore a Radio Blu dalle 18, insieme ai compagni di viaggio di un’esistenza bellissima, piena di giornalismo e di affetti veri che non l’hanno mai abbandonata, specialmente negli ultimi anni durissimi.

La porcata del Brasile su Cesare Battisti minaccia un seguito nemmeno troppo lontano.
Ora che l’assassino con ergastoli passati in giudicato dalla Cassazione è un uomo libero, e se la spassa con una fidanzata che ha meno della metà dei suoi anni (un classico, direi), pare che per campare voglia continuare ed implementare la sua attività di scrittore.
Non un lavoro manuale e/o impiegatizio, naturalmente, non avesse a sporcarsi le mani o faticare troppo.
Sono veramente disgustato da tutta la sinistra radical-chic che ha fatto pressioni prima in Francia (compresa la signora Carla Bruni) e poi in Brasile perché questo delinquente avesse la patente di rifugiato politico, cercando pure di creare un movimento a suo favore in Italia che per fortuna ha avuto pochissimo successo.
Poiché penso che tra non molto ci sarà in uscita la sua prima “fatica” letteraria, anche perché il ferro va battuto finché è caldo, spero con tutto il cuore che in Italia la vendita del pluri condannato Battisti si limiti alle ex fidanzate e ai parenti, ma temo e so che non sarà così.

Ho avuto anch’io una fase di grande pericolosità legata al gioco e a ripensarci oggi non ho neanche ben capito come abbia fatto ad uscirne senza danni.
La definirei, tanto per restare in tema, una botta di fortuna, perché tutto è avvenuto in modo naturale: piano piano me ne sono liberato ed oggi mi piacerebbe ancora fare un pokerino ogni tanto (ma chi ha il tempo?) e qualche volta vado a buttare 300/400 euro in un casinò, però è tutto sotto controllo.
Giocare è da idioti, esattamente come bere e fumare, su questo non ci sono discussioni e non sono disposto a fare sconti a nessuno sull’argomento.
Dai 22 ai 24 anni io sono stato un perfetto idiota che passava le nottate nelle bische clandestine che pullulavano a Firenze (chissà se ci sono ancora) ed un altro colpo di fortuna è aver lavorato sempre abbastanza, ma all’epoca molto meno di oggi per via appunto del vizio notturno, per potermi pagare le perdite.
Se avessi cominciato a chiedere soldi agli “amici” che stazionavano vicino a certi bar, mi sarei rovinato completamente, magari trascinando nel vortice dell’usura persone che mi volevano bene.
Per questo provo sgomento e schifo quando leggo della gente che si rovina col gioco, calciatori compresi.
Alcuni presi dal demone della perdita, che è infinitamente superiore, credetemi, al fascino della vincita, altri in preda all’avidità, vizio che regna sovrano nel calcio.
E per qualcuno, soprattutto Signori, mi fa impressione l’assoluta mancanza per se stessi, per chi si è stati e per cosa si è rappresentato per quindici anni.
Ma quel vizio è veramente una molla pazzesca, che ti fa pensare solo a come rifarti, a come riprovare il brivido di una pallina che gira o di una carta che deve uscire: si può essere più imbecilli?

Che spettacolo!
Ho sempre tifato per il Barcellona in tutte le partite che ha giocato, ma ieri è stato raggiunto il massimo che il calcio può offrire.
Sono andato a frugare tra i miei ricordi e mi sono venuti in mente solo il Milan che schiantò il Real Madrid e la Steaua Bucarest nel 1989, il Brasile che nel 1970 nel secondo tempo non ci fece vedere palla in Messico, certe partite dell’Ajax e poco altro ancora.
Ma questi sono più belli, hanno tutto, sembrano piovuti dal cielo per giocare insieme e suonare meravigliose sinfonie calcistiche.
Fanno sembrare tutto semplice e poi sono così fisicamente simili a noi, gente qualunque, uomini medi che potresti incontrare in ufficio o in vacanza, non superman alla Ibrahimovic o alla Cristiano Ronaldo.
Una serata fantastica, uno spot irripetibile per il calcio, che pareva davvero un altro sport rispetto alle miserie tecniche viste in questa stagione a Firenze, ma non solo a Firenze.

E l’abito che portava rende ancora più schifoso tutto…

Don Riccardo Seppia, così si chiama il prete arrestato venerdì scorso per abuso su minori e cessione di stupefacenti a Genova, si sentiva “al di sopra di ogni sospetto”. Era ossessionato dal desiderio di avere rapporti con bambini. E’ questo l’identikit tracciato nell’ordinanza di custodia cautelare del gip di Milano Maria Vicidomini. E dalle intercettazioni emerge un quadro gravissimo dell’ossessione del parroco.
L’indagine prende le mosse nella seconda metà di ottobre quando i carabinieri del Nas, impegnati a Milano in un’inchiesta sul traffico di anabolizzanti in palestre e saune, si imbattono in una conversazione tra un pusher africano, soprannominato Franky, e il parroco genovese. Ecco la telefonata: “Ah… niente…senti…. non trovi nessun bambino…?” chiede don Riccardo Seppia a Franky. E’ il 22 ottobre. Don Seppia, nella stessa conversazione aggiunge: “… eh, che mi piace… non hai tuoi amici che mi vogliono fare di tutto…?”.
Gli inquirenti si precipitano in Procura e aprono un fascicolo sul prete genovese. Scrive don Seppia a Franky in un sms: “Mi trovi bambini?”. Sono le 21 del 22 ottobre. Alle 21 e 26 un altro messaggio: “Hai trovato uomini negri?”. Il 23 ottobre altro traffico telefonico tra il parroco e Franky: “Senti, ti chiamo perché ieri avevi parlato che avevi trovato un ragazzo…” dice il prete. “Sì… io ho trovato però lui è andato in galera… hai capito?” risponde. “Ma ha meno di 15 anni?” chiede don Seppia. “Eh, magari 18…” replica Francy. “E no a me mi serve… mi piace… con meno di 14 anni io li cerco” dice il prete. Alle 22 dello stesso giorno diventa evidente che Franky ha dei contatti con altre persone in grado di fornirgli bambini per pedofili: “Adesso quando ti interessa dimmi… io chiamo a loro subito uomo: ho capito… se vuoi uno o due… io prendo… capito?” dice Francy al parroco. “Però ragazzo problema…” aggiunge. Il 29 ottobre don Seppia scrive in un sms: “Trova un bambino 10 anni”. L’ossessione cresce, fino a dicembre, quando Franky sembra abbia trovato la ‘preda’ giusta.
La sera del 22 dicembre 2010 Seppia vuole un bambino, e chiama un amico invitandolo ad abusarne insieme: “Stai a sentire, ti volevo dire questo… Ho avuto modo di trovare qualcosa di tenero, eh… per noi… quando vengo in su… eh… e cazzo, così ci divertiamo”. La cosa non va in porto, il parroco è furioso e parla con Franky: “Ma puoi trovare qualche madre che ha un bambino… che ha bisogno di coca no?!”.
(da Repubblica.it)

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