Il sogno americano
Scena indimenticabile: io e Camilla alle 3 del mattino (ora americana, le 9 in Italia) sperduti, svegli e rincoglioniti dentro il centro fitness di un grande e vecchiotto albergo della Grande Mela a prendere la melatonina che ci eravamo scordati prima di andare stremati a dormire.
Valentina e’ di un’altra categoria, lei a Grassina riesce a dormire anche fino a mezzogiorno…
Poi trenta minuti di corsa per poi provare a dormire un altro po’.
La prima cosa che ho notato arrivando a New York e’ che cambiano le generazioni, ma l’egemonia culturale degli States e’ sempre assoluta, imbattibile: ci impongono e ci imporranno sempre i gusti, i ritmi e i tempi della nostra vita.
Io trenta anni fa mi entusiasmavo per i Levi’s, i Ray-Ban, per i concerti al Central Park, per Robert De Niro e la Streep, le mie figlie stravedono per i misteriosi (per me) protagonisti di cento storie che vanno in onda su Disney Channel o la Fox e che hanno girato a Times Square, spendono per le magliette dell’Hard Rock Caffe’ e sognano una full immersion nello store della Apple.
Mi e’ venuta piu’ volte in mente una spettacolare gag di Gaber: loro, gli americani, sono i buoni, loro esportano esportano la democrazia (la loro) e guai a chi non la vuole.
Al Kennedy i controlli sono quasi raddoppiati rispetto a quando venni con la Fiorentina nel 1999 e ho ripensato sorridendo alla stizza di Batistuta costretto a fare la fila come tutti gli altri (poi pero’ al Giants Stadium fece tre gol in due partite, mentre mi sa che molti dei nostri eroi si fermerebbero alla stizza…), oggi darebbe in escandescenze, ma farebbe bene a stare tranquillo perche’ qui sono sempre piu’ cazzuti, il peso della legge si sente e ti passa subito la voglia di fare il furbo.
Oggi si parte davvero, anche con la trattativa per vedere domani l’Italia su ESPN, sara’ dura, ma ho qualche freccia nel mio arco.
E intanto sono andato a vedermi se abbiamo tenuto Lazzari oppure no, ma di nascosto….