Attualità


Per quanto possa rimanere antipatica la Roma non si può non ammirare il comportamento di Daniele De Rossi.
E non tanto per l’ennesimo no detto ieri al Manchester City, quanto per quello che è accaduto nella scorsa primavera: bastava che dicesse di no al rinnovo del contratto in scadenza, che passasse tre mesi un po’ agitati nella Capitale e si sarebbe ritrovato a guadagnare quanto Ibrahimovic.
Si dirà che i 6 milioni netti che prende di stipendio basteranno per le prossime venti generazioni dei De Rossi, ma quanti ne avete visti di giocatori che lasciano sul piatto una quindicina di milioni di euro netti?
Tutto questo per non danneggiare la società che l’ha cresciuto, per evitarle un bagno economico se fosse andato via a parametro a zero, direi per riconoscenza e amore: una vera e propria scelta di vita.
Per questo non mi ha sorpreso il suo ennesimo no agli inglesi ad una cessione che invece avrebbe fatto comodo alla Roma per incassare una somma incredibile che resterà solo nel libro dei sogni.

Ogni tanto mi diverto a leggere quello che circola via internet sul mio conto.
Secondo alcuni sarei un dittatore, uno che pretende di far dire agli altri quello che io voglio, secondo altri un leccapiedi, per qualcuno un fomentatore di folle.
La verità è che sono “solo” un direttore di radio, da venti mesi di due radio, ed il mio compito specifico è fare di queste emittenti il massimo che sia possibile per il loro ascolto.
Quando nel settembre del 1979 ho iniziato con Marco Brunetti alla regia il primo numero del Pentasport ero da solo, così è stato fino al 1984, poi sono stato insieme a Saverio fino al 1990 e infine ho costruito una redazione sempre più numerosa e con un numero crescente di opinionisti.
Ho sempre detto e fatto quello che mi è parso giusto, sbagliando diverse volte, ma nessuno mi ha mai condizionato: ho ascoltato tutti decidendo alla fine di testa mia e i risultati siete voi a giudicarli.
Da quando Radio Blu ha cambiato proprietà, e stiamo parlando del gennaio 2007, tutto è diventato più interessante ed importante, sono stati abbattuti steccati ed è aumentato a dismisura l’impegno.
La mia grande ambizione da quasi sei anni ad oggi è stata quella di fare della mia emittente un quotidiano radiofonico aperto a tutte le voci che ritenevo interessanti, senza che contasse minimamente se quelle voci erano o meno d’accordo col mio pensiero, qualcosa che assomigliasse per la Fiorentina a ciò che apprezzo in quotidiani come il Corriere della Sera o La Stampa: nessun partito preso, ma grande varietà di pensiero.
Perché io sono il direttore e do la linea editoriale a Blu, ma ogni opinionista ragiona con la propria testa ed è liberissimo di esprimere il proprio parere senza il minimo condizionamento.
In tutti questi lunghi anni ho mandato via dalla redazione pochissime persone e non perché non fossi d’accordo su ciò che dicevano, perché per quello sarebbe bastato aggiungere o anticipare che si stava parlando a titolo personale.
Ho invece mandato via in alcuni casi gente per motivi disciplinari o per uso improprio del microfono, mentre se ho cambiato degli opinionisti è stato solo perché ritenevo che ormai ci fosse poco da offrire.
Da domani nella Nazionale di Radio Blu entra Bernardo Brovarone, personaggio scomodo a 360 gradi, che sarà presente con le sue informazioni tecniche e di mercato anche su Sportiva.
In tanti lo adorano, altri lo detestano, certamente fa e farà discutere ed è proprio questo il motivo per cui quattro anni fa lo avrei voluto con noi.
A quella trattativa andata male seguirono impuntature e scazzi come spesso accade nel nostro mondo ed io non sono proprio il tipo che porge l’altra guancia, anche se credo di saper riconoscere quando sbaglio.
Per tutti i suoi fan penso sia un bel momento, per gli altri che resisteranno sarà interessante vederlo confrontarsi con dei pesi massimi del giornalismo fiorentino e nazionale, oltre che con ex campioni del calcio.
Lo sentirete in una versione diversa da come qualcuno di voi si era abituato, perché a Blu non ci sono primedonne e tutti giocano per la stessa squadra: io credo che ne guadagnerà lui per primo ad essere più stretto nei tempi.
Ovviamente non so assolutamente niente sul contenuto dei suoi interventi, per me potrà dire tutto e il contrario di tutto, sapendo di poterlo fare con 200mila persone all’ascolto e senza alcuna censura.

Credo (e spero) che si sia arrivati al momento più difficile di una crisi che nessuno ha capito da cosa sia stata provocata e che soprattutto lascia intravedere una fine del tunnel ancora molto lontana.
Ci siamo tutti incattiviti e mi ci metto anch’io nel mezzo, pur sapendo di fare i salti mortali a livello mentale per non farmi contagiare da questa sempre più evidente mancanza di etica, di solidariertà nei rapporti con i nostri simili e con chi sta peggio di noi (e se ci pensate bene è quasi sempre la maggioranza delle persone che conosciamo).
Ti svegli la mattina e non sai quale cavolo di accidente planetario, europeo, nazionale o locale ti si mette nel mezzo per rovinarti la giornata.
Stamani c’è la decisione probabilmente rinviata della corte costituzionale tedesca per il via al fondo salva-Stati, due settimane fa sembrava che la Sicilia fosse fallita con conseguenze facilmente immaginabili per l’Italia, domani ci potrebbe essere un’operazione di derivati andata male che porta il Comune sull’orlo della bancarotta.
Sì, ma noi che ci facciamo il culo ogni giorno, io che lavoro quindici ore staccando in tutto l’anno al massimo per quattro settimane, domeniche comprese, cosa c’entriamo in tutto questo?
I soldi messi da parte, per chi se l’è potuto permettere, per i nostri figli li affidiamo allo Stato?
Prima era un porto sicuro, adesso sembra quasi che quando vai a sottoscrivere un BTP tu stia per entrare al Casinò di Sanremo con le stesse incertezze che hai sulla tattica da usare: punto sulla sestina di mezzo o vado tutta la sera sui miei quattro numeri fissi?
E poi il piangersi addosso: io capisco tutto, ma non è possibile che tutti si lamentino, che non ci sia mai un barlume di orgoglio e di ribellione a questo progressivo detriorarsi della qualità della nostra vita.
L’idea di fondo imperante è che andrà sempre peggio, che non ci sarà più lavoro, che i nostri soldi non varranno più niente, che non esiste futuro per chi verrà dopo di noi.
E basta!
Proviamo invece a prenderci un quarto d’ora di ottimismo quotidiano, perché se ci guardiamo indietro mica siamo stati così male fino ad oggi, proviamo a fare un sorriso in più e un pensiero funereo in meno.
E comunque la pensiate, buon Ferragosto a tutti voi.

Questa estate è accaduto qualcosa di strano, un’inversione di tendenza tra il calcio e gli altri sport per cui abbiamo accettato con fin troppi trionfalismi una sconfitta in una finale europea mentre invece si spara a palle incatenate contro chi, dopo aver dominato per anni, arriva “solo” quinta nel mondo.
I risultati dell’Italia agli Europei e di Federica Pellegrini alle Olimpiadi si equivalgono, ma basterebbe leggere solo un paio di giornali per comprendere l’impatto profondamente diverso che hanno avuto a livello di critica.
Io, lo dico subito, sono completamente dalla parte della Pellegrini, che sarà pure andata in televisione e sui giornali, ma che si è fatta un mazzo grosso così per arrivare “solo” quinta nel mondo.
Proviamo a confrontare la fatica di Federica con quella di Vargas (esempio pessimo a tutto tondo per tutti) e poi vediamo se qualcuno mette ancora il broncio per la mancata medaglia.

Bruttissima sconfitta, perché non abbiamo mai giocato: eravamo spenti come mai si era visto in una finale a questi livelli, neanche nel 1970, quando alla fine del primo tempo stavamo pareggiando per 1 a 1 contro il Brasile di pelé.
Una botta del genere proprio non me l’aspettavo, sembravano fantasmi, incapaci di tenere palla, quasi al livello dell’Italia del 2010.
Ovviamente resta l’impresa di Prandelli e dei giocatori che inaspettatamente ci ha portato in finale, però a me non piace questa corsa a voler giustificare tutto, a dire che siamo stati grandi lo stesso.
Eh no, il calcio è agonismo e quindi siamo stati grandi fino alle 20.45 di domenica primo luglio 2012, poi siamo crollati.
Impietosamente.
Non ho neanche capito perché sia entrato Motta, assolutamente impresentabile in Nazionale, al di là della sfortuna di essersi fatto male subito.
Sullo sfondo resta anche la grandezza nella sconfitta di Prandelli, che non ha fatto in tutto questo mese un gesto fuori posto, allenando la Nazionale con uno stile che a Firenze conosciamo molto bene.

Mutuando una celeberrima frase del grande Manlio Scopigno (“mi sarei aspettato tutto nella vita, tranne che vedere Niccolai in mondovisione…”), io mi sarei aspettato tutto da casa Guetta, tranne che Letizia mi chiedesse chi avrebbe giocato stasera e quale fosse secondo me la formazione migliore da schierare contro la Spagna.
In quasi venti anni di vita insieme credo che abbia seguito la Fiorentina solo per spirito di appartenenza familiare, anche perché i vari impegni della squadra hanno sempre condizionato tutte le nostre scelte.
E invece ieri, a poche ore dal nostro ritorno dall’America, mi sono lanciato in una dotta, si fa per dire, dissertazione sulle condizioni di Abate e selle possibilità di mettere Chiellini in mezzo togliendo il pur ottimo (sul campo) Bonucci.
Valentina invece è combattuta sulla maglia azzurra da prendere e non sa scegliere tra Balotelli e Pirlo: io faccio finta di niente, ma per quanto il secondo sia straordinario, rimane pur sempre uno juventino, e quindi punto sull’effetto muscoli del primo.
In più è diventata scaramantica e vorrebbe rivedere, stile Fantozzi alla roulette con il conte, la finale nella stessa formazione delle due partite precedenti, ma alla fine cederà al maxi-schermo.
Perfino Camilla dimostra un minimo di interesse per il calcio, mentre Cosimo deve aver capito che quella di stasera è una partita particolare ed è pronto a schierarsi all’inno nazionale.
Questa impensabile conversione al calcio di casa Guetta ha una sola firma, Cesare Prandelli.
Ha davvero conquistato tutti, io ci speravo, ma non ne ero così convinto perché lo conoscevo come uomo che aveva bisogno di lavorare sei giorni su sette sulla squadra.
Un allenatore straordinario, oltre che uomo con cui è bello confrontarsi, ma non un selezionatore, e invece ha stupito.
Sulla Fiorentina cominciamo a riparlarne da martedì, tanto per ora non succede niente…

Sto tornando, sono contento di rituffarmi nella realtà fiorentina e continuo nella mia pessima provincialita’…
Qui al JFK della grande New York il wi-fi e’ un optional, il caffè vero non esiste e ci sono giornali spagnoli, israeliani, ma non italiani e così non ho potuto leggere niente dell’impresa azzurra.
E’ stata una grande esperienza, da ricordare tutta la vita e sono stato fortunato ad essermela potuta permettere.
Le figlie non hanno più il mito americano, anzi hanno rafforzato il loro amore per l’Italia, la permanenza a Orlando e’ stata quasi surreale e se potete resistere al fascino dei parchi non ci andate per nessun motivo perché davvero non vale la pena.
Ho sentito il Pentasport in volo verso NY mentre vedevo arrancare Federer su ESPN, roba da fantascienza per me…
Della nostra amata Fiorentina ho saputo tutto, ma per ora non dico niente, fatemi riprendere dal volo, tra due ore mi imbarco.
Un saluto affettuoso a tutti voi che mi avete letto in questa settimana così strana.

Grande Cesare, solo poche parole per condividere la gioia che dovrebbe essere di tutti gli italiani.
Abbiamo fatto fuori Inghilterra e Germania, giochiamo il miglior calcio di Europa, tutto questo appena due anni dopo l’umiliazione del Sudafrica.
Bello vivere tutto questo con le mie figlie dall’altra parte del mondo.
Se qualcuno stasera ha tifato GErmania, proprio non lo capisco.

E’ giusto ammettere senza mezze misure le proprie debolezze, o perlomeno quelle confessabili…
Sono un provinciale in tutto e per tutto: ne avevo gia’ avuto una vaga idea nel 1992, quando mi proposero di restare a Panorama per una collaborazione ben retribuita, ma non l’assunzione, e io ci pensai dieci secondi per dire di no perche’ volevo vivere a Firenze.
Professionalmente ho ripetuto la stessa scelta quattro anni dopo, quando avevo la possibilita’ di entrare nel gruppo dei telecronisti di Tele + e neanche per un minuto mi passo’ per l’anticamera del cervello l’idea di abbandonare Radio Blu e la Fiorentina.
Con questo viaggio in America insieme alle mie figlie e alla soglia dei 52 anni non ci sono piu’ speranze ed e’ ufficiale: sono nato e moriro’ provinciale, oltretutto quello della peggiore specie, l’uomo che vaga nervosmanete per le strade delle capitali del pianeta alla ricerca dell’italico caffe’ ristretto (ok New York, uno schifo a Washington) e del giornale italiano, uello che l’Italia gli sembra sempre meglio, il non cittadino del mondo che prova sempre un senso di estraneita’ se non e’ immerso nei suoi tre luoghi simbolo: Firenze uber alles, Armentarola, Tonfano.
E non contano niente le stelle degli alberghi o le bellezze da visitare, qui vale quel senso di appartenenza che mi frega tutte le volte che sono lontano da casa.
Nonostante tutto questo, ho viaggiato moltissimo, perche’ davvero sono in buonafede alla partenza.
E questa e’ un’avventura molto bella, anche se mancano Letizia e Cosimo, ma continuo a credere che la cosa migliore sia pensarci dopo di esserci stato nei posti, magari mentre sono a Grassina o a Radio Blu.
Oppure immaginarli prima certi itinerari, magari sognarli, ma se si va oltre alla settimana sbarello e mi viene una voglia terribile di tornare a casa.
Temo di aver lasciato qualcosa di simile anche nel DNA di Valentina e Camilla, pur augurnadomi vivamente per loro una maggiore apertura mentale.
Intanto leggo e mi documento: ma li’ a Firenze non succede niente?

Non avevo mai visto l’Italia dominare cosi’ in una partita di questa importanza.
Davvero una grandissima prestazione, nella mia stanza di albergo ho molto sofferto, convinto che ci avrebbero buttato fuori ai rigori, ho anche pensato alla rivincita degli inglesi su Prandelli ricordandomi di come eliminammo l’Everton a Liverpool.
Ed ero certo che Montolivo (per un’ora, cioe’ fino all’errore sotto porta da 7) avrebbe battuto uno dei rigori, perche’ aveva sempre segnato in Europa dal dischetto.
Alcuni hanno giocato una partita mostruosa, penso a De Rossi, ma anche Pirlo (incredibile il suo cucchiaio) e poi Buffon, che e’ stato decisivo.
Non mi direte mica che avevte tifato per la “simpatica” Inghilterra, che per decenni ci ha fatto passare per una Nazione calcisticamente di serie B, accusandoci di saper fare solo catenaccio?
Sono contento soprattutto per Prandelli, bellissima la scena in cui seguiva i rigori abbracciato dal figlio Niccolo’, credo che ieri sera a Kiev ci fosse qualcosa di viola in panchina.

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