Attualità


Dopo essermi indignato, incazzato e molto preoccupato, sono arrivato a questo rassicurante pensiero: non va considerato.
Va lasciato lì, a sparare le sue assurdità, che poi vengono smentite il giorno dopo, confermate quello successivo e rinnegate verso fine settimana a seconda delle condizioni metereologiche sopra Milano e dello stato di salute di Pato.
Sto ovviamente parlando del nostro ex Presidente del Consiglio, quello che c’è stato tra Prodi e Monti.
Sì, quello strano figuro traslato direttamente dal Museo delle cere che ogni tanto si anima e tira fuori la sua ricetta per farci vivere felici e contenti, “perchè gli italiani, si sa, sono come un bambino di dodici anni”.
L’ultima è quella di fregarsene dello spread, di lasciarlo salire magari fino a mille, come se questo non comportasse strapagare futuri interessi sui titoli di Stato e quindi ammazzare il Paese togliendo risorse da destinare a scuola, sanità pubblica, investimenti per rianimare l’economia.
Come se non fosse stato lui il Presidente del Consiglio che 16 mesi fa richiamava tutti ad un senso di responsabilità per mantenere gli impegni presi con l’Europa.
Stacchiamo la spina, lasciamolo delirare, confiniamolo al 15% di fedelissimi (un’enormità, me ne rendo conto, ma da sempre siamo un Paese fondato su calcio, televisione e f..a) e speriamo che arrivi una destra degna del suo passato liberale.

Siccome ieri gli hanno detto che Pato non rientra fino al 2013, gli è scattato qualcosa nella testa e ha cambiato idea un’altra volta: non si candida più se il ruolo di leader dei moderati lo prende Monti.
Non il vecchio medico del Milan, ma quel signore piuttosto serio di una certa età che aveva delegittimato appena 72 ore prima, accusandolo di ogni nefandezza, prima di tutto di aver rovinato l’Italia che lui salverebbe senza problemi.
Vediamo cosa succede da qui a domenica, promette di nevicare e può anche darsi che decida di invadere la Svizzera per assaltare le cassette di sicurezza e riportare i soldi in Italia e dimezzare il debito pubblico, od organizzare uno sbarco su Marte per i migliori venditori di Publitalia.

Cerco come sempre il dialogo e quindi chiedo con grande rispetto alla metà (o poco meno o poco più, non importa) degli italiani che preferisce la destra a Bersani due cose fondamentali: sono pronte queste persone a votare nuovamente Berlusconi?
E ancora: con quale spirito lo fanno e perché?
Non sembra a tutti questi concittadini, che non sono di serie B, come invece vorrebbe far credere una pessima vulgata di sinistra, che Berlusconi abbia fatto danni notevoli, che abbia perso ogni possibile credibilità in Italia e ancora di più all’estero, che si vada verso lo scontro finale proprio come nel film peraltro non proprio memorabile di Nanni Moretti?
Davvero sareste disposte e disposti dare il nostro futuro e quello delle generazioni future nelle mani di questo anziano signore di 76 anni, quasi mummificato nel suo tentativo di nascondere il passare degli anni, che vive circondato da fantasmi, che è assetato di rivincite politicamente sanguinose e che mi pare sempre più assomigliante a certi personaggi foschi del nostro passato che hanno scritto il triste finale della propria storia asserragliati nel proprio bunker?
Se lo fate, se gli date dopo 19 anni ancora fiducia, perchè lo fate?
Se dite che la sinistra è peggio, che Bersani non è presentabile, io accetto la vostra idea, ma, e lo dico preventivamente, mi sembra un pensiero estremamente debole, qualunquista.
Sono curioso…

Stamani voglio parlare di un’altra Viola, Isabella, di 34 anni, mamma di quattro figli, morta di fatica seduta su una panchina della metropolitana di Roma.
Di fatica e di dolore, perché non vedeva futuro, perché il marito non lavorava e perché sul domani dei suoi bambini vedeva solo nuovole nere.
Io che passo molto tempo della mia vita interiore a riflettere su cosa fare per Valentina, Camilla e Cosimo, a come mettere loro la strada in discesa, sono stato colpito come da uno schiaffo quando alla radio stamani ho ascoltato questa notizia.
Nella mia testa e nel mio cuore non c’è più stato spazio per altro che per tutte le Isabella del mondo, donne (molte più donne che uomini) che consumano la propria esistenza inseguendo una banale e irraggiungibile idea di normalità.
Isabella Viola si alzava tutte le mattine alle 4, impiegava un tempo lunghissimo per andare a lavorare (e chi se la poteva permettere una macchina?), poi tornava a casa e cominciava ad “inseguire” i quattro figli, oltre (immagino) a sopportare la depressione di un marito disoccupato.
E qui mi fermo per rispetto perché non è neanche giusto entrare nelle vite degli altri, ma urlare che non è possibile morire di fatica e di stenti a Roma (come a Milano o Firenze) a 34 anni, nel pieno della vita, questo si può fare.
Anzi, lo dobbiamo fare, oltre a dedicare almeno cinque minuti della nostra giornata a chi sta peggio di noi.

Il mio rapporto con la politica è stato il seguente: ho sempre votato, partecipando a tutti i referendum e fin da quando avevo quindici anni mi sono interessato a quello che succedeva nei partiti, nei Governi, nella nostra Nazione.
A venti, un signore che contava qualcosa vedendomi e sentendomi impegnato come un forsennato in interviste di varia natura mi disse che ero piuttosto bravo, ma che se avessi voluto entrare alla Rai mi sarei dovuto iscrivere ad un partito, meglio ancora se quello Socialista.
Erano i tempi (veri) in cui si diceva che su dieci giornalisti che prendevano in Rai quattro erano democristiani, tre socialisti, due comunisti e uno bravo, tempi che credo non siano mai finiti, anche se nel corso degli anni abbiamo visto scorciatoie più veloci per il posto fisso e relativo stipendio importante.
Per farla breve: non mi sono mai iscritto a niente, non sono mai entrato in Rai, non mi ha mai assunto un giornale e sono diventato quello che conoscete frequentando il blog o ascoltandomi in radio.
La premessa era necessaria per capire che non ho interessi da portare avanti o da nascondere: ho sempre votato a sinistra, spesso turandomi il naso, e sono andato alle primarie dando la mia preferenza una volta a Rosi Bindi (perché unica donna presente) e un’altra a avrei indicato Bersani, che stimo molto come persona, se solo si fosse candidato.
Stavolta è un po’ diverso perché conosco personalmente Matteo Renzi e mi fido.
Per questo lo voterò, cercando di fare i salti mortali per partire in tempo per Torino (sono già agitato al pensiero di far tardi), perché crede davvero in quello che dice, ha uno stile di vita coerente con le idee che professa e soprattutto perchè “bisogna” cambiare.
E spero soprattutto che vadano in tanti a votare, per non rassegnarsi all’Italia dei Fiorito, Lusi e compagnia cantante.

Sarà la Fiorentina, sarà che i ricordi degli anni dell’adolescenza sono uno dei patrimoni più belli che abbiamo, sarà un minimo di importanza che nel corso degli anni ha conquistato Radio Blu, sarà quello che volete, ma è bello vedere che nomi di caratura nazionale rispondono sempre di sì con entusiasmo quando li chiamo come è successo ieri sera per chiedere loro di intervenire nel Pentasport.
Il primo che mi viene in mente per questioni anagrafiche, di crescita radiofonica, di esperienze comuni è Carlo Conti: è veramente lo stesso di quando facevamo il giornalino del Duca D’Aosta oppure eravamo a divertirci mai pagati a Radio Firenze 2000.
Gli fai un fischio e lui se può corre, oppure ti dà la disponibilità telefonica senza mai farti pesare di essere diventato uno dei primi tre conduttori italiani.
Poi Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, che a volte mi imbarazza per la sua gentilezza: ieri ha interrotto la sua riunione per il nuovo programma Rai pur di stare tre minuti con noi.
Non è mai cambiato da quando veniva nel 1979 negli studi di Blu che allora erano nel viale Veneto, una persona solare che ha saputo ridere delle proprie debolezze e superare tsunami di ogni genere.
Ma il più incredibile di tutti è stato Marco Masini, uno che tanto per dire ha vinto Sanremo: provo a chiedergli un po’ incerto se gli fosse andato di venire a parlare di Fiorentina in radio per una puntata particolare senza nessun suo nuovo disco da promuovere o spettacolo fiorentino da lanciare e lui dice sì subito, solo per il gusto ed il piacere di esserci: grazie.
E ancora Paolo Vallesi, che si dichiara ascoltatore fisso del Pentasport e stacca pure lui dalla sala di registrazione in Sicilia o Paolo Beldì, regista numero uno in Italia, che ti ringrazia per aver pensato a lui.
Scusate, ma in un mondo dove tanti facoceri si sentono chissà cosa e invece non valgono nulla, io riesco ancora a godere di fronte a queste cose e con questi amici.

Oggi ne parliamo a Blu e Sportiva, io faccio quello che posso, metto a disposizione le radio che dirigo, lunedì ho inviato il mio contributo alla Fondazione (IBAN: IT 53 M 08329 51610 000000202000) per scusarmi del vaffa in radiocronaca, ma sono piccole cose.
Il resto bisogna farlo tutti insieme con mail, telefonate, lettere.
Ecco le dichiarazioni di Stefano, che peraltro molti di voi hanno già riportato nei precedenti post a proposito del taglio dei fondi destinati ai malati di SLA.
Se penso a Fiorito, Lusi, quello dell’IDV che si è sputtanato 120mila euro nostri ai videopoker, a tutti i ladri che ingrassiamo e foraggiamo quotidianamente, a me che sono tutto meno che un violento prudono le mani…

Stefano Borgonovo è pronto a morire per il diritto di essere curato e vivere una vita dignitosa. La protesta dei malati gravi contro il governo, tra cui quelli malati di SLA, tocca una nuova, drammatica svolta: lo sciopero della fame.
Intervistato dal ‘Tg4’, Borgonovo ha dichiarato: “Chiediamo il ripristino dei fondi destinati alla non-auto sufficienza, quei 400 milioni indispensabili per essere assistiti nelle nostre case. I nostri cari sono stremati: si devono occupare di noi trasformandosi in medici e infermieri. Il posto per noi sarebbe la terapia intensiva, ma preferiamo restare in casa con le nostre famiglie: se assistiti a domicilio costiamo molto meno”.
Il 21 novembre a Roma, di fronte al Ministero dell’Economia, inizierà un presidio permanente di molti malati, che rischieranno la vita per questo. “Siamo malati gravissimi, abbandonati da uno Stato che considera la disabilità un peso”, ha concluso Borgonovo

Voglio i nomi, i cognomi ed il codice fiscale dei miei amati compatrioti che gli chiedono di tornare in Parlamento…

Berlusconi chiede scusa agli italiani
“Non ce l’ho fatta. Crisi ha cancellato sforzi”Lo leggo dopo ROMA – Finora non lo aveva mai fatto, ma adesso, per la prima volta, Silvio Berlusconi chiede scusa agli italiani e lo fa nel libro di Bruno Vespa “Il Palazzo e la Piazza. Crisi, consenso e protesta da Mussolini a Beppe Grillo”.
“Pensavo di chiedere scusa agli italiani perché non ce l’ho fatta – dice Berlusconi -. La crisi ha cancellato i nostri sforzi, anche se noi abbiamo lasciato la disoccupazione al punto più basso degli ultimi vent’anni”.

Berlusconi continua: “Abbiamo garantito la pace sociale negli anni più duri della crisi. Abbiamo impiegato 38 miliardi in ammortizzatori sociali. Abbiamo tagliato le spese ai ministeri con la prima vera spending review e attuato il più grande stanziamento sulla cassa integrazione della storia italiana”.
“È vero che lei ha pensato anche di non entrare in Parlamento?” chiede Vespa.
“Si, è vero anche se sto ricevendo pressioni da tutti i miei di restare in campo come padre fondatore del movimento”.

Ennesima figura penosa del calcio italiano in Europa, col chiaro sospetto che tutti o quasi prendano la seconda competizione continentale sotto gamba.
Inutile stare a rimarcare la serietà viola di qualche stagione fa, meglio chiedersi invece se non sia il caso di intervenire a livello federale, perché qui ci portano tutti a fondo e alla fine in Champions rischiano di andarci solo le prime due del campionato.
Il caso più eclatante è il Napoli, che non può perdere in quel modo in quel posto dal nome impossibile dove sono stato a trasmettere nell’autunno del 2001, quando eravamo in bilico tra la salvezza ed il fallimento.
Ma nessuno dalle parti del San Paolo ha qualcosa da obiettare di fronte a sconfitte così umilianti e quasi preparate a tavolino come quella di ieri sera?

Mi pongo sempre più spesso questi interrogativi, un po’ per cercare di capire qualcosa in più della mia vita interiore e molto per esorcizzare quello che con tutti gli sforzi possibili non riesco neanche ad immaginare, se non come la fine di tutto.
Se io fossi un babbo di Palermo a cui uno stronzo ha ammazzato la figlia e ridotto in fin di vita l’altra, come ragirei?
Come vivrei ancora?
Cosa mi farebbe andare avanti?
Sarebbe più la forza nella speranza di giustizia, la spinta della vendetta (che nessuno mi permetterebbe di compiere) o l’amore per chi è rimasto?
E come mi rapporterei di fronte alla devastazione di un’altra famiglia in cui si vaneggia di figli che in fondo sono “bravi ragazzi”?
Troverei dentro di me un po’ di ossigeno o aspetterei soltanto che venisse il mio giorno per avere finalmente un po’ di pace?
Mi faccio tutte queste domande, scavo in profondità e non ho neanche una risposta.

Faccio questo lavoro perché l’ho sempre sognato e ho avuto la fortuna e la tenacia di riuscirci senza venire a patti con nessuno.
Animo questo blog per puro spirito di libertà, raccontando sempre quello che penso, mettendomi spesso in situazioni a rischio, al contrario di tanti che evitano di prendere posizione su certi argomenti “perché non si sa mai ed è meglio vivere tranquilli”.
Ribadisco che non sopporto la politica in curva e quindi pure l’immagine di Che Guevara in quella del Livorno e che sullo specifico argomento ho già detto molto quando al Bentegodi vidi anni fa certi drappi di formazioni neonaziste messi sopra gli striscioni dei viola club.
In questo caso riporto semplicemente quello che è successo oggi, ricordando pure le dichiarazioni ancora una volta fuori misura sul Livorno di Mandorlini, allenatore del Verona, che nel recente passato si era già distinto per aver dato di terroni a quelli della Salernitana.
A voi il giudizio.

Cori contro Piermario Morosini.
Verso la fine del primo tempo del match Livorno-Verona un gruppo di ultrà del Verona ha scandito un coro di insulti verso Piermario Morosini, il calciatore del Livorno morto sei mesi fa a Pescara durante una partita. I
Il coro è stato appena percepito dal resto dei tifosi presenti allo stadio, ma non è sfuggito alla Digos della questura livornese che ha filmato gli ultrà che hanno concluso la performance con saluti romani e slogan fascisti.

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