Attualità


E’ uno di quei rarissimi casi in cui credo sia giusto dire che siamo davvero tutti più soli.
Senza retorica, ma solo cercando di rileggere (o leggere per la prima volta) la storia di un uomo speciale, che non si vergognava a confessare anche le proprie debolezze.
Un gigante, reso ancora più grande dalla miseria dei tempi che viviamo.
Grazie Madiba.

Andrò a votare alle primarie del PD, al ritorno da Roma, e darò la mia preferenza a Matteo Renzi.
La considero l’unica, e temo tra le ultime, speranza concreta per provare a fermare il declino di questo Paese che continuo a considerare meraviglioso e anche l’unico dove potrei vivere, forse anche a causa del mio immutabile e credo definitivo provincialismo.
Matteo Renzi è forse il politico che ho conosciuto un po’ più da vicino in questi oltre trent’anni di marciapiede calcistico e mi sembra già oltremodo positivo il fatto che l’approfondimento personale non abbia determinato un ripensamento delle mie idee iniziali.
Sono convinto che ci proverà davvero a cambiare le cose, a rendere il merito il più importante veicolo di ascesa o discesa professionale, ad evitare i vergognosi sprechi e le maleodoranti ruberie di questi decenni.
Che poi ci riesca è un altro discorso e ovviamente non dipenderà solo da lui, ma anche dalle persone che però lui sceglierà e di cui sarà responsabile.
E c’è un’altra cosa che apprezzo moltissimo in Renzi: considera l’avversario politico un interlocutore da battere, non un nemico da abbattere in tutti i modi, leciti e vietati.
Forse lunedì cominceremo a sperare di vedere un’altra Italia.

…date una carezza ai vostri bambini e dite che questa è la carezza del Papa.
Ero un bambino e quella frase così dolce di Papa Giovanni XXIII entrò anche in casa Guetta, tanto che ancora ne ho un preciso e bellissimo ricordo, pur non avendola ovviamente ascoltata in diretta.
I tempi purtroppo sono molto cambiati e oggi i bambini vengono utilizzati per lanciare anatemi.
Lo ha fatto il nostro ex Presidente del Consiglio, rivolgendosi ai “colleghi senatori” e ammonendo a non votare la sua decadenza pena una crisi di coscienza di fronte ai propri figli.
Con tutto questo casino mediatico messo in piedi da Berlusconi e dalle sue tante gazzette mediatiche ho l’impressione che gran parte delle persone abbia perso il senso della cosa, e cioè che la decadenza dalla carica di senatore dell’ex premier sia solo un fatto tecnico, direi automatico, vista la condanna.
A meno che non si voglia sancire il principio che esiste un italiano che non è uguale agli altri davanti alla legge, cosa peraltro già sospettata da tempo e purtroppo non solo per Berlusconi.
Nel caso però sarebbe necessario che venisse adottato un provvedimento ad hoc, qualcosa di definitivamente dirimente anche per le prossime condanne che passeranno in Cassazione: qualunque cosa abbia fatto o detto, Silvio Berlusconi non può orologi replica essere condannato.
E se per caso lo fosse, non deve in alcun modo scontare la pena.
Basta saperlo.

Avevo un’immagine lontana nel tempo di Gil De Ponti, datata 1975.
Ero in classe con Giampaolo Panichi, grande capitano della Rufina (riuscì pure a farmi provare, ma mi scartarono, giustamente), che lo conosceva per motivi calcistici e quando esordì in serie A col Cesena sembrò quasi che per interposta persona giocasse tutta la seconda L del glorioso Duca D’Aosta.
Trentotto anni dopo lo ritrovo all’aeroporto di Cluji felicemente mischiato con gli altri tifosi del Viola Club Lippi e la scoperta merita qualche riga.
Nel cazzeggio pre partenza siamo in un gruppetto di persone e lui, chiacchierando del più e del meno, dice di aver giocato in terza categoria.
Con un pizzico d’orgoglio gli dico che ho fatto la seconda nel Doccia e che comunque un po’ è vero, “essere andati in campo aiuta a capire il calcio”.
Quando mi spiegano chi è, mi si apre un mondo e sono perfino contento di essere stato preso per i fondelli, ovviamente non me lo faccio scappare e ieri sera me lo sono gustato nel Pentasport.
Sapevo molte cose di lui come calciatore, pochissimo come conquistatore di donne (Gloria Guida, Serena Grandi e Carmen Villani, più una ex di Guccini per me valgono quasi il pallone d’oro), e ancora meno sulla sua voglia di Firenze, sulle sue radici.
Pur girando il mondo in lungo e largo è come se non si fosse mai mosso da Rifredi, dal Lippi e ieri sera dopo la trasmissione andava a vedere giocare la squadra di calcio a sette, quasi in incognito.
Va in trasferta come un tifoso qualunque e ha una dolcezza di fondo che solo la malattia ha un po’ indurito, ma è davvero un gran personaggio che per due ore mi ha fatto sentire l’odore tanto rimpianto dell’olio canforato.

Molto lentamente ci stiamo avviando ad una certa parità tra uomini e donne, almeno in casa Guetta.
Ieri sera si è affacciata Valentina, l’unica tra i discendenti a mostrare un minimo di interesse per le partite in televisione, e le ho detto che Cristiano Ronaldo aveva fatto cose pazzesche.
Il suo commento, secondo me fantastico e che testimonia del cambiamento in atto è stato: “ma come fa ad essere così bravo, se è così bello”.
Che è un po’ la stesso metro che noi maschi abbiamo usato per secoli e di cui in tutta sincerità sono un po’ prigionisero anch’io: ci pare strano che una bella donna possa essere anche intelligente e magari molto più in gamba di noi uomini.
E certo, già ci fa alzare il testosterone, mica vorrai che ci metta pure in difficoltà con altre doti: a tutto c’è un limite, santo cielo…
Comunque, lato estetico a parte, Cristiano Ronaldo è mostruoso e davvero non capisco come possa perdere il Pallone d’oro che in passato è stato consegnato a chi valeva un terzo rispetto a lui.
E’ meno simpatico di Messi e meno brutto di Ribery, però credo che nel 2013 non ci sia stato davvero nessuno al suo livello.

C’è qualcosa che sfugge nell’accanimento mostrato per la permanenza della Cancellieri al Governo.
Altri ministri sono stati indotti alle dimissioni per molto di più o molto di meno e comunque alla fine se ne sono andati, qualunque fosse la loro appartenenza politica.
La Cancellieri no, lei va a chiedere protezione da Napolitano e la trova pure.
Letta le riconferma la fiducia, i partiti che sostengono la maggioranza sono in imbarazzo, ma nessuno prende posizioni precise a livello di direzione.
In questo momento che vi assicuro essere drammatico dal punto di vista economico per le piccole e medie imprese, per i lavoratori dipendenti e a partita iva, in Italia ci dobbiamo occupare dei casini combinati da una signora benestante con figlio milionario che sarebbe incidentalmente il ministro delle gisutizia (con la g volutamente minuscola), una dama dall’animo gentile che chiama parenti di arrestati perché amici di famiglia assicurando loro attenzione.
E lasciamo perdere ogni considerazione sulla Ligresti’s band, perché basterebbe fare un salto in Piazza della Libertà a Firenze, negli uffici di Fondiaria per avere un’idea illuminante di come sia stata ridotta una delle più belle compagnie assicurative fiorentine e nazionali.
In un paese normale una vicenda del genere sarebbe stata liquidata un giorno dopo, con le dimissioni o con una mozione di sfiducia votata dall’intero Parlamento.
In Italia no, in Italia siamo ancora ai distingui se ha chiamato lei o se ha chiamato il fratello di Ligresti.
Siamo all’accettazione che il “non è giusto” riferito all’arresto della family sia un moto del cuore.
Siamo, ovviamente e giustamente, nella melma fino al collo.

Il vero problema è che il famoso quarto d’ora di celebrità di Andy Wahrol pare sia diventato un diritto acquisito.
Tutti lo reclamano, molti lo ottengono e non importa se per arrivarci bisogna mandare il cervello all’ammasso.
Per esempio: chi si ricorderà tra un anno di tale Emanuela Corda, che ieri ha pensato bene di stupire l’Italia con la vergognosa frase secondo cui merita di essere ricordato anche il giovane marocchino autore materiale della strage di Nassirya?
Libera professionista, diploma di liceo classico, toccata dalla grazia divina del web ed eletta con i 5 Stelle (con conseguente enorme beneficio economico presente e futuro), questa signora vicina ai quarant’anni che fa pure parte della Commissione Difesa (siamo proprio messi bene…) deve avere avvertito fortissimo l’impulso di uscire dalla massa dei parlamentari per distinguersi in qualcosa.
Ed eccola lì la frase ad effetto, quella su cui oggi tutti, noi compresi, siamo qui a censurare, imprecare, ma intanto ne parliamo.
Intanto la matura classica Emanuela Corda si è fatta un nome sulla pelle dei morti di dieci anni fa, chissà come gode nel vedere il suo nome sulle prime pagine dei giornali.
E forse tra qualche tempo, quando penseremo a Nassirya, qualcuno si ricorderà vagamente che nel Parlamento italiano c’era stata una frase oltraggiosa per tutti gli italiani, ma speriamo (almeno quello) che il nome della signora Corda sia nel frattempo finito nell’oblio.

Non ce la faccio e stare zitto, non ci riesco.
Vale per me che sono ebreo, ma dovrebbe valere per tutti gli uomini e le donne dotati di cervello e cuore.
Silvio Berluscon poteva dire la stessa stronzata riferendosi ai neri durante gli anni della schiavitù in America, gli oppositori al regime comunista sotto Stalin oppure dove preferite, non cambia il senso dell’enormità uscita dalla bocca di colui che è stato Presidente del Consiglio.
Dunque Marina, Piersilvio, Barbara, Eleonora e Luigi stanno come sono stati i deportati nei campi di concentramento: ma vi rendete conto del livello in cui siamo precipitati?
Questo uomo va fermato e chi ancora lo sostiene si rende complice di tutta questa massa putrida di veleni.
E’ arrivato ilmomento in cui è impossibile fare finta di niente.

Visto che sottolineate come non abbia parlato di campi di concentramento, vi invito ad usare il cervello per ricordare che secondo lui prima di andarci nei campi di concentramento gli ebrei, gli zingari, i diversi, gli oppositori si sentivano come si sentono oggi i pargoli cresciuti di Berlusconi, che sono certo si vergognano di queste parole infamanti.
Vi va bene così?
Ho un’esperienza indiretta sull’argomento perchè i miei nonni materni, con mia mamma che aveva 6 anni, sono stati per mesi a San Vittore (mio nonno fu torturato) in attesa di essere deportati, poi furono salvati dagli americani.
Se fossero vivi, chiederei loro se la loro sofferenza è simile a quella che prova oggi quella povera famiglia di Arcore dimenticata da Dio e dagli uomini.

Che ne sappiamo davvero dei nostri figli, da quando cominciano ad arrampicarsi su quella montagna splendida e terribile che è l’adolescenza, dove ogni giorno sembra una finale di Champions e dove il domani non esiste perchè c’è solo l’oggi?
Filtriamo la loro vita, la loro rabbia, le loro emozioni attraverso la nostra esperienza.
Proviamo nel migliore dei casi a fare un gioco di ruoli, a tornare indietro di trenta, quaranta anni e cercare di ricordare come eravamo alla loro età.
Ma noi non siamo loro e non era quello il tempo in cui vivono adesso.
Di solito ragioniamo da adulti (sempre ammesso che lo si sia diventati davvero e, soprattutto per l’universo maschile, io non darei la cosa per scontata) e nella maggior parte dei casi non capiamo, a volte ci arrabbiamo, ci sono momenti in cui siamo sconfortati.
Succede a me, che pure tento di impegnarmi, succede a tutti.
Provate a passare in questi giorni a Firenze dal viale Paoli, un centinaio di metri prima della Costoli, e vedrete sempre almeno quattro, cinque ragazzi che parlano, leggono, fumano, nel punto esatto dove alle 4 del mattino del 13 ottobre è morto Bernardo.
Si danno il cambio senza bisogno di turni, continuano ad amarlo anche se ora è lontano e non tornerà più a ridere e scherzare con loro.
Noi che non avevamo what’s app (si scrive così?), facebook, internet, telefonini, noi che diciamo sempre che ai nostri tempi contavano molto di più le relazioni umane, noi convinti che adesso questi ragazzi si muovano spesso come automi senza anima, noi l’avremmo fatto?
Anzi, l’abbiamo fatto quando è morto qualcuno dei nostri amici in un incidente?
Non è un problema di meglio o peggio: si tratta solo di provare a capire, che è la cosa più difficile di questo mondo.

Sono a Londra con Valentina e Camilla e ieri sera ho avuto l’ottima idea di andare a vedere “Let it be” al Savoy Theatre, un’immersione incredibile negli anni sessanta, che ho conosciuto solo da bambino.
Premessa dolorosa, ma necessaria: io e l’inglese siamo due cose completamente diverse, che temo non si incontreranno mai nonostante un vergognoso 20 rimediato, anzi diciamo pure rubato, a Scienze Politiche quasi trent’anni fa.
Lo dico per spiegare che capivo un decimo delle parole, che le mie figlie (per fortuna!) sapevano molto meglio di me.
Ciò nonostante è stato molto divertente, coinvolgente, i cloni sono bravissimi e non a caso fanno il pienone da mesi: pareva di avere gli originali e in mezzo a tanti over 50 e 60 c’erano parecchi giovani impazziti per Let it be, Yesterday e tutto il resto.
In questo gli inglesi, penosi nei bagni e nella loro assurda assenza dei bidet (ma come si lavano, dopo?), sono imbattibili e i Beatles, per me ovviamente, più di tutti, per il sound che uno sprovedduto della musica come il sottoscritto riesce ad assorbire.
Loro, gli inglesi, hanno i Beatles, noi i Pooh, che pure mi sono molto piaciuti nei decenni scorsi, ma che sono obiettivamente un’altra cosa.
E stasera Wembley, per vedere se una volta tanto Jovetic gioca…

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