Fenomenologia del calzino corto (che non ho)
Mi ricordo della raccomandazione che i miei genitori facevano spesso a mia sorella negli anni della nostra prima adolescenza: “controlla la coda di David, ha sempre la camicia fuori dai pantaloni”.
Avvertimento inutile: ho continuato a girare per anni con la coda, non attribuendo in verità alcun nesso tra questo particolare e lo scarsissimo successo che ho avuto con le ragazze fino ai 16 anni, sempre ammesso che un nesso sia esistito.
Quarant’anni dopo non sono cambiato, resto il solito trasandato, anche se il mio guardaroba è vertiginosamente migliorato grazie soprattutto alla presenza delle tre donne che ho in casa.
Non porto mai la cravatta (tranne che in rarissime occasioni, quando sono in pratica costretto), anzi non la porto da almeno una decina di anni e non esiste una vera spiegazione al mio stop, cioè non c’è niente di “sociale” in tutto questo, semplicemente non mi piace più.
Ci sono dei momenti in cui ho delle folgorazioni del tipo: certo mi piacerebbe essere sempre in punto e virgola come x o come y e me lo potrei pure permettere, ma sono attimi di follia, che come arrivano passano e così torno al mio stile, che può piacere o meno senza che questo turbi i miei pensieri.
Una cosa però tengo a dirla: non ho nel mio guardaroba ne’ calzini corti ne’ calzini bianchi, li sopporto meno della cravatta e l’immagine molto particolare di ieri con Anderson e Mencucci è legata solo al mio agitarmi, nonostante il calcolo che non se ne va.
Un po’ come la coda di quando avevo 14 anni…