L’impossibilità di essere normali
Non puoi essere normale se nasci ebreo e non importa se, come nel mio caso, non esiste nessun vero legame religioso con la fede dei tuoi genitori perché si tratta di qualcosa di casuale.
Essere ebrei significa sentirsi diversi da subito, perché ti insegnano la grande sciocchezza (secondo me) di appartenere al popolo eletto, cioè essere qualcosa più degli altri, condizione che ovviamente non ti rende proprio simpatico agli occhi del mondo, ma questa cosa la capisci (se la capisci) solo un bel po’ di decenni dopo la tua venuta al mondo.
Ti insegnano che Israele è più e meglio di tutto e di tutti, che lì sono ganzi qualsiasi cosa facciano, compreso come trattano i palestinesi, e che il mondo ti è debitore per la tremenda tragedia (questa purtroppo terribilmente vera) della Shoah.
Insomma, esci a quattordici anni dalla scuola ebraica con un lavaggio del cervello completo e sei pronto ad immolarti dialetticamente contro chiunque.
Poi, se hai qualche neurone che gira correttamente nel cervello, aggiusti con molta fatica il tiro capendo molto altro e cominciando ad avvertire la fatica di sentirsi diverso, quando invece ti senti assolutamente un italiano uguale agli altri.
Ascolti con fastidio i soliti stereotipi: gli ebrei si aiutano sempre tra loro (una balla totale), gli ebrei sono i più abili nel commercio (vera a metà e motivata dal fatto di essere quasi sempre in fuga e quindi dal doversi arrangiare), gli ebrei cercano sempre di sposarsi tra loro (questa è in gran parte vera per i credenti) e altro ancora.
Le prime volte controbatti, poi ti arrendi e lasci parlare, tanto sono luoghi comuni così radicati che combatterli è tempo perso e provi piuttosto a guerreggiare con quel senso di persecuzione che ti accompagna, e non potrebbe essere altrimenti, fin da quando capisci qualcosa.
A volte vinci e a volte perdi, è la vita.
Ecco, ho provato a spiegarvi cos’è un ebreo laico che da sempre sogna la creazione di due Stati (Israele e Palestina) a pochi giorni dalla Giornata della Memoria.