Attualità


Dopo oltre una quarantina di anni di frequentazione con l’altra metà del cielo sono arrivato alla conclusione come per noi uomini capire le donne sia un privilegio di pochi, e ti puoi sforzare quando e quanto vuoi, ma se non hai il tocco magico proprio non ci riesci.

Questione di cromosomi, di imprinting vecchi di millenni o di chissà cos’altro.

Si possono invece comprendere le donne, essere per loro un’isola felice a cui aggrapparsi quando entrano in quelle dimensioni misteriore, lontane anni luce dal nostro modo molto concreto di pensare.

Per riuscirci il segreto è uno solo, ma di difficilissima attuazione: bisogna spostarsi un po’ più in là, lasciare sul divano un po’ del nostro egocentrismo ed ascoltare.

Con attenzione, molta attenzione, ricordandoci poi di quello che è stato detto.

Auguri a tutte le signore e signorine del blog: che questo sia solo uno dei 365 giorni in cui vi rispettiamo tutte, pur amandone una sola.

 

Ci sono versioni contrapposte: Cristina, completamente rapita dal racconto, afferma che abbia dormito per buona parte dello spettacolo, come di solito accade quando usciamo dopo cena, io rivendico invece diversi momenti di lucidità, in cui ho ammirato le grandi capacità divulgative di Vittorio Sgarbi.

Confesso di avere dei veri e propri buchi neri nel mio conoscere e l’arte è la più evidente di queste mie mancanze: ci capisco il giusto e avrei bisogno di una guida che me la facesse amare.

Ecco, se potessi, assumerei per una full immersion Sgarbi e dopo (forse) comincerei a muovermi con un briciolo di sicurezza.

Due ore e mezzo di Caravaggio, inframezzato da lazzi e frizzi sull’attualità: assolutamente affascinante nella storia dell’artista, divertente e dissacrante nelle battute sull’oggi, che si possa essere o non essere d’accordo sui concetti espressi.

E se qualche televisione lo mandasse in onda al posto del niente cosmico che spesso ci infliggono?

Se ripenso a dov’ero e a come stavo venti mesi fa, mi vengono i brividi e ancora non so bene come abbia fatto ad uscire dal tunnel.

Vivevo da solo da qualche mese, dopo aver tentato di tutto per evitare ai miei figli i dolori di una separazione che è sempre un atto di violenza nei loro confronti, soprattutto per i più piccoli, e mi preparavo a consumare un altro pesante divorzio: il distacco da Radio Blu, l’amore professionale di oltre 35 anni di impegno e dedizione a volte, ripensandoci ora, anche eccessiva

Ero un fascio di nervi che camminava, in più sentivo il peso della responsabilità di chi aveva investito tanto su di me, sia Radio Bruno, sia i ragazzi della redazione che mi avevano seguito senza battere ciglio perchè si fidavano ciecamente.

I dati di ascolto del primo semestre 2015 erano stati bellissimi ed impietosi: avevamo fatto il botto con 108.000 ascoltatori nel giorno medio, ma anche Bruno in Toscana aveva ottenuto un ottimo risultato: 62.000 ascoltatori, uno dei picchi degli ultimi anni.

Mi dicevo: e ora? E se caliamo invece di aumentare? Cosa avrei detto e come mi sarei giustificato con chi aveva creduto fortemente in noi, tanto da investire (caso unico nel nostro mondo) molto sulla squadra del Pentasport? E come diavolo avremmo fatto ad erodere un primato che in 35 anni avevamo costruito giorno dopo giorno?

Venti mesi dopo, tutto quel putridume in cui sono stato per mesi mi pare lontano anni luce, anche se resta il dolore per un rapporto con i figli che da separati, e soprattutto per i padri, è purtroppo molto complesso.

Professionalmente la giornata di ieri è stata importante perché, appunto venti mesi dopo, Radio Bruno è prima in Toscana tra le emittenti regionali a 90.000 ascoltatori, due volte e mezzo Radio Blu.

Uso il blog per ringraziare tutti le persone che hanno contribuito a questo risultato e, con un pizzico di emozione, ringrazio chi mi è stato accanto, quando 600 mattini fa ogni giorno sembrava difficilissimo da affrontare.

 

Capita che qualcuno mi faccia i complimenti per Radio Sportiva, credendo che ne sia ancora il direttore quando invece ho dato le dimissioni più di due anni fa

Così come molti pensano che Sportiva sia stata una mia idea e anche in questo caso si congratulano per la brillantezza dell’intuizione.

L’ho sempre detto ai diretti interlocutori e lo ribadisco pubblicamente: l’idea non è stata mia, ma di Loriano Bessi, che mi propose il progetto nell’estate del 2010: io ne sono stato solo l’ingegnere “giornalistico”, nel senso che con le poche forze che avevamo a disposizione ho costruito una struttura da zero, non occupandomi naturalmente delle questioni economiche che non mi competevano ed intervenendo da pompiere solo quando la situazione stava diventando incandescente.

Con l’aggiunta di un particolare che ci ha condizionato fin dall’inizio: nel primo anno di Sportiva, il 2011, era saltato il sistema di rilevazione degli ascolti, per questa ragione la Radio era splendida da ascoltare (cioè in pratica senza pubblicità, che nessuno pianificava), ma i conti erano ovviamente da brividi.

Comunque sia, abbiamo retto il colpo e siamo andati avanti per oltre quattro anni scalando le classifiche  con una dedizione al lavoro dei ragazzi che avevo scelto uno per uno che raramente ho riscontrato in altre redazioni.

A due anni dal mio addio la formula è rimasta quella studiata nel 2010, sono arrivate nuove voci tutte molto professionali, ed è rimasta gran parte della mia squadra che ha continuato a macinare consensi e ascolti.

Per questo motivo mi si è stretto il cuore quando ho letto che quello che tante volte era stato minacciato si verificava davvero: lo sciopero della redazione.

In molti mi hanno chiesto cosa avrei fatto se fossi stato ancora il direttore di Sportiva e sinceramente non ho saputo rispondere perché nelle situazioni bisogna esserci e mi ha sempre dato noia chi spara sentenze da lontano, senza conoscere nulla o quasi.

Posso però con certezza dire quello che non avrei fatto: non sarei mai andato in onda per rispetto alla “mia” redazione e se qualcuno lo avesse fatto al posto mio avrei rassegnato immediatamente le dimissioni.

…che l’uomo potrà imparare, a vivere senza ammazzare…

Non ho più speranze, davvero

E ringrazio la possibilità di avere un blog per scaricare in parte la furiosa angoscia da cui non riesco a liberarmi dopo aver letto ieri sera quello che segue

 

 

Punito e ucciso per aver fatto la pipì a letto: è successo domenica a Aire-sur-la Lys, nel nord della Francia. Protagonista del triste e drammatico episodio un bambino di 5 anni, Yanis, reo di aver fatto la pipì a letto.

La punizione: correre al buio in mutande e calzini

Il bambino sarebbe stato ucciso da una punizione crudele della madre e del patrigno: Yanis aveva bagnato il letto. E i genitori lo hanno costretto a correre all’aperto, nelle rigide temperature invernali, con addosso soltanto le mutandine bagnate e i calzini. Il bambino ha corso al buio per alcuni chilometri lungo La Lys (il fiume che scorre nella regione del nord-Passo di Calais dove si trova il paesino di 10mila abitanti in cui è avvenuta la tragedia) , sarebbe caduto almeno due volte prima di raggiungere una zona isolata. Il suo corpo è stato trovato dai vigili del fuoco attorno alle 2.30 di notte a dieci minuti dal centro città, vicino a un capannone dove il patrigno aveva vissuto in passato: per il piccolo però non c’era più nulla da fare.

Le accuse e la morte: Yanis aveva diverse ecchimosi sul corpo

Emilie, la madre 23enne, e il patrigno, 30 anni, sono stati fermati con l’accusa di omicidio volontario: sono incensurati e non erano mai stati segnalati ai servizi sociali. Già interrogati hanno fornito elementi utili alle indagini. E secondo gli inquirenti, la punizione inflitta a Yanis non era la prima. L’autopsia ha accertato che il bambino è morto per trauma cranico, ma aveva anche diversi lividi sul volto e il naso rotto. Ma sul corpo del piccolo sono state rilevate tracce anche di altre violenze che potrebbero risalire a giorni o settimane fa.

Il ricordo su Facebook

In ricordo di Yanis, gli zii da parte del padre biologico, i nonni, i cugini e i suoi insegnanti si sono attivati e hanno creato una pagina Facebook per raccogliere fondi per il suo funerale e in memoria del bambino. «Yanis, il nostro angelo» recita l’intestazione: «La nostra stella spentasi troppo presto, il 6 febbraio 2017, dall’alto dei tuoi cinque inverni vissuti».

 

L’ho sempre pensato e ne ho continue conferme: il piacere della vita è nelle piccole cose e nella serenità interiore.

Oltre ovviamente alla salute, che è fondamentale.

Ora che “abbiamo virato”, come mi dice spesso l’ottimo Mauro Cardini, che non finirò mai abbastanza di ringraziare per la professionalità e l’affetto con cui ha seguito più da amico che da dottore questo guaio che mi affligge da più di tre settimane, posso tornare ad assaporare le piccole grandi gioie quotidiane.

Un fine settimana in pieno relax con Cristina, fatto di film, girate e buon cibo, preparare il compleanno di Cosimo e altre dolcezze.

In mezzo a tutto questo c’è il lavoro, certo, e la fortuna di occuparsi di qualcosa che ti piace, che è sempre stata e probabilmente sempre sarà la tua passione, ma che grazie a chi ti sta accanto non è più  la tua ossessione.

E martedì andrò a Roma, magari non sarò ancora al 100%, ma all’Olimpico ci voglio essere

Spero che la Fiorentina stia meglio di me: mi sento una specie di Benalouene, con il vantaggio di non dover giocare in serie A, ma senza il suo stipendio.

Sono ancora in una fase intermedia, non andrò a Pescara e stasera condurrò “Viola d’amore” da una posizione… diversa.

Lo sapevo già da molto tempo e ne ho avuta l’ennesima dimostrazione: la salute è davvero quasi tutto.

Non mi era mai capitato un periodo così lungo di difficoltà e alla fine sei un po’ logorato, risenti umoralmente della tregua o della guerra che misteriosamente la tua schiena e la tua gamba hanno deciso di ingaggiare contro il legittimo padrone.

Vediamo quando arriviamo alla pace definitiva….

Continua la mia personale battaglia con questa schiena che da oltre una settimana mi sta facendo diventare matto e quindi domani non sarò a Verona.

Ho quindi un bel po’ di tempo per riflettere e guardare le immagini che arrivano dalle zone terremotate e oltraggiate della nostra meravigliosa Italia.

La riflessione mi induce a relativizzare i miei piccoli guai personali, perché veramente (e questo l’ho sempre pensato) c’è gente che sta molto, ma molto peggio di me, che continuo a ritenermi molto fortunato nonostante i diversi giorni all’ingiù che uno può passare.

C’è l’ammirazione per come queste persone flagellate dalla morte e dalla paura stanno affrontando questa che è un’autentica catastrofe, ancora più devastante sul piano psicologico, perché si può ricostruire una casa, ma dalla paura ci si riprende malissimo.

Ascolti le interviste, guardi i volti di chi sta là e ti chiedi: ma io riuscirei ad essere così?

E ancora: cosa potrei fare per aiutare chi sento molto vicino a me in questo momento?

Poco, se non qualcosa di materiale e certamente non basta, ma alla fine è meglio che niente.

 

Esiste poi un’altra emergenza, grave, e riguarda gli animali delle zone terremotate

Chi li ha in casa può capire lo straziante disagio di cani, gatti e di chi in questo momento è ancora più indifeso degli altri

Monica Senso, una volontaria fiorentina, sta raccogliendo le adesioni di chi vuole dare una mano per dare stallo o adozione ai cani, il suo numero di cellulare è 331 3121217

E chiunque può fare qualcosa, lo faccia, grazie

Clima ancora di festa, in città la mattina si scorre che è una bellezza, i ragazzi ancora non pensano con troppa angoscia alla scuola.

Il dopo sosta ci ha quasi sempre fregato, sto pensando a quanto accadde 24 anni fa in questi giorni, con il licenziamento di Radice e la caduta verso la B.

Ci ha fregato anche il Pescara nel 2013, quando sembrava impossibile anche solo pareggiarla quella partita.

Il perché la Fiorentina faccia così fatica dopo la pausa invernale non si è mai capito fino in fondo, anche perché non esiste una logica in tutto questo.

E’ chiaro che sosta o non sosta a Pescara dobbiamo solo vincere, non esistono scuse e sarebbe anche un gran modo di celebrare sul campo il ritorno di Antognoni.

E’ stato un percorso lungo, cominciato nel dicembre 2012, ma alla fine ci siamo arrivati: Renza Ciuffi non avrà nessun problema abitativo fino a quando (si spera il più tardi possibile) raggiungerà il suo amato Mario.

E avrà anche una situazione confortevole grazie alla Madonnina del Grappa, ma soprattutto grazie a tutti voi che avete contribuito con le vostre offerte a raccogliere una somma che è poi servita a regalare a Renza tranquillità e serenità

Scrivo queste righe anche per liberarmi di un senso di colpa che mi ha accompagnato per un certo periodo nella strada che il Comitato amici di Mario Ciuffi ha faticosamente attraversato: le mie vicende personali degli ultimi due anni non mi hanno infatti permesso di seguire come avrei voluto tutto quello che accadeva.

E’ il momento dei ringraziamenti, doverosi e assolutamente non retorici.

I nomi che state per leggere vi diranno poco, a parte uno, ma sono stati loro i veri protagonisti di questa avventura: Mario Tintori, Paolo Piazzini, Antonello Vannucci, Maurizio Nencini, Marco Galletti, Matteo Lucherini, Lucia Benvenuti e Sara Lupo.

Uomini e donne di grande generosità, che hanno speso per affetto verso Mario qualcosa che va oltre il denaro: il proprio tempo.

E un grazie va anche a Mario Tenerani: per quindici anni ci siamo fronteggiati in campo aperto con punte di asprezza di cui oggi mi pento, ma sapevo bene come fosse l’unico che mancava nella squadra del Pentasport e che quindi avrei preso volentieri.

Infatti gli chiesi a sorpresa (per lui) di diventare uno dei responsabili della nascente Radio Sportiva, ma sia pure a manlincuore Mario rifiutò per questioni di…cuore professionale.

Da lì è nato un rapporto vero, sincero, che è molto servito alla creazione del Comitato, che ora si scioglierà, e poi nei contatti con la Madonnina del Grappa, fino ad arrivare oggi finalmente alla chiusura del cerchio.

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