I canotti in via Paisiello
I primi due ricordi della mia vita “pubblica” sono abbastanza confusi: quando il 22 novembre 1963 ammazzarono John Kennedy e quasi tre anni dopo, quando l’Italia venne eliminata dalla Corea ai Mondiali in Inghilterra.
Il terzo è molto più esteso e riguarda l’alluvione, vissuta con l’eccitazione di un bambino di sei anni che da un mese andava in prima elementare.
Eravamo fortunati perché abitavamo nell’unico palazzo alto di via Paisiello, al quarto piano, e dunque dalla finestra potevamo vedere quello che sarebbe stato uno scenario unico.
Ricordo una grande solidarietà tra i condomini, le famiglie che abitavano al primo piano vennero ospitate in quelli più alti perché la zona delle Cascine fu una di quelle più colpite.
E gli elicotteri, visti per la prima volta, o almeno così mi sembra.
Ci sono voluti molti anni perché mi rendessi conto che quella vacanza non programmata, quello stare tutti insieme, non fosse un gioco, ma una tragedia, tanto che ad un certo punto, come se fossi stato colto alla sprovvista, mi sono messo a rileggere tutto quello che accadde in quei giorni, quasi incredulo che l’alluvione potesse aver causato dei morti.
Cinquanta anni dopo è molto bello ascoltare le testimonianze di chi partì da ogni parte del mondo per venire a casa nostra ad aiutarci, ancora più bello in questi giorni di grande dolore per l’Italia intera.
Novembre 3rd, 2016 alle 08:07
L’italiano è meraviglioso nello ” straordinario ” … un po meno nell’.. ” ordinario ” …
Umberto Alessandria
Novembre 3rd, 2016 alle 09:08
C’ero anch’io a tirare fuori dalla melma i libri alla Biblioteca Nazionale insieme a centinaia di altri studenti di tutto il mondo.Prima pero’ andai con i pompieri a salvare mia nonna isolata con quasi 8 metri di acqua dell’Arno in Piazza Gavinana.Ricordo mio padre che mi brontolava perché, secondo lui, non facevo abbastanza.Stranamente ho un bel ricordo di soledarietà umana,a tutti i livelli.Per Firenze é stato un colpo quasi mortale(vedi artigianato).Oggi,quando mi capita di ripassare in quelle zone,molto é cambiato, a cominciare dalla gente.Mi sembra un’altra vita.
Novembre 3rd, 2016 alle 09:20
Hai ragione, momenti unici per chi li ha vissuti. Magari uno ne avrebbe fatto volentieri a meno ma ciò che è successo ha lasciato un’eredità che vo oltre i numerosi e pesanti danni. Un arricchimento morale che ancora oggi traspare da chi, come mio padre già allora dipendente comunale nell’ufficio sport, ha vissuto quei giorni.
Suggerisco di vedere la prima parte del film “la meglio gioventù”. Secondo me una delle più belle rappresentazioni degli accadimenti di quei giorni.
CIRANO
Novembre 3rd, 2016 alle 09:24
Sarebbe bello che quel senso di solidarieta’, altruismo ed umanita’, ci fosse anche nella quotidanieta’ dei nostri giorni.
Novembre 3rd, 2016 alle 09:48
Mi garbi così sentimentale, mi pari il Faulkner delle Cascine.
Novembre 3rd, 2016 alle 11:51
…ripassare da quelle stradine tra Santa Croce e piazza della Signoria, risentire da quei palazzi ancora l’odore di muffa e nafta e rivedere in alto il segno di dove arrivò l’Arno, e se ci vai con chi non è di Firenze non ci credono che l’acqua arrivò lassù….e sono passati 50 anni, di già…allora ne avevo 18 ma ricordo tutto perfettamente.
Novembre 3rd, 2016 alle 11:59
Quattro anni ,ma ho ricordi ancora vivissimi Abitavo via Bartolomeo Scala ad un passo da piazza Gavinana e quello che hai scritto l’ho vissuto anche io compreso la voglia,da grande,di sapere tutto su quei momenti.
In un documentario si vede un cartello di una trattoria allagata dove il proprietario aveva scritto “OGGI UMIDO” …. in quelle due parole mi sono sentito orgoglioso di essere fiorentino.
Quello che però dobbiamo chiederci è che se in tutto questo tempo qualcosa stato fatto per impedire una nuova alluvione un nuovo terremoto una nuova frana…perchè forse dopo è anche bello ricordare la solidarietà che certe tragedie smuovono ma il dovere di un paese è far sì che quello che si può evitare sia evitato.
Novembre 3rd, 2016 alle 14:28
Io vicino a te in via Bellini e con la sensazione di vivere un’avventura elettrizzante….dal terzo piano ! Avevo sette anni.
La sera capii che non era molto divertente con quel suono lugubre dei clacson delle auto sott’acqua.
Un’esperienza poi rivissuta con più consapevolezza gli anni successivi, con una Firenze che si rimbocco’ le maniche e che solo tre anni dopo si addobbo’ di Viola per festeggiare il secondo scudetto.
Novembre 3rd, 2016 alle 16:15
Sono nato poco dopo l’Alluvione, che anche i miei hanno vissuto ad acque già rientrate perché in quei giorni erano fuori Firenze…
Due ricordi indiretti.
Uno, la targa a memoria della strisciata d’acqua nera issata ad altezza vertiginosa a Bellariva, all’angolo tra Via Quintino Sella e Via del Madonnone. Mi ha sempre impressionato.
Due, la foto del meraviglioso plastico del trenino Rivarossi, con decine di metri di binari, montagne e gallerie, costruito dal babbo e gli zii nella cantina della casa dei nonni, in Via Lungo l’Affrico, unica testimonianza di un meraviglioso gioco da grandi che fu totalmente spazzato via… una foto che mi faceva pensare, da bambino, quanto sarebbe stato bello giocare con un trenino così…
Novembre 3rd, 2016 alle 16:22
sono d’accordo con cirano,in quel bellissimo film, che attraversa quarant’anni di storia italiana, è bello che uno dei tasselli sia proprio quelo.
che dire? pensare che in quell’occasione,se non sbaglio,è nata la scuola di restauro che tutto il mondo utilizza e ci invidia,e che mezzo mondo è venuto ad aiutarci,mi fa venire i brividi e sentire sempre più orgogliosa di appartenere a questa città,al netto dei difetti e problemi.
e,francamente,tra tutte le catastrofi naturali che possono capitare,quando agli altri tocca l’alluvione sono un pochino più toccata che in altre occasioni,perchè noi ci siamo passati…
Novembre 3rd, 2016 alle 17:04
Ero uno studente di medicina ed andai in un centro improvvisato di assistenza in via Aretina (in casa mia oramai era tutto distrutto).
Mi ricordo (le sogno ancora) quelle donne che venivano sporche e distrutte dalla fatica che venivano a prendere un piatto di minestra o a farsi medicare le ferite, per tornare subito a cercare di salvare quanto era rimasto. Non ho mai visto piangere nessuna ed allora ho capito che noi fiorentini ce l’avremmo fatta.
Grazie.
E grazie anche a tutti quelli che vennero ad aiutarci, senza chiedere niente in cambio.
Novembre 3rd, 2016 alle 17:54
Mi hai riportato alla memoria un ricordo che mantengo incancellato nella mia mente.
Avevo solo tre anni e mezzo ed abitavo in via Quintino Sella, zona Bellariva; l’acqua arrivò presto ed allagò tutto.
Immagine n. 1: io ed il mio amichetto del piano di sopra dentro la Fiat 124 verde bottiglia di mio padre che, insieme al padre dell’altro ragazzino, spingevano l’auto, ormai ferma, lontano dai lungarni per cercare di limitare i danni(dovette rifare il motore).
Immagine n. 2: mio padre con un impermeabile bianco o beige, che mi teneva sulle spalle con l’acqua alla vita mentre ci trasferivamo alla pensione dei miei nonni in centro, in via Faenza.
Lo shock fu tale che, al mare, a Lido di Camaiore, l’estate successiva (non ricordo per quanto tempo ancora), io non solo non mi facevo il bagno, ma non mi avvicinavo al bagnasciuga quando i miei mi portavano a fare la classica passeggiatina con i piedi nell’acqua. Fu mia madre quando avevo sette anni a forzarmi e a buttarmi in piscina per insegnarmi a galleggiare. Poi il nuoto è stato uno sport che ho praticato e che tuttora pratico settimanalmente.
Poi negli anni mi sono documentato e ho rivisto filmati, foto e letto libri per approfondire la vicenda, ma quelle due immagini sono ancora chiarissime nella mia memoria.
Mi sento oggi di ringraziare chi, all’epoca, si prodigò per dare una mano ai fiorentini in grave difficoltà.
Un saluto
Lucky
Novembre 3rd, 2016 alle 18:03
Avevo sette anni nel novembre del ’66 e facevo la seconda elementare, vivevo al Lippi, zona nord di Firenze.
Pioveva da giorni senza smettere mai, a tavola i grandi parlavano spesso di questa cosa non troppo regolare, ma nel mio mondo di bambino ero felice perché per la prima volta il babbo mi aveva permesso di fare l’album Panini dei calciatori e il nonno mi portava le bustine, le nascondeva in vari punti della casa e io non vedevo l’ora che tornasse per iniziare l’esaltante caccia al tesoro giornaliera.
Quel pomeriggio del 3 però il nonno ritardava il rientro. La nonna chiamava in Prefettura, nel palazzo Medici-Riccardi, ma la linea sembrava interrotta. Stava facendo buio, torna la mamma dal fare la spesa e ci racconta che il Mugnone ha rotto gli argini e si stanno allagando Piazza Puccini e le Cascine. Più tardi ancora squilla il telefono: e’ il babbo che lavora in Piazza della Repubblica, sta venendo via dalla Banca perché l’acqua dell’Arno sale, sale. Babbo fa sempre tardi in Banca.
Comincio a preoccuparmi del fatto che forse non avrei potuto avere le mie bustine dei calciatori, quel giorno.
Ceniamo, ma del nonno non c’è traccia, forse si è trattenuto in centro a lavoro per aiutare il capo della Prefettura. Verso la fine della cena riecco gli squilli del telefono: riconosco la voce del nonno, sta bene, i telefoni non funzionano bene, l’alluvione e’ inevitabile se non smette di piovere, deve rimanere la notte in sede.
I miei sono contenti di aver saputo che il nonno sta bene, ma sono tristi per Firenze nostra, anche se noi nel quartiere per ora non abbiamo acqua per le strade.
Andiamo a letto e piove sempre tanto, senza smettere mai, forse domani non andremo a scuola.
Da incosciente, innocente bambino, l’ultimo pensiero è la speranza che il nonno abbia comprato le figurine la mattina, prima di andare a lavoro.
Prima dell’alluvione.
Novembre 3rd, 2016 alle 22:04
Ciao david,
So che niente a che vedere con l’argomento ma sinceramente un tuo pensiero su salvatore scaravilli mi sarebbe piaciuto leggerlo; certo la carriera giornalistica non può essere paragonata a quella di Indro montanelli ma io credo che persone come salvatore mario e tanti altri facessero parte, a loro modo, del tessuto storico della nostra fiorentina e credo che sarebbe bello ricordarli. Penso che sia innegabile che due belle sane risate ce le siamo fatte in loro compagnia
Novembre 4th, 2016 alle 12:44
Buondì David.
Anch’io abitavo in Via Paisiello, al 5 e nel ’66 avevo 5 anni e mi ricordo tutto molto bene.
Stavo coi miei al secondo piano di questa grande casa del Genio Civile di cui mio padre, Giacomo Galante, era Ingegnere capo sezione. All’epoca papà aveva solo 35 anni, giovane siciliano di Castellammare del Golfo.
L’alluvione fu per me bambino una vacanza avventurosa fuori programma, poiché il 4 nov. era festa, ai nostri tempi, ed essere a casa fu la salvezza mi vien da dire.
Citavo mio padre poiché il Genio Civile fu estremamente coinvolto in quel periodo, poiché da esso dipendeva il monitoraggio dell’Arno e dei suoi affluenti e le “opere idrauliche”, coordinate da mio padre, erano in allalrme da giorni finché l’Arno straripo’ e non ci fu più nulla fa fare.
Ricordo molto bene che papà faceva le nottate in ufficio, in Via San Gallo, mamma era preoccupata dalle notizie che papà ci riferiva, io ero piccolo, mio fratello aveva solo 4 mesi, nessuno immaginava quello che sarebbe accaduto, tranne papà ed il Prefetto di allora con cui papà era in contatto (il Genio Civile dipendeva direttamente dal Ministero dei Lavori Pubblici).
Papà ci raccontò che quando l’Arno “scavalcò” il Ponte Vecchio e distrusse l’argine e la spalletta del lungardo Acciaiuoli dette l’ordine di evacuare l’ufficio mentre la cittadinanza veniva avvisata dal Sindaco e Prefettura, ma non servì a nulla. Lo sappiamo.
Ricordo che papà riusci ad evacuare in tempo e tornare verso casa fino a Viale Belfiore e da lì a nuoto per Via Benedetto Marcello fino a casa.
La mamma alla finestra che urlava: “Giacomo, Giacomo” che verde in volto dal freddo e dalla paura riusci ad entrare nel portone mentre l’acqua saliva e si misie in salvo.
Quello che successe dopo è storia comune, ma quello che tu non sai e che tutti gli altri non sanno e che le “Autorità attuali” ben parlanti e ben pensanti non vogliono ricordare, è che quel giovane Ingegnere siciliano di 35 anni si prese l’incarico di ricostruire, per conto del Governo, il Lungarno Acciaiuoli che non esisteva più, lavori che durarono allungo (non ricordo quanto); papà dedicò tutto se stesso a quel lavoro enorme, e poiché noi eravamo sempre soli con mamma, ci portò a Montecatini dove andammo a vivere per quasi un anno.
Papà per l’impegno ed il lavoro fatto (vai a farti una girata sul Lungarno Acciaiuoli e vedi) fu nominato Cavaliere della Repubblica per meriti di lavoro dal Presidente Saragat.
Papà fu un angelo della ricostruzione di Firenze da allora fino alla sua morte.
Migliaia furono gli interventi per la protezione della nostra magnifica città, e il premio che nostro padre ebbe fu l’infamia della politica e della magistratura che lo indagarono negli ultimi anni della sua vita professionale al Genio Civile cacciandolo nel fango da cui lui riemerse assolto da tutte le accuse “perché il fatto non sussiste”, ma lasciandogli un cancro che lo spense definitivamente nel Febbraio del 2006.
E’ giusto e bello celebrare gli anonimi angeli del fango, sarebbe giusto che qualcuno di “quei soloni” delle celebrazioni di oggi e domani, si ricordassero anche nostro padre Giacomo Galante, giovane Ingegnere siciliano, che ricostruì Firenze, che nel fango fu gettato, che da esso riemerse come un angelo….
Per te papà mio, in tua memoria.
Alberto
Novembre 4th, 2016 alle 13:13
leggiti questa del 1992
http://digilander.libero.it/nerowolfe/testi%20sito/Chi%20pulisce%20i%20fiumi.htm
Novembre 4th, 2016 alle 16:28
il giornalista Grazzini coniò il termine Angeli del Fango,penso che forse “angeli della mota” sarebbe stato più verosimile ma comprensibile solo ai Fiorentini.
Novembre 5th, 2016 alle 09:56
Gerber, che belle parole per tuo padre!
Fra
l’altro mi hai ricordato che allora il 4 novembre, anniversario della vittoria italiana e termine della Prima Guerra Mondiale, era giorno festivo.
Per
quello allora ci furono cosi’ poche vittime in confronto alla grandiosita’ del disastro subito. La memoria collettiva serve, a unire e a non dimenticare.
L’Ingegner Galante, uno di noi.
Novembre 5th, 2016 alle 10:45
Io ancora non ero nato ma i tanti racconti che mi sono stati narrati da genitori ed amici più grandi suscitano sempre in me uno stato di commossa partecipazione emotiva al pari di ciò che ha scritto robertodisanjacopino il cui post è molto bello e suggestivo soprattutto perchè ci dimostra come la visione di un tragico evento possa essere filtrata attraverso gli occhi e l’animo di un bimbo rendendola più dolce e meno distruttiva
Novembre 5th, 2016 alle 21:30
Non sapevo nulla di Giacomo Galante, ma rivolgo un pensiero a quest’uomo che nel toccante ricordo di suo figlio, Gerber, mi appare vivo in questa grande tragedia.
Novembre 14th, 2016 alle 13:48
Ringrazio di cuore gli amici
Robertodisanjacopino, Violetviper e Picchio a Pulicciano, siete miei fratelli!
Grazie per mio padre Giacomo.
Alberto (Gerber)