Mi ha colpito la dignità e la tristezza con cui Picchio De Sisti sopporta il suo esilio molto poco dorato.
Non è stato più cercato da quando, nel 1992 ad Ascoli, litigò con Moggi.
Istruttivo.
Per la verità lo prese Cragnotti alla Lazio per il suo settore giovanile, però pochi mesi prima di “pelare” con la Cirio migliaia di risparmiatori e così pure De Sisti è finito nella lunga lista dei creditori chirografari di quel simpatico signore.
E’ incredibile come il calcio si sia dimenticato di lui e mi spiace moltissimo perché anche all’apice della carriera Picchio è stato uno di quelli che si è sempre ricordato da dove veniva e non se l’è mai tirata.
Un grande del pallone, senza mai dare l’idea di prendersi troppo sul serio.
Il calcio lo ha in pratica pensionato a soli 49 anni, senza che lui volesse, e mi sembra strano che nelle decine di quadri tecnici delle varie squadre azzurre non ci sia mai spazio per la sua saggezza.
E anche qui a Firenze siamo un po’ in debito con De Sisti, almeno quelli di noi che hanno più di quarant’anni.
Invochiamo la partita di addio di Batistuta, spingiamo per il ritorno di Toldo, sussultiamo ad ogni respiro di Rui Costa, ci arrabbiamo per una frase fuori posto di Di Livio, ma poi ci dimentichiamo completamente di chi per quindici anni è stato il condottiero viola, in campo ed in panchina.