La mia voce in viola 1981/82
Per gentile concessione dell’editore Scramasax, prossimo libro in uscita: “Fiorentina-Juventus, la partita della vita”
1981/82
Tutto nacque per caso, nel 1981. Ero proprio un cane sciolto: non avevo sponsor e nemmeno agganci politici, ero sostanzialmente timido, ma da un decennio mi ero messo in testa di diventare giornalista. Da quattro anni avevo scoperto il rutilante mondo radiofonico, da due ero a Radio Blu, dove mi avevano dato una fiducia che non ho mai dimenticato. Ci voleva unâidea, qualcosa di diverso. No, non la radiocronaca, a quei tempi non ci pensavo proprio. Sapevo che ogni tanto da qualche misteriosa stazione in F.M. spuntavano cronache locali degli incontri della Fiorentina, ma erano inascoltabili per lâaudio e per la confusione con cui erano descritte le azioni. La scintilla giusta scoccò allâimprovviso e per la prima volta sentii nascere dentro di me quella tumultuosa sensazione di voler fare tutto e subito che tante altre volte mi avrebbe fregato in futuro. Prestavo servizio militare a Falconara Marittima, era un luglio torrido e improvvisamente mi venne in mente che a pochi chilometri da lì, a Cattolica, passava le sue vacanze molto casalinghe Eraldo Pecci, appena acquistato dai Pontello insieme a Graziani, Vierchwood, Massaro e Monelli. Se avessi potuto, avrei lasciato lì in piena notte la baionetta per precipitarmi a cercarlo e proporgli di venire a condurre con me una trasmissione. Dovetti aspettare due giorni, che mi sembrarono unâeternità . Arrivai a Cattolica, trovai Pecci in compagnia della splendida moglie Manuela e gli rovesciai addosso mille tesi a supporto della validità della mia proposta. Negli anni successivi non gli ho mai chiesto cosa pensasse di quel ventenne che disegnava tumultuosamente scenari mediatici a lui sconosciuti. Alla fine Pecci accettò, per centomila lire a trasmissione. In più convinsi il proprietario di Radio Blu, Rinaldo Pieroni, ad investire una discreta somma per un rimborso spese che mi avrebbe consentito di andare sempre a seguire la Fiorentina in trasferta, per realizzare interviste da proporre nel Pentasport del lunedì. Niente radiocronaca, tanto non le avrebbe sentite nessuno, solo le parole dei protagonisti.
SAN SIRO
Una giornata piovosa di fine settembre e poi il sole, una bella ragazza bionda che si toglie le scarpe e cammina felice in mezzo alle pozzanghere, io che regalo lâaccredito della mia prima volta nello stadio simbolo del calcio italiano al mio amico Alessandro Canalicchio e vado con lei a vedermi la partita nel secondo anello. Ero emozionato come un bambino che entra a Eurodisney. San Siro è monumentale, fuori ci sono le targhe dei loro successi, tanti anche nei primi anni ottanta. La Fiorentina aveva vinto allâesordio in campionato rubacchiando un poâ contro il Como e adesso câera il Milan di Radice, profeta in patria, Jordan, Tassotti e Battistini. Brutta partita, zero a zero finale ed una maledetta traversa di Graziani, âgenerosoâ? come al solito. I viola si imposero poi a Catanzaro e in casa con lâAvellino, ma persero a Roma subendo un gran gol di Pruzzo, da ricordare per lâeccezionale colpo di tacco di Falcao che liberò il centravanti di Liedholm davanti allâincolpevole Galli. Poi ancora alti e bassi, culminati con lâinaspettata sconfitta di Cesena. La domenica dopo il nostro cuore cessò di battere per qualche secondo, insieme a quello di Giancarlo Antognoni.
ANTONIO, MON AMOUR
La mattina di quel freddissimo 22 novembre 1981 mi produssi in una delle poche spericolatezze della mia vita di centauro. Colpito da un attacco di improvvisa imbecillità , cercai di guidare la vecchia Honda 350 a mani incrociate, con il logico risultato di finire lungo disteso sullâasfalto. Sbertucciato e spaventato, mi presentai lo stesso allo stadio convinto della riscossa viola e non sapendo di stare per assistere a ben altro dramma. Quello che è successo lo sanno tutti: la folle uscita di Martina, lâimpatto con la testa di Giancarlo, la disperazione dei giocatori fiorentini e dei genoani, il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca dellâincommensurabile âPallinoâ? Raveggi, la corsa allâospedale, la paura di una città .
Solo in quellâanno Antognoni cominciava ad avere accanto a sé gente che gli assomigliasse almeno un poâ tecnicamente. Prima dellâottima campagna acquisti dei Pontello del 1981, noi ragazzi di fine anni settanta avevamo vissuto una specie di schizofrenia calcistica: câera la Fiorentina, mediocre, e câera Antognoni, immenso. Ogni estate era il solito tormentone, con le grandi che lo richiedevano e i dirigenti viola che dicevano puntualmente di no, salvo poi comprare uno Zagano qualsiasi per ârafforzareâ? la squadra. E poi câera il rito polemico della Nazionale. Per noi di Firenze era palese il boicottaggio di Causio, Bettega e di tutta la banda di juventini che, pur di non farlo brillare, non gli passavano mai il pallone. Ero tra quelli che mettevano la foto di âAntonioâ? accanto alla tv quando giocavano gli azzurri, così, tanto per urlare al mondo che lui era speciale e diverso dagli altri. Sette mesi e mezzo dopo la follia di Martina, non fui capace di esultare pienamente per il Mundial spagnolo, perché nella finalissima tifavo segretamente per un pareggio. In questo modo si sarebbe ripetuta la partita e Antognoni, immolatosi alla causa azzurra nella semifinale contro la Polonia, avrebbe potuto giocare. E non ero lâunico a Firenze a pensarla così⦠Una delle soddisfazioni più grandi fu leggere che lo avevano eletto migliore in campo nella parata di stelle a New York, andata in scena un mese dopo la maledetta sfida di Madrid. Antognoni più di Platini, Rossi, Rumenigge, Conti, Falcao, Boniek, Zico: noi lo avevamo sempre saputo che era il più bravo, gli altri cominciavano (forse) a capirlo adesso.
SENZA DI LUI
Il calcio è mistero agonistico. La definizione è di Gianni Brera, una delle più azzeccate tra le sue mille che ci accompagnano da oltre quaranta anni. Improvvisamente si scoprì che senza Antognoni la squadra girava meglio, forse perché tutti davano qualcosa in più per far vedere che ce la potevano fare lo stesso. In quei giorni sfruttai la conoscenza con Miani, che allâinizio della stagione nessuno considerava e che era destinato ad indossare la maglia numero dieci.
Nella settimana successiva allâinfortunio del capitano e prima della trasferta in casa della Juve, Miani mi confidò di non essersi mai sentito così bene in vita sua e di non avvertire assolutamente il peso della sostituzione. A pensarci bene non si poteva che essere dâaccordo con lui: aveva 25 anni, era nel pieno della carriera e nessuno avrebbe mai fatto paragoni con uno dei migliori calciatori del mondo. Insomma, da quella avventura Miani non avrebbe avuto altro che da guadagnare. La galoppata viola nelle partite successive fu entusiasmante e cominciò con un pareggio per zero a zero a Torino, incarognito da una traversa colpita da Daniel Bertoni a Zoff battuto. Sembrava un punto benedetto ed invece era un punto perso perché, se fosse entrato quel pallone, nellâalbo dâoro della Fiorentina adesso ci sarebbero stati tre scudetti.
SEMPRE PIUâ SU
Tutto girava alla perfezione. A Bologna Pecci azzeccò un tiro straordinario e pochi minuti dopo, qualche fila sotto la mia postazione, si accasciò Piero Pasini, voce storica della Rai, colpito da infarto e morto nel âsuoâ? stadio. I gol a ripetizione di Graziani e Bertoni stesero Napoli e Inter in casa, lâentusiasmo era alle stelle.
Intanto compivo il mio apprendistato radiofonico proprio con Pecci, che mi massacrava dialetticamente con continue battute e prese di giro. Facevo finta di non prendermela, ma in verità ci soffrivo molto, non capendo che stavo imparando qualcosa. Spesso venivano fuori aneddoti sui compagni di squadra di Torino e Bologna o sulla Nazionale. Come quella volta in cui al Mondiale argentino, in omaggio ai clan, i giocatori di Torino e Juve si divisero in due gruppi ben distinti per partecipare a dei âsimpaticiâ? convegni organizzati da alcune compiacenti signorine di Buenos Aires. Fra quelli del Toro câerano pure degli infiltrati, ma solo in nome del gemellaggio tra le due tifoserie⦠Se Pecci avesse studiato fino allâuniversità , sarebbe diventato un ottimo manager, ma anche così non se lâè cavata male. Aveva la fissa di voler prendere un ingaggio superiore di cinquanta milioni a quello di Antognoni, e ci riusciva sempre (o così almeno diceva), sfruttando il grande ascendente che aveva su Flavio Pontello. «Eâ il più intelligente fra i miei dipendenti che tirano calci ad un pallone», raccontava divertito il Conte, e forse non aveva torto. Una sua massima, âil pallone corre sempre più veloce di qualsiasi giocatoreâ?, lâho utilizzata ogni volta (cioè quasi sempre) in cui venivo accusato di essere lento nelle mie scarse prestazioni calcistiche.
UDINE
«Ma lei vuole anche il telefono per fare la radiocronaca?». Il telefono? E che me ne facevo del telefono, e che mi importava di fare la radiocronaca? A me interessava solo avere lâaccredito per la tribuna stampa e per fare le solite interviste a fine partita. Il 10 gennaio 1982 io e Rinaldo arrivammo a Udine dopo sette ore di treno, con una temperatura a mezzogiorno di meno dieci. Dopo un quarto dâora di gara il freddo era diventato così insopportabile che chiedemmo asilo politico a Sandro Ciotti, che stava commentando la partita al caldo della cabina di âTutto il calcio minuto per minutoâ?. Da lì vedemmo segnare Bertoni, pareggiare Muraro e infine Graziani far vincere la Fiorentina, in un tripudio di bandiere viola. In settimana avevo fatto una scommessa con Picchio De Sisti per cui, se avessimo vinto, lui avrebbe parlato prima con me e poi con Rai e giornali. Lo fece e, lo confesso, provai una leggera vertigine, ma non solo per quello. Avevamo due punti di vantaggio sulla Juve ed eravamo quindi matematicamente campioni di inverno. Senza Antognoni, ma con la squadra caratterialmente più forte del campionato. Nessuna invidia nello spogliatoio e davvero tutti per uno e uno per tutti, alla faccia di chi ci considerava al massimo da Uefa.
CIUFFI PER CASO
Non è che il gioco fosse brillantissimo, ma in difesa con Galli, Vierchwood, Contratto ed il miglior Galbiati possibile, non passava nessuno. Ad Ascoli pareggiammo zero a zero in una partita che mi è rimasta nella memoria per il prima e per il dopo. Mi avevano rifiutato lâaccredito per entrare in tribuna stampa e rimasi un paio dâore ad elemosinare lâingresso ai vari dirigenti dellâAscoli che si avvicendavano nei paraggi. Alla fine, scocciati e forse impietositi, mi fecero entrare proprio al fischio di inizio. Il dopo gara fu caotico, câerano state contestazioni per un rigore non fischiato allâAscoli e i teppisti locali cominciarono a spaccare le macchine targate Firenze. Non è un caso che due anni dopo gli unici due ceffoni in ventidue anni di trasferte li abbia presi proprio ad Ascoli. Nel parapiglia generale mi ritrovai così quasi spinto dalla folla su un pullman ancora integro e vidi là in cima, vicino al guidatore e a moâ di capoclasse, un signore di una cinquantina dâanni che si agitava come un matto. Era Ciuffi, ancora misconosciuto alla platea televisiva, ma già trascinante e acclamato da quelle decine di persone a cui lui pagava tutto. In quanti si sono approfittati di Ciuffi in quegli anni di sfrenata ed illogica allegria finanziaria, magari gli stessi che poi lo hanno vessato nelle stagioni più amare. Gli ho voluto bene da subito, qualche volta mi sono arrabbiato, spesso mi è sembrato di fargli da babbo, credo che in tanti gli debbano qualcosa.
IL RITORNO
Un altro pareggio maledetto a Torino, con annesso discutibile rigore per i granata, e siamo allâincredibile rientro di Antognoni. Incredibile perché anticipato, e di molto, sui tempi previsti per il recupero, dopo il terribile infortunio alla testa. Il 21 marzo 1982 al Comunale (non ancora Franchi) contro il Cesena, lâaria era da attesa messianica. Nessuno aveva notizie certe, tutti aspettavano trepidanti lâannuncio delle formazioni. Siccome me lo sentivo che sarebbe tornato, registrai la voce dello speaker e nella cassetta rimase inciso prima quel cognome e poi il grido di gioia di una città che riabbracciava il figlio prediletto. Antognoni giocò bene, mandò in gol Casagrande e vincemmo con il solito uno a zero. La settimana successiva, in un clima da guerriglia urbana, pareggiammo a Marassi contro il Genoa e potevamo vincere. Poi lâinutile zero a zero in casa con la Juve, la vittoria, naturalmente per uno a zero, contro il Bologna ed infine il âsuoâ? capolavoro a Napoli.
Una cosa fantastica. Mancano otto minuti alla fine, il risultato non si sblocca e la Juve sta vincendo in casa contro lâInter. Ad un certo punto Massaro, vera e propria rivelazione del campionato, prende il pallone e parte in contropiede tagliando fuori quasi tutta la difesa partenopea. Passaggio ad Antognoni, che vede Castellini un poâ fuori dai pali: tiro a metà tra il pallonetto e lo âshootâ? puro e gol spettacolare che vale lâaggancio ai bianconeri. Vado in estasi. Nello spogliatoio un solo tormentone per il capitano: âcosa rispondi a chi sosteneva che la Fiorentina senza di te era più forte?â?. âNulla, mi interessa solo vincere il campionatoâ?. Nel viaggio di ritorno in treno passai tre ore a dormire per terra in una carrozza inondata di viola. Arrivai a casa a tarda notte, lercio ma felice.
SCIAGURATO CASAGRANDE
Quanti gol sbagliò Casagrande a San Siro contro lâInter il 2 maggio 1982? Sei, sette, ma forse è la rabbia che ancora non mi è passata a confondermi un poâ la memoria. Riepiloghiamo: la Juve recupera Paolo Rossi dopo la squalifica e va a giocare a Udine, noi invece andiamo a San Siro senza cinque titolari e facendo addirittura esordire in difesa il giovane Baroni. Fa un caldo assassino e Daniel Bertoni, che in assenza di Graziani avrebbe dovuto prendere in mano la squadra in attacco, si defila completamente, andando spesso a cercare le poche zone dâombra di un pomeriggio afosissimo. Ciò nonostante, lâorganizzazione di gioco di De Sisti funziona alla grande e mettiamo sempre uno davanti a Bordon. Solo che quellâuno è lo sciagurato Casagrande, che sbaglia tutto. Lui si mangia i gol e noi il fegato. Pareggiamo, la Juve vince addirittura per cinque a uno e ci passa davanti. Meno male che la domenica dopo âGiaguaroâ? Castellini, oltre che per il Napoli, gioca anche per la Fiorentina: para tutto a Torino, inchioda i bianconeri sullo zero a zero mentre noi strapazziamo la solita Udinese per tre a zero. Siamo primi a pari merito.
IL PROCESSO
La settimana prima della fatale Cagliari accadono cose strane. Il primo giorno di unâattesa lunghissima e snervante va in scena âIl processo del lunedìâ?, che parla solo del clamoroso acquisto juventino di Platini ed è tutto un fiorire di previsioni su quanto il fuoriclasse francese sarà utile perché i bianconeri riescano finalmente a vincere la loro prima Coppa dei Campioni. Come sarebbe a dire Coppa dei Campioni? Fiorentina e Juventus sono a pari punti ad una giornata dal termine e tutti sono sicuri che Platini e Boniek giocheranno in Coppa dei Campioni. Da dove i vari Cazzaniga, Cascioli e De Cesari traggano le proprie convinzioni è un mistero che verrà risolto solo alle 17 e 45 del 16 maggio 1982. Da quel giorno ho sempre digerito mal volentieri il Processo e mai avrei potuto immaginare che sarei stato uno dei protagonisti dellâultima storica puntata biscardiana alla Rai nel giugno di undici anni dopo.
Poi câera la storia dello spareggio, che avrebbe stravolto la preparazione della Nazionale di Bearzot in vista dei Mondiali spagnoli. Era vero, ma che cosa si poteva fare? Magari assegnare lo scudetto a tutte e due le squadre, però il regolamento non lo prevedeva. Meglio, molto meglio, che lo spareggio non ci fosse e che a vincere fosse una sola. Ma senza dimenticare che Platini doveva giocare in Coppa dei Campioniâ¦
CAGLIARI
I tifosi viola: âcoloreremo il mare di viola!â?. Il conte Flavio Pontello allâaeroporto di Elmas: âAgnelli? Ma via, è solo un metalmeccanicoâ?. Battute. Sogni. Bischerate in libertà . Tutto è permesso nella settimana che precede uno scudetto. Andammo in diecimila a Cagliari e non dimenticammo mai più quei giorni. Ero personalmente stravolto perché avevo avuto informazioni, poi rivelatesi sbagliate, sulla modifica da lì a pochi mesi del mio stato anagrafico e la futura eventuale mamma proprio non voleva che la lasciassi sola. Partii lo stesso con Maurizio Passanti, il mio amico di sempre. Pur avendo allâepoca unâesperienza minima del calcio, rimasi colpito dalla scelta dellâalbergo viola: Hotel Mediterraneo, sulla strada principale della città . Un poâ troppo sulla strada principale per resistere allâassalto festoso dei nostri tifosi che consideravano già vinto lo scudetto. Lâindirizzo naturalmente lo conoscevano benissimo anche i cagliaritani, che passarono buona parte della notte a strombazzare là sotto con le macchine e a urlare ossessivamente un âforzaccagliariâ? che mi pare di sentire ancora adesso. La mattina della partita il popolo viola reclamò qualcuno alla finestra per un discorso della vittoria, una circostanza che evidentemente ha sempre portato sfiga, nel 1940 come nel 1982. Si affacciò Massaro e assicurò tutti che avremmo conquistato il tricolore, si intravide anche la sagoma di Galli che si stava facendo la barba, ma siccome Giovanni è sempre stato un saggio, preferì tacere. Arrivammo al SantâElia con un anticipo di circa due ore rispetto al fischio di inizio del âricordato per sempre Matteiâ?. Qui però si incorre in un falso storico, perché il vero furto del tricolore non si perpetrò nel momento in cui il âprincipe di Macerataâ? annullò un gol di Graziani per fallo di confusione (un poâ come avrebbe fatto diciannove anni dopo De Santis con Cannavaro in un famoso Parma-Juve). E nemmeno è da discutere il rigore pro-Juve di Catanzaro, perché il tiro di Fanna venne effettivamente bloccato con la mano quasi sulla linea. No, il vero furto fu il mancato rigore concesso al Catanzaro sullo zero a zero, per unâevidente gomitata in area di Brio a Borghi. Evidente per tutti, ma non per lâinfido Pieri, che non fischiò. Quando Brady, già sbolognato alla Sampdoria, segnò dagli undici metri, immolai al mancato scudetto la fedele radiolina con cui da anni seguivo âTutto il calcio minuto per minutoâ? e la frantumai in mille pezzi per la rabbia. La gara di Cagliari era stata preparata malissimo, giocata peggio e di sicuro non eravamo preparati con la testa a certe sfide, però il tricolore ce lo avevano letteralmente rubato. Nella calca dello spogliatoio le prime parole di De Sisti (come a Udine) furono per me: «Ahoâ, ma che me lo vuoi faâ magnaâ questo registratore?». In effetti gli ero vicino, ma non più delle altre volte, solo che questa era una volta speciale.
Nel tardo pomeriggio di una splendida giornata quasi estiva, mentre rientravo allâalbergo con un magone inestinguibile, mi chiedevo quando mai ci sarebbe capitato di andare così vicino a vincere quello scudetto che per me era sempre stata solo una storia del passato. Una favola raccontata ad un bambino di otto anni, mischiata a qualche partita vista e al ricordo di una città vestita a festa nel maggio del 1969. Entrammo in un bar e âsucchiammoâ? le immagini di Catanzaro, Trapattoni e Boniperti che facevano i complimenti di rito alla Fiorentina, Bearzot contento per il mancato spareggio, mentre a noi mancavano le parole. Le trovò due giorni dopo Paolo Melani che con il suo Brivido Sportivo distribuì un adesivo destinato ad entrare nella storia di Firenze: MEGLIO SECONDI CHE LADRI.
SCOOP MONDIALE
Come sia andato il mondiale spagnolo lo sanno tutti, silenzio dei giocatori compreso. Ciò che nessuno sa è che il silenzio stampa più famoso della storia del calcio è stato infranto per ben due volte a Radio Blu da Antognoni e Graziani, miracolosamente pescati prima della semifinale con la Polonia e della finalissima contro la Germania. Entrambi accettarono di parlare in barba ai divieti e la cassetta della registrazione è sigillata nel cassetto dei ricordi più cari. Col senno di poi ho pensato che avrei potuto telefonare ad un giornale e âvendereâ? le interviste, ma non ero nessuno e se avessi chiamato qualche redazione avrebbero pensato ad un mitomane. Se invece avessero accettato, avrei messo in grande difficoltà i due azzurri-viola. In fondo è stato meglio così, quelle interviste, adesso, restano solo una cosa mia.
Agosto 11th, 2008 alle 22:09
DAVID MA CARRARO CHE CONSEGNA LE MEDAGLIE D`ORO? NO VERAMENTE NON C`E` LIMITE ALL`INDECENZA. SPERIAMO CHE ALL`ESTERO NON LO RICONOSCA NESSUNO…… PROPORREI MOGGI IN PISTA A TRASCINARE LA BANDIERA ITALIANA E CHE SO` IO VALLANZASCA COME TESTIMONIAL PER I VALORI SPORTIVI. DIO MIO CHE RABBIA INDICIBILE……. NON CE LA FACCIO DAVID E` PIU` FORTE DI ME, MA PERCHE` QUESTA GENTE NON PAGA MAI MAI MAI MAI MAI E ALLA FINE OCCUPANO SEMPRE I POSTI CHIAVE NELLA SOCIETA`
RISPOSTA
Perché sanno come muoversi. Sempre.
Ciao,
David
Agosto 12th, 2008 alle 01:53
Ciao David. Ho letto il tuo libro due e tre volte, più di Pinocchio e più del Ritorno dell Gru di Trevanian, che resta il mio libro preferito.
Una cosa è certa, per noi che nel cuore abbiamo solo questo colore, rileggere cose che non sappiamo, aneddotti che io per età prmatura ho vissuto solo con le testimonianze di quello che è stato raccontato dopo, è sempre emozionante. Non è adulazione sia chiaro, nè adorazione. E’solo un dato di fatto: che amiamo la Fiorentina, che vivremo sempre con amore nel cuore almeno per lei, e che sostenere la squadra della propria città è la cosa più bella del mondo da un punto di vista sportivo. Non me ne vogliano i miei amici a strisce…Non c’è proprio paragone. Non ci sono coppe o scudetti che tengano.
Un abbraccio.
RISPOSTA
Grazie grande Fagotto, ma che ne è stato del tuo progetto?
Un abbraccio anche a te,
David
Agosto 12th, 2008 alle 07:14
Grazie. Se mai ne avessi avuto bisogno, stamani con questa lettura ho rinforzato le motivazioni per andare allo stadio una sera d’agosto…
Agosto 12th, 2008 alle 07:39
L’analisi di Fagotto è giusta, ma penso che dovremmo espandere questo grande Amore per la Fiorentina e Firenze con la pratica. Dovremo diventare una tifoseria modello, impegnata anche in progetti di utilità sociale.Pensate se 15/20000 persone si impegnassero in opere di volontariato e solidarietà, faremmo partire un moto infinito che oltre che aiutare gli altri aiuta anche noi stessi.Un abbraccio VIOLA a tutti.
Agosto 12th, 2008 alle 07:53
E se essere accomunati da questo grande amore, da questa travolgente nebbia viola, alla fine valesse più di scudetti, coppe, vittorie?
In realtà, noi, lo scudetto lo vinciamo tutti gli anni, come tutti gli anni vinciamo la nostra Coppa dei Campioni… Tifare Fiorentina è un onore che per scelta, per eredità, per natali ci troviamo cucito sul cuore. Andiamone orgogliosi, non sempre nella vità capitano queste fortune.
Forza Viola !
Agosto 12th, 2008 alle 08:06
Ha ragione Homer! Tifare Fiorentina io lo considero un privilegio. Dirò di più: è una forma di snobismo nei confronti degli altri. Per questo ci riesce così difficile tifare azzurro…
Agosto 12th, 2008 alle 10:34
é incredibile come, nonostante avessi dieci anni, quell’annata mi sia scolpita nella memoria. ricordo il ping pong tra ameri e ciotti e il primo pianto per una squadra di calcio. ricordo le sconfitte di cesena e di roma, l’eroe daniel bertoni e la gioia al goal di antognoni a napoli. ogni tanto spero che prima o poi giustizia sarà fatta, comunque é vero che certe sconfitte ti legano più delle vittorie.
Agosto 12th, 2008 alle 11:26
mi è piaciuto il modo in cui hai conosciuto Ciuffi!
mi sa che non deve essere stato tanto facile in quegli anni fare quello che hai fatto te…
con postazioni di fortuna e dimorto coraggio!
questo dimostra che chi non molla arriva lontano, bisognerebbe ricordarcelo sempre.
81-82, che stagione quella!…
Agosto 12th, 2008 alle 14:42
16 maggio 1982 ore 18 circa ero in piazza ferrucci in macchina con il mi babbo e si piangeva come bambini (io lo ero)non lo scorderò mai odio la juve e tutto il palazzo meglio secondi che ladri
Agosto 12th, 2008 alle 15:17
Ciao David
Scrivo queste righe da Viareggio in attesa di tornare a Firenze per vedere finalmente la Viola giocare una partita che già ci spettava due anni fa e nel leggere l’avventura del terzo scudetto (si perchè per me se n’è sempre vinti tre) mi viene in mente l’atmosfera festosa della mia prima trasferta da solo (o meglio, senza i miei genitori) a 14 anni da compiere, a Cagliari il maledetto 16 maggio 1982…e mi ricordo il pianto dirotto quando riabbracciai babbo e mamma (che quest’anno festeggiano il loro 40esimo abbonamento in Ferrovia) che per consolarmi mi disse “vien via, tanto si vince un altr’anno….” Non vorrei tirar “fiatahe” come quella che tirò mia mamma allora, ma con tutti i lavori in corso che ci sono a giro, se si imbroccasse un avvio buono quest’anno un pensierino nel silenzio della mia cameretta (Mariociuffi docet) ce lo farei….
Agosto 12th, 2008 alle 16:09
Perdere quello scudetto a 13 anni fu un colpo al cuore micidiale. Ma fu anche una lezione di vita, cominciai a comprendere come girava il mondo. Capii che gli scudetti vanno vinti anche fuori dal campo e purtroppo i Pontello non avevano ancora chiaro cosa fare di fronte ai segnali eloquenti della settimana che precedette Cagliari. La Lazio nel 1999-00 mese in pratica la lezione: dopo il gol annullato al Parma prima dell’ultima giornata, societa’ e tifosi si mobilitarono in piazza e in TV per manifestare contro gli arbitraggi ‘pro-Juve’ … la credibilita’ del campionato fu messa in dubbio .. e guarda caso come ando’ a finire all’ultima: arbitraggi corretti. Le proteste della Juve per il campo di Perugia mi sembrarono le bizze dei bambini viziati, di quelli abituati ad averle sempre vinte.
Pero’ fu un campionato straordinario: la partita piu’ bella, il 4-2 con l’Inter … incredibile, subire il pareggio del 1-1 di Serena all’inizio del secondo tempo come un brutto risveglio, ma dopo pochi minuti ritrovarsi sul 3-1, che meraviglia! Mai vista una Fiorentina piu’ forte di quella, l’entusiasmo dei giovani e vecchi insieme ci porto’ molto in alto, peccato che quello spirito di forza non duro’ abbastanza e presto subentro’ la vertigine dell’alta classifica ed la paura del ritorno della Juve … gia’ con il pareggio di Como.
Ora dobbiamo guardare avanti, curare tutti i dettagli, ci aspettano molte rivincite … anche perche’ i Della Valle, al contrario dei Pontello e di Cecchi Gori, stanno imparando velocemente a muoversi fuori dal campo.
Agosto 12th, 2008 alle 16:34
che bello sarebbe vincere una coppa campioni…pensate ai festeggiamenti.
Io nell’81 ero un bambino e mi ricordo poco di quello che successe,ma non potete capire quanto mi brucio’ quella sconfitta per 3-2 con la juve dopo che eravamo in vantaggio per 2-0.
tanti saluti david e complimenti per quello che hai fatto e quello che farai.
Da arezzo tanti saluti
Agosto 13th, 2008 alle 23:51
Mamma mia quanti ricordi!!!!!!
Agosto 28th, 2008 alle 09:18
Fortunatamente ho sentito la tua voce via web che mi riportava le gloriose vicende viola a Praga! Sono in Romania per lavoro, ho pagato 20 euro per vedere conto tv via internet, ma quando è arrivata l’ora di collegarsi…niente. Pagare e non poter vedere, mah! Questi si fanno d’oro alle nostre spalle di tifosi bistrattati e non ci danno neanche un minimo servizio…
Grazie a te e a Radioblu!
Ottobre 22nd, 2008 alle 15:46
Non avevo mai avuto il tempo per leggere, ho iniziato oggi, in pausa pranzo.
David, roba da ” ciccia di gallina “, mi son venuti in mente, tutti gli episodi raccontati, i bagni di folla, allo stadio, ed i bagni di pioggia per tornare alla stazione e riprendere il treno per arivare a casa a notte fonda.
Sei un grande, e ti ho sempre ascoltato volentieri, perchè mi sembrava ” d’esserci “.
Mi succedeva spesso, quando segnava la squadra avversaria e Te sommessamente pronunciavi gol, di scagliare la radiolina, per poi andarla a prendere sbriciolata, allora la mia fidanzata, mi disse ” Ma perchè non si sente il Guetta, sula Golf, all’autoradio ? ” .
Aveva ragione. lei.
saluti
Febbraio 28th, 2009 alle 23:16
Mamma mia, David, mi hai fatto venire i lucciconi agli occhi con questi ricordi.
Sono riordi di un bambino di 10 anni sfocati e forse per questo ancor più puri e intensi, ricordi di quando con babbo mamma e sorella abbonati in maratona sognavamo quello scudetto, ricordi di quel silenzio assordante con Giancarlo a terra e la prima lacrima vista sul volto di mio padre, ricordi di quel caldo pomeriggio passato nel negozio di viale don minzoni con mio nonno incollato alla radiolina aspettando uno “scusa Ameri intervengo da Cagliari… ” che non arrivò mai e la tristezza di chi aveva vissuto da vicino lo scudetto del 56 e sorrideva ricordandosi della Fiorentina ye-ye ma intuiva che quelle gioie non avrebbe potuto viverle più.
Non l’ha più vissute perchè quell’alchimia a Firenze passava ogni 13 anni, perchè il connubio tra calcio, poteri forti e soldi è troppo grande o forse perchè come diceva mio zio Sergio che di quel primo scudetto fu uno degli artefici, nel calcio ci son troppi “mona”….. loro però almeno hanno gridato quel Campioni, Campioni che quelli come me forse non potranno fare mai.
Maggio 7th, 2009 alle 20:48
incredibile,,,,io avevo solo 4 anni,ma i mi babbo l era un po che mi portava allo stadio,sinceramente non me ne importava piu di tanto,ma ascoltavo e vedevo entusiasmo di mi pa…che mi coinvolgeva ,,,,
mi ricordo benissimo ero in curva ferrovia,lincidente di antognoni…..
ci sono cose che non si dimenticano…,credo che da li in poi incosciamente ero gia tifoso viola.
purosangue.
viola sempre e ovunque.ciao
Gennaio 9th, 2011 alle 00:38
non mi sembra giusto parlare di furto per un rigore non concesso al catanzaro nel primo tempo (magari la Juve recuperava)
Non sarebbe onesto sofffermarsi sul fatto che De Sisti giocò per il pareggio?
Inoltre mi sembra di ricordare che la Fiorentina ebbe dei favori arbitrali nella trasferta di Udine.
Febbraio 1st, 2011 alle 21:50
Forza viola
Giugno 6th, 2011 alle 22:52
non scorderò mai quel furto. Che si vinca o che si perda juve M…a juve m…a.
Gennaio 15th, 2013 alle 15:26
La tesi, sostenuta da molti, che perdemmo quello scudetto perche’ la federazione non desiderava uno spareggio non mi convince perche’ quando a Cagliari segno’ Graziani la Juventus a Catanzaro stava pareggiando, dunque non c’ era motivo di annullare una rete che avrebbe molto probabilmente evitato lo spareggio e regalato lo scudetto alla nostra Fiorentina…A meno che qualcuno avesse già deciso prima che la Juventus a Catanzaro in un modo o nell’ altro doveva vincere e quindi con una nostra vittoria saremmo andati allo spareggio…ha ragione David, il vero furto fu il gol annullato a Graziani
Luglio 24th, 2013 alle 12:29
Vorrei sapere se qualcuno per caso ha la registrazione del tutto il calcio giornata di Napoli Fiorentina quando al gol della juve con l’inter Ameri decantava la nuova classifica con la Juve in testa e Ciotti intervenne dal San Paolo con il mitico “non credo proprio Enrico…..” mi piacerebbe farlo risentire a mia figlia
Aprile 2nd, 2015 alle 21:50
22/11/82…. prima partita che ho visto con il mio babbo. Eravamo arrivati on la et 3 primavera……dovevo capire lì che tfare fiore tina sarebbe stata una via crucis…
Ottobre 5th, 2016 alle 11:45
Gol di Graziani annullato perché Bertoni prima trattiene in maniera nettissima il n2 del Cagliari impedendogli di saltare (e l’arbitro pazientemente lascia correre l’evidente scorrettezza)e 1 secondo dopo salta e con braccio disturba pure il portiere e a quel punto l’arbitro giustamente non puo’ che annullare.. non è valido, mi spiace.
Gennaio 15th, 2017 alle 08:29
Me lo ricordo come se fosse ieri. Tra l’altro dalla mia postazione si vedeva chiaramente. Un furto in piena regola. Quel gol di Bertoni in Udinese-Fiorentina era davvero in fuorigioco.
Agosto 17th, 2018 alle 08:00
Ciao compagno di naia ti ricordi quella trasmissione radio con Eraldo Pecci ?
Come va ? Sono tornato a Firenze la scorsa settimana e mi sei tornato in mente ….
Bella gioventù
Aprile 13th, 2020 alle 12:12
David..io ero ad Udine in quella fredda mattina di gennaio ’82..te lo rucordi il simpatico siparietto pre partita in cui un robusto ed attempato tifoso friulano ando’TORSO NUDO E BOTTICELLA DI GRAPPA A TRACOLLA (di quelle che si mettono ai cani S.Bernardo!) sotto la curva viola?!!Che spettacolo:)