Domenica 6 gennaio non ascolterete lo spazio autogestito di Mario Ciuffi.
Il mio nonno-bambino è in questo momento disteso in un ospedale ad aspettare che passi quello che è senz’altro il più brutto momento della sua vita.
Ovviamente non può fare il bischero perché la Fiorentina non ha ancora vinto il terzo scudetto e quindi non se ne parla nemmeno di abbandonare le fruste e le battute fulminanti che lo hanno reso famoso in tutta Italia.
Lunedì lo andrò a trovare col professor Pestuggia e mi piacerebbe portargli un po’ di vostri messaggi.
Intanto ripropongo a distanza di dieci anni quello che scrissi su di lui ne “la mia voce in viola”, perché il bene che gli voglio è lo stesso.
Forza Mario, siamo davvero tutti con te.

CIUFFI PER CASO
Non è che il gioco fosse brillantissimo, ma in difesa con Galli, Vierchwood, Contratto ed il miglior Galbiati possibile, non passava nessuno. Ad Ascoli pareggiammo zero a zero in una partita che mi è rimasta nella memoria per il prima e per il dopo. Mi avevano rifiutato l’accredito per entrare in tribuna stampa e rimasi un paio d’ore ad elemosinare l’ingresso ai vari dirigenti dell’Ascoli che si avvicendavano nei paraggi. Alla fine, scocciati e forse impietositi, mi fecero entrare proprio al fischio di inizio. Il dopo gara fu caotico, c’erano state contestazioni per un rigore non fischiato all’Ascoli e i teppisti locali cominciarono a spaccare le macchine targate Firenze. Non è un caso che due anni dopo gli unici due ceffoni in ventidue anni di trasferte li abbia presi proprio ad Ascoli. Nel parapiglia generale mi ritrovai così quasi spinto dalla folla su un pullman ancora integro e vidi là in cima, vicino al guidatore e a mo’ di capoclasse, un signore di una cinquantina d’anni che si agitava come un matto. Era Ciuffi, ancora misconosciuto alla platea televisiva, ma già trascinante e acclamato da quelle decine di persone a cui lui pagava tutto. In quanti si sono approfittati di Ciuffi in quegli anni di sfrenata ed illogica allegria finanziaria, magari gli stessi che poi lo hanno vessato nelle stagioni più amare. Gli ho voluto bene da subito, qualche volta mi sono arrabbiato, spesso mi è sembrato di fargli da babbo, credo che in tanti gli debbano qualcosa.