Un libro bellissimo
Padroni di non crederci, ma sarò molto emozionato questa sera quando tornerò a parlare nel luogo dei miei fantasmi infantili, la palestra della scuola ebraica fiorentina.
Presenterò insieme a Davide Sadun un libro bellissimo e amarissimo: “Dallo scudetto ad Auschwitz” di Matteo Marani, brillante penna del Guerin Sportivo, che si è fatto tre anni di ricerche per raccontare la storia di Arpad Weisz, geniale allenatore ebreo ed ungherese degli anni trenta, deportato ed ucciso ad Auschwitz.
Sarò emozionato perché mi ricorderò certamente dell’angoscia con cui aspettavo di recitare da bamabino i miei trenta secondi di poesia e dire una o due battute nella recita scolastica (mai avuto un ruolo da protagonista, un po’ per via della erre moscia e molto per la scarsa attitudine al palcoscenico).
Dopo quasi 35 anni ci voleva proprio qualcosa di speciale per farmi tornare sul luogo del delitto e questo libro vi assicuro che lo è perché spiega meglio di cento dibattiti molte cose sul razzismo.
In tutti i sensi e non solo contro gli ebrei.
L’ingresso è libero e mi farebbe piacere incontrare in via Farini qualcuno di voi.
Febbraio 20th, 2007 alle 07:30
Peccato vivere così lontano! In bocca al lupo…
Febbraio 20th, 2007 alle 09:06
Davide,
ti ricordi il nome di quel grande giocatore dell’Austria che si rifiutò di giocare per la Germania dopo l’annessione? E che anzi, nell’amichevole per celebrare l’unione delle 2 nazionali, giocata appunto tra Germania e Austria, prima segnò un gran goal e poi andò a esultare sotto le tribune dei gerarchi nazisti. E’ considerato un eroe nazionale austriaco e purtroppo non riesco a ricordare il nome. Me lo hai fatto tornare in mente. Ovviamente poi morì in circostanze misteriose e mai chiarite. Su Persone così è stragiusto scrivere libri. Magari non siamo d’accordo su Baggio, ma su questi Grandi sicuramente si. Un saluto
Febbraio 20th, 2007 alle 09:13
Ecco, me lo sono ricordato: Matthias Sindelar.
Febbraio 20th, 2007 alle 09:35
Neanche io potrò esserci. Sarei venuta molto volentieri e spero che il tuo invito venga accolto in massa. In groppa al riccio!
Febbraio 20th, 2007 alle 09:42
Buongiorno David,
consiglio a tutti i genitori di accompagnare i figli,quando sono nel periodo adolescenziale,a visitare un campo di concentramento e spiegargli la crudeltà che possono raggiungere gli uomini.
Poi consiglio a tutti di visitare la Sinagoga Fiorentina,che fra l’altro è una delle più belle,e leggere l’elenco delle persone ns. concittadini deportate e poi uccise dai Nazisti,per far capire che i campi di sterminio non erano per gli “altri ” ma hanno riguardato tutta la società civile e pertanto bisogna impegnarsi tutti perche queste atrocità non succedano PIU’.
Saluti.
Febbraio 20th, 2007 alle 10:58
Caro David, quando si accosta il calcio ad un evento tragico come la Shoa occorre stare molto attenti ai toni, perche c’è sempre il rischio di cadere nella retorica. In questi casi occorre prendere a riferimento la grandissima lezione di stile contenuta nella ” La vita è bella” di Benigni . Comunque il libro è bellissimo e suscita grande emozione!!!
Febbraio 20th, 2007 alle 11:13
Ciao David,
scusami se occupo un pò di spazio del tuo blog per qualcosa che non ha che fare con la viola ma che è di un’importanza che va al di là di tutto.
A Livorno stiamo combattendo una battaglia per evitare la morte di una bambina di 4 anni affetta dalla sindrome di Leigh, che provoca una degenerazione del sistema nervoso centrale.
L’unico modo per poterla salvare è quella di andare in USA e sottoporla a delle cure speciali per cui sono necessari più di 300.000 euro che la famiglia non ha.
Di lei si interessato anche il Livorno Calcio e una bella iniziativa è stata presa anche dai tifosi. Per qualsiasi informazione potete consultare il blog che la mamma di Azzurra ha costruito.
Magari se puoi comunicare i dati per le donazioni in una puntata del Pentasport oppure contattare Cristiano Lucarelli e inventarvi qualcosa per salvare Azzurra!!!
TI PREGO DAVID, NON E’ GIUSTO CHE MUOIA SENZA AVER VISSUTO. GRAZIE A TUTTI!
Febbraio 20th, 2007 alle 11:14
O Guetta che si paga!??
RISPOSTA
No, nulla, ciao
David
Febbraio 20th, 2007 alle 12:06
Sono molto lontano da Firenze, ma spesso leggo il tuo blog. Con vivo rammarico non potrò assere presente in quella palestra alla presentazione del libro a cui auguro la miglior fortuna, sia commerciale, sia di giudizio della critica. Ho sempre avuto grande interesse per la storia del periodo a cui fa riferimento il libro che, senza ombra di dubbio, è stato uno di quelli dove l’uomo ha messo in mostra il peggio di sé.
La mia famiglia, anche se non ebrea, è stata una di quelle che ha pagato il passaggio della ferocia nazista con la vita di un ragazzo di trent’anni, la cui colpa fu quella di rifiutarsi di scaricare munizioni da una nave bettolina. (era il tempo in cui i tedeschi avevano pochissimi uomini ed erano praticamente in rotta, così decisero di “farsi aiutare” da giovani del luogo mandandoli a prelevare con la forza. Molti non fecero più ritorno, altri riuscirono a scappare) Io, nato dopo la tempesta, mi considero un ragazzo dell’arcobaleno, ma ricordo ancora con molta lucidità i segni che ha lasciato quella tempesta, soprattutto sui volti delle persone che hanno sofferto; in modo particolare mi ricordo di una donna che mi disse:- io sono viva perché tu mi vedi, ma in realtà non ci sono più da dieci anni-
Auguri e saluti dal mare
Febbraio 20th, 2007 alle 12:19
Matthias Sindelar
Quel 3 aprile 1938 Vienna è imbandierata, apparentemente in festa.
Ma le bandiere che ornano tutti gli edifici pubblici, che sventolano ad una brezza fredda dai balconi delle case del centro, non sono austriache.
Con teutonica precisione quelle bandiere con la croce uncinata hanno tappezzato Vienna.
I nuovi padroni sono quelli che i nazisti austriaci definiscono i âfratelli tedeschiâ?, coloro che in nome del pangermanesimo hanno âliberatoâ? lâAustria da sé stessa.
Con quellâinvasione, mascherata da annessione pacifica e che passerà alla storia come âAnschlussâ?, è iniziata una tragedia che diverrà immane.
I tedeschi non brillano per iniziative che non siano industriali o militari, ma stavolta hanno deciso di suggellare la âriunificazione dei popoli germanici sotto la bandiera tedescaâ? con una partita di calcio che opporrà la Germania allâAustria.
Questa partita avrà una particolarità : sarà lâultima volta che in campo scenderà la nazionale austriaca.
Eâ tutto deciso : dopo questâultima partita i migliori calciatori austriaci indosseranno in blocco la divisa della nazionale tedesca, sul petto della quale spicca la svastica, e insieme ai âfratelli tedeschiâ? conquisteranno il titolo mondiale, a Parigi, il giugno seguente.
Lâorganizzazione tedesca ha previsto tutto: la Germania e lâAustria sono arrivate, rispettivamente, terza e quarta ai Mondiali di quattro anni prima, la selezione tedesca è fortissima, ma manca di esperienza e fantasia, patrimonio dei calciatori danubiani, e di un trainer esperto come lâaustriaco Hugo Meisl, lâuomo che ha inventato il âWunderteamâ?.
Purtroppo Meisl è morto lâanno prima, ed i tedeschi non rimpiangono quel signore elegante che, anni una volta, dopo aver presentato i migliori calciatori del Wunderteam in una gara amichevole contro la Germania, sottolineò che erano âLauter Eschechenâ? , âtutti Boemiâ?.
Con lâinserimento dei migliori austriaci, tuttavia, la conquista della Coppa Rimet è possibile.
Per essere precisi, la macchina organizzativa del Ministero della Propaganda ha previsto âquasiâ? tutto.
I burocrati tedeschi non hanno per esempio tenuto conto che il più dotato calciatore austriaco di tutti i tempi, Matthias Sindelar, fosse ebreo, ma questa, pensano, è una cosa che verrà risolta.
Il Prater quel giorno è pieno allâinverosimile.
Le divise tedesche si mescolano con la fine eleganza dei viennesi; le cronache dellâepoca raccontano che addirittura 60.000 spettatori si assiepino sulle tribune dello stadio al fischio dâinizio di una partita cui parte del popolo austriaco affida le proprie speranze di mantenere unâidentità nazionale.
Il âWunderteamâ? non tradisce i viennesi.
Non li tradisce soprattutto Matthias Sindelar, autore di una delle sue più belle prestazioni in una carriera che ne ha conosciute di indimenticabili.
La sua classe brilla di luce purissima, abbagliando i rudi tedeschi.
LâAustria vince, contro ogni pronostico e soprattutto ogni programma, per 2-1 e Sindelar segna il gol decisivo.
Il pubblico austriaco impazzisce letteralmente sotto gli sguardi, prima severi e rabbiosi, poi solo imbarazzati dei âfratelli tedeschiâ?.
Alla fine della partita, i calciatori, secondo il curatissimo protocollo degli organizzatori, sono chiamati a salutare i gerarchi nazisti presenti in tribuna.
Tutti i calciatori, compresi gli austriaci più giovani e meno coinvolti, fanno il saluto nazista: solo Sindelar ed il suo fedele compagno Karl Sesta si rifiutano.
Il Wunderteam pagherà cara questa commovente prova dâorgoglio.
Benché qualificata per la fase finale dei Mondiali, cui in un primo tempo sembrava avrebbe dovuto partecipare con una squadra di secondo piano e con il nome offensivo di âOstmarkâ? (letteralmente âprovincia orientaleâ?), la nazionale bianca viene improvvisamente sciolta.
Ma chi era Matthias Sindelar, lâuomo che aveva prima sconfitto i tedeschi sul campo di calcio e poi li aveva sfidati pubblicamente con un gesto di forte contenuto politico ?
Difficile ricostruire la sua vicenda sportiva senza cadere nella vicenda umana e rischiare che la sua storia non lo faccia passare per un eroe romantico facendo trascurare la sua figura di campione assoluto.
Matthias Sindelar nasce a Kozlov, nella Moravia austriaca ai confini con lâodierna Slovacchia, il 10 febbraio del 1903.
La sua famiglia, ebrea, si trasferisce a Vienna, in un quartiere povero della zona industriale di Vienna.
Il padre muore nel 1917 sullâIsonzo, durante la Grande Guerra, e la famiglia vive in ristrettezze.
La madre apre una lavanderia con la quale mantiene Matthias e le tre sorelle che crescono rapidamente.
Il giovane Matthias, quando non aiuta la madre, gioca per le strade con una palla di stracci, su terreni sabbiosi strappati al degrado, fra le mura delle fabbriche di mattoni del âFavoritenâ?, e la sua abilità non passa a lungo inosservata.
Il suo dribbling è ubriacante, la palla viene letteralmente nascosta ai malcapitati avversari, è facile notarlo anche per il fisico filiforme ed unâinnata eleganza.
Passa prima nella squadra dellâHerta, il club del quartiere, poi, a soli ventuno anni, entra a far parte del Wiener Amateure, la prestigiosa squadra che due anni dopo diverrà lâAustria Vienna.
La carriera di Matthias Sindelar decolla.
Alto, ben proporzionato, il suo viso sottile con gli zigomi alti lo fa sembrare molto più magro di quanto sia in realtà ; a questi deve il suo primo soprannome, âDer papiereineâ? (carta velina) che gli resterà addosso per tutta la carriera, divenendo la sua âgriffeâ?.
Il suo stile è particolare, di più, inimitabile.
Calcia con naturalezza, il suo controllo di palla, affinatosi sui terreni sassosi di âFavoritenâ?, non teme confronti, la sua abilità nello smarcarsi sembra farlo sgusciare attraverso le maglie delle difese più agguerrite, proprio come fosse un pezzetto di âcarta velinaâ? spinto dal vento.
La sua classe, decisamente superiore, lo porta a evitare il clima di battaglia, soprattutto perché, fin dallâinizio della avventura, Matthias, ha problemi al ginocchio destro.
La sua brillante carriera sembra destinata a concludersi prestissimo, ma il carattere è unâaltra dote di questo campione.
Su consiglio di un celebre chirurgo dellâepoca si sottopone ad un intervento chirurgico al menisco dal quale si riprende con la feroce applicazione in una terapia di rieducazione che per lâepoca è una autentica novità .
Il suo nome è addirittura ancora oggi citato accanto a quello del celebre chirurgo in qualche articolo specializzato in medicina della rieducazione sportiva, come uno dei primi pazienti di quella che allora era una nuova scienza della quale si intravedevano interessanti applicazioni.
Da allora Sindelar non si toglierà più la pesante fasciatura protettiva sul ginocchio destro, destinata a diventare la sua compagna più fedele difendendo la preziosa e delicata articolazione da possibili nuovi traumi che avrebbero decretato definitivamente la fine della sua carriera agonistica.
Questa attenzione unita ad una grande applicazione nella preparazione atletica, in particolare col nuoto, gli avrebbero consentito ugualmente di calcare a lungo le scene calcistiche internazionali.
Con lâAustria Vienna, il suo club, domina il campionato e vince due volte la Coppa Europa, antenata della Coppa dei Campioni.
Un simile talento non è certo sfuggito al fiuto leggendario di Hugo Meisl, lâuomo che sta costruendo la migliore rappresentativa nazionale che lâAustria abbia mai avuto.
Con lâinnesto di Sindelar nasce il âWunderteamâ?, una squadra destinata a segnare unâepoca : dal maggio del 1931 allâaprile del 1933 lâAustria guidata da âcartavelinaâ? mette in fila una serie eccezionale di risultati, numeri che ancora oggi impressionano : 16 partite, 12 vittorie 2 pareggi e 2 sconfitte, 63 reti segnate (una media di quasi quattro a partita) e solo 20 subite.
Un rullo compressore.
Naturalmente Matthias Sindelar brilla di luce propria : in queste sedici partite gli vengono attribuite ventisette segnature .
Come spesso accadeva allâepoca, la partita più gloriosa di quella grande squadra coincide con una sconfitta contro lâInghilterra.
Eâ il dicembre del 1932, lâAustria gioca a Londra contro la nazionale inglese unâamichevole il cui prestigio allâepoca è paragonabile, se non superiore, a quello di una finale mondiale.
I âmaestri del calcioâ? non si misurano con squadre del continente e non partecipano a competizioni internazionali che non siano lâ âHome Championshipâ?; essere invitati per una sfida è un grande onore, uscirne a testa alta è già un successo.
LâAustria ci riesce: perde per 4-3, ma, per la prima volta, fa letteralmente tremare gli inglesi che rimangono strabiliati dalle giocate di un Sindelar letteralmente incontenibile, autore di una rete che oggi sarebbe definita âalla Maradonaâ? .
John Langenus lâarbitro belga che aveva diretto la prima finale della storia dei Mondiali e che diresse anche quellâincontro storico, racconta: – âZischek, segnò due volte, ma il gol di Sindelar fu un autentico capolavoro, qualcosa che non era mai stato realizzato avendo gli inglesi come avversari.
Non prima di lui e neppure dopo.
Sindelar partì dalla linea di metà campo e con il suo, inimitabile, stile superò semplicemente chiunque gli si parasse davanti, alla fine fece due dribbling tornando indietro e depose la palla in rete.â?
Si parla apertamente di offerte da parte dei più prestigiosi club professionistici inglesi per quello che ormai è il più famoso attaccante dâEuropa, quello dotato del gioco più affascinante, lâuomo di maggior classe.
Sindelar tuttavia è una sorta di âSchonbrunnâ? in carne ed ossa, un monumento nazionale, non si parla neppure di una sua partenza dallâAustria nella quale è diventato un idolo e dove, dopo i durissimi anni di âFavoritenâ? adesso vive una vita agiata, ma tranquilla.
La sua modestia e la sua riservatezza sono leggendarie, potrebbe vivere da nababbo, invece continua ad occupare, assieme alla madre, un semplice appartamento al numero 75 di Quellenstrasse, lontano dai quartieri alti.
Nello stesso edificio continua a funzionare la lavanderia che ai tempi di âFavoritenâ? li ha salvati dalla fame.
Intanto la sua leggenda è alimentata da unâimpresa dietro lâaltra.
Segna due reti allâItalia, uno dei quali è descritto come unâautentica stregoneria :
– âSugli sviluppi di un corner, la palla finisce allâala sinistra Vogl il quale la passa a Gschweidl, che, colpendola di testa supera un difensore azzurro e la lancia verso Sindelar.
Sindelar, toccandola ancora di testa, la fa passare oltre un altro terzino, che poi aggira passandogli a fianco, quindi, prima che la palla tocchi terra, la colpisce nuovamente insaccandola nellâangolo della porta difesa dallâesterefatto portiere italiano.â?-
Quando il Wunderteam batte per 8-2 lâUngheria, Sindelar supera sé stesso.
Le cronache dellâepoca, infatti, riferiscono che non solo ha segnato una tripletta, ma ha anche fornito gli assist per tutte le altre segnature austriache !
Ormai è allâapice del successo, guida il âWunderteamâ? attraverso lâEuropa di vittoria in vittoria, la sua fama è ormai senza confini, il suo nome viene accostato alle grandi glorie dellâAustria.
Hugo Meisl lo definisce addirittura il âMozart del footballâ?, un onore senza paragoni.
Purtroppo per âcartavelinaâ? la sua vicenda sportiva è destinata ad intrecciarsi tragicamente con la storia del suo Paese.
Quando il Wunderteam sembra destinato a trionfare nella prima edizione del Mondiale che si disputa in Europa (siamo nel 1934), in Austria scoppia una terribile crisi economica.
La situazione diventa rapidamente drammatica.
La speculazione internazionale mette in ginocchio il Paese: la disoccupazione raggiunge livelli che secondo alcune fonti sfiorano il 40% della forza lavoro.
Nel febbraio la crisi sfocia nella guerra civile che lascia strascichi gravissimi nel paese e prepara lâAnschluss che avverrà qualche anno dopo
Ovviamente la situazione ha pesanti ricadute anche sullo sport, soprattutto sul calcio.
Le società lottano per la sopravvivenza, Sindelar accetta una fortissima riduzione del suo stipendio pur di restare allâAustria Vienna e potersi preparare ai Mondiali.
Purtroppo la squadra austriaca che partecipa al Mondiale non è che una lontana parente del âWunderteamâ?.
La Federazione austriaca, sullâorlo della bancarotta, non paga la trasferta neppure allâallenatore della nazionale, né al suo assistente ed il campionato, dopo molti rinvii, non si conclude che a ridosso della rassegna mondiale.
Ciò nonostante lâAustria arriva alle semifinali dove viene sconfitta, con onore e non senza pesanti dubbi sulla regolarità del gol azzurro, dallâItalia di Vittorio Pozzo.
Sindelar è lâincubo degli azzurri, Pozzo per lui ha unâautentica venerazione.
Gli azzurri, che in passato hanno imparato a conoscerlo, temono i suoi spunti imprevedibili.
Luisito Monti, cui viene affidato, lo ferma con le buone e con le cattive.
Infortunato, Sindelar, non può disputare la finale di consolazione che sarà vinta dalla Germania.
Matthias ha trentuno anni, è nel pieno della sua parabola sportiva, ma la situazione politica che si va determinando condizionerà pesantemente la sua vita assieme a quella di milioni di altri esseri umani.
La sua condizione di cittadino di origine ebrea, nonostante la sua fama ed il prestigio, anche internazionale, di cui gode, comincia a procurargli fastidi.
Lâantisemitismo nellâAustria di quegli anni è una marea che monta inesorabile dopo la crisi .
Lâintolleranza verso gli ebrei, indicati dalla attivissima minoranza filonazista come i responsabili del disastro economico, prende campo.
Colpisce parenti, amici, semplici conoscenti di Sindelar, che ne rimane profondamente impressionato.
Le camicie brune austriache preparano il terreno creando un clima intimidatorio, e soprattutto propagandando lâantisemitismo come soluzione di tutti i problemi.
La vita, tuttavia, nellâAustria del âdopo crisi economicaâ?, sembra scorrere normale.
Si gioca a calcio.
Gioca anche la nazionale austriaca, che tuttavia, è in decadenza.
Sulla scena si affacciano nuovi campioni come Franz âBimboâ? Binder, che sembra lâerede designato di âcartavelinaâ?, il campione attorno al quale costruire un nuovo âWunderteamâ?.
Sindelar, invece, comincia a risentire degli acciacchi fisici, ma soprattutto è a disagio per la situazione difficile nella quale si trovano molti amici.
Nel 1937 muore Hugo Meisl, il maestro e mentore di âcartavelinaâ?, colui che lo aveva battezzato âil Mozart del footballâ?; per Matthias è un brutto colpo, un dolore che lo prostra addirittura.
Quando lâ âAnschlussâ? si consuma, la vita di Sindelar ha un ulteriore scossone.
LâAustria Vienna, la società cui è legato da sempre, è una squadra nella quale molti dirigenti sono di origine ebrea che immediatamente vengono rimossi dai loro incarichi e sostituiti da fedelissimi.
I giocatori, per motivi di opportunità restano al loro posto, ma Sindelar non perde occasione per mostrare il suo coraggioso dissenso.
In unâoccasione, incontrando il vecchio presidente Michl Schwarz, epurato perché ebreo, lo saluta a voce alta dicendo :-âIl nuovo âfuhrerâ dellâAustria Vienna, ci ha proibito di salutarla, ma io vorrò sempre dirle buongiorno, signor Schwarz, ogni volta che avrò la fortuna di incontrarla.â?
La sua avversione verso il nazismo suscita imbarazzo, mentre la situazione politica interna precipita e sono sempre in meno quelli disposti a difenderlo per il suo valore di calciatore prezioso alla causa tedesca.
Ai Mondiali, che si disputano quellâanno in Francia, la Germania è affidata ad un allenatore giovane, Sepp Herberger, che conquisterà il Mondiale nel 1954.
Herberger è un tecnico serio e preparato, non un nazista fanatico, conosce il valore di Sindelar e sa quanto sarebbe importante poter contare su di lui come guida della sua squadra.
Matthias, tuttavia, si rifiuta di giocare, il giovane tecnico cerca inutilmente di convincerlo.
Per evitare guai, Sindelar, prima dice di sentire dolore al ginocchio infortunato ed operato anni prima, poi, imparando a conoscere il suo interlocutore chiede, educatamente, di essere lasciato fuori, di non indossare quella maglia che non è la sua.
â?Mi accorsiâ?- racconterà anni dopo Herberger- âche câerano altri motivi per cui non voleva giocare, ed io decisi di lasciarlo in pace, anche se sapevo che era ancora il più forte.â?
Il forfait di Sindelar viene ufficializzato e dâimprovviso gli viene a mancare quello schermo protettivo che fino a quel punto gli era stato garantito dalla sua fama di campione.
Altri calciatori di origine ebrea, come Camillo Jerusalem e Karl Zischek, più giovani di Sindelar, accettano di giocare con la maglia tedesca, ma quando, dopo lâimprevista eliminazione per mano della Svizzera, le cose si mettono male emigrano allâestero.
Intanto attorno a Sindelar si è creato il vuoto.
La brusca fine della carriera internazionale, ma soprattutto la preoccupazione per la sorte dei suoi cari lo fa cadere in uno stato di depressione.
Il 26 dicembre 1938, a Berlino, gioca la sua ultima partita: un incontro amichevole fra lâAustria Wien e lâHerta Berlino.
Segna anche un gol, lâultimo.
Quando muore, meno di un mese dopo, il 23 gennaio 1939, non ha ancora compiuto i 36 anni.
Viene trovato morto, nel suo letto.
Accanto a lui una giovane ebrea italiana, Camilla Castagnola, che ha incontrato qualche giorno prima, che morirà dopo pochi giorni di coma senza poter dare utili spiegazioni.
La spiegazione ufficiale è âavvelenamento da monossido di carbonioâ?.
Un incidente dovuto ad una stufa difettosa.
La Polizia austriaca, di solito meticolosa, mostra unâinsolita fretta nellâarchiviare il caso.
Attorno a questa morte misteriosa nascono le più svariate ipotesi.
Câè chi parla di suicidio dei due amanti, chi ipotizza che la ragazza fosse un esponente dellâAgenzia ebraica che aveva il compito di arruolare Sindelar in una organizzazione che avrebbe dovuto favorire lâespatrio degli ebrei austriaci e pensa ad un omicidio brillantemente organizzato dalla Gestapo.
Dopo la guerra il rapporto sulla sua morte non si trova più.
Svanito.
La sua morte, misteriosa, contribuisce così a proiettarlo nel mito.
I tedeschi hanno fretta di chiudere il caso, preferirebbero esequie in forma privata, quasi clandestine.
Invece la sede dellâAustria Vienna è tempestata di telegrammi da tutta lâEuropa: alla fine se ne conteranno oltre 15.000 ed il suo funerale sarà seguito da non meno di 40.000 austriaci pronti a sfidare i divieti, più o meno palesi, dei nazisti.
Matthias Sindelar, âil Mozart del footballâ?, âcartavelinaâ? fa il suo ingresso nella leggenda, diventa un eroe popolare, per diventare poi, alla fine della guerra, anche un eroe nazionale.
Quando lâAustria riacquista la propria sovranità nazionale la stella del âWunderteamâ? viene sepolta nel âCimitero centrale di Viennaâ? in un mausoleo messo a disposizione della famiglia dallâautorità cittadina.
Da allora, il 23 gennaio di ogni anno, una data che cade a pochi giorni dal âGiorno della Memoriaâ?, la giornata dedicata alla commemorazione della Shoa, sulla tomba di Matthias Sindelar si tiene una semplice cerimonia cui partecipano i dirigenti della Federazione Austriaca, dellâAustria Vienna, ed i sempre meno numerosi compagni di squadra dei tempi del âWunderteamâ?.
Alla fine viene deposta sulla lapide una corona di alloro e dei fiori bianchi e viola, i colori del âWiener Amateureâ? , diventato poi Austria Vienna.
Fra coloro che non mancavano mai alla cerimonia câera il Dr Schwarz, il vecchio presidente del club viennese.
Schwarz, epurato perché ebreo e scampato ai lager nazisti, non aveva mai dimenticato che Matthias Sindelar un giorno lâaveva salutato facendogli capire che câera ancora una speranza.
âDicono che la sua modestia fosse altrettanto leggendaria della sua abilità .
Patrimonio dei Grandi.â?
[RÃ ul Woscoff â Centro Raoul Wallemberg ]-
“Aveva, sì, struttura atletica, nel senso che era alto, slanciato e che i suoi lineamenti esprimevano energia e decisione. Ma era magro, secco, asciutto in modo impressionante. Di muscoli non ne aveva, di consistenza non ne mostrava. Di profilo pareva piatto, sottile, trasparente, come se â scusate la frase alpina un poâ irriverente che viene in mente â la madre ci si fosse, per errore, seduta su appena nato. A vederlo giuocare, si trasformava. Era il padrone della palla, lâartista della finta. Alla mancanza di fisico sopperiva subito con lâintelligenza. Aveva appreso a smarcarsi in modo magistrale. Lasciato libero distribuiva, smistava, dettava temi di attacco, diventava la vera intelligenza della prima linea. Monti odiava tutti i danubiani, li metteva in un mucchio solo, ma chi aveva particolarmente in uggia era Sindelar: vedeva rosso, e contro di lui e contro le danze a base di finte che gli faceva davanti e le continue richieste di penalty, aveva una paura matta di perdere le staffeâ?
[Vittorio Pozzo]
http://www.austria.org/oldsite/apr98.
http://www.wizo-osfa.org.ar/prueba/informes/sindelar.htm
http://www.maniacalcio.com
http://www.postadelgufo.it
Febbraio 20th, 2007 alle 12:49
Sono incasinatissima con il lavoro, ma verrei volentierissimo. A che ora è? Farò il possibile, altrimenti in bocca al lupo!
RISPOSTA
Alle 21, spero di vederti, ciao
Dsvid
Febbraio 20th, 2007 alle 13:20
David, a che ora inizia?
RISPOSTA
Alle 21
Febbraio 20th, 2007 alle 14:21
l’oblio,smarrire i ricordi è quanto di più terribile possa succedere.
Ben venga questo libro che ci ricorda cose molto più importanti del gioco del calcio…
Bravi tutti che continuate a ricordare e a insegnare alle nuove generazioni a non dimenticare.Grazie.
Febbraio 20th, 2007 alle 14:54
Davide si tratta di Mathias Sindelar detto “cartavelina”..hai fatto benissimo a ricordare quel piccolo grande eroe
Febbraio 20th, 2007 alle 15:29
Chi è lo sponsor politico di questo signor Marani?
RISPOSTA
Di fronte ad imbecillità come queste mi cascano le braccia.
Ma vai via vai,
David
Febbraio 20th, 2007 alle 15:47
questi ragazzi,prandelli li ha scelti proprio bene.hai sentito l’intervista,di lunedì,di jorge,sembrava lui l’allenatore,era già preparatissimo per a di domenica.Complimenti a tutti(grandi ragazzi e grande organizzazione)Bravi davvero,sono molto ottimista.
Se preparano le partite così ed essendo il livello molto basso,POSSIAMO SOGNARE!
Febbraio 20th, 2007 alle 15:53
David, io ricordo un ragazzo con questo nome che negli anni 70 giocava nel Maccabi, per caso eri te? Eravamo allenati dall’ex giocatore della Fiorentina Suppi e quell’anno arrivammo ultimi con un solo punto. La rete dell’unico pareggio la fece il nostro centravanti che si chiamava Marchetti. Comunque rimane un ricordo bellissimo.
RISPOSTA
Mi sa che ero io, ed ero pure molto scarso.
Ciao,
David
Febbraio 20th, 2007 alle 19:38
BELLO IL LIBRO SU SINDELAR DI NELLO GOVERNATO,DIRIGENTE DI UNA GRANDE FIORENTINA.UNA BELLA STORIA DI SPORT AMBIENTATA IN UN ORRENDO PERIODO.DA LEGGERE
Febbraio 20th, 2007 alle 22:33
Per MANSEL:
La prossima volta scrivi la Divina Commedia
Mah!
Febbraio 21st, 2007 alle 09:24
Grazie a Mansel, invece, per avere riportato la storia di Matthias Sindelar.
Per me, finora, era solo un nome, forse un po’ più evidente di tanti, ora quel nome corrisponde a una persona. A una bella persona, di quelle da ricordare.
Febbraio 21st, 2007 alle 09:48
-In un angolo del campo di concentramento, a un passo da dove si innalzavano i forni crematori, nella ruvida superficie di una pietra, qualcuno, chi?, aveva inciso con lâaiuto di un coltello forse, o di un chiodo, la più drammatica delle proteste:â?Io sono stato qui e nessuno racconterà la mia storiaâ?- (Storie marginali da Le rose di Atacama di Luìs Sepùlveda, pag.8)
Chiunque racconti una storia che possa trasformare un numero in un nome impedirà che la polvere si depositi sulla memoria del popolo ebraico, di quello armeno, argentino o cileno. Ecco, David, questo avrei voluto dirti se ieri fossi stata presente.
Un abbraccio.
Febbraio 21st, 2007 alle 11:42
carissimo, sia benvenuta ogni iniziativa per ricordare ed ammonire i giovani sulla bestialità di cui trattasi. Ma a me sembra che -quasi sempre- venga fatto un discorso un po’ limitativo, secondo il quale l’ antisemitismo sia stato un’ invenzione del solo Hitler. E’ casomai vero il contrario: il Nazismo ebbe un rapido successo perchè si appoggiava su un diffuso antisemitismo, nato all’ inizio del ‘900 in tutta Europa (e -purtroppo- tutt’ altro che debellato ai nostri giorni). Lo stesso Stalin, se la morte non l’ avesse fermato, era pronto negli anni ’50 ad attuare una immane caccia all’ ebreo. Credo che la dicotomia (che ogni tanto si sente) destra = cattivo = antiebreo / sinistra = buono = amico degli ebrei, sia molto sbagliata, nonchè fuorviante a livello pedagogico. Nelle Case del Popolo (causa alcune discutibili azioni di Israele) circolano a tutt’ oggi malignità, barzellette e cattiverie su di Voi. Lo stesso Vernacoliere uscì recentemente con un infelice “Israele non risparmia sulle bombe: o che ebrei sono?”. Caro David, bisogna insegnare ai ragazzi ad aborrire OGNI dittatura, non soltanto quella nazi-fascista. Un abbraccio affettuoso, sei comunque un Grande. Paolo Mazzanti
Febbraio 21st, 2007 alle 12:06
Sono venuto alla presentazione del libro e le cose che mi hanno colpito di più (così come per un altro libro analogo, “Un Nome” di Paolo Ciampi) sono la straordinaria emozione dell’autore a parlare di una cosa forse nata per caso ma continuata quasi per missione (l’accenno alla frase detta alla moglie – se mi succede qualcosa…-è indicativo) e l’incredibile oblio calato sul protagonista della storia, quantunque allenatore di grandissimo successo. Nessuna targa, nessun richiamo oltre a quello meramente statistico nei libri di calcio. La tua idea in merito qual’è ? anche le persone straordinarie si perdono nel mare di 6 milioni di voci nel vento o la vergogna di chi poteva fare e non ha fatto ha cercato di mettere tutto in un libro della storia senza pensare ai singoli ?
RISPOSTA
Se ne sono (ce ne siamo) tutti dimenticati, ma mi risulta che a Bologna si stia muovendo qualcosa.
Ciao,
David
Febbraio 21st, 2007 alle 12:11
Ciao David, ieri sera grazie ad una nostra comune amica, Sandra, ho potuto assistere alla presentazione del libro di Marani e devo ringraziarvi per avermi fatto trascorrere una serata davvero emozionante. Sono rimasta incantata dall’esposizione fatta dall’autore, aveva un entusiasmo, una luce nei suoi occhi, che poche volte ho riscontrato nelle persone. Deve aver portato a termine questa sua opera con una soddisfazione immensa. Sicuramente proporrò il libro all’insegnante di liceo di mia figlia, è il primo pensiero che mi è balenato in testa appena ho cominciato a sentire le parole di Matteo Marani, che ripeto hanno suscitato in me una grande emozione. Sono stata molto felice di stringergli la mano e ringraziarlo per quello che ha fatto, per ciò che sta divulgando fra la gente. Un abbraccio
Febbraio 21st, 2007 alle 12:24
Caro David,
ieri sera sono riuscita a uscire dallo studio alle 22…niente male. Però stamani mi sono comprata il libro di Marani e lo sto già divorando (ho letto i primi tre capitoli in pausa tra due udienze!!). Quindi, sebbene mi rimanga l’amaro in bocca per non aver partecipato alla vostra presentazione di ieri sera, sarò felicissima di condividere con te i miei commenti su questa lettura che si prospetta interessantissima!
Grazie per la dritta e buona giornata,
Chiara
Febbraio 21st, 2007 alle 13:02
David perdonami se uso questo tuo post per chiederti un informazione di servizio che non c’entra niente con quello che scrivi.
Mi sai dire se domenica allo stadio gli invalidi potranno entrare anche a porte chiuse?
Ti ringrazio anticipatamente.
RISPOSTA
Se hanno la tessera, penso proprio di sì.
Ciao,
David
Febbraio 21st, 2007 alle 13:34
per batman:
La Lega Calcio, preso atto delle disposizioni dell’ Osservatorio Nazionale delle Manifestazioni Sportive del Ministero dell’Interno, ha integrato la precedente disposizione sulle gare a porte chiuse con una nuova circolare. Ferme restando le disposizioni che prevedono l’accesso allo stadio limitato a 200 persone per ogni società, agli operatori dell’informazione e della sicurezza pubblica, nella nuova delibera viene consentito l’accesso anche alle persone diversamente abili e ai loro accompagnatori. Le liste delle persone accreditate per l’accesso allo stadio dovranno essere consegnate alla Lega Calcio, al Gruppo Operativo sulla Sicurezza e all’Ufficio Indagini della Figc.
acf fiorentina
Febbraio 21st, 2007 alle 13:37
E’ vero David, leggere commenti come quello di gubbio viola ti amareggia e ti stupisce in maniera estrema, perchè pensi sempre che l’imbecillità della gente non possa arrivare a tanto!!! Leggi il libro caro gubbio viola che ti farà sicuramente bene!!
Febbraio 21st, 2007 alle 14:36
Scusa David ma non capisco dove stia l’imbecillità nella mia domanda. Se qualcuno si è sentito offeso gli chiedo scusa ma volevo solo capire come ha fatto il signor Matteo Marani, senz’altro ottimo giornalista, a fare tanta strada in così poco tempo, e non mi riferisco al libro che sarà sicuramente bellissimo come asserisci e che penso leggerò. Mi spiego meglio perché non voglio toglier meriti né a lui né ad altri validi personaggi come te o lui: io osservo, e in parte vivo, con grande attenzione il mondo dei giornalisti che nuotano intorno all’isola della Fiorentina e mi sento di affermare, dopo ormai vent’anni nei quali purtroppo ne ho avute prove e riprove, che se non hai certi appoggi più di tanto avanti non puoi andare a Firenze nel senso che nessuno ti chiama per sentire la tua opinione o per farti scrivere un pezzo nonostante ci siano persone che conoscano bene te ed il tuo valore. Questa è la mia esperienza, triste ma reale. Io non ho mai avuto appoggi ma solo un po’ di talento, almeno credo e spero. Ho sempre agito con umiltà ed ho incontrato solo tanta arroganza. Altri colleghi li ho visti invece procedere per meriti ma anche perché sono riusciti a presentarsi agli stessi interlocutori in compagnia di amici politicamente influenti (intendo politica in senso lato). Non posso rivelare la mia identità ma mi conosci anche tu, come tanti altri. Un uomo non può proporsi tutti i giorni, ne va della dignità. Ogni tanto poi appaiono questi funghi come venuti dal nulla, anche se dal niente naturalmente non vengono, e per incanto tutte le porte si aprono di fronte a loro. Io, che non sono mai stato invidioso e prego di non esserlo mai, non riesco però a non pormi certe domande. E’ lecito porsele spero? Soprattutto conoscendo l’andazzo del livido mondo dei giornalisti.
Mi dispiace di rubarti tutto questo spazio ma non riesco mai ad essere ipocrita e pertanto, nella prcedentre mail, ho chiesto, senza mezze misure e cioè con metodo tipicamente fiorentino, se questa persona, come la maggior parte delle penne viola, avesse o meno un sostegno che non dipendesse dalle sue capacità. Se tu credi che io abbia elencato una sequela di falsità allora hai ragione tu: sono un imbecille. F.B.
Febbraio 22nd, 2007 alle 09:19
Purtroppo ero fuori città e non sono potuto venire. Rimedierò senz’altro acquistando il libro, di cui avevo sentito parlare nel Pentasport. Capisco la tua emozione, la stessa che ho provato quando sono stato per la prima volta a Melk, in Austria, sottocampo di Mauthausen, dove probabilmente (non ne abbiamo la sicurezza) è morto mio zio nel 1944.
Febbraio 22nd, 2007 alle 14:29
Non ho ancora letto il libro di Marani (ma mi riprometto di farlo) e solo un impegno personale inderogabile mi ha impedito di essere alla presentazione… Se ho capito bene, le disgrazie di Weisz cominciarono quando il Bologna lo cacciò a causa delle leggi razziali… Temo che se si studiassero i rapporti tra il regime fascista e il mondo del calcio potrebbe fuori roba imbarazzante a proposito di personaggi osannati per i loro (innegabili) meriti sportivi… Toglimi una curiosità: ci sono stati giocatori ebrei nella Fiorentina? Magari già ci sono, io sono molto ignorante in materia. Fino a un anno o due fa, ritenevo che il calcio fosse uno dei pochi ambiti in cui gli ebrei non avessero brillato… Insomma ricordavo Einstein, Marx, Freud e Mark Spitz e dimenticavo Sindelar, Neeskens, Beckham, Samuel, Sorin e chissà quanti ne lascio fuori…
Ciao da Matteo