Un grande, da conoscere, Aldo Agroppi è stato un compagno di viaggio unico, non voglio cercare di scrivere qualcosa di originale e quindi vi ripropongo quello che ho scritto per il web del Corriere della Sera

In direzione ostinata e contraria. Sempre. Per dirla alla maniera di Fabrizio De André, uno dei suoi amati cantautori, perché Aldo  Agroppi, scomparso ieri all’età di 80 anni, è stato soprattutto  contro.

E già il suo esordio da calciatore faceva presagire un futuro da romanzo popolare, perché il giorno del suo esordio in serie A col Torino (vittoria di 4 a 2 contro la Sampdoria) coincide con il tragico incidente stradale in cui perse la vita Gigi Meroni, con cui forse il Toro avrebbe vinto prima del 1976 lo scudetto. Innamorato pazzo della maglia granata, dopo aver rinnegato il suo passato di juventino e di fan sfegatato di Sivori, se ne va insieme a Cereser proprio l’estate prima della fantastica galoppata della squadra di Radice, un segno del destino. Smette anche il “suo” capitano, quel Giorgio Ferrini, che molto gli ha insegnato nello spogliatoio e che morirà pochi mesi dopo per emorragia cerebrale ad appena 37 anni. Ancora un anno ed è in campo col Perugia quando si accascia senza vita Renato Curi: sono tragedie che lo segnano per sempre, insieme alla prematura scomparsa a causa della leucemia  dell’amato fratello Livio, che aveva solo vent’anni.

Ottimo centrocampista di contenimento, a lui tocca sempre il più bravo degli avversari: Rivera, Antognoni, Mazzola e sono duelli aspri, ma senza cattiveria. Si toglie anche il gusto di segnare il gol alla Sampdoria che nel 1972 potrebbe dare al Toro il primo scudetto dopo Superga, ma Barbaresco inspiegabilmente annulla ed è un’altra ferita, stavolta calcistica, da portarsi dentro

Avrebbe tutte le caratteristiche per diventare un grande allenatore, ma la partenza è rallentata dalla depressione, figlia dei tanti lutti, che lo costringe un paio di volte alle dimissioni, pratica quasi sconosciuta in Italia. Il sogno neanche tanto segreto sarebbe allenare il suo Torino, ma a 41 anni arriva la chiamata da Firenze ed è la sua stagione migliore, con annesso scontro con Antognoni, che stava faticosamente recuperando da un grave infortunio. Arriva quarto, sostenuto nello spogliatoio dal trio Passarella-Oriali-Galli, ma poi non viene confermato dal neo presidente Pier Cesare Baretti e comincia la discesa

Va a Como, resiste alle pressioni di Berlusconi che vorrebbe vedere il costosissimo Borghi (prestito dai rossoneri in campo) e dopo poco viene esonerato. Dopo qualche altra esperienza negativa, torna a Firenze nel gennaio 1993, ma non è più lo stesso, lui se ne accorge, soffre, vorrebbe dimettersi e invece viene esonerato a poche giornate dalla fine, ma la Fiorentina finisce lo stesso in serie B dopo 55 anni

Nel frattempo si era imposto come straordinario polemista sulla Rai, umiliando in diretta alla Domenica Sportiva  il presidente federale Matarrese e ancora come seconda voce per la Nazionale, ma dura poco: troppa verve e assoluta mancanza di diplomazia. Quando decide di appendere la panchina al chiodo trova ancora il tempo di una disputa all’arma bianca con Lippi, una frattura che non verrà mai ricomposta.  Toscani sanguigni, uomini di mare, uno di sabbia (Lippi), l’altro di scoglio (Agroppi), troppo diversi per cercare una riconciliazione

Amato e detestato, generoso con gli amici, la battuta sempre pronta, ottimo giocatore di carte, profondo cultore della musica italiana e  un amore solo nella vita, Nadia, la donna che filtrava le negli ultimi tempi le telefonate e che smussava gli angoli di un uomo difficile da scordare